19-La morte nelle creazioni sensibili

In un tempo precedente, avevo appreso che le creazioni del Caducon erano soggette a deterioramento progressivo e inarrestabile, fino al loro disfacimento totale. Ebbene, adesso sapevo pure che quel disfacimento di esseri viventi e non viventi, rapido o lento che si manifestasse, aveva un suo nome specifico, cioè si chiamava morte. In merito alla quale, mi andavo ponendo diversi quesiti, che sono quelli che vengono appresso specificati. Che cosa, in effetti, la morte rappresentava per le creazioni del Caducon? Essa voleva dire la medesima cosa per tutte le creazioni caduconiane, oppure assumeva un significato e un ruolo differenti, a seconda del tipo di creazione? Inoltre, la soppressione da parte della morte sia degli esseri animati che di quelli inanimati avveniva casualmente oppure preesisteva già nei disegni del Creatore? Se così fosse, come pensavo, allora il funesto evento era da considerarsi la diretta conseguenza di un destino indeprecabile. Ad ogni modo, dovevo ancora averne la conferma, attraverso il mio successivo studio ad hoc.

Come già avevo appreso, il Caducon era il Regno del Mutabile e del Caduco, ossia il regno che non permetteva alle varie creazioni materiali ad esso appartenenti di conservare a lungo, tanto meno per sempre, quegli aspetti che possedevano, fin dal loro primo apparire ed essere. Al contrario, essi erano destinati a non essere mai identici a sé stessi, neppure per un istante. In verità, le singole trasformazioni degli esseri viventi e non viventi quasi mai venivano percepite dall’occhio umano, all’atto del loro effettuarsi, siccome esse gli sfuggivano ogni volta, a causa dell'assenza in tale organo visivo di una assoluta efficienza. Comunque, il loro lento sommarsi alla fine ne evidenziavano senza ombra di dubbio l'avvenuto cangiamento, permettendo così anche all'occhio umano di prenderne atto. Ma un fatto del genere stava ad indicare la naturale esistenza delle creature del Caducon, la quale avveniva tra infinite trasformazioni, che si mostravano di diverso tipo. Invece a me premeva venire a conoscenza del loro ritrarsi da ciò che erano, vale a dire la loro cessazione di essere sé stesse. A dirla in breve, mi interessava conoscere esclusivamente i processi che le conducevano alla loro definitiva cancellazione dall'esistenza reale.

Di regola, la morte non sempre trascinava immediatamente nel suo disfacimento totale e definitivo le creazioni caduconiane, dopo essersene impadronita. Inoltre, alcune di esse, quando il loro stato di morte trovava il favore da parte di cause esterne, riuscivano a protrarre la loro già spenta esistenza ancora per un tempo più o meno lungo. Cosicché, ancor prima che lo sfaldamento integrale le disgregasse e le polverizzasse, tali creazioni, anche se definitivamente morte, continuavano ad esistere. In alcuni casi, poi, esse protraevano la loro esistenza attivamente, nel senso che si rendevano utili agli altri esseri. Era il tipico caso di un tronco arboreo, il quale, dopo essere stato sradicato ed abbattuto dalla furia degli elementi, veniva poi utilizzato come ponte di collegamento tra le due sponde opposte di un torrente. Invece una creazione del Caducon era costretta a subire un rapido disfacimento, solo quando essa veniva posta nella condizione di produrre calore oppure di subire l’azione disintegrante dello stesso. Ma nell’uno e nell’altro caso, si scatenava su di essa una inarrestabile forza devastante e distruttrice.

Dopo quella mia prima delucidazione sull’argomento in questione, che decisi di utilizzare come base per approfondirlo nei suoi dettagli, passai ad esaminare la morte nei diversi tipi di creazione. Essa, come mi rendevo conto, andava assumendo un significato e un ruolo diversi in ognuno di loro, a causa della differente natura fisica e costitutiva di ciascuno. Quest’ultima, ogni volta che le varie creazioni si trovavano a competere con la morte, le faceva reagire e dare risposte in modo dissimile, pur trovandosi di fronte a stimoli che erano da considerarsi perlopiù identici. La morte, nel vero senso della parola, si aveva negli esseri viventi, ossia nel Regno Vegetale e nel Regno Animale, al quale apparteneva lo stesso uomo. In questi due regni della natura, la morte, oltre ad avviare il solito processo di disintegrazione completa e definitiva, stroncava anche il loro processo vitale, cioè quello che rendeva possibile ogni azione riproduttiva ed espansiva della loro esistenza. Nell’essere animale, inoltre, essa spegneva perfino la libera volontà di agire e di decidere, traducendosi in un’azione paralizzante e demolitrice sia della sua parte psichica che di quella intellettuale. Anzi, sembrava che la psiche e l'intelletto non avessero alcun rapporto con la materia, anche se era quest’ultima ad attestare e a convalidare la loro esistenza.

A differenza degli altri esseri viventi, però, l’uomo era l’unica creazione a cui la morte tornava provvidenziale e molto vantaggiosa. Se, da un lato, essa immetteva il suo corpo nel canale della decomposizione; dall’altro, invece liberava ipso facto la sua anima. Così essa finalmente poteva incominciare a vivere la sua vera esistenza, cioè quella soprannaturale, in piena libertà di pensieri e di azioni. Per l’uomo, quindi, la morte non voleva dire solo arresto del ciclo biologico in tutti i vari complessi organi che lo componevano e perdita della sua vigile coscienza. A ben rifletterci, essa significava anche affrancamento della sua anima dalla schiavitù della materia e sua reintegrazione nella sua originaria natura spirituale, con il recupero immediato dei suoi prodigiosi poteri. Per quanto riguardava più specificamente gli esseri vegetali, invece, essendo essi privi di una vera vita psichica e di una coscienza, la loro morte assumeva solamente un significato di cessazione della loro attività espansiva e riproduttiva. In essi, inoltre, prima di aver luogo la morte conclusiva dell’intero organismo, si avevano delle parziali morti, le quali colpivano solo alcune loro parti. Queste, poi, avevano la possibilità di rigenerarsi periodicamente e con lo stesso ritmo precedente; comunque, non all'infinito, essendo esse, ad un certo momento, costrette a venir meno in modo definitivo.

Una cosa ben diversa significava la morte delle creazioni inanimate, le quali comprendevano gli astri del Caducon e i singoli elementi che li costituivano. A dir la verità, essendo tali creazioni totalmente prive di vita, non andavano soggette a morte, bensì a mera trasformazione, la quale poteva rivelarsi semplicemente formale o addirittura di natura essenziale. In quest’ultimo caso, la creazione inanimata non perdeva le sole sue caratteristiche fisiche e morfologiche. Essa veniva a subire pure un cambiamento profondo in senso qualitativo, divenendo un’altra creazione costitutivamente e qualitativamente diversa dalla precedente e, per questo motivo, non più riconoscibile. Sempre riguardo alle creazioni non viventi, c’era da aggiungere che esistevano creazioni di due tipi: 1) quelle con trasformazione unica e definitiva, poiché mai più avrebbero rappresentato qualcosa di riutilizzabile; 2) quelle con trasformazione plurima, poiché esse a loro volta andavano incontro a ritrasformazione, almeno per uno o più cicli.

Poteva anche succedere che due o più elementi semplici di un astro si combinassero tra di loro, dando origine ad un nuovo elemento, questa volta composto. Il quale si presentava del tutto privo delle caratteristiche morfologiche e delle proprietà degli elementi, da cui esso era originato. In questo caso, però, il composto risultava con potenzialità qualitativamente senz'altro superiori. Da simili composti, infatti, poteva originarsi una energia di intensità alquanto variabile, a seconda degli elementi concorsi a produrla. Ma lo sprigionamento di una energia del genere avrebbe arrecato a tali composti una rapida e definitiva consunzione, a causa di una combustione celere e ipercalorica. Da ciò, si evinceva che gli elementi di un astro potevano andare incontro a trasformazione in due modi: per disgregazione oppure per combustione.

Molto più complessa, invece, si presentava la morte di un astro del Caducon, visto che esso era governato da una forza interna e da un’altra esterna. Da quella interna, provenivano all’astro tutte quelle perturbazioni atmosferiche e tutti quei cataclismi endogeni, i quali scatenavano sulla sua superficie dei grandi sommovimenti catastrofici e trasformatori. Questi ultimi, certe volte, coinvolgevano gli stessi esseri viventi che lo popolavano, facendoli tribolare moltissimo o mutilandoli in modo spaventoso, quando non li annientavano. Comunque, a quegli enormi sconvolgimenti rovinosi quasi sempre contribuivano gli altri astri viciniori, proporzionalmente alla loro massa e alla loro distanza, essendo essi condizionati dalle leggi astrofisiche. La forza, che influenzava un astro dall’esterno, era quella che regolava con leggi immanenti l’armonia dell’intero Caducon, il quale genericamente poteva essere chiamato pure universo o cosmo. Ma alcune volte tale forza decideva di rifiutarsi di seguire pedissequamente quelle leggi, in virtù delle quali l’universo intero riusciva a sopravvivere. Ne conseguiva allora che il luogo, dove la forza universale veniva a subire tale aberrazione, diventava teatro di colossali scontri tra gli astri che vi si trovavano a prendere parte. Alla fine un caos del genere si risolveva nella frammentazione dei pianeti coinvolti oppure nella loro disintegrazione, se venivano inglobati da una stella vicina.

Ma quel suo impossessarsi di quanto apparteneva al Caducon, da parte della morte, si poteva ritenere un’azione guidata dall’Ente Supremo, magari a scopo selettivo e con interventi individualizzati? Oppure l’azione della morte era da intendersi come un qualcosa di inevitabile in balìa del caso e perciò mancante di obiettivi precisi e predeterminati? Con tutta franchezza, non me la sentivo di dare una risposta su due piedi al riguardo e dichiararmi subito a favore di una delle due ipotesi che mi si erano affacciate alla mente. Anche perché ero ancora privo di elementi validi e bastevoli, per potermi sbilanciare in una opzione di quel tipo, senza dovermi in seguito ricredere della risposta eventualmente data da me al problema in questione. Allora, ad evitare errori derivanti da un giudizio troppo affrettato, decisi di procrastinare quella mia risposta ad un momento più favorevole e circostanziato. In quel modo, essa mi sarebbe stata facilitata da situazioni e fatti reali, cioè tali da contribuire validamente a chiarificarmi l’argomento in questione. Inoltre, me lo avrebbero fatto affrontare con maggiore sicurezza e senza correre rischi di qualche interpretazione errata.

La morte, quindi, rappresentava un processo inarrestabile e incontrastabile per tutte le cose e per tutti gli esseri viventi del Caducon, sebbene a volte si potesse ricorrere a taluni rimedi per combatterla o per ritardarla, però senza mai riuscire a debellarla in modo definitivo. La sua esistenza era stata voluta da Xurbiz, fin da quando aveva creato il Caducon. Altrimenti Egli non avrebbe dato l’esistenza alle creazioni ad esso sottoposte all’esterno della sua realtà, dove ogni cosa sarebbe dovuta rivelarsi effimera, contingente e transitoria. La morte in tale regno, perciò, anche se a volte significava istantanea e catastrofica trasformazione, si presentava come la dominatrice assoluta. Essa operava su tutto e su tutti quasi sempre con intenti distruttivi, anche se senza raziocinio; ma la sua opera poteva sempre contare sulle innumerevoli e potenti armi a sua disposizione.

Da quanto indagato fino a quel momento, potevo affermare che nessuna mano guidava la morte nelle sue scorrerie tanto improvvise quanto degenerative ed involutive. Essa non aveva neppure degli occhi per scorgere e scegliersi le sue prede o le sue vittime. Perciò la sua cieca avanzata omnidirezionale era incontrastata e si dimostrava imprevedibile, travolgendo sul suo cammino organismi sia grandi che piccoli, sia forti che deboli, sia giovani che vecchi. Inoltre, mostrava verso ognuno e verso ogni cosa solamente crudele inclemenza e gelido sadismo, causando in ogni luogo ingenti pianti e tantissima sofferenza; ma soprattutto riusciva ad arrecarvi angoscia e disperazione senza fine.

Avevo appena escluso il fenomeno deterministico nell’essere della morte ed avevo anche accettato quello casualistico del suo divenire, allorquando mi assalì un nuovo ed inquietante interrogativo inerente alla morte. La quale si andava rivelando in ogni posto una spavalda spadroneggiatrice. Per questo, in quanto tale, essa mirava di continuo a stroncare ogni essere vivente e a scompaginare l’armonia di interi astri, spingendone alcuni ad un impatto apocalittico. Adesso, però, mi andavo ponendo la seguente domanda: Poteva la morte agire efficacemente anche contro l’intero Caducon, senza farlo più esistere e rimandandolo così al suo nulla primordiale, pur non avendo dato Xurbiz il suo autorevole assenso? In verità, un fatto del genere non poteva esserci nel modo più assoluto! Alla morte non era consentita una impresa di così vasta portata. La sua azione, ora mutilante ora demolitrice e devastatrice, poteva limitarsi a deteriorare in modo irreversibile le cellule dei tessuti animali e vegetali, nonché a sconvolgere il regno inanimato delle cose. Magari qualche volta essa era anche in grado di stravolgere parzialmente una legge astrofisica dell’Universo; però, mai e poi mai, l’eccellente avversaria della vita avrebbe potuto arrecare il suo effetto nocivo a quest’ultimo, considerato nella sua totalità. Una catastrofe universale o un rientro coatto del Caducon nel nulla, infatti, erano da considerarsi eventi straordinari promuovibili ed attuabili esclusivamente da Colui che gli aveva dato l'origine, l'esistenza, un maestoso ordine e una infinita spazialità sferica. Quanto a quest'ultima, una forza propulsiva centrale l'andava disseminando di miriadi e miriadi di astri splendenti.

Alla base del Caducon, dunque, come potevo constatare, c’era un dualismo di principi opposti ed irriducibili. Da una parte, c’era l’eterna lotta fra la morte distruttrice di ogni cosa e di ogni essere vivente; dall'altra, ci stava la divina energia generatrice di sempre nuovi mondi. Tale dualismo non si era formato per caso; al contrario, era stato lo stesso Xurbiz a volere che vi si costituisse in piena regola. Inoltre, lo aveva voluto autonomo nella sua perenne lotta, la quale si andava svolgendo senza alcun fine predeterminato. Anzi, esso andava investendo a caso quegli esseri viventi e non viventi del creato che ne venivano coinvolti: questi, prima di morire o di venir meno, accusavano vari tipi di traumi, i quali non potevano essere che negativi ed aventi come fine la distruzione non riparabile.

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