476-LASCIATO POTENZIOR, IVEONTE DÀ LA CACCIA ALLA KOSMIVORA

Il ritorno dell'umano Iveonte in Kosmos non era sfuggito agli eccelsi gemelli di Luxan. Essi, non appena ve lo avevano scorto, immediatamente si erano voluti incontrare di nuovo nella dimora del dio del tempo per compiacersene e per cucirci sopra le loro congetture del momento. Stando poi seduti l'uno di fronte all'altro su comode poltrone, era stato il divino Kron ad aprire il discorso sull'argomento, esprimendoglisi con questo parlare:

«A quanto pare, Locus, abbiamo riposto bene la nostra illimitata fiducia nel pupillo di mia figlia, poiché egli non l'ha tradita ed è riuscito alla fine a portare a termine la sua ardua missione. Si vede benissimo che egli adesso è in possesso del Potere Cosmico, siccome, pur essendo privo del nostro anello, sfreccia nello spazio cosmico senza accusare difficoltà di sorta. Da adesso in poi, ci toccherà seguirlo e vedere come se la caverà nella sua lotta contro la Kosmivora, la quale senza dubbio farà di tutto per mostrarglisi una sua irriducibile avversaria.»

«Come possiamo renderci conto, fratello, l'umano Iveonte non ha deluso le nostre aspettative, per cui giustamente abbiamo fatto affidamento su di lui, quando lo abbiamo incaricato della delicata missione. Ma sono sicuro che egli seguiterà a darci delle belle soddisfazioni, conseguendo quegli obiettivi che noi non abbiamo potuto raggiungere. Ora il dio della superbia avrà contro un nemico piuttosto inarrendevole!»

«Ne sono convinto anch'io, Locus, se il Potere Cosmico è dotato delle prerogative che gli si attribuiscono e dimostrerà di avere la potenza che gli si riconosce. Se davvero esso è tale, quale viene riportato fin dalla notte dei tempi, Iveonte saprà sfruttarlo con il massimo profitto e, tramite esso, darà il benservito all'insuperbita Kosmivora. La quale, siccome non si aspetta di stare a competere con un avversario di una simile portata, che non ha neppure una natura divina, addirittura si tratta di un Materiade, molto presto avrà una sgradita sorpresa e pagherà lo scotto che si merita. Ne sono convinto quanto te!»

«Sono proprio ansioso, Kron, di vedere il Potere Cosmico in azione, considerato che esso nell'ambito di Kosmos ci supera in potenza, e non vedo l'ora di assistere alla sua straordinaria dimostrazione di ciò che è in grado di fare. Sono certo che ne verremo stupefatti, oltre ogni nostra immaginazione, nonostante anche noi due, per volere di Splendor, disponiamo di una potenza inimmaginabile. La quale ci viene invidiata da tutte le divinità, siano esse positive oppure negative.»

«Non ti nascondo, fratello, che anch'io sto aspettando questo momento e fremo per l'ansia di scorgere il Potere Cosmico nell'atto di dare dimostrazione delle sue insuperabili prerogative. Esse provengono da qualcosa che in sé non ha alcuna natura divina, pur rivelandosi di una potenza distruttiva e generativa di altissimo livello. Mi domando perciò chi o che cosa ha dato origine al Potere Cosmico, non essendo stato il nostro insuperabile Splendor a farlo esistere e a permettergli di esprimersi con una potenza che supera perfino la nostra.»

«Me lo sono chiesto anch'io, Locus; però non ho saputo darmi una risposta soddisfacente, che ne giustificasse l'esistenza con una virtualità illimitata. La quale è pronta a trasformarsi in una concretezza che non conosce confini, pur di non cedere il passo a qualunque altra energia che tenti di opporsi ad essa con il suo ostinato proposito.»

«In verità, Kron, anche l'esistenza di Tupok, che ne ebbe il possesso fin dalla sua origine, è avvolta nel mistero più assoluto, non risultandoci che in Potenzior ci fosse stato qualcuno oppure avesse agito qualcosa, perché l'una e l'altro si potessero giustificare in qualche modo. Quindi, se l'arcano appare essere il principio attivo della loro esistenza e della loro compresenza in Potenzior, non ci resta che arrenderci alla nostra impossibilità di comprendere un tale mistero.»

«Condivido le tue conclusioni, fratello Locus. Perciò ci conviene mettere da parte le nostre attuali argomentazioni e puntare su ben altro, che possa risultare di nostro sommo gradimento. A questo riguardo, ti propongo di darci a seguire l'eroe umano, mentre è dedito a ricercare la Kosmivora in ogni angolo di Kosmos, poiché sappiamo che egli è intenzionato a raggiungerla e a darle il fatto suo. Specialmente dopo che si sarà reso conto che la Kosmivora ha fatto sparire il suo pianeta Geo dall'intero spazio cosmico! Senz'altro Iveonte vorrà prendersi una rivincita clamorosa nei suoi confronti, come gli detta la coscienza.»

«Ovviamente, Kron, seguiremo il Materiade terrestre con la massima attenzione e ne commenteremo i tragitti cosmici, mentre ricerca in ogni miglio quadrato di Kosmos l'Imperatore delle Tenebre. Egli non vede l'ora di raggiungerlo dove la Kosmivora si dà a scombussolare le galassie e gli astri che vi volteggiano con la loro indefettibile armonia.»

«Certo che faremo come hai detto, Locus, intanto che dedicheremo il nostro prezioso tempo al pupillo della mia Kronel per vederlo trionfare sulla nemica delle divinità positive. A detta di Iveon, egli ha un temperamento irriducibile ed una fermezza di carattere fuori dell'ordinario; inoltre, persegue ogni suo obiettivo con spirito animoso, il quale lo contraddistingue in ogni cimento che affronta. Altrimenti non avrebbe potuto sconfiggere i cinque Guardiani del Potere Cosmico, che erano tutti degli eroi invincibili. A dire il vero, pure io ho avuto modo di assistere alle sue ardite prodezze, anche quando ha avuto di fronte degli esseri non Materiadi, come il presuntuoso Furor.»

«A proposito, mio caro gemello, quando ci sarà lo scontro fra la Kosmivora ed Iveonte, ci sarà consentito di intervenire per dare un aiuto all'eroe umano? O ci sarà negato ogni nostro intervento a suo favore? Ma mi accorgo già che ti affretti a contraddirmi. Non è forse vero, Kron?»

«Infatti, Locus! Comunque, non si tratta di un divieto che ci viene imposto da qualcuno, poiché esso in effetti non esiste. Invece la vera ragione che ci sconsiglia dall'intervenire nello scontro galattico che presto ci sarà tra il dio della superbia ed Iveonte è la seguente: sarebbe vana ogni nostra partecipazione attiva al fianco dell'eroico terrestre, siccome la potenza del Potere Cosmico neutralizzerebbe anche la nostra. La sua neutralizzazione, però, ci sarebbe unicamente per farci presente che essa è già sufficiente a condurre a buon fine i propositi del suo attuale possessore. Per questo la sua decisione di escluderci dal conflitto non va intesa come un suo atto ostile nei nostri riguardi; ma unicamente come una sua intenzione di tenerci fuori da una lotta nella quale basta già la sua potenza a vincerla.»


Intanto Iveonte, dopo la sua uscita da Potenzior e dopo essersi congedato dal dio Iveon, che aveva fatto ritorno su Luxan per consegnare l'anello e la spada ai loro legittimi proprietari, si era dato a sfrecciare alla massima velocità per i sentieri che lo portavano a Kosmos, essendo intenzionato a scontrarsi al più presto con la Kosmivora. Se prima era l'anello degli eccelsi gemelli a permettergli l'esistenza nella realtà cosmica, adesso era il Potere Cosmico in suo possesso a consentirgli di sopravvivere in essa. Diversamente, la mancanza di ossigeno in tale luogo lo avrebbe fatto morire in pochi secondi. Adesso egli proseguiva per la sua strada, quella che non era lui a decidere; al posto suo, invece, era il misterioso potere, che lo coinvolgeva, a stabilire quale essa doveva essere. Tale potere, in realtà, trasferiva nella sua mente la propria facoltà decisionale, al fine di fargli intraprendere il giusto viaggio che lo avrebbe condotto direttamente ad imbattersi nella forza oscura rappresentata dalla Kosmivora. Ad ogni modo, Iveonte ne era a conoscenza e lo lasciava fare, poiché si fidava ciecamente di tale potere, il quale, in un certo senso, adesso lo incarnava.

Mentre lo seguiamo, nello spazio, in cui egli si muoveva, non si avvistavano da nessuna parte i rovinosi sfaceli, che la sua maligna avversaria stava provocando in altre galassie, ossia in quelle che erano ancora ad una enorme distanza da quella in cui si trovava lui. Per questo non ne veniva atterrito e non era ancora costretto a provarne disgusto; al contrario, era spinto a bearsi di tutti quegli astri che presentavano Kosmos come un mirabile esempio di grandezza e di armonia. In quel suo viaggio intergalattico, dove miliardi di astri meravigliosi venivano ammirati da lui, a mano a mano che li incontrava, il nostro eroe pensava al proprio pianeta Geo, ai suoi familiari e ai suoi amici che lo abitavano. Nel contempo temeva per loro, poiché probabilmente egli non ce l'avrebbe fatta a salvare l'uno e gli altri dalla Kosmivora, la quale senza meno lo avrebbe preceduto nella biancastra galassia Lactica. Ma egli, più che preoccuparsi per la morte dei suoi parenti ed amici, alla quale dopo avrebbe potuto rimediare senza problemi, si dispiaceva per i momenti terribili che essi avrebbero vissuto durante l'apocalittico evento. Esso, infatti, li avrebbe sommersi tragicamente, infondendo in tutti loro il terrore più terribile da sopportare.

Così gli tornavano alla mente gli scarni volti dei suoi cari genitori, quello indimenticabile della sua dolce Lerinda e quello barbuto del saggio Lucebio; ma rivedeva anche con sommo piacere i volti della sorella Rindella e dell'amico fraterno Francide, divenuti entrambi re e regina della Città Santa. A quel caleidoscopio di immagini familiari ed amichevoli, Iveonte si commuoveva ed anelava a rivederli quanto prima, desiderando stare accanto a loro e godersi la loro vicinanza a più non posso. Essendo stato lontano da loro per molto tempo, non vedeva l'ora di restare a lungo insieme con tali adorabili persone e di saziarsi della loro compagnia. La qual cosa, però, non sarebbe potuta essere, se si prendevano in considerazione la sorella e il cognato, siccome essi abitavano molto lontano da Dorinda, la città su cui avrebbe regnato. Comunque, in relazione a loro due, l'eroe umano non poteva ancora pronunciarsi sul tipo di rapporto che avrebbe avuto con essi, in riferimento al tempo che avrebbe trascorso con loro. Ciò, perché non conosceva ancora quanto sarebbe durato il suo possesso del Potere Cosmico, poiché dalla sua durata sarebbe anche dipeso il tempo che gli avrebbe fatto compagnia. Infatti, fino a quando fosse rimasto a signoreggiare su tale potere, egli avrebbe potuto gestirlo in qualunque suo desiderio, compreso il superamento di distanze enormi in brevissimo tempo, proprio come gli aveva permesso l'anello ricevuto dalle due eccelse divinità. In quel caso, il voler raggiungere ad Actina sua sorella Rindella e il suo amico fraterno Francide per lui sarebbe stato come fare una passeggiata. Ma poteva anche darsi che, se gli fosse venuto meno il Potere Cosmico per volontà del Signore di Potenzior, tramite sua figlia, il dio Kron gli avrebbe fatto ancora recapitare il prezioso anello.

La sua mente era immersa in simili pensieri, per cui il tempo gli trascorreva più velocemente, allorquando Iveonte notò che davanti a sé, ad una distanza sterminata, si scorgeva qualcosa che risultava in fibrillazione. Ma poi egli si rese conto che quel posto, dove lo si avvistava, apparteneva alla galassia Lactica, la quale era riconoscibile dalla sua apparenza lattiginosa. Allora decuplicò la sua velocità, volendo trovarsi presente in quella zona prima possibile, poiché era convinto che vi avrebbe trovato la Kosmivora, mentre era dedita alla sua azione sterminatrice sui corpi celesti situati in quella galassia. Così almeno avrebbe cercato di salvare il salvabile, se ci fossero rimasti delle stelle, dei pianeti e dei satelliti non ancora distrutti. Soprattutto sperava di trovarci indenni la stella Elios e i pianeti che orbitavano intorno ad essa, seguendo le loro orbite ellittiche distanziate fra di loro, visto che tra questi ultimi c'era anche Geo, il quale era il suo pianeta natio. La distanza, però, era ancora troppa, per potere raggiungerla in breve tempo; mentre egli spasimava di pervenire ad esso, prima che la Kosmivora lo disintegrasse con la sua azione tendente a destabilizzare l'intera area in cui si effettuava la sua orbita, la quale durava da milioni di anni. Comunque, Iveonte prevedeva che, pur esigendo dal Potere Cosmico la massima velocità possibile, non ce l'avrebbe fatta a conseguire il proprio obiettivo. Per cui il suo pianeta sarebbe stato irrimediabilmente sacrificato, poiché la malvagia creatura, nella sua demolizione galattica, lo avrebbe fatto perire come fuscello in una colossale vampa, facendo anche dei suoi abitanti una strage senza precedenti. Per la quale ragione, non poteva che affliggersi per essa e darsi alla stizza, a causa della morte di tante persone innocenti.

Da parte loro, gli eccelsi gemelli, i quali seguivano la corsa nello spazio del loro protetto, si chiedevano come il Potere Cosmico sarebbe intervenuto contro la Kosmivora e come avrebbe fatto apparire Iveonte durante il conflitto con essa. Fu il dio Locus a chiederselo per primo, ma facendo anche al fratello le seguenti domande:

«Mi sai dire, Kron, quale foggia assumerà l'eroe umano, quando avrà inizio il suo scontro con la Kosmivora? Non credi che quella attuale, che è di un qualunque Materiade, non gli si addica?»

«Anch'io sono del tuo stesso parere, fratello, in merito al tuo secondo quesito. Ma sono del parere che essa sarà quella che il Potere Cosmico vorrà che sia. Perciò attendiamo che abbia prima inizio la furiosa tenzone fra il pupillo di mia figlia e il dio della superbia, la cui foggia è quella della Kosmivora che lo rappresenta. Sono persuaso che il suo potere saprà procurargliene una apposta per lui, dovendo il suo personaggio scontrarsi con il pericolo numero uno dell'intera realtà cosmica. Quindi, staremo a vedere.»

«Mio gemello Kron, sono sicuro che, se fossi stato tu a fare avanzare l'eroico Iveonte nella sua folle corsa in Kosmos, gli avresti già fatto raggiungere la sua avversaria Kosmivora. Come dio del tempo, ci avresti impiegato meno di un attimo a farlo trovare nella parte di spazio che è sotto l'influenza kosmivorina. Non è forse così?»

«Sarebbe andata come hai detto, Locus; ma io non potevo intervenire, per i motivi che già ti ho esposti. Devi sapere che a questo punto il problema non è quello di giungere per primo sul campo di battaglia, se si vuole uscirne vincitore. Invece esso è ben altro, poiché la vittoria scaturirà dalla maggiore potenza di cui verrà a disporre ciascuna delle parti. Sarà essa a decidere chi uscirà vincitore dallo scontro.»


Nel frattempo, Iveonte continuava ad andare avanti per la sua strada e non poteva immaginare che avesse su di sé gli occhi degli eccelsi gemelli del Regno della Luce. Essi non smettevano di seguirlo, siccome non vedevano l'ora di assistere al suo confronto con la Kosmivora. Le varie galassie, che lo separavano da Lactica, l'una dopo l'altra, venivano attraversate da lui alla massima velocità consentita al Potere Cosmico. Nell'attraversarle, notava che, tanto le stelle quanto i pianeti e i satelliti, testimoniavano un'armonia cosmica che stupiva. La cui perfezione non poteva che essergli derivata da Splendor, quando aveva voluto crearli in seno a Kosmos. Adesso, via via che gli apparivano e scomparivano davanti ai suoi occhi, i tre tipi di astri lo facevano restare attonito per lo stupore, mentre la loro incredibile maestosità lo incantava. Ad ogni modo, quel genere di strabilianti spettacoli galattici avrebbero continuato ad esserci lungo il suo percorso cosmico, suggestionandolo sempre di più, fino a suscitargli nell'animo sensazioni di serenità mai avvertite prima di allora. Era come andare incontro a qualcosa di indefinibile, che lo colpiva per la sua straordinarietà e gli accendeva nello spirito quel vigore, che già lo predisponeva alla lotta in arrivo.

Fu a quel punto che Iveonte avvertì dentro di sé un arcano scombussolamento, che coinvolgeva il suo intero organismo. Ad un tratto, egli si sentì trasformare in un essere superdotato in tutti i sensi. Perfino la sua complessione andò assumendo dimensioni smisurate, ma senza privare il suo corpo dell'agilità, della solidità e della stabilità possedute prima dal suo organismo. Gli sembrò essere diventato grande come una montagna, con tutti i suoi vari organi proporzionatamente accresciuti, a cominciare dagli arti inferiori e superiori, i quali adesso erano quelli di un essere gigantesco. Così pure il tronco, il collo e la testa apparivano enormi, comunque, in proporzione rispetto alle gambe e alle braccia, che presentavano piedi e mani possenti, con il tutto bene articolato ed armonico. Questa volta, però, le caratteristiche dell'intera sua persona, intese in senso fisico e qualitativo, non erano più le stesse, rispetto a quelle precedenti. Nella loro corporeità, esse erano inattaccabili dal fuoco e da sostanze corrosive o radioattive; nella loro psichicità, non si lasciavano suggestionare da nessun fatto emotivo, fosse esso anche quello più incredibilmente raccapricciante; nella loro spiritualità, riuscivano a tener testa anche alle situazioni più problematiche messe in piedi da qualunque circostanza. La sua straordinaria intelligenza risultava pronta, acuta e viva; il suo ingegno si mostrava vivace, sveglio e fervido, per cui non faceva fatica ad escogitare i più sagaci espedienti; il suo coraggio si esprimeva con la massima bellicosità, essendo preparato ad ogni tipo di combattimento anche contro forze soverchianti; la sua temerarietà ignorava qualsiasi pericolo, soprattutto quello che avrebbe tentato di minacciarlo e di sovrastarlo con la massima pericolosità.

Con il suo nuovo potenziamento della persona, intesa nella sua integralità, Iveonte era in grado di ricorrere ad una strategia diretta. Con essa, mediante una prova di forza, avrebbe fatto accettare alla sua avversaria le proprie condizioni. Inoltre, gli sarebbe stato consentito di fare uso di una strategia indiretta, mediante la quale, attraverso una manovra diversiva, sarebbe riuscito a colpire la vulnerabilità dell'avversaria con attacchi diversificati, tesi a confonderla oppure a distrarla. Con essa, l'avrebbe indotta, da una parte, a concentrare le proprie forze in quei punti dove non avrebbe mai attaccato; dall'altra, a lasciare indeboliti quelli in cui avrebbe sferrato l'attacco con un'azione a sorpresa. In quel modo, gli sarebbe risultato abbastanza facile minare la capacità combattiva e difensiva dell'avversaria con azioni eversive ed ingannevoli. Dopo essere stato dotato dal Potere Cosmico del nuovo assetto psicofisico e spirituale, che abbracciava l'intera sua persona, Iveonte si ritrovò ad essere un combattente di prim'ordine, come se in lui ci fosse adesso l'indefettibile perfezione della natura divina, la quale non ammetteva errori di sorta. Perciò la sua potenza era la massima che si potesse ottenere anche in una divinità; però con la differenza che quest'ultima, di fronte a certe situazioni contingenti, come quelle che a volte riscontrava in Kosmos, era obbligata a desistere.

Il nuovo essere, nel quale il Potere Cosmico aveva trasformato l'eroe umano, non tardò ad intrigare anche gli eccelsi gemelli luxaniani, per cui essi si decisero a discuterne in modo positivo. Il primo a prendere la parola, però, questa volta fu il dio Locus, dicendo:

«Come vedo, Kron, noi due ci stavamo preoccupando inutilmente, quando ci chiedevamo perché mai il Potere Cosmico non facesse assumere al suo possessore la foggia che gli si addiceva per combattere contro la Kosmivora. Anche perché, nella sua insignificante statura, di certo avrebbe trovato difficoltà a confrontarsi con la sua immensa stazza, che occupa uno spazio non indifferente di Kosmos.»

«Invece ora sappiamo, Locus, che il Potere Cosmico ci stava pensando non meno di noi; ma aspettava il momento giusto per tramutare il proprio possessore nell'essere che lo avrebbe fatto combattere con la sua perfida avversaria nella migliore foggia possibile. Esso ha voluto trasformarlo in un valido combattente, che ha a sua disposizione tutto quello che gli serve, fornendogli doti e prerogative che lo faranno brillare nell'imminente suo scontro con la Kosmivora. Sono convinto che l'umano Iveonte ne saprà approfittare e farne l'uso che gli procurerà il migliore profitto, trattando la parte avversaria nella maniera che più gli consentirà una splendida vittoria. A questo punto, però, badiamo a goderci la furiosa tenzone, la quale sta per esplodere in Kosmos.»

«Se lo vuoi sapere, fratello Kron, aspetto proprio il momento che essa abbia inizio, poiché sono persuaso che la loro lotta darà luogo ad uno sconfinato palcoscenico cosmico, sul quale ci sarà uno scenario bellico di vaste proporzioni, dove opereranno forze contrastanti intente ad ignorare qualsiasi resa. Perciò il loro quadro apocalittico si incendierà di enormi deflagrazioni, quelle che non si sono mai verificate prima in seno a Kosmos. Ma se possiamo prevedere quali saranno le forze della Kosmivora, non ci sarà possibile immaginare quelle che deriveranno dall'eroe umano, grazie al suo prodigioso potere. Il quale dovrebbe contendere a quello della sua avversaria il primato e la conseguente vittoria, rendendo il proprio possessore l'indiscusso vincitore.»

«Secondo me, Locus, potrebbe esserci il solo pericolo che il pupillo di mia figlia possa trovarsi in difficoltà nel suo nuovo abito, che gli toccherà gestire con la massima cautela, senza mostrarsi impacciato nell'esprimersi nei modi che gli verranno richiesti dalla lotta. Comunque, io confido in lui e nelle sue capacità, le quali gli consentiranno di destreggiarsi nella difesa e nell'offesa con manovre efficaci. Anzi, esse gli daranno la possibilità di portare avanti il combattimento da eroe superdotato, pronto a fare della rivale uno scempio senza parsimonia.»

«La penso anch'io come te, Kron, poiché l'eroe umano, con la nuova statura che non è più di nove spanne, qual era prima, potrebbe venire a mancare di coordinazione mentale e psichica nei suoi movimenti e nelle sue manovre. Per cui si ritroverebbe ad affrontare una situazione abbastanza disagevole e non facilmente controllabile. Ad ogni modo, la mia è da considerarsi solamente una ipotesi, la quale, al contrario, potrà essere smentita da chi dovrà farsene carico.»

«Così sarà, fratello Locus, poiché il terrestre Iveonte, come è già stato preconizzato, è destinato a diventare l'eroe trionfatore della seconda Teomachia, con la sua schiacciante vittoria sul superbo Imperatore delle Tenebre e sulle altre forze del male, che sono sue alleate.»

Dopo l'ultimo intervento del dio del tempo nella sua conversazione in corso con il dio dello spazio, i due eccelsi gemelli si resero conto che il giovane umano aveva appena raggiunto la zona influenzata dalla Kosmivora. Allora si affrettarono ad interromperla, essendo intenzionati a seguirlo nella sua nuova avventura, la quale si prevedeva assai complessa. Ma dalla sua parte e sotto la sua guida, militava il Potere Cosmico, il cui obiettivo era quello di sconfiggere la nemica del bene. Anche Iveonte si accorse di essere pervenuto nella parte di Kosmos corrispondente alla galassia Paren, la quale un tempo era appartenuta all'Impero del Tetraedro e confinava con la galassia Lactica. Quest'ultima era stata da poco messa sottosopra dal passaggio della Kosmivora, che vi aveva prodotto gravi mutilazioni. Inoltre, vi aveva portato alla rovina la maggior parte degli astri che la costituivano, compreso il pianeta Geo, il quale aveva cessato di esistere insieme con gli altri astri. Era nello spazio galattico di Paren, dunque, che stava per aversi il colossale scontro tra l'irriducibile creatura, rappresentata dal dio Buziur, e il Potere Cosmico, che si stava mettendo a disposizione dell'eroe del bene e lo appoggiava.

Iveonte, già alle prime avvisaglie del conflitto, si mise in stato di allerta, onde evitare di subire un improvviso attacco da parte della Kosmivora, senza averlo previsto e senza aver cercato di porvi un riparo adeguato. Nello stesso tempo, andava cercando quelle mosse strategiche che avrebbero potuto avvantaggiarlo nel conflitto, il quale si apprestava ad esserci con tutta la sua virulenza aspra ed aggressiva. Egli era al corrente che la sua avversaria riusciva a far pervenire fino a distanze enormi i suoi tentacoli energetici. Il cui scopo era quello di captare le divinità positive capitate nello spazio da essa influenzato e di attrarle nel suo nucleo per metabolizzarne la parte psichica. Se questo era uno dei suoi due obiettivi, invece l'altro era quello di fare tabula rasa dello spazio galattico, portandovi alla rovina tutti i corpi celesti che recavano ad esso vitalità ed armonia. Alcuni dei quali, cioè quelli spenti, si mostravano compiacenti con l'essenza vitale, facendovi nascere e crescere il regno animale e vegetale. A tale scopo, la Kosmivora riusciva a creare nell'intera estensione di una galassia teatri bellici da raccapriccio. La cui visione poteva raggelare l'animo di un ipotetico spettatore, che si fosse trovato ad assistere a tali visioni sconvolgenti da un determinato punto.

Iveonte, da parte sua, era in quel posto non perché gli si raccapricciasse l'animo; ma per porre fine ai suoi catastrofici interventi sullo spazio cosmico, volendo vederlo ridotto nel caos più indicibile. Perciò si stava preparando, affinché li neutralizzasse in un primo momento e li annientasse in una fase successiva. A tale riguardo, si era dato ad ingegnarsi per giungere ad una soluzione di questo genere, evitando che ogni sua iniziativa incorresse in un fallimento. L'eroico giovane, avendo già sentito parlare dal dio Iveon della Deivora, era a conoscenza che tale creatura aliena provenuta dal Parakosm avanzava nello spazio cosmico, come se fosse una piovra avente dimensioni enormi. Per cui i suoi tentacoli energetici erano in grado di attirare nel proprio nucleo tutte quelle divinità, che capitavano per caso nel loro raggio di risucchio, che aveva la possibilità di allungarsi fino ad un miliardo di chilometri. Ma siccome il malefico Imperatore delle Tenebre aveva voluto diventare uguale ad essa, era pacifico che la sua conformazione fisica l'avesse imitata e si fosse ritrovata a possedere le identiche sue prerogative. Attenendosi a quella sua considerazione, la quale non poteva fallire, il suo piano di attacco si sarebbe basato proprio su di essa, senza che ne venisse pregiudicato il risultato finale del conflitto in essere, il quale sarebbe dovuto risultare a lui favorevole. Ma vediamo di conoscerlo in dettaglio, perché ce ne rendiamo conto e ci possiamo permettere anche di avanzare delle ipotesi in merito ad esso.

Iveonte, per prima cosa, aveva pensato di eliminare quelli che erano i tentacoli energetici della Kosmivora; invece soltanto dopo avrebbe affrontato la sua parte nucleare, la quale era anche il centro operativo di ogni sua intraprendenza logistica. Ma per un buon rendimento di tale suo piano strategico, aveva pensato di indirizzare le forze del Potere Cosmico alla loro ricerca nella galassia in cui era in procinto di scontrarsi con la sua temibile avversaria. Perciò gli ordinò di generare campi di energie adatte alla perlustrazione dello spazio, con l'intento di ricercare le varie parti appendicolari della Kosmivora e di scandagliarne le potenzialità. Avvenuto poi il loro scandaglio secondo i criteri suggeriti da chi ne soprintendeva all'operato, quasi ne costituisse la mente, le medesime energie avrebbero dovuto ingaggiare con esse una lotta senza quartiere per eliminarle. Così i flussi energetici ricercatori messi in circolo dal giovane Iveonte ben presto si diedero a cercare in ogni angolo della galassia tutte le varie parti appendicolari della mostruosa creatura, la quale aveva iniziato a destabilizzare l'intera armonia esistente fra i vari corpi celesti. Una volta che le ebbero scovate, iniziarono ad avere con le stesse molteplici conflitti locali con il proposito di debellarle e di farle sparire dalla circolazione. Come ci si attendeva, anche i tentacoli della Kosmivora non se ne stettero inattivi; all'inverso, preferirono opporre alle attaccanti forze nemiche una resistenza non di poco conto.

Alla fine, tra l'assalto delle une e l'opposizione delle altre, ci fu l'apertura delle ostilità, riguardo alle quali non fu difficile prevedere pure che esse sarebbero state violente e durevoli. Anche perché, dopo averne preso atto ed essersene stupito, l'Imperatore delle Tenebre, pur stando a quella distanza esorbitante, non si astenne dal prendervi parte con grande rabbia. La quale gli proveniva soprattutto dal fatto che era un Materiade che si era proposto di arrestargli l'avanzata, anziché gli eccelsi gemelli del Regno della Luce. Perciò si chiedeva perché mai si stesse avendo quello strano evento inatteso; ma prima che riuscisse a darsi una risposta, quello scontro iniziale, in un attimo, si acuì e divenne esplosivo al massimo. In verità, non ci fu uno scontro diretto fra Iveonte e il dio più autorevole delle divinità negative; invece esso si accese tra le sole forze messe in campo dall'uno e dall'altro attore della vicenda. Allora si assistette ad un pandemonio di energie in grande eccitazione, le quali si abbrancavano e cercavano di disperdere quelle avversarie, non volendo subire una disastrosa sconfitta. Invece le energie del Potere Cosmico intendevano far pagare a quelle della Kosmivora lo scotto della loro azione malvagia. La quale mirava a distruggere interi mondi appartenenti alla galassia e ad ammazzare un numero imprecisato di Materiadi, che vi trascorrevano la loro esistenza.

Comunque, il conflitto tra le due opposte energie, ossia quelle del bene e quelle del male, non andò troppo per le lunghe, poiché esso terminò dopo brevissimo tempo. Difatti, ad un certo momento, le forze, che Iveonte aveva fatto dilagare per gran parte della galassia, avevano disperso quelle che rappresentavano la parte tentacolata della Kosmivora, sottraendo alla loro influenza milioni di astri e preservandoli dalla loro minaccia distruttrice. A quel punto, si attendeva lo scontro diretto fra Iveonte e il dio Buziur, i quali si trovavano l'una di fronte all'altro pronti a darsi battaglia. Nella quale sarebbero prevalsi il valore e l'ingegno dei due contendenti, specialmente se adoperati con il massimo accorgimento e con perspicacia. Anche gli eccelsi gemelli presero nota del primo passo portato avanti dall'eroe terrestre e ne stimarono l'acume, per aver cominciato a spazzare via dalla galassia la parte appendicolare della Kosmivora. La quale, per la sua vastità e a causa della sua complessa forma a tentacoli, la rendeva per niente malleabile, nel caso che qualcuno o qualcosa avesse voluto attaccarla e sconfiggerla.