60-Il vulcanismo e i fenomeni sismici

Condotto a termine lo studio dei moti di rivoluzione e di rotazione di un astro spento, credevo di aver esaurito tutti gli argomenti che concernevano la materia in generale. Invece abbastanza presto mi si affacciarono alla mente altri due problemi di grande rilevanza, i quali la riguardavano molto da vicino. Anzi, rappresentavano dei momenti davvero difficili e tribolati nell'esistenza dell'astro. In seno ad un pianeta e ad un satellite, essi venivano a coinvolgerla in modo tanto vistoso quanto drammatico, apportando sulla superficie di entrambi dei cambiamenti molto profondi. Il primo problema prendeva in considerazione l'origine dei vulcani e la loro attività all'interno dell'astro. Invece il secondo si mostrava particolarmente interessato ai movimenti tellurici, i quali sovente funestavano estese zone della superficie dei corpi celesti spenti, arrecando ad esse sconvolgimenti e gravi disastri. Infatti, sia il vulcanismo che il fenomeno sismico non potevano essere tralasciati da me, per una ragione molto importante. La loro attività avrebbe procurato all'uomo, nel corso della sua storia, una lunga serie di grossi problemi, dimostrandosi il più delle volte sconvolgente e catastrofica.

All’inizio furono tantissimi gli interrogativi che, da parte mia, vennero ad investirli. Ciò, perché volevo avere una idea di come condurre il mio studio su di loro ed intendevo sapere quale dei due analizzare per primo nel mio iter cognitivo. Anzi, uno dei miei quesiti mirò a farmi apprendere se entrambi i fenomeni endogeni avessero una comune origine e, nel caso di una risposta affermativa, che cosa causasse tali eventi rovinosi. Ma siccome ritenni che un simile quesito dovesse avere la priorità assoluta sugli altri nella mia nuova speculazione, mi diedi a scandagliare l'argomento in questione innanzitutto dal punto di vista sismogenetico e da quello attinente alla genesi dei vulcani. Allora un'attenta analisi, da me condotta sopra il mantello di un astro, mi fece pervenire alla seguente considerazione. In esso, non potevano esserci cause scatenanti tali, da giustificare il verificarsi sulla sua crosta del fenomeno sismico e di quello vulcanico. Nel suo interno si potevano solo osservare sporadicamente delle zolle che venivano a subirne gli effetti. Questi producevano su di loro sgretolamenti, fratture oppure esplosioni, a seconda delle circostanze e delle forze concausali che li permettevano. Perciò il mantello astrale faceva solo da teatro ad eventi di quel tipo, poiché ne veniva quasi sempre compromesso nelle sue parti costitutive, dando origine a postumi negativi alla superficie della crosta a breve o a lungo termine. Si trattava di eruzioni magmatiche, cataclismi e forti alterazioni dell'equilibrio del suolo.

In base a ciò, le origini dei vulcani e dei terremoti erano da rinvenirsi nel nucleo dell'astro, cioè nella parte compresa tra l'ubicazione dell'energia astrale e il mantello, poiché era in quel punto che esse prendevano corpo e consistenza. Ma quella zona era anche il luogo dove il motorium svolgeva la sua azione di governo del moto orbitale e di quello rotazionale dell'astro. La qual cosa lasciava supporre che fra quest'ultimo e l'origine dei vulcani e dei sismi ci potesse essere una certa correlazione. Perciò si rendeva necessaria una rivisitazione del meccanismo dell'energia astrale. Così facendo, avrei appurato se era possibile ricollegarlo in qualche modo al vulcanismo e all'attività sismica. I quali fenomeni, in seno al mantello dell'astro, operavano con continuità il primo e con frequenza saltuaria la seconda. Ebbene, l'avvio del mio nuovo accostamento all'architettura del motorium già mi fece rendere conto che era proprio dalla sua attività che derivavano all'astro, oltre ai moti già da me conosciuti, anche i vari fenomeni vulcanici e quelli sismici. In verità, dall'attività di tale meccanismo scaturivano solamente quelli legati al vulcanesimo. Invece quelli di natura sismica, come presto mi sarei reso conto, erano da considerarsi la naturale conseguenza di quelli vulcanici.

Ad ogni modo, non bastava la sola affermazione di quanto anzidetto a farmi assimilare l'intera dinamica di tali processi, al fine di farmeli apprendere in modo esauriente. La quale dava prima origine all'attività vulcanica e faceva poi conseguire da essa gli effetti sismogenetici. Occorreva, dunque, che io affrontassi il problema a monte, se volevo acquisire il fenomeno in questione con cognizione di causa. Ma i precedenti del problema, tanto quelli logici quanto quelli cronologici, erano da ricercarsi nelle valvole a fungo. Esse, come avevo appreso, erano sistemate nei bracci del motorium. Simili valvole rappresentavano dei dispositivi di sicurezza per il controllo della pressione che veniva ad accumularsi nei suddetti bracci, a seguito dell'azione sinergica delle forze polivalenti. In effetti, che tipo di materiale veniva fuori attraverso le valvole in questione? Esso, come appariva, prima arrecava grandi deformazioni agli strati elastici del mantello dell'astro e poi finiva per produrre a livello crostale gravi dissesti idrogeologici. In realtà, non si trattava di alcun materiale solido, né tanto meno liquido; anzi, lo si poteva definire più come un vapore saturo di residuati energetici. Esso costituiva la parte in eccesso sottratta ad una forza prossima a diventare abnormemente esuberante, imbaldanzendosi in maniera spropositata. Allora l'energia astrale interveniva a moderarla, quando ne ravvisava la necessità, privandola del suo quantitativo energetico in eccesso.

Comunque, al di là di ogni simbolismo metaforico, al quale si era ricorso per rappresentare al meglio la realtà del fenomeno in atto, quel deflusso di vapore energetico dalle valvole del motorium non restava un fatto a sé stante e circoscritto alla sua area di scarico. Esso, già ai suoi primordi, non gradendo la sua forzata messa al bando, si era ripromesso di vendicarsi dello smacco subito nei confronti della restante parte dell'astro. Perciò, senza venire abbandonato dalla sua natura battagliera ed aggressiva, aveva dato l'assalto a tutto quanto lo circondava. In pari tempo, vi aveva iniziato una penetrazione costante ed erosiva, fino a perforare quelle formazioni litiche che si erano dimostrate in zona le più dure e le più resistenti.


L'opera di deformazione e di dissesto, da parte del vapore energetico, aveva avuto inizio all'interno dell'astro, immediatamente dopo che esso era cominciato a defluire dalle valvole del motorium. Per cui c'era voluta una considerevole quantità di tempo, prima che si arrivasse ad ottenere da parte sua l'attuale stato endogeno. Il quale, a causa dei suoi continui interventi demolitori e fratturanti, si presentava privo di compattezza e di solidità. Ciò era comprovato dal mio recente studio stratigrafico del mantello, la cui stratificazione rocciosa presentava dissesti e fratture che andavano coprendo un'area sempre più vasta, fino ad interessare intere masse oceaniche e continentali. Occorreva che io ripercorressi le varie tappe che erano servite al vapore energetico per apportare all'astro le trasformazioni endogene e superficiali, che ne facevano un modello di instabilità e di pericolosità. Ad ogni modo, c'era da fare notare che il rischio sismico non era rintracciabile in tutte le zone del corpo celeste. Esso si presentava limitato soltanto a talune aree, dove la presenza del terremoto si manifestava con una certa frequenza e con una magnitudo differente. Questa dipendeva dall'accelerazione delle onde sismiche dell'evento, motivo per cui venivano a variare in esse anche la sua potenza distruttrice e il suo grado di disastrosità.

In principio, ossia poco dopo il suo raffreddamento, l'astro si era presentato uniformemente stratificato e con placche estese sovrapposte le une alle altre. La cui lunghezza a volte superava perfino una decina di migliaia di chilometri; mentre la loro estensione nel senso della larghezza non era da meno, potendo essa risultare di poco inferiore. In riferimento al loro spessore, esso poteva aggirarsi al massimo intorno ai trenta chilometri. Così, a mano a mano che ci si addentrava nel mantello, le placche che lo costituivano si ritrovavano con dimensioni sempre minori. Un fatto del genere accadeva, perché la massa volumetrica che le conteneva veniva a decrescere a mano a mano che la si delimitava entro un raggio sempre più piccolo. Inoltre, le varie stratificazioni rocciose erano assoggettate ad un processo di subduzione molto lento, per cui esso acquistava una certa vistosità in capo ad alcuni millenni. Così, in seguito al loro accavallamento, i vari strati del mantello e quelli della crosta, si ritrovavano a muoversi gli uni sugli altri con velocità diversa e variabile nel tempo; inoltre, la loro direzione a volte poteva risultare opposta. Nei loro impercettibili spostamenti, anche se dopo un lasso di tempo incalcolabile, poteva capitare che le profonde crepe, le quali esistevano quasi lineari fra due coppie di strati sovrapposti, venissero a trovarsi esattamente l'una sull'altra. Per cui esse diventavano delle faglie contigue nel senso dell'altezza, con una profondità che era pari alla somma dei loro spessori.

Col passar del tempo, che poteva essere quantificato in milioni di anni, a causa soprattutto dei fenomeni vulcanico e sismico, la faglia non si era più ritrovata ad essere una spaccatura netta e lineare né nel senso della lunghezza né in quello della profondità. Dopo, invece, essa si era presentata quasi sempre zigzagante, certe volte con rientranze e prominenze di una certa entità. Nel senso della larghezza, la frattura era anche variata durante l'intero suo tragitto, inteso quest'ultimo sia in senso longitudinale che in quello della profondità. Di preciso, la sua ampiezza era venuta ad assumere le direzioni più disparate, divenendo ora una semplice fenditura ora una considerevole crepa ora una gola spaventosamente vasta. Inoltre, gli andamenti sinuosi delle due sovrapposte faglie contigue, per altro non identiche, soltanto di rado si erano intersecati lungo la loro enorme estensione. Allora tali punti di intersezione avevano creato degli abissi di una vastità e di una profondità spaventevoli. I quali, lungo le loro irregolari pareti, attualmente formavano orridi, burroni, anfratti e scoscendimenti dalle dimensioni paurose.

Dopo quella mia iniziale ricognizione dell'interno dell'astro, la quale mi aveva dato modo di accertarne le trasformazioni endogene dovute ai due fenomeni vulcanico e sismico, mi decisi ad affrontare il problema del primo instaurarsi degli stessi nella massa astrale. Ovviamente, li avrei seguito anche nelle loro successive manifestazioni, integrando il loro studio con varie osservazioni per comprenderne meglio l'evoluzione e per azzardare ipotesi circa una loro possibile previsione nel tempo in una data area geografica. Prima, però, bisognava focalizzare un fatto molto importante, il quale riguardava il vapore energetico che sprizzava dai bracci del motorium. Tale vapore non era da intendersi come il prodotto scaturito dall'ebollizione di un liquido o dalla sublimazione di un solido, poiché non presentava nei suoi confronti alcuna analogia. Forse, esclusivamente nel loro aspetto formale i due tipi di vapore potevano ritenersi somiglianti; ma nella sostanza erano da considerarsi sostanzialmente agli antipodi. Infatti, il vapore energetico non era e non doveva essere affatto scambiato con un qualcosa di svaporato e perciò divenuto inutile e non più utilizzabile. Neppure lo si poteva paragonare ai gas di combustione che provenivano dalla reazione tra un combustibile e un comburente; per la quale ragione, non rappresentavano né un prodotto né una energia riutilizzabili. Se si voleva essere esatti, il vapore energetico era qualcosa che era in grado di essere ancora energia, anche se proveniva da una forza che aveva già messo a disposizione la sua qualità migliore ed aveva manifestato la sua espressione più significativa. Al massimo, si poteva paragonare il vapore energetico ad una energia di seconda mano; ma, pure inteso in questo senso, esso era pur sempre un derivato delle forze polivalenti dell'energia astrale. Le quali, in seno ad un astro, rappresentavano il prodotto energetico più pregiato ed ineguagliabile. Come tale, quindi, essa risultava senza dubbio una energia, che riusciva a farsi valere in ogni caso, qualunque fosse stato il genere di massa in cui si sarebbe trovata a districarsi.

homepage.htm