44-La galassia e la sua superstella

Al pari di un cosmo, anche una galassia era racchiusa rigidamente in un campo di forza elettromagnetica. Il quale trasformava la sua superficie in una barriera non attraversabile da alcuna materia e da alcuna energia, qualunque fosse la massa della prima e la potenza della seconda. La sostanziale differenza tra le due barriere, considerate nella loro efficienza, consisteva nel fatto che solo quella cosmica era espansibile all’infinito e refrattaria all’antimateria, da cui si poteva ben considerare inattaccabile. Inoltre, la sua continua espansione, oltre a farle conservare sempre la medesima forma sferica, non le faceva correre il rischio di indebolirsi in qualche parte della sua superficie. La barriera galattica, invece, si mostrava impotente contro l’antimateria e conservava per sempre la sua iniziale estensione. Essa era suscettibile di qualche modificazione, solo per quanto atteneva alla sua forma. Questa variava a seconda della collocazione della barriera galattica in un cosmo e in rapporto al tempo, venendo a dipendere da esso la più o meno marcata accentuazione del suo coatto aspetto morfologico. La stessa cosa si poteva osservare in una stella, indipendentemente da se si presentasse o meno formatrice di un sistema stellare. Ciò, perché era circondata da una barriera di forza elettromagnetica, la quale era della stessa natura di quella che circondava la buca galattica ed assumeva una forma tendente ad essa. Difatti la sua ubicazione e il tempo potevano apportare alla barriera stellare modificazioni sensibili e profonde.

Era evidente che ogni barriera galattica, fin dall'origine del proprio cosmo, di sicuro aveva avuto una notevole influenza sulle miriadi di barriere stellari in essa contenute, fino ad imporre loro una forma somigliante il più possibile alla propria. Avrei scommesso che, da allora, quasi certamente essa continuava ancora ad esercitarla in qualche modo su di loro. A sua volta, però, ogni barriera stellare esercitava la sua considerevole influenza sulla porzione di spazio sidereo in essa contenuto, nonché sui corpi celesti che vi si muovevano in un ininterrotto caracollare. Anzi, essa imponeva rigidamente le sue leggi fisiche, chimiche e biologiche ad ogni cosa e ad ogni essere vivente che esisteva in tale spazio. Quanto alle sue leggi fisiche, a cui obbedivano la materia, l’energia e il tempo, ero convinto che, non appena le avessi apprese nel modo più inequivocabile, sarebbero state proprio loro a farmi comprendere senza ombra di dubbio l’intera meccanica celeste. Ma, per il momento, potevo solo constatare che tale meccanica andava presentando un sistema stellare come una enorme e stupenda girandola di astri dalle forme e dalle dimensioni diverse. I quali roteavano in continuazione intorno alla propria stella-madre. Se le cose stavano così, la logica mi obbligava a studiare per prima la meccanica celeste relativa ai due sistemi cosmico e galattico, visto che essi si presentavano molto più complessi di un sistema stellare. A formare un sistema galattico, concorrevano miliardi di stelle, annoverando fra loro sia quelle libere sia quelle aventi un proprio sistema. Come già accennato, le stelle libere o impegnate erano quelle prive di una propria famiglia astrale; per il qual motivo, la loro meccanica doveva presentarsi abbastanza semplice. Al contrario, quella dei sistemi stellari presentava una complessità non indifferente, essendo le loro famiglie corredate di molteplici elementi. I quali non sempre si mostravano tutti omogenei, per quanto atteneva sia alla loro conformazione fisica sia alla loro composizione chimica.

Molto più imponente appariva, anzi lo era, un sistema cosmico, essendo esso costituito da miliardi di buche galattiche, dette semplicemente galassie, le quali si presentavano a volte abbastanza dissimili. Esse avevano tutte una forma variamente sferoidale, poiché le loro calotte polari, situate alle estremità del loro asse di rotazione, si mostravano più o meno schiacciate, a seconda se nello spazio cosmico occupavano un posto più interno oppure più esterno. Infatti, più le galassie risultavano collocate in prossimità della sua superficie interna, più rilevante risultava il loro schiacciamento; mentre si manifestava irrilevante quello delle galassie prossime alla sua superficie esterna. Un simile fenomeno, naturalmente, era dovuto alla pressione esercitata su di loro dalla barriera cosmica esterna. In merito all’asse di rotazione di una buca galattica, esso era disposto in modo da rappresentare sempre una parte di uno degli infiniti raggi che congiungevano le due superfici cosmiche. Perciò, rispetto ad esse, tale asse non poteva che essere perpendicolare. Inoltre, va chiarito che ogni galassia presentava due movimenti: uno di rotazione ed un altro di trascinamento. Il primo la faceva ruotare su sé stessa, coinvolgendo in tale movimento l’intero suo sistema e costringendolo ad adeguarsi ad esso. Tale movimento poteva essere ritenuto la risultanza dell’effetto provocato dai diversi e contrastanti elettromagnetismi posseduti dalle due superfici di un cosmo. Il secondo movimento della galassia, invece, le veniva imposto dalla grande barriera cosmica esterna in continua espansione. La quale la obbligava ad aggiustare continuamente la sua posizione nel proprio ambito spaziale. Esso, intanto che lo spazio cosmico si andava espandendo senza sosta verso l’esterno e l'andava coinvolgendo con la sua opera di traino, faceva in modo che le distanze esistenti tra una galassia e tutte le altre conservassero sempre il medesimo rapporto.

A quel punto, mi restava solamente entrare nel merito di un sistema galattico per analizzarlo in dettaglio ed acquisirne una conoscenza piena, ossia meno disinformata possibile. In quella maniera, avrei potuto esprimere una valutazione più equa di tale sistema. Ebbene, quasi al centro dell’asse maggiore di una galassia, anzi leggermente spostata dalla parte della superficie esterna del cosmo, era situata una superstella, detta anche stella motrice. La sua grandezza era tale, da farle superare tutte le altre stelle della galassia messe insieme. Intorno ad essa e nello stesso senso della sua rotazione, orbitavano le foltissime schiere di stelle e di sistemi stellari. Ma le une e gli altri, nel loro incessante volteggiare, conservavano sempre le originarie distanze esistenti tra di loro. A causa di ciò, sembrava che gli innumerevoli astri infuocati fossero inchiodati sullo spazio galattico e che quest’ultimo soltanto si muovesse e se li trascinasse appresso nel suo moto rotatorio. Al contrario, lo spazio era immobile, mentre i tantissimi corpi stellari erano in movimento, poiché questi ultimi, assoggettati com’erano alla forza trainante della superstella, roteavano incessantemente in esso con diversa velocità. Se era la stella motrice ad imprimere il moto a quella infinità di stelle e di sistemi stellari, era invece la barriera galattica a controllarne l’armonia. Tale barriera, infatti, dopo avere elettromagnetizzato le stelle, ne controllava il moto e le obbligava a seguire una certa velocità. La quale, pur risultando differente in ciascuna di loro, ne assicurava perennemente la distanza iniziale esistente fra le medesime. In questo modo, essa sottraeva gli stupendi astri a quei pericoli sconvolgenti e catastrofici a cui sarebbero potuti andare incontro, se fossero stati abbandonati a sé stessi. Ogni barriera galattica, come era stata creata, non poteva essere sfondata da parte di nessuna materia e di nessuna forza esistenti nel cosmo. Perciò risultava una ottima garanzia che mai alcuna stella si sarebbe potuta immettere nel vuoto extragalattico, dove di sicuro avrebbe cessato immediatamente di esistere.

Come già avevo notato in precedenza, solamente lo spazio intergalattico era espansibile, la quale espansione costringeva le galassie ad un continuo spostamento. Esso si rivelava l’unica causa di quel costante ed uniforme aumento di distanza tra di loro, senza che venisse alterato il rapporto esistente tra una sola di loro e tutte le altre. Una galassia non si trovava a muoversi autonomamente nell’immenso e buio spazio del suo cosmo, in quanto era priva di un moto diverso, oltre a quello di rotazione. Ma vi veniva trascinata da esso in modo forzato nell’effettuazione di quella sua espansione ordinata ed infinita. Un fatto del genere faceva pensare che lo spazio intergalattico, se riusciva a spostare le immense galassie con una spinta uniforme e costante, non doveva essere completamente vuoto. Come pure ero portato a credere che delle forze oscure vi dovessero esercitare una pressione omnidirezionale enormemente grande. Invece non avveniva nulla di tutto questo, dal momento che erano semplicemente le due barriere cosmiche a trasmettergli un simile sommo potere, attraverso una serie di fenomeni che stavo appunto per apprendere.

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