53-Gli ingredienti modificatori dell’energia astrale

Fin dalla sua prima origine in un sistema stellare, ogni astro spento che si ritrovava con le medesime caratteristiche di un pianeta oppure di un satellite, allo stesso modo di tutti gli altri corpi celesti, era stato fornito di una forza di gravità. Nella parte centrale dell’astro, essa risultava direttamente proporzionale alla sua massa e alla sua densità; sopra la sua superficie, invece, la stessa era inversamente proporzionale alla lunghezza del suo raggio. Quella gravità era una delle conseguenze che derivavano ad esso da una energia particolare, la quale era chiamata energia astrale ed era situata nella sua parte centrale. La psiche universale, dopo averla relegata in quel posto, ve la teneva rinchiusa in una sfera, che era concentrica a quella dell’astro. Essa aveva il raggio pari alla centesima parte di quello del proprio corpo celeste. Come era da prevedersi, una energia di quel tipo, in seno ad ogni astro, non rappresentava un puro capriccio della psiche universale, oppure qualcosa del genere. In realtà, si trattava di un suo atto indispensabile e risolutore di importantissimi problemi, il primo tra i quali risultava la compatta coesione dell’astro. In assenza di una forza energetica di quel genere, infatti, qualsiasi astro si sarebbe disintegrato in una miriade di frammenti e si sarebbe disperso per gli immensi e gelidi spazi cosmici, a guisa di una tempesta di sabbia. L’energia astrale agiva esattamente come un elettromagnete di potenza enorme e capace di influire sull’astro in modo determinante. Non bastando ciò, la medesima subordinava ogni attività di esso alla propria, imponendogli le sue leggi e dominandolo in ogni senso. Essa, però, in seno all’astro che le era stato affidato, oltre che un potentissimo magnete, risultava un vero motore sempre in attivazione. Perciò si mostrava in grado di sviluppare delle portentose forze polivalenti, le quali si rivelavano molto efficaci nel risolvere i tanti problemi che si andavano presentando di continuo all’esterno e all’interno di esso.

Io mi ero già fatto carico della nuova incombenza di pervenire al più presto alla conoscenza di tali forze. Le avrei apprese, attraverso uno studio analitico dell'intera serie di fenomeni che erano derivati e continuavano a provenire dall’esplicazione della suddetta energia. In pari tempo, mi ero impegnato con me stesso ad approfondire quei fenomeni che scaturivano da essa. Perciò avrei cercato di seguirli passo passo e di spiegarli nel loro significato e nelle loro finalità.

Dalla voluminosa capsula sferica dove era stata confinata, la cui ubicazione poteva ritenersi approssimativamente al centro della massa dell’astro, l’energia astrale faceva giungere a quest’ultima il suo fascio omnidirezionale di forze. Le quali, a loro volta, scatenavano su di essa effetti di due tipi, cioè di gravità e di modificazione; grazie ai quali, l’intera materia dell’astro interessato risultava sostanzialmente abbastanza compatta ed eterogenea. Gli effetti di gravità erano dovuti ad una forza magnetica che si sprigionava dall’energia astrale e tendevano a mantenere uniti e coesi intorno alla massa gli elementi che la formavano. Contrariamente alle apparenze, tali elementi non avevano un peso che si diversificava l’uno dall’altro; ma presentavano soltanto una diversa densità, la quale era dovuta alla loro differente struttura molecolare. Per la quale ragione, essa li rendeva refrattari in modo differente alla forza di gravità. A formare una simile svariata struttura, all'inizio aveva contribuito pesantemente una forza con specifiche proprietà modificatrici. Essa, provenendo dall’energia astrale, seguitava ad operare in tal senso, anche se adesso si mostrava meno marcata.

L’apparente diversità di peso dei vari elementi di un astro, dunque, era una conseguenza della loro differente refrattarietà alla forza di gravità esercitata su di essi dall’energia astrale. Così più un elemento era refrattario a tale forza, più esso risultava meno pesante; al contrario, la minore sua refrattarietà ad essa lo rendeva meno leggero. Di regola, di fronte alla forza di gravità, si dimostravano più refrattari gli elementi allo stato aeriforme o gassoso, mediamente refrattari quelli allo stato liquido e meno refrattari quelli allo stato solido. Comunque, potevano trovarsi elementi allo stato solido con refrattarietà alla forza di gravità maggiore di quella degli elementi allo stato liquido, a causa della loro particolare struttura molecolare. Essi si riconoscevano facilmente per la loro ovvia caratteristica di mantenersi a galla, se capitavano in una massa liquida. Ma i vari elementi di un corpo celeste, quando venivano sottratti alla forza di gravità esercitata su di loro dall’energia astrale, risultavano tutti dello stesso peso. Di conseguenza, il peso acquistava un senso, se veniva considerato nella sfera di influenza della forza gravitazionale.

Ma perché la materia di un astro spento non era omogenea e non si presentava con la medesima refrattarietà alla forza di gravità? In merito, c’era da dire che essa era risultata costituita di pochissimi elementi solamente all’origine, ossia quando si era distaccata dalla sua stella-madre. Dopo, invece, passata sotto il rigido controllo dell’energia astrale, essa aveva iniziato a subire le trasformazioni più impossibili ed inimmaginabili. Così si era diversificata da un luogo all’altro ed era passata dall’esiguità iniziale alla vasta moltitudine finale dei suoi componenti. Per diventare varia e multiespressiva, la materia aveva seguito un iter che non poteva contravvenire né alle sue leggi né a quelle del tempo. Le quali potevano essere definite gli unici pilastri incrollabili dell’intera realtà caduconiana. Da ciò si poteva facilmente arguire che all’energia astrale era occorso un tempo assai lungo per poter trasformare la materia degli attuali astri spenti in una varietà grandissima di elementi. I quali si presentavano con caratteristiche e potenzialità differenti; mentre ciascuno di loro era stato modellato secondo un fine, che era stato già determinato alla sua origine.

Pur non avendo dato ancora una risposta esauriente alla mia prima domanda, già me ne affioravano alla mente una seconda e una terza. Per il quale motivo, mi andavo chiedendo: Perché l’energia astrale si era preoccupata di modificare l’indocile materia che le era stata affidata, la quale originariamente comprendeva un ridottissimo numero di elementi primitivi, in modo da ottenere da essa una ’infinità di elementi derivati? Questi ultimi, inoltre, possedevano una loro speciale prerogativa, come se essa dovesse rispondere ad una specifica esigenza oppure ad uno scopo ben definito? Ad ogni modo, tale esigenza e tale scopo non erano ancora individuabili nel presente, poiché appartenevano al tempo avvenire. Ma era un fatto incontestabile che, se l’energia astrale si era preoccupata di praticare sulla materia una simile trasformazione, essa aveva agito senz’altro a ragion veduta. Al riguardo, andava ribadito che ogni sua opera scaturiva dal volere della psiche universale, la quale tendeva a finalizzare ogni suo atto creativo all’esistenza del futuro uomo e al suo autopotenziamento perfettivo. In quella sua preoccupazione si potevano individuare il disegno, la programmazione e l’attuazione di tutti quei mezzi che avrebbero aiutato e guidato l’uomo nel compimento del proprio glorioso destino. A patto, però, che egli adoperasse la sua intelligenza in modo saggio e non aberrante, disponendo di loro in maniera egregia e con buonsenso! In caso contrario, quegli stessi mezzi, i quali erano stati programmati per favorire il suo progresso nella civiltà e nel benessere, sarebbero divenuti gli artefici di tantissimi suoi guai. Essi, infatti, avrebbero potuto minare perfino la sua stessa sopravvivenza sopra l’astro da lui abitato.

L’energia astrale, in un primo momento, aveva modificato la primigenia materia incandescente degli attuali astri spenti, la quale, come avevo già appreso, era composta all'origine di pochi elementi primitivi o semplici. In seguito, essa ne aveva ricavato un gran numero di elementi derivati, ciascuno con proprie caratteristiche fisiche e chimiche. Questi, a loro volta, si distinguevano in: composti, se ricavati da due o più elementi primitivi; complessi, se ricavati da due o più elementi composti o misti. I derivati complessi erano da considerarsi di primo grado, se ottenuti con soli derivati composti; di secondo grado, se ottenuti con derivati promiscui, cioè semplici e composti insieme. Da quanto testé specificato, era facile immaginarsi la quantità innumerevole di elementi derivati, dei quali restavano costituiti i pianeti e i satelliti, a conclusione della loro ultima fase di spegnimento. Difatti era stato solo prima del suo raffreddamento che le forze modificatrici dell’energia astrale avevano trasformato la relativa materia, ricavandone la quasi totalità degli elementi derivati. Mentre la loro restante parte, quella che si era formata dopo che la materia si era spenta, era risultata la pura conseguenza di alcuni fenomeni naturali dovuti a fortuite circostanze. Queste ultime, a loro volta, erano state sollecitate dall’interazione di certi elementi costitutivi della materia, i quali si erano trovati anche per caso ad esprimersi in concomitanza nella loro sollecitazione.

Riguardo al numero attuale dei derivati della materia, occorreva tenere presente un fatto importante. Essi, benché fossero già di numero ingente, se venivano paragonati agli infiniti altri che la genialità umana un giorno avrebbe ricavato dalla stessa materia, davvero si sarebbero dimostrati di una esiguità incredibile! Ma in che modo l’energia astrale aveva attuato sia la trasformazione che il raffreddamento della materia primigenia? E perché mai tale trasformazione era potuta avvenire, solo prima che la materia si spegnesse e si solidificasse? Quelli erano dei particolari che non potevo assolutamente ignorare, per cui mi diedi a conoscerli, quali erano stati prima.

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