54-Forza magnetica e polivalente della materia primigenia

Dopo aver preso in consegna la massa infuocata di un pianeta o di un satellite, l’energia astrale immediatamente aveva iniziato a trasformarla nel modo desiderato dalla psiche universale. La quale le aveva già dato non solo le direttive, bensì anche le prerogative per potere operare in tal senso. Per prima cosa, la suddetta energia aveva dato origine alla forza magnetica, facendola espandere tutt’intorno sotto forma di onde sferiche. Essa, a sua volta, aveva attuato un proprio campo uniforme in seno all'infiammata massa gassosa e l'aveva privata di ogni possibilità di fuga, pur permettendole di muoversi. Il movimento, anzi, le era stato concesso in ogni direzione e in modo da non farle superare un certo raggio d’azione. Il cui superamento, per la materia, voleva dire libertà di muoversi anche nell’ampio spazio di una barriera stellare. Una volta messa la materia nell’impossibilità di gestirsi a suo piacimento e di allontanarsi dalla propria potestà in massa o in piccoli quantitativi per volta, in un primo momento, l’energia astrale aveva suscitato in sé una speciale forza polivalente, la quale era stata capace di sviluppare infinite cellule energetiche. Queste si presentavano munite di proprietà adesive ed aggreganti, oltre che di proprie caratteristiche e potenzialità. Dopo, invece, essa aveva lasciato che tali particelle invadessero la totalità della materia e vi si sistemassero secondo criteri da essa stessa stabiliti. Ma poiché veniva ancora precluso loro ogni tipo di manifestazione sia attiva che potenziale, l'intera materia si era ritrovata ad essere attivamente e virtualmente quella di prima, cioè per niente stimolata a produrre attività di ogni sorta.

Quella situazione di stallo delle cellule energetiche non si era protratta a lungo, poiché l’energia astrale, dopo breve tempo, aveva fatto pervenire ad esse una particolare energia atta ad attivare quei loro dinamismi costitutivi, che nel frattempo erano rimasti provvisoriamente disattivati. Infatti, data vita ad una nuova forza, questa volta con caratteri modificatori delle cellule energetiche, aveva irradiato con essa la totale massa materiale che seguitava a bruciarle intorno. Dopo che era avvenuta l’irradiazione delle inerti cellule energetiche, da parte della nuova forza modificatrice prodotta dall’energia astrale, c’era stata infine intorno a loro la diluizione di quella sostanza che le avviluppava. Essa le teneva intrappolate e ne neutralizzava ogni possibilità di agire in una qualsiasi forma e in un qualsiasi modo. Tale evento le aveva liberate da ogni coatta inazione, mobilitandole al massimo nelle loro capacità di espressione. Nella materia infiammata, invece, in pari tempo era stato attuato dalla stessa forza uno smembramento dei suoi elementi costitutivi, allo scopo di farli combinare tra di loro durante l’ininterrotto moto rotazionale dell’astro. Questo, da parte sua, operava un rimescolamento incessante di tutte le parti che lo componevano, fossero esse materiali od energetiche. Quanto all’opera della forza modificatrice sulla materia, essa non si era limitata al solo suo spezzettamento; bensì si era pure preoccupata di trasformare tali parti così ottenute in entità individuali, ognuna con proprie caratteristiche non ripetibili in altre. La quale trasformazione era stata realizzata, tenendo presenti le caratteristiche già assegnate alle varie cellule energetiche, in modo che quelle di ciascuna di loro corrispondessero a quelle di una sola particella materiale e giammai di altre.

Da tutto ciò si intuiva che, alla base di simili operazioni dell’energia astrale, c’erano state come premesse: 1) l’uguaglianza di numero delle particelle materiali e di quelle energetiche; 2) la loro spinta biunivoca a ricercarsi, ad unirsi e a coesistere in base alle loro comuni caratteristiche; 3) l’effettiva comunione avvenuta fra le une e le altre. La comunione fra le stesse aveva dovuto precedere le varie casuali combinazioni e ricombinazioni, le quali si erano verificate a breve distanza di tempo nella pluralità delle nuove particelle così ottenute. Ciò, grazie anche al continuo rimescolamento che la rotazione dell’astro era andato operando intorno al proprio asse. Una volta che si erano compenetrate con le rispettive parti di materia gassosa, le cellule energetiche avevano iniziato a condurre su di loro una triplice azione: la prima di condensazione, la seconda di lievitazione e la terza di solidificazione. Quella condensante aveva mirato a ridurla in uno stato, che all'inizio era apparso liquescente e poi era divenuto magmatico; quella lievitante si era preoccupata di vederla crescere a dismisura; quella solidificante aveva provveduto a fissarla in immensi e solidi blocchi omogenei. Tutto questo era avvenuto, quando ormai erano in atto i rimescolamenti e le combinazioni fortuite tra le varie particelle lievitanti e già energeticizzate dell'infiammata materia.

In un blocco molto voluminoso, comunque, l’intero processo di trasformazione di una particella materiale con substrato energetico che si era identificato con il processo di raffreddamento della relativa materia, si era svolto in tre tempi successivi. In un primo momento, dalla cellula energetica si erano sprigionate speciali irradiazioni con poteri refrigeranti e condensanti. Esse avevano reso la bruciante materia gassosa in un qualcosa di denso e di vischioso, non più simile ad una fiamma ma ad una poltiglia magmatica. In un secondo momento, nuove irradiazioni avevano trasformato la piccola poltiglia magmatica in una ardente soluzione schiumogena. Essa aveva cominciato ad espandersi nello spazio circostante, assumendo proporzioni sempre più gigantesche. Al riguardo, bisognava tener presente che era stato proprio durante tale fase di lievitazione che le diverse particelle materiali energeticizzate si erano date alle combinazioni più disparate e bizzarre. In un terzo momento, una nuova ondata di irradiazioni con poteri più refrigeranti delle precedenti ed espressamente solidificanti, lasciando invariata la sua capacità volumetrica raggiunta, aveva reso la schiumosa materia sempre più consistente e più fredda. Così ne aveva ricavato una massa solida spenta e costituita da strati immensi, informi e strutturalmente eterogenei.

La struttura molecolare dei diversi blocchi materiali che si erano formati da essa, come era da aspettarselo, non poteva essere diverso da quella delle particelle da cui essi avevano avuto origine. Perciò l’intera materia di un astro, dopo essersi spenta del tutto ed essersi consolidata stabilmente, era risultata molto più diversificata delle medesime particelle materiali che avevano dato origine ad essa. Infatti, una gran parte delle medesime avevano finito per combinarsi ripetutamente tra di loro in infiniti modi. In quell’evolversi della materia, però, la forza di gravità, da parte sua, non se ne era rimasta a guardare. Anzi, a mano a mano che moltiplicava e rimarcava le sue differenziazioni iniziali e le altre acquisite successivamente, essa aveva tentato di soggiogarla e di subordinarla alla sua attività magnetica. Ma non tutta la materia si era piegata allo stesso modo di fronte alle brame di assoggettamento manifestate dalla forza di gravità. Quest'ultima non era riuscita a far sentire il suo massimo peso di influenza sull'intera materia, in quanto la sua eterogeneità le aveva fatto opporre una differente resistenza, secondo la struttura molecolare di ogni suo elemento. Dunque, la forza magnetica non aveva ottenuto gli stessi effetti sui diversi elementi materiali. Essa aveva dovuto graduare la sua intensità su di loro, per cui era stata obbligata a sottostare alla differente refrattarietà opposta dal loro tessuto molecolare.

A volere considerare obiettivamente le cose, se la materia era apparsa diversamente refrattaria alla forza di gravità, la forza polivalente dell’energia astrale era da ritenersi in larga misura responsabile di ciò. Essa aveva così variamente e radicalmente trasformato la materia e la stessa energia che vi era stata profusa, da presentare entrambe come una pluralità di composti indivisibili e con proprie specifiche caratteristiche. Anche se bisognava far presente che l’indivisibilità e la somma delle loro caratteristiche rimanevano tali, unicamente se considerate allo stato virtuale e non anche allo stato reale. In un certo senso, poteva sembrare che una forza, quella polivalente, fosse servita indirettamente a condizionarne un’altra, cioè quella magnetica o di gravità, nonostante provenissero ambedue dalla medesima fonte. Al contrario, tra loro due non c’era stato e non poteva esistere alcun antagonismo; bensì vi era semplicemente un parallelismo di azioni indipendenti. Ciascuna delle quali mirava ad un suo obiettivo preciso, il quale era ben lungi dal tentare di imporre all’altra qualche tipo di limitazione. Per quella ragione, non si era trattato di alcun condizionamento della forza di gravità, da parte della forza polivalente. Semmai si doveva parlare solamente della pura necessità che la forza magnetica si adattasse alle diverse risposte della materia energeticizzata, alla stessa maniera che quest’ultima si piegava e si sottoponeva in misura diversa alla sua continua influenza.

Quali conseguenze erano derivate all’astro da quella diversa refrattarietà della materia alla forza di gravità? Di certo, non si erano avute delle conseguenze sconvolgenti ed apportatrici di disarmonia. Direi che c'era stata soltanto una organica sistemazione dei suoi vari elementi. Questi si erano visti impegnati nella formazione dei diversi materiali che costituivano l’enorme complesso astrale. Tali elementi avrebbero operato su di esso un sezionamento non limitato alla sua superficie, ma esteso fino a quasi tutta la lunghezza del suo raggio. Infatti, grazie alla forza di gravità, c’era stato un vero assestamento di tutti gli elementi materiali dell’astro, via via che essi erano risultati definitivamente formati. Gli elementi con minore refrattarietà alla forza di gravità, ogni volta che le circostanze lo avevano consentito, avevano trovato sistemazione nelle parti più interne dell’astro; mentre quelli con maggiore refrattarietà ad essa, sempre con il favore delle circostanze, si erano sistemati nelle sue parti più esterne. Insomma, quanto più basso era risultato il loro grado di refrattarietà all’attrazione magnetica dell’energia astrale, tanto più profondamente i vari elementi si erano andati collocando. Al contrario, quanto più alto si era dimostrato tale grado in loro, tanto più esternamente essi avevano teso a collocarsi. Solo pochi elementi materiali, essendo rimasti intrappolati fra gli altri che avevano già completato il loro processo di raffreddamento e di stratificazione, non avevano potuto sistemarsi nelle zone più adatte al loro grado di refrattarietà alla forza magnetica. Alla fine, tranne una sua piccola percentuale che sarebbe continuata a restare una massa incandescente, l’astro si era raffreddato. Anzi, si era consolidato in modo tale, da conservare una discreta stabilità costituzionale, in quella sua perenne corsa orbitale dentro i confini della barriera stellare.

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