474°-IL DIO KRON INVITA LE DIVINITÀ POSITIVE A TRASFERIRSI IN LUXAN

Non avendosi ancora nessuna notizia dell’umano Iveonte, il dio Kron si era incontrato con il divino gemello, dopo averlo invitato nella sua dimora. Quando il dio dello spazio lo aveva raggiunto, evitando ogni preambolo, aveva iniziato a dirgli:

«Locus, in Kosmos le cose si vanno mettendo al peggio. Da una parte, Buziur, nelle vesti della Kosmivora, continua a mettere sottosopra le galassie che incontra; dall’altra, l’eroico Iveonte non dà ancora notizie di sé. Quindi, se non vogliamo muoverci troppo tardi, occorre da parte nostra prendere subito qualche provvedimento.»

«Ti capisco, mio caro Kron. Ma come intenderesti affrontare la situazione, se contro l’Imperatore delle Tenebre non possiamo intervenire per costringerlo al silenzio? Se invece hai pensato qualcosa a tale riguardo, datti pure a mettermi al corrente di ogni cosa!»

«Per il momento, fratello mio, siccome il nostro asso nella manica sembra che si sia perso, non vedo altra via da seguire che quella di invitare tutte le divinità positive residenti in Kosmos a trasferirsi in Luxan. Solo così esse, almeno quelle che non sono state ancora catturate dalla Deivora, non andranno incontro a dei seri problemi. I quali comprometterebbero per sempre una loro futura esistenza nel Regno della Materia e del Tempo. Ecco come la vedo io, Locus!»

«Se ne sei certo, Kron, vorrà dire che ricorreremo a quest’unica possibilità che abbiamo, allo scopo di raggranellare dal nostro intervento qualche profitto a favore delle nostre divinità esistenti in Kosmos. Saremo però obbligati a lasciare al loro destino una infinità di Materiadi, che abitano sulle superfici di molti pianeti e satelliti. Essi, così, andranno incontro ad un futuro catastrofico, il quale li farà sparire dal Regno della Materia e del Tempo.»

«Purtroppo, Locus, avverrà proprio quanto hai previsto, non potendosi venire in loro soccorso nel modo più appropriato!»

«Se le cose sono destinate ad andare in questo modo, Kron, mi dici come intendi avvisare le divinità della nostra stessa natura che devono interrompere al più presto la loro permanenza in Kosmos e trovare rifugio nel Regno della Luce, a causa del grande pericolo che sta per raggiungerle? C’è poi il problema delle divinità latenti. Il nostro avviso raggiungerà pure loro per farle rifugiare in Luxan?»

«Per potere avvisare tutte le divinità benefiche che vivono in Kosmos, mio caro gemello, dobbiamo ricorrere all’immedesimazione transluxaniana. Essa è la sola che potrà permetterci di proiettarci in Kosmos e di farci espandere in esso effettivamente. Questa volta, però, dovendo pervenire a tutte le nostre divinità che vi si trovano, senza che nessuna di loro venga esclusa, bisognerà affinare la nostra espansione nello spazio cosmico. Così ogni più piccolo spazio di esso verrà da noi raggiunto e posto sotto il nostro rigoroso controllo.»

«Vorrei sapere, Kron, come dovremmo affinare il nostro reale trasporto nelle più profonde regioni di Kosmos. Comunque, esso non potrebbe interessare le galassie già invase dalla Kosmivora, non potendo noi fare più niente contro le divinità che vi risiedevano.»

«Locus, nel nostro nuovo trasporto transluxaniano nella realtà cosmica, attiveremo la propagazione multifunzione. Attraverso la quale, fra le altre cose, potremo anche messaggiare in contemporaneità la totalità delle divinità positive esistenti nell’intero Kosmos. Con una simile propagazione, quindi, non ci sarà solo il nostro sguardo effettivo ad abbracciare il suo spazio infinito; ma in seno ad esso potremo pure interagire con i mondi e con gli esseri che vi vengono coinvolti. Di conseguenza, venendo essa ad avere la minima distanza da loro, anche le divinità latenti non sfuggiranno al suo influsso e verranno messe al corrente di quanto la medesima gli vorrà partecipare.»

«Allora, fratello Kron, cosa aspettiamo ad attuare l’immedesimazione transluxaniana, integrata questa volta con la propagazione multifunzione? Se ho bene inteso, non si può più perdere tempo, se vogliamo dare ad un gran numero di divinità positive la possibilità di non cadere nelle maglie dell’insidiosa Kosmivora. La stessa tua figlia Kronel corre un tale pernicioso pericolo, siccome ella non potrà essere avvisata tramite il tuo anello. Infatti, l’umano Iveonte è impegnato altrove, ad una immensa distanza da lei.»

«Hai proprio ragione, Locus! Diamoci subito ad immedesimarci e ad espanderci in Kosmos per occuparlo in tutta la sua infinita estensione. In questo modo, faremo pervenire il nostro messaggio a tutte le divinità positive che vi risiedono, comprese quelle latenti. Esso sarà il seguente: “Divinità benefiche, siamo gli eccelsi Kron e Locus a riferirci a voi, che esistete in Kosmos ed avete ancora la possibilità di farlo. Vi invitiamo a trasferirvi subito in Luxan, prima che un grave pericolo vi raggiunga e vi obblighi alla non-esistenza. Esso è imminente e può presentarsi a voi in ogni momento. Inoltre, vi preannuncio che tra non molto nel Regno della Materia e del Tempo ci saranno grandi sconvolgimenti, siccome collasseranno intere galassie, con la fine di molte stelle, di molti pianeti e di molti satelliti. Ne sarà responsabile la Kosmivora, una mostruosa creatura che racchiude in sé i caratteri più devastanti appartenenti alla cattiveria, alla perversione e alla distruzione. Insieme con l’annientamento dei pianeti e dei satelliti periranno anche un innumerevole numero di Materiadi, i quali dovranno piegarsi di fronte al loro nuovo destino”»

Essendoci stata anche l’approvazione del dio dello spazio, le due divinità eccelse si erano date ad effettuare l’immedesimazione transluxaniana e la propagazione multifunzione. Al termine delle quali, l’universo era stato invaso da entrambe, che erano divenute un’unica entità divina. Esse vi si erano propagate attraverso la loro esplosione espansiva, indagativa e dedita a rendere effettivo il virtuale, affinché il loro volere congiunto vi si dilagasse con un qualsiasi atto concreto. In questo caso, quest’ultimo avrebbe dovuto identificarsi con il solo messaggio che avevano intenzione di trasmettere alle divinità positive di Kosmos, del quale siamo venuti anche a conoscenza. Ma la sua trasmissione, da parte del dio Kron e del dio Locus, ci sarebbe stata, senza che essa venisse captata pure dalle divinità negative con la loro percezione auditiva e con la loro facoltà visiva. Alla fine la loro missione si era esaurita con successo, poiché tutte le divinità benefiche avevano potuto ascoltare il messaggio vocale del dio del tempo. Del cui contenuto erano state messe al corrente anche quelle che risultavano catturate dalla Kosmivora. Perciò esse non avevano potuto usufruirne e condursi in Luxan, essendo impossibilitate a farlo. Invece tutte le altre avevano iniziato ad abbandonare Kosmos con sollecitudine, con l’intento di raggiungere al più presto il Regno della Luce. Fra queste ultime, erano stati scorti anche la diva Kronel e il suo fratellastro.


La quartogenita del dio Kron si trovava presso il divo Luciel, quando era giunto l’importante messaggio del genitore. Essi, dopo averlo udito, lo avevano accolto con grandissima preoccupazione; ma era stato il figlio della dea Lux a chiedere alla divina sorellastra:

«Non sei anche tu preoccupata quanto me, Kronel? Se tuo padre ha invitato tutte le divinità positive a rifugiarsi in Luxan, ciò vuol dire che sta succedendo qualcosa di brutto in Kosmos. Ne sono sicuro!»

«Senz’altro sarà così, Luciel; per questo ne sono preoccupata anch’io. Quindi, bisogna ubbidirgli, senza che da parte nostra si perda tempo! Ad ogni modo, il suo messaggio mi sta impensierendo ancora più di te, poiché mi sta mettendo addosso molta agitazione.»

«Perché dici così, Kronel? Tu sai forse qualcosa che io non conosco? Se ho ragione, ti va di parlarmene, perché io ti comprenda?»

«Devi sapere, Luciel, che è stato Buziur, l’Imperatore delle Tenebre a costringere gli eccelsi gemelli ad invitarci a trovare rifugio in Luxan, allo scopo di non farci diventare sue prede.»

«Da quando in qua, Kronel, il dio della superbia detta legge nel Regno della Materia e del Tempo, per cui neppure Kron e Locus possono niente contro di lui? Vuoi spiegarmi questo particolare?»

«Da quando egli è diventato Kosmivora, Luciel, contro la quale nulla possono mio padre e mio zio. Buziur adesso è in grado di sconvolgere intere galassie e mandare in sfacelo tutti gli astri che vi si trovano, senza che entrambi, pur ricorrendo all’immedesimazione transluxaniana, possano neutralizzarlo in qualche modo. Adesso egli va anche a caccia di noi divinità benefiche, poiché la nostra componente psichica, dopo che essa ce ne ha private, la rende ancora più potente. Invece la nostra esistenza, una volta diventate sue prigioniere, smette di essere tale, siccome diventa uguale a quella che ci troveremmo ad avere, se ci buttassimo nell’Abisso dell’Oblio. Anche se s’ignora come la Kosmivora riesce ad agire su di noi in tal modo.»

«Allora, Kronel, perché gli eccelsi Kron e Locus non fanno intervenire Splendor contro una creatura simile? Egli di sicuro l’annienterebbe senza alcuna difficoltà, essendo lui il creatore di Kosmos.»

«Se essi non ricorrono al suo intervento, Luciel, è perché un fatto del genere non è possibile. Per costringere Buziur a non essere più Kosmivora e a farlo ritrovare di nuovo in Tenebrun, il creatore di tutte le divinità dovrebbe soltanto far sparire l’intero Kosmos. Ma in quel caso ci andrebbero di mezzo soprattutto tutti i Materiadi.»

«Adesso capisco, Kronel, perché ti mostri abbastanza allarmata, diversamente da me. Sei in ansia per il tuo Iveonte, che è un Materiade della specie umana. Temi anche per lui una fine miserabile, dopo che l’intero sistema eliosino, nel quale si trova anche il pianeta Geo, sarà stritolato e polverizzato dalla furia della Kosmivora.»

«Non sono preoccupata per lui, Luciel, poiché egli, essendo in possesso dell’anello di mio padre, potrebbe sempre allontanarsi dal luogo dove infuria la tempesta provocata dalla Kosmivora e salvarsi. Ma mi preoccupano i suoi familiari, i suoi parenti e i suoi amici, le cui morti lo renderebbero immensamente triste.»

«Questo è anche vero, Kronel. Mi era sfuggito questo dettaglio, il quale gioca a suo favore. A proposito del tuo pupillo, sorella, mi dici che fine ha fatto? Mi sembra strano che egli non sia più con te!»

«In verità, Luciel, adesso sono in ansia in particolar modo per Iveonte, dopo che mio padre ci ha trasmesso il suo messaggio.»

«Perché mai, Kronel? Non avevi detto che per lui non c’erano pericoli, poiché l’anello di tuo padre lo avrebbe tenuto lungi da essi?»

«Certo, Luciel! Ma in quel momento avevo dimenticato qualcos’altro sul mio pupillo, che adesso invece mi è riaffiorato.»

«Allora riferiscimi di cosa si tratta, Kronel, per farmi intendere meglio quanto ti turba e non ti fa stare tranquilla.»

«Mio padre Kron e mio zio Locus, non sapendo come riuscire a debellare la Kosmivora, sotto le cui spoglie si cela e si attiva Buziur, come ultima spiaggia il mio genitore ha deciso di ricorrere al Potere Kosmico. Esso, a suo parere, è l’unico capace di neutralizzare e mettere in rotta la perniciosa arroganza dell’Imperatore delle Tenebre.»

«Dove si trova un potere del genere, Kronel? Chi ne è dotato? Ad esserti sincero, non ne ho mai sentito parlare da nessuna divinità.»

«Come potevi conoscerlo, Luciel, se neppure mio zio Locus sapeva che esistesse, pur essendo il dio dello spazio? Mio padre, invece, anche se non so come ne era venuto a conoscenza, era al corrente di esso. Per cui ha voluto giocare l’ultima carta con esso.»

«Vorrei sapere in che modo, Kronel. In Luxan tutte le divinità sanno che l’eccelso tuo padre le sa tutte e non gli sfugge niente. Perfino il fratello Locus ogni volta si affida alla sua elasticità mentale, quando c’è un problema da risolvere, di qualunque tipo esso sia. Prima, però, non dimenticarti di dare la risposta alle mie precedenti domande, altrimenti va a finire che, venendone fuori un guazzabuglio d’idee e di pensieri, non ci capirò più niente e ti farò così parlare a vuoto.»

«Allora mi tocca procedere per gradi, Luciel, e metterti al corrente di ciò che ho appreso da poco tempo da Iveon, il dio dell’eroismo. Il Potere Cosmico si trova in Potenzior e all’inizio apparteneva a Tupok, il signore di tale regno extracosmico. Il quale è una eviscerazione spaziale formatasi da Kosmos, all’insaputa dello stesso Splendor, intanto che creava il suo universo. Perciò Tupok e il suo straordinario potere si ritrovarono ad essere autonomi, senza avere nulla a che fare con il Regno della Materia e del Tempo. Per la quale ragione, essi da sempre sono passati per non esistenti da noi divinità luxaniane.»

«Fino a questo punto, Kronel, ti sei fatta seguire senza problemi da me. Ora, però, ti prego di andare avanti. Sono ansioso di conoscere come ha inteso il tuo insigne genitore impossessarsi del Potere Cosmico e servirsene. Non mi dire che userà ancora Iveon per neutralizzare ed abbattere la Kosmivora!»

«Invece, Luciel, nella vicenda questa volta l’eroico dio ci entrava come i cavoli a merenda, a dirla con gli esseri umani. Infatti, il Potere Cosmico si lascia dominare soltanto da un Materiade, il quale però deve essere molto in gamba, se vuole raggiungere lo scopo.»

«Scommetto, Kronel, che i due eccelsi gemelli hanno deciso d’inviare in Potenzior Iveonte, avendo in lui la massima fiducia! Anch’io sono convinto che egli riuscirà ad impadronirsi del Potere Cosmico, essendo pure in possesso del portentoso anello di tuo padre.»

«Prima di trarre conclusioni affrettate, Luciel, fatti ragguagliare di ogni cosa in modo dettagliato, senza che ti ometta nulla! In primo luogo, il Materiade, che intende entrare in Potenzior, oltre che è obbligato a pronunciare la formula di rito, deve portare con sé armi comuni, cioè che non siano opere donate da divinità. Infatti, Iveon ha accompagnato il mio protetto, appunto per farsi anche consegnare da lui la mia spada e l’anello, il quale è fattura di mio padre e di mio zio. In secondo luogo, Iveonte non dovrà fare richiesta del prodigioso potere al Signore di Potenzior, con la speranza che egli glielo lasci prendere, tenuto conto delle sue buone intenzioni a favore di tutti i Materiadi residenti in Kosmos. In quel caso, neppure le armi comuni gli sarebbero servite, poiché egli non sarebbe riuscito a piegare Tupok ai suoi voleri, minacciandolo con la spada o con altre armi.»

«Mi dici allora, Kronel, nelle mani di chi si trova adesso il Potere Cosmico, contro il quale Iveonte dovrà lottare, se vuole impadronirsene?»

«Per volontà stessa di Tupok, esso è tenuto in custodia da cinque Materiadi, detti Guardiani del Potere Cosmico, per cui nessuno di loro è in grado di metterlo in funzione per farlo agire contro qualcuno o contro qualcosa, possedendone egli solamente la quinta parte. Difatti, solo esistendo nella sua interezza, tale invincibile potere può essere manovrato da chi se ne impossessa.»

«Chi sarebbero, sorella, i cinque Materiadi scelti per custodire un potere così eccezionale? Secondo me, essi possono essere stati solo degli eroi eccezionali, per essersi guadagnata la stima di Tupok!»

«Infatti, fratello, ciascun guardiano, sul suo pianeta di origine, risultò essere un grandissimo eroe. Per tale motivo, sarà dura per Iveonte affrontarli singolarmente ed impadronirsi della parte di Potere Cosmico custodita da ognuno di loro. E ciascuna sua contesa con il suo rivale dovrà risolversi con un duello all’ultimo sangue.»

«Non serve dirti, Kronel, che è stata la decisione di tuo padre ad allarmarti e a farti essere giù di corda. Sicura che essa è scaturita dal fatto che il tuo pupillo non ha dato più notizie di sé, non è stato difficile per te immaginare che egli sia potuto perire in Potenzior.»

«In un certo senso, Luciel, hai fotografato il mio stato d’animo. Ma io sono più propensa a pensare che Iveonte sopravvivrà a questa sua ennesima missione e salverà una parte di questo Kosmos, che presto la Kosmivora manderà in rovina.»

«Posso darti un suggerimento, Kronel, il quale ti libererà da ogni ambascia attuale? Sono sicuro di non sbagliarmi.»

«Cosa vorresti suggerirmi, Luciel, per non farmi stare nell’apprensione che sto vivendo in questo momento?»

«Al posto tuo, cara sorella, siccome ne hai la facoltà, m’immergerei nel futuro ed andrei a vedere come finiranno qui le cose, dopo che saremo rientrati in Luxan.»

«Hai proprio ragione, fratello! Non riesco a rendermi conto come mai non ci ho pensato prima. Ti ringrazio per il tuo suggerimento. Ora lascio subito il tempo presente e raggiungo quello futuro. Ma dovrò stare attenta a non trovarmi nell’altro tempo, mentre vi incalza la furia della Kosmivora. Perciò mi converrà gestire il tempo diretto all’avvenire, dosandolo in un quinquennio per volta.»

Detto fatto, la diva era scomparsa alla vista del fratello; ma un attimo dopo ella era riapparsa nello stesso posto e si era data a parlare di nuovo al quartogenito della dea Lux, dicendogli:

«Luciel, la Kosmivora è in rapido avvicinamento e tra poco raggiungerà anche il pianeta Geo. Nel primo quinquennio, a partire da oggi, non immagini neppure cosa sarà di esso, quando la creatura infernale imperverserà nella galassia Lactica ed infurierà contro gli astri che vi si trovano. Anche l’astro spento in questione verrà spazzato via, dopo essere stato frantumato in una miriade di asteroidi dalle dimensioni diverse. Perciò anche coloro che lo abitano faranno una brutta fine e scomparirà ogni traccia della loro esistenza.»

«Voglio sapere del tuo Iveonte, Kronel! Cosa mi sai dire di lui? Riuscirà a sconfiggere i cinque guardiani di Potenzior e ad impadronirsi del Potere Cosmico? Su, riferiscimi sull’eroe umano!»

«Certo che ci riuscirà, Luciel! Quando ci sarà il suo ritorno in Kosmos, le cose si metteranno male per la Kosmivora, la quale sarà obbligata a cessare la sua distruttiva presenza nel Regno della Materia e del Tempo. Infatti, Iveonte la ricaccerà in Tenebrun. Dopo la sua cacciata, egli si darà a rimettere a posto ogni cosa nella realtà cosmica, poiché molta di essa andrà soggetta a danni catastrofici.»

«Sorella mia, sono felice per te, per lui, per i suoi familiari e parenti, oltre che per i suoi amici. Tutti loro, dopo aver subito i soprusi della morte, grazie al loro eroe, si rivedranno risorgere a nuova vita. A questo punto, però, se non vogliamo farci sorprendere dalla Kosmivora, dobbiamo affrettarci a rientrare in Kosmos.»

«Hai ragione, fratello, a dire che bisogna fare in fretta a raggiungere Luxan; ma prima è mio dovere presentarmi a certe persone che se lo meritano e metterle a conoscenza di quanto sta per succedere a tutte loro. Nello stesso tempo, le informerò che dopo il loro Iveonte interverrà a rendere l’universo uguale a quello di prima, nella cui restaurazione sarà compresa anche la loro resurrezione.»


Nel tardo pomeriggio di un giorno d’autunno, il re Francide s’intratteneva a conversare nel patio con l’amico Astoride e con le tre donne di casa reale, che erano la madre Talinda, la moglie Rindella e la sorella Godesia. Adesso la loro conversazione stava riguardando il loro benamato Iveonte e la sua misteriosa missione, chiedendosi se fosse ancora arrivato al traguardo e ne stesse anche ritornando da trionfatore. Si era perciò nel mezzo della nuova discussione, la quale invitava ciascun conversatore ad esprimere il proprio pensiero in merito, quando Francide aveva scorto ad una decina di metri dal loro gruppo un uomo. Lo sconosciuto era apparso all’improvviso in quel posto in cui si trovava, dal quale dopo aveva cominciato a fargli cenno di raggiungerlo, poiché aveva bisogno di parlargli. Allora il sovrano di Actina, che non ci aveva messo molto a rendersi conto che gli altri non vedevano il nuovo ospite, dopo aver chiesto scusa ai presenti per il suo momentaneo allontanamento da loro, in un attimo lo aveva avvicinato e gli aveva domandato:

«Posso sapere chi sei e come hai fatto a giungere fin qui, senza che le mie guardie ti abbiano fermato all’ingresso della reggia?»

«Per il momento, re Francide, devi fare a meno di avere le due risposte. Invece ti prego di seguirmi, siccome ho da comunicarti alcune notizie molto importanti. Ti sta bene, se ci appartiamo nella sala del trono? Oppure vuoi tu decidere un luogo diverso?»

«Sconosciuto, per me sta bene anche quello da te proposto. Ma puoi anticiparmi se il nostro abboccamento richiederà molto tempo oppure ci permetterà di sbrigarcela in quattro e quattr’otto?»

«In verità, re Francide, ciò che ho da dirti è alquanto complesso, per cui potrebbe richiedere molto del tuo tempo. Quindi, prima di appartarci, ti suggerisco di congedarti da coloro con cui t’intrattenevi.»

Il sovrano, avendo accolto il suggerimento dello sconosciuto, era ritornato dagli altri, che lo attendevano piuttosto confusi ed imbarazzati a causa del suo atteggiamento, ed aveva riferito a loro quattro:

«Vogliate perdonare la mia assenza, o voi tutti, poiché mi si chiede un urgente colloquio privato, da parte di una persona. A dopo!»

Qualche istante più tardi, il re Francide si era congedato dall’amico e dalle tre donne per ritornarsene presso chi lo stava aspettando. Così insieme avevano raggiunto la sala del trono.

Una volta che il giovane sovrano aveva lasciato il patio, Astoride e le nobildonne Talinda, Rindella e Godesia non sapevano in che modo interpretare il comportamento del loro congiunto. Il quale, ad un tratto, si era allontanato da loro, aveva raggiunto chi in realtà non si vedeva e si era dato a parlare con lui. Dopo era ritornato da loro per avvisarli che doveva lasciarli perché qualcuno aveva una impellente necessità di parlargli, per cui andava a riceverlo nella sala del trono. C’era stata anche una brevissima discussione sull’accaduto, cercando ognuno di commentarlo a modo suo. La prima era stata Godesia ad esprimersi su ciò che era successo al fratellastro re, dicendo agli altri presenti:

«Avete visto anche voi come si è comportato mio fratello. Mentre si chiacchierava tra noi, ad un dato momento, egli ci ha lasciati e, dopo aver fatto una ventina di passi, si è fermato ed ha cominciato a parlare da solo. Dopo è ritornato presso di noi per dirci che era obbligato a congedarsi da noi, dovendo ricevere una persona che aveva da comunicargli delle notizie di una certa importanza. Non posso credere che egli sia diventato matto tutto all’improvviso!»

«Invece non lo devi pensare neppure lontanamente, Godesia!» l’aveva contraddetta la ex regina Talinda «Prima di giudicarlo come hai fatto tu, aspettiamo cosa gli è successo in quel lasso di tempo. Credo che anche Astoride e Rindella siano d’accordo con me.»

«Almeno io la penso come te, dolce suocera mia.» le aveva fatto presente la nuora «Io non potrò mai pensare che mio marito abbia perso il senno tutto in una volta. Senz’altro sotto c’è qualcosa che non riusciamo a comprendere. Sarà lo stesso Francide a chiarircelo.»

«Ne sono convinto anch’io» aveva approvato Astoride «Ma io ho già una mia idea sulla vicenda, che può soltanto tranquillizzarmi.»

«Davvero dici, Astoride?» gli avevano chiesto congiuntamente le tre donne, mostrandosi desiderose di conoscerla al più presto.

«Come ci è noto, non è la prima volta che la dea protettrice del suo amico fraterno gli è apparsa per qualche ragione. Perciò sono certo che anche adesso ella, rendendosi visibile solo a lui, lo avrà invitato ad appartarsi con lei per dargli delle notizie di particolare rilevanza. Vedrete che, quando Francide ritornerà tra noi, ce lo confermerà lui stesso che le cose sono andate come da me ipotizzato.»

Anche la madre e la moglie del sovrano avevano convenuto con Astoride che i fatti erano andati esattamente come lui li aveva immaginati. Allora, in un certo senso, se n’erano rallegrate, prima ancora di venire a conoscenza di quanto la diva era venuta a riferire al loro congiunto. Così, essendosi convinti che era stata la diva Kronel a fare agire in quel modo il re Francide, tutti e quattro avevano deciso di lasciare il patio e di ritornarsene nei propri reparti, anche perché la sera era prossima ad arrivare. Per cui le cuoche di corte erano già indaffarate intorno ai fornelli, essendo intente a preparare la cena. Invece un paio di cameriere si dedicavano già ad apparecchiare tavola nell’ampia sala da pranzo, dove avrebbero servito le varie vivande e bevande.

In verità, Astoride, la regina Rindella, la nobildonna Talinda e la principessa Godesia avevano la convinzione che il re Francide si sarebbe rifatto vivo, prima che ci si desse a cenare; ma così non era stato. Anzi, il sovrano li aveva fatti avvertire che non si sarebbe disimpegnato dal suo ospite prima di cena, per cui si sarebbero dovuti sedere a tavola senza di lui. Egli li avrebbe raggiunti, dopo essersi sbrigato. Quando poi c’era stato il suo ritorno presso i suoi congiunti, costoro avevano già finito di cenare e la servitù di corte si dava a sparecchiare e a riportare ordine in sala. Comunque, il suo volto non prometteva nulla di buono, venendo esso segnato da una cupa malinconia. Allora la consorte, preoccupandosene, si era affrettata a domandargli:

«Cosa ti succede, amore mio? È successo forse qualcosa a mio fratello Iveonte, per manifestare una simile tristezza?»

«Iveonte sta bene, dolce mia Rindella. Sono altre cose che mi spaventano. Ad ogni modo, voi donne uscite subito da questa sala e lasciatemi solo con Astoride. Domani, quando ne avrò voglia, vi racconterò ogni cosa. Ma adesso, per favore, ritiratevi nelle vostre stanze, poiché ho deciso di digiunare e di sfogarmi un po’ con il mio amico.»

Quando le tre nobili donne avevano lasciato la sala da pranzo, il re Francide aveva invitato il cognato a seguirlo nella sala del trono. Una volta giunti in quel luogo, Astoride subito gli si rivolse, dicendo:

«È vero, Francide, che è stata la diva protettrice del nostro amico Iveonte ad allontanarti da noi per darti delle notizie, a dir poco, spiacevoli? Allora vuoi raccontarmi ciò che ella è venuta a riferirti?»

«Non ti sei sbagliato, Astoride, a pensare a lei, poiché è stata proprio la dea che protegge il nostro comune amico a contattarmi. Così pure hai compreso che il contenuto delle sue informazioni non è stato affatto piacevole, almeno fino ad un certo punto.»

«Sto aspettando che tu me ne parli, amico mio, perché non sopporto che tu viva da solo quello che ritengo sia un enorme drammatico fardello. Il quale potrebbe schiantarti il cuore, se ti astieni dal condividerlo con una persona nella quale poni la massima fiducia.»

«Ebbene, Astoride, da quando la dea me ne ha parlato, io mi sento distrutto in tutti i sensi, poiché si tratta di qualcosa che non può avere un male equivalente al suo in nessun altro cataclisma naturale. Non so quando ciò accadrà, ma sicuramente in tempi stretti, il nostro pianeta sarà sconvolto da terribili terremoti e maremoti, fino a quando una forza più gigantesca e distruttiva non lo frantumerà in tanti pezzi e non lo spazzerà via, costringendo i numerosi frantumi ad una corsa senza fine nell’immenso universo. Di conseguenza, gli esseri umani ed animali che lo abitano lo seguiranno nell’amaro destino ed andranno incontro ad una morte spaventosa.»

«Francide, conosci la causa di questo terribile disastro, il quale si prepara ad assalirci e a condannarci all’annientamento totale?»

«Secondo quanto appreso dalla dea, l’Imperatore delle Tenebre, dopo essersi trasformato in una bestia invincibile, contro la quale nulla possono neppure le più potenti divinità positive, si è data alla caccia di tutte le divinità benefiche che vivono nell’universo. Mentre persegue tale obiettivo, sconquassa anche le galassie che incontra, le quali sono rappresentate dalle stelle, dai pianeti come il nostro, dai satelliti e da altri innumerevoli astri, che ne subiscono le più rovinose conseguenze, sino ad andare incontro al loro collasso definitivo. Quindi, dobbiamo prepararci a morire tutti, senza poter scampare alla nostra morte, la quale sarà preceduta da fenomeni naturali, che riusciranno soltanto ad infonderci delle paure tremende.»

«Ma il nostro Iveonte dove è finito? Non era stato impegnato in una missione, con la cui riuscita egli avrebbe dovuto evitarci una tale incalcolabile catastrofe? Cosa mi dici, Francide, in merito?»

«Infatti, il mio amico fraterno è tuttora impegnato in tale missione, ma non si sa ancora se sia riuscito ad impossessarsi del potere straordinario che dovrà fargli affrontare vittoriosamente la mostruosa creatura, scacciandola dall’universo. Ma già si prevede che egli non farà in tempo a salvare il nostro pianeta e i suoi abitanti. Ecco perché non so come dirlo alle nostre donne. Esse, nell’apprenderlo, saranno assalite da un’angoscia mortificante, che non conoscerà una misura e dei limiti.»

«In questo hai ragione, Francide. Sarà duro per noi tenerle a freno, quando le aggiorneremo sui recenti fatti che abbiamo appreso. Davvero, amico mio, dopo per noi tutto finirà per sempre, per cui possiamo considerarci spacciati già da adesso? Non ci era stato assicurato che Iveonte, con quest’ultima missione, ci avrebbe salvati dalla più grande delle catastrofi naturali e dallo strapotere di una forza malefica, la quale avrebbe cercato di sopraffarci tutti?»

«Se ti fa piacere apprenderlo, Astoride, ci sarebbe qualcos’altro da riferirti; ma non so se la dea me lo abbia detto solo per darmi il contentino e per non farmi disperare nel modo peggiore. Secondo la sua versione dei fatti, il potere, di cui disporrà dopo Iveonte, avrebbe anche la facoltà di far ritornare l’universo ad essere uguale a quello di prima, riportando perfino al loro precedente stato persone, animali e vegetali con tutta la loro essenza vitale.»

«Invece, Francide, io credo a quanto ti ha detto la dea su tale particolare. Per cui, con una simile rosea visione futura, la quale dovrebbe esserci al termine del periodo nero, potremo tenere tranquille le nostre donne ed eviteremo di sorbirci anche la loro disperazione. La quale inizierà ad esserci, subito dopo il nostro primo annuncio.»

Udite le parole di Astoride, il sovrano di Actina si era deciso a raggiungere la sala da pranzo, per mettere qualcosa sotto i denti.

Nel frattempo che il re Francide consumava il suo spuntino, che egli stesso si era preparato, la diva Kronel si era data a volare verso Dorinda. Anche in tale città ella doveva avvisare gl’interessati del nefasto evento che stava per sopraggiungervi, allo scopo di farli perire tutti. C’era con lei anche il divo Luciel, poiché prima avevano stabilito insieme che dopo sarebbero ripartiti da quella città stessa ed avrebbero raggiunto il Regno della Luce, dove li attendevano i loro felici genitori. Quando la diva era giunta nella Città Invitta, il sole stava per sorgere, per cui Lucebio sonnecchiava ancora nella sua camera, che era esposta ad oriente. Allora, inondandolo con una luce piuttosto forte, ella lo aveva obbligato ad aprire gli occhi e a farsi scorgere da lui. In quel momento, Kronel indossava una candida tunica, la quale era tenuta stretta alla vita da una cintura celeste ed era sollevata all’estremità. Perciò era da considerarsi succinta.

Nel vedersela davanti, mentre era ferma e l’osservava, il saggio uomo aveva cercato di svegliare la sua compagna, che gli dormiva accanto nello stesso letto. Ma pur dandogli delle piccole spinte con la mano sinistra, ella non si destava e continuava a russare. A quel suo atteggiamento, la graziosa figlia del dio Kron, gli aveva detto:

«Non serve, Lucebio, darti a farle aprire gli occhi. Ella adesso è immersa in un sonno profondo, che nemmeno il più fragoroso dei tuoni riuscirebbe a svegliarla. Inoltre, anche se fosse sveglia, non potrebbe scorgermi, come lo sto permettendo a te.»

«Considerato che le cose stanno come hai detto, ragazza sconosciuta, sei pregata di dirmi chi sei e perché ti sei presentata a me, a quest’ora del giorno. Non mi dire che trovi adatta ad una visita, l’ora in cui il sole comincia appena a nascere all’orizzonte: per giunta, essa sta avvenendo in una camera da letto!»

«Lo so anch’io, Lucebio, che l’ora non è opportuna. Ma a me tutto è permesso. Dirti il mio nome non ti servirebbe a niente, invece ti basta apprendere che sono la dea tutelare di Iveonte. Non è vero?»

«Hai senz’altro ragione, divina protettrice del mio principe. Comunque, se sei qui, è perché sei venuta a portarmi notizie di lui. Non sai quanto le desideravo da tempo!»

«Lucebio, invece il motivo, che mi ha spinta a farti visita, è ben altro. Sono venuta ad avvertire te e gli altri, ossia congiunti ed amici di Iveonte, che nell’intero universo stanno succedendo delle cose catastrofiche, le quali sono volute dalla più perfida delle divinità malefiche. Essa, dopo essersi trasformata in una creatura che non si lascia debellare neppure da mio padre Kron e da mio zio Locus, pur essendo essi le divinità più potenti dell’universo, si è data a sconvolgere molte delle galassie, insieme con tutti gli astri che vi sono, come le stelle, i pianeti e i satelliti. Presto anche questo vostro pianeta verrà disintegrato dalla sua forza devastatrice e procurerà la morte a tutti voi che lo abitate.»

«Ciò non è possibile, divinità benefica, poiché non è quello che l’oniromante Virco vaticinò a favore di Iveonte. Secondo lui, il primogenito del re Cloronte sarebbe diventato il legittimo sovrano di Dorinda, dopo l’abdicazione al trono del re suo padre. Perciò adesso come la mettiamo? Devo dare più credito a te oppure al vaticinio dell’infallibile Virco, il quale mai sgarrò in nessuna sua profezia?»

«Ti tocca credere a me e a lui, Lucebio, se vuoi stare nel giusto, senza pentirti di aver fatto la scelta sbagliata.»

«Non è possibile un fatto del genere, giovane dea. Dopo che noi della Terra saremo tutti morti, insieme con la distruzione del nostro pianeta, mi sai dire di quale città Iveonte dovrebbe diventare re?»

«Della sua Dorinda, saggio Lucebio. Adesso te ne spiego il motivo. Come già Iveonte vi ha messi al corrente, egli è stato incaricato da mio padre Kron e da mio zio Locus, che sono due divinità eccelse, di andare ad impossessarsi del Potere Cosmico. Il quale rappresenta l’unica forza in grado di affrontare e di sconfiggere la divinità malefica, che è riuscita a far di sé una mostruosa creatura invincibile. Il vostro eroe, però, non giungerà in tempo utile per salvare il proprio pianeta e la gente che abita sulla sua superficie. Te lo posso garantire!»

«Visto che i fatti andranno come hai appena detto, graziosa divinità, mi dici su quale trono siederà il primogenito del re Cloronte? A questo punto, comincio a non capirci più niente, siccome verrà a contrapporsi ad ogni forma di logica. Mi devi tu spiegare un paradosso simile!»

«Ragioni così, Lucebio, perché non ti ho ancora riferito che il Potere Cosmico ha anche il privilegio di poter far ritornare allo stato originario tutto ciò che viene distrutto o danneggiato dalla forza del male. Quando si parla di distruzione e di danneggiamento, ci si riferisce anche ai tre regni della natura di un pianeta, la quale comprende: quello minerale, quello vegetale e quello animale. In quest’ultimo, sono compreso anche i Materiadi, una cui sottospecie è rappresentata dall’uomo. Perciò Iveonte, una volta venuto in possesso di tale potere prodigioso, si premurerà di far tornare esistente il proprio pianeta e le persone che vi abitavano.»

«Se le cose stanno così, gentile divinità, da una parte, mi terrorizza il primo pensiero, il quale mi farà immaginare che dovrò andare incontro ad una morte terribile; dall’altra, mi tranquillizza il secondo pensiero, che mi assicura che dopo per me ci sarà la resurrezione. Ma ciò che comincia ad essermi antipatico sarà un terzo pensiero, il quale mi obbliga a rendere coscienti dell’imminente fine del mondo tutti coloro che vivono a corte e con cui mi relaziono ogni giorno. Di certo essi non apprenderanno con gioia quanto andrò a riferirgli!»

«Me lo immagino, Lucebio, e ti comprendo. A questo punto, però, devo lasciarti, poiché io e il mio fratellastro abbiamo fretta di trasferirci in Luxan, che è la dimora di tutte le divinità benefiche.»

Dopo che la diva Kronel se n’era andata via, si era svegliata anche Madissa. Allora Lucebio le aveva parlato della visita che gli aveva fatta la divina protettrice di Iveonte, raccontandole ogni cosa appresa da lei. Ma la compagna gli aveva risposto che si era trattato di un vero sogno.