469°-IVEONTE CONQUISTA L'INTERO POTERE COSMICO

Dopo il quinto racconto biografico, il quale questa volta aveva riportato succintamente ciò che aveva avuto attinenza con l’eroico Rutos, Tupok si espresse all’eroe terrestre con tali parole:

«A questo punto, Iveonte, avendoti riferito anche sull’ultimo Guardiano del Potere Cosmico, ritengo terminato il mio resoconto sulle cinque biografie riguardanti i guardiani del prodigioso potere. Al quale, come ti ho riferito in precedenza, nulla può essere negato nell’intero Kosmos, perfino quanto risulta impossibile agli eccelsi tuoi protettori, che sono il dio Kron e il dio Locus. Quindi, impavido giovane, pur conoscendo la tua risposta, non posso esimermi dal rivolgerti per l’ennesima volta la medesima domanda, circa le tue intenzioni inerenti allo scontro che stai per avere con l’eroe tertuniano. Perciò ti chiedo: Te la senti di affrontarlo con la stessa temerarietà dimostrata negli altri quattro combattimenti?»

«Ovviamente, Tupok, la mia risposta non può essere che affermativa. Sarebbe da sciocco da parte mia, se rinunciassi proprio adesso, ossia quando oramai tengo in pugno la situazione ed è imminente il momento della mia vittoria finale. Per questo non se ne parli neppure a rinunciarci, visto che sono già pronto ad ingaggiare il mio combattimento finale!»

«Allora, campione terrestre, che sei molto ammirato da me, non mi resta che augurarti un nuovo successo contro l’ultimo Guardiano del Potere Cosmico, che ti prepari ad affrontare, al fine di portare a termine la tua nobile missione. Dalla sua riuscita dipenderà la salvezza di tanti mondi sparsi per l’intero universo e di milioni di Materiadi che li abitano. Dunque, ritorna presto e lascia Potenzior al più presto, poiché in Kosmos la Forza del Male, rappresentata adesso dall’Imperatore delle Tenebre, continua a procurare ovunque distruzione di astri e strage di persone innocenti, senza pietà e senza commiserazione per nessuna di loro!»

All’esortazione del Signore di Potenzior, Iveonte si affrettò a chiamare presso di sé Russet, il cavallo alato che doveva condurlo da Rutos. Allora l’animale gli si presentò per essere montato da lui e per volare di corsa presso la dimora dell’eroico Brako. Al suo arrivo, il giovane gli saltò sulla groppa e lo spronò a raggiungere la nuova meta, dove avrebbe incontrato il suo rivale di turno, che era l’eroe guzenese. Mentre poi solcava il cielo sopra il cavallo, egli non vedeva l’ora d’incontrarlo, di battersi con lui e di portargli via la rimanente parte del Potere Cosmico. Quando Russet fu a pochi passi da lui, Rutos era intento a fare il suo sonnellino pomeridiano presso un acero, dove teneva appoggiata la schiena contro il suo tronco. Ma poi il nitrito della bestia lo destò, facendolo uscire dal suo stato di sopore. Anzi, egli, alla vista di Iveonte, ebbe quasi un sussulto e fu spinto ad alzarsi subito in piedi, dal momento che il suo visitatore si era presentato a lui, stando sul dorso di Russet. Nello stesso tempo, in verità anche l’eroe terrestre cercò di essere presentabile, scendendo dalla bestia e cercando di mostrarglisi cordiale. Comunque, le presentazioni ci furono, non appena il famoso cavallo di Tupok si fu fatto da parte e se ne andò a brucare nell’adiacente prateria. Allora, se Iveonte, con vari gesti esteriori soprattutto del viso, tentò un approccio amichevole con lui, il guardiano non se la sentì di fare altrettanto con il suo interlocutore. Anzi, forse a causa dell’inattesa presenza del giovane eroe di Geo, con modi scostanti gli domandò per primo:

«Da dove sei sbucato, sconosciuto, privandomi del dolce sonno che stavo assaporando? Anche se sei venuto fin qui a cavallo di Russet, sono certo che non sei di Potenzior. Assodato questo particolare, adesso parlami del motivo che ti ha spinto da me, se vuoi farmi un favore.»

«Per prima cosa, ti faccio presente che io conosco il tuo nome, Rutos. Allora è giusto che anche tu sappia il mio, il quale è Iveonte. Dopo passo a rispondere alla tua domanda, ma la mia risposta non ti giungerà gradita. Comunque, non potrebbe essere altrimenti!»

«Perché mai, Iveonte, sei certo che non gradirò il motivo che ti ha spinto da me? Ammesso che tu non abbia torto, dovresti essere più tu a preoccupartene. Te lo garantisco!»

«Se ho bene inteso il significato delle tue parole, Rutos, qualora la mia venuta in questo luogo non ti risultasse benaccetta, tu me ne faresti pentire, senza valutare anche l’ipotesi che potrei essere io a dartele di santa ragione, nel caso che ci fosse uno scontro fra noi due.»

«Ah, ah, Iveonte! Lo sai che hai una bella faccia tosta a parlarmi così? Si vede che non sai con chi hai a che fare! Ma presto ne verrai a conoscenza! Ad ogni modo, ora voglio sapere perché sei venuto a farmi la tua visita. Riferiscimi di essa lo scopo preciso!»

«Non potrebbe essere altrimenti Rutos. Ebbene, sono venuto a prendermi la parte di Potere Cosmico in tuo possesso. Lo so che ti opporrai con tutte le tue forze. In tal caso, prepàrati a lottare strenuamente, se non vuoi che essa diventi mia. Ti rendo noto che in me già ci sono le altre sue quattro parti, per averle sottratte a rispettivi possessori.»

«Ciò significa, Iveonte, che sei un vero osso duro, se sei riuscito a superare i quattro scontri sostenuti contro degli eroi validissimi, i quali hanno sempre meritato la mia stima. Ma io, sebbene tu abbia compiuto tali ammirevoli imprese, non ti consentirò d’impadronirti anche della mia parte di Potere Cosmico con una certa facilità. Sappiamo entrambi che esso acquista un valore effettivo, solo se è posseduto interamente da un Materiade. Per cui le quattro parti in mano tua valgono quanto la sola parte che è in mio possesso, presentandosi le une e l’altra allo stato potenziale. Quindi, il risultato della lotta, che tra breve saremo costretti ad ingaggiare, dipenderà solo dalle nostre forze e dalle nostre capacità combattive. E per te non sarà facile conquistare anche la mia parte!»

«Questo lo so, Rutos! Ma tu ignori che le forze in me sono al massimo della loro potenza, per cui prevarranno senz’altro sulle tue.»

«Invece, Iveonte, poiché mi considero superiore a te, anzi ne ho la certezza matematica, sarai tu a fare fiasco e ad essere sconfitto nella nostra singolar tenzone. La quale stavolta ti vedrà combattere contro un insuperabile campione del mio calibro. Al momento opportuno, non esiterò ad infliggerti la giusta sconfitta e a farti vivere uno scorno vergognoso. In un certo senso, renderò nulle le tue precedenti vittorie, per cui ti farò ritrovare con un pugno di mosche in mano, le quali non ti permetteranno neppure di riposare sugli allori.»

«Vedo, Rutos, che non ti risparmi nell’encomiare le tue virtù d’imbattibile guerriero e nello stimare quelle altrui di nessun valore. Facendo così, facilmente ti consideri il vincitore di una contesa, già prima che essa abbia avuto inizio. Allora mi converrà ridurti a più miti consigli nel nostro imminente scontro, il quale si preannuncia burrascoso ed ostico per ognuno di noi. Se poi credi che io sia all’oscuro della tua seminvulnerabilità, ho da contraddirti, poiché il Signore del Potere Cosmico mi ha già messo al corrente di essa, insieme a tutte le altre cose che ti riguardano. Essa, però, non mi dà alcun pensiero, siccome a tempo debito riuscirò in qualche modo a neutralizzarla con qualche mia trovata ad hoc. Così ovvierò a simile inconveniente, facendoti risultare il perdente del nostro combattimento, il quale dovrà essere all’ultimo sangue.»

Dopo il nuovo intervento verbale di Iveonte, la sua controparte evitò di reagire, troncando così il diverbio orale che si era acceso da poco. Inoltre, Rutos, dopo aver brandito la spada, si adoperò per studiare le contromisure che la parte avversa avrebbe preso ai propri tentativi di un assalto improvviso. Ugualmente si comportò Iveonte, il quale era oramai convinto che l’assalto nemico stava per esplodere con tutta la sua virulenza, per cui occorreva arginarlo nei modi più appropriati possibili e capaci di contrapporgli una valida difesa. Allora, essendo quella la situazione del momento, da entrambe le parti ci si diede a fare movimenti circospetti e mosse intente ad imbrogliare le carte in tavola per rendere scarso l’accorgimento dell’avversario.

Il primo a decidersi a dare il proprio assalto contro l’avversario, anche se con un timido vigore, fu Rutos. Egli, per il momento, tese ad avere un’idea delle reazioni che il rivale gli avrebbe contrapposto; nonché delle difese, alle quali il medesimo sarebbe ricorso. Ovviamente, fatto quel suo tentativo iniziale, non gli fu difficile rendersi conto che aveva di fronte un grande campione, probabilmente par suo o superiore a lui. Allora dovette cambiare atteggiamento nei suoi confronti ed assumere un contegno bellicoso più adatto alla situazione, ossia quello che gli avrebbe evitato uno smacco da parte dell’avversario. Comunque, confidava nelle proprie capacità oltre ogni misura, la qual cosa non gli faceva temere che gli sarebbe capitato di assaggiare il sapore della sconfitta, grazie alla sua eccellente preparazione nell’uso delle armi e delle arti marziali. Inoltre, poteva contare sul fatto che il suo corpo non avrebbe accusato nessun danno fisico, se per imprudenza egli avesse permesso al suo avversario di colpirlo in qualche sua parte. Per questo il suo combattimento sarebbe stato preminentemente offensivo, a differenza del suo antagonista. Il quale avrebbe dovuto badare a trecentosessanta gradi alla propria offesa e alla propria difesa, essendo entrambe imprescindibili per lui, se intendeva assicurarsi la salvezza.

Pure Iveonte era consapevole che il quinto guardiano, rispetto ai quattro precedenti, aveva il vantaggio di non dovere concentrarsi sulla difesa come faceva con l’offesa, più o meno al cinquanta per cento per l’una e per l’altra. Perciò aveva il privilegio che gli permetteva di rafforzare il solo lato offensivo della sua lotta, fino ad assegnare ad esso l’ottanta per cento delle sue risorse fisiche, psichiche ed intellettive, facendolo risultare più efficiente e più minaccioso, rispetto a quello del suo avversario. Ma pur esistendo quella diversità totalmente favorevole alla sua controparte, egli non se ne faceva alcun problema, fidando nelle sue infinite risorse in campo strategico e tattico, che stava per porre in essere in quel difficilissimo conflitto. Quanto poi alla parziale invulnerabilità del rivale, il nostro eroe era convinto che senza meno avrebbe trovato un espediente idoneo a fargli superare quella situazione alquanto scabrosa, che avvantaggiava invece Rutos in maniera rilevante.

Dopo esserci state le prime schermaglie di quello scontro ancora all’inizio, le quali erano servite a ciascuno esclusivamente per studiare l’avversario e valutarne i pregi e i difetti, fra loro due si accese un’azione conflittuale non di poco conto. Anzi, essa andò evolvendo in assalti sempre più veementi, i quali mettevano in mostra le loro capacità combattive sia nell’uso della spada che nelle arti marziali. Queste ultime li presentavano come combattenti volatili, che si accanivano ad assalirsi reciprocamente con magistrali giravolte aeree, durante le quali si aveva l’impressione che a volte si sfiorassero altre volte s’infilzassero in simultaneità. Ma poi si aveva la sorpresa che entrambi ne uscivano indenni e più audaci che mai, per cui continuavano a darsi alla tenzone con incredibile tenacia e con la massima asprezza. Non si conoscevano soste in quel loro scambio di colpi tremendissimi e scompiglianti, siccome i due duellanti facevano a gara a chi riusciva ad assestarli più irreparabili e a sferrarli più rovinosi, tali cioè da scombussolare la difesa dell’avversario oppure da far traballare la sua fermezza nel combattere e nell’opporgli una solida resistenza. Un uragano sarebbe apparso ben poca cosa, se messo a confronto con il loro combattimento. Difatti quest’ultimo si dimostrava più catastrofico, più sconvolgente e più distruttivo, considerati i loro vicendevoli assalti, nei quali la loro fierezza e la loro temibilità si esprimevano in modo superlativo. Le stesse forze della natura, nella loro attivazione più disastrosa, paragonate al loro furioso battagliare, si vedevano sminuire di vigore e di potenza.

Dopo un’ora di fiera lotta, che non accennava a scemare, Rutos, non potendo fare a meno di ammetterlo, prese coscienza che il suo rivale era davvero un fenomeno nella scherma e nelle arti marziali. Per cui, facendo una breve pausa, ebbe a dichiarargli:

«Devo ricredermi, Iveonte, del mio giudizio iniziale espresso su di te, visto che ti stai dimostrando un guerriero della mia portata, se non di più. Perciò sono costretto a rivedere il concetto che mi ero fatto su mio padre, poiché l’ho sempre stimato superiore a tutti tanto nell’uso delle armi quanto nelle arti marziali. Come mi avvedo, invece, entrambe le cose in te hanno raggiunto la perfezione assoluta, alla quale a stento riesco a far fronte. Da parte tua, probabilmente, ci sarà stato anche qualche colpo andato a segno, ma che il mio particolare corpo è stato in grado di rendere vano. A proposito di tale sua particolarità, mi dici come farai a neutralizzarla, avendo così la meglio su di me? Sono curioso di apprenderlo, se hai voglia di dirmelo!»

«Innanzitutto, Rutos, ti ringrazio per il tuo nuovo giudizio che hai espresso su di me, il quale mi è risultato obiettivo ed imparziale. Inoltre, voglio farti presente che il maestro, da cui appresi ogni cosa sull’uso delle armi e sulle arti marziali, era il migliore esistente nell’intero universo. A proposito poi alla tua seminvulnerabilità corporea, stanne certo che, prima ancora che tu possa infliggermi il colpo fatale, riuscirò a trovare l’espediente che mi permetterà di superarla e di vanificarla, concludendo così vittoriosamente lo scontro che sto avendo con te.»

«Quanto affermi con certezza, Iveonte, è tutto da vedere, non essendo facile colpirmi, senza che mi sfugga un tuo colpo, mentre raggiunge il mio corpo per trapassarlo da parte a parte. Perciò non ti sarà facile ottenere una tale opportunità, anche perché la mia coscienza sarà sempre vigile perché ciò non accada. Ma se una simile eventualità dovesse avverarsi, mi riterrò soddisfatto di essere perito per mano di un guerriero eccezionale, quale tu ti stai dimostrando.»

«Un nuovo ringraziamento ti giunge da parte mia, Rutos, se ora la tua stima verso di me non ha limiti e ti sentiresti perfino onorato, se fossi io a recarti la morte. Allora non ci resta che riprendere il nostro combattimento, considerato che esso dovrà decidere chi di noi due alla fine sarà il più degno di meritare la palma della vittoria.»

Dopo che Iveonte ebbe posto fine al suo parlare, ci fu all’istante anche la ripresa dello scontro, il quale si accese nuovamente con la furia di un ciclone, con la rabbia di una tempesta e con la strenuità degli eroi più celebrati. Per cui da ambo le parti iniziarono ad imbizzarrirsi i loro colpi possenti e destabilizzanti, i quali miravano a rendere fragile la difesa dell’avversario. Soprattutto essi, scatenandosi senza freno, cercavano di creare confusione nelle sue azioni logistiche, al fine di disorientarlo e di renderlo vittima di un senno dalle capacità precarie. Ognuno, per conto suo, interveniva nella mischia con il massimo furore e con uno slancio commisurato al proprio valore, nonché all’insegna dell’accortezza e della scaltrezza, volendo evitare di essere colto in fallo dal rivale. In quel caso, egli avrebbe subito la sua supremazia in quell’arduo confronto schermistico, il quale non faceva prevedere che si sarebbe concluso in tempi brevi. Al contrario, esso induceva a ritenere che sarebbe durato un tempo illimitato, anche se, per il momento, non si lasciava misurare e non permetteva previsioni circa la sua conclusione.

I due inflessibili combattenti ne erano bene al corrente, ma non osavano pensarci, ad evitare di venirne avviliti o di darsi ad ipotesi fasulle circa l’evento conclusivo del loro scontro. Invece essi si dedicavano a fare sfoggio di singolari prove di coraggio, di palesi dimostrazioni di valentia e d’indubbie ostentazioni di bravura. Evidenziandole con la massima visibilità possibile, l’uno e l’altro intendevano manifestarsi reciprocamente che la loro temerarietà e la loro tenacia non conoscevano confini, ma potevano benissimo andare avanti nella lotta fino a tempo indeterminato. Dovesse quest’ultimo durare anche una eternità! Per questo i loro colpi e contraccolpi, le loro azioni e controreazioni, i loro assalti offensivi e i loro provvedimenti difensivi non avevano sosta; ma seguitavano ad esserci senza limitazioni e con il solito intento. Il quale non poteva che avere come obiettivo la rovina dell’avversario, che volevano vedere crollare definitivamente sotto i loro colpi tremendi e demolitori.

Si combatteva già da due ore di fila, quando Iveonte, ad un certo punto, preferì il combattimento aereo a quello al suolo. Perciò, senza dare spiegazioni al suo rivale, intraprese un rapido volo, il quale lo fece sollevare qualche miglio da terra. Allora Rutos, pur non comprendendo quella sua improvvisa fuga verso l’alto, decise d’inseguirlo nell’infinito spazio celeste, dove prevedeva che egli avrebbe avuto la meglio sull’eroe terrestre. Infatti, era convinto che l’avversario non aveva la stessa dimestichezza che dimostravano di possedere lui e gli altri Guardiani del Potere Cosmico. Invece si sbagliava di grosso e se ne sarebbe reso conto abbastanza presto, contro ogni sua previsione.

Così, quando lo ebbe raggiunto, dopo avergli fatto segno che gradiva anche lui il nuovo tipo di tenzone, si diede a comporre varie traiettorie intorno allo spazio da lui occupato. Ora passandogli vicino a pochi metri ora allontanandosene con velocità incredibile, sembrava che volesse dimostrargli che finalmente gli aveva dato il modo di poterlo dominare. Da parte sua, per breve tempo Iveonte glielo lasciò credere ed evitò d’insospettirlo che la sua fosse solo finzione. A volte gli apparve anche disorientato, impacciato ed indeciso nel reagire ai suoi voli, i quali non avevano termine e disegnavano nello spazio a lui intorno figure geometriche impercettibili. Infatti, non potevano esserci per esse concretezza e, di conseguenza, visibilità. I moti aerei di Rutos continuarono ad esserci nello spazio circostante ad Iveonte ancora per una decina di minuti, senza che il suo rivale di Geo facesse qualcosa per liberarsene in qualche modo. Perciò l’atteggiamento di colui che era venuto a sfidarlo lo rendeva tronfio, essendo sicuro che fosse quella la realtà dei fatti. Ossia, avendolo reso in sua balia, al più presto lo avrebbe anche fatto diventare il perdente dello scontro. A suo parere, trovandosi il suo avversario in seria difficoltà, a causa della sua inefficienza accusata nel muoversi nello spazio, senza alcuna difficoltà egli lo avrebbe ridotto in un essere impotente a difendersi e ad evitare di venire trafitto ed ucciso con sua grande soddisfazione. Dal canto suo, Iveonte aveva confidato esattamente che ciò accadesse e che Rutos alla fine si persuadesse che la nuova situazione non era artefatta, con il pericolo di celare in sé un tranello da lui ordito, al fine di farlo cadere in una propria trappola mortale.

In verità, non si era ancora compreso cosa in realtà l’eroe terrestre aveva inteso ottenere, cambiando il luogo del combattimento. Perciò vogliamo sapere a cosa il nuovo campo d’azione gli sarebbe giovato, diversamente da quello terrestre, dove non era riuscito a conseguire i risultati sperati. Ebbene, una volta che avesse fatto intendere al guardiano da lui sfidato che la propria dimestichezza con il volo spaziale era quasi zero, senza che il suo comportamento apparisse sospetto d’imbroglio, non lo avrebbe reso malfidato nel valutare le sue future azioni. Una delle quali aveva come scopo la facilità di assalirlo e di colpirlo alle spalle, senza che i suoi occhi se ne rendessero conto e trasformassero l’organo colpito, nel suo caso la schiena, di consistenza metallica ed invulnerabile. Per raggiungere tale obiettivo, però, occorreva che Rutos seriamente lo prendesse per un inesperto nel volo spaziale e che quindi non avesse da attendersi da lui pericoli di sorta. Per sua fortuna, era quanto stava appunto avvenendo in quella circostanza, visto che l’eroe guzenese ci stava cascando come una pera cotta, senza avvedersene neppure minimamente dell’inganno. Perciò conveniva che egli ne approfittasse senza alcuna esitazione, anche se un’azione del genere gli risultava alquanto perfida, dovendo essa avvenire a tradimento. Ma purtroppo quello era il solo modo di portarla a effetto, se voleva averla vinta contro l’invulnerabilità del suo rivale, rendendogli l’organo preso di mira vulnerabile e tale da essere da lui colpito a morte.

Ad un certo momento, il Guzenese smise di darsi ai suoi voli, che disegnavano traiettorie bizzarre. Dopo essersi arrestato di fronte al suo rivale, gli si rivolse, dicendo:

«Iveonte, vedo che, anche se ti sei lanciato per primo nello spazio, mi accorgo che non sei avvezzo a volare. Allora potevi fare a meno di spingerti in un luogo che non ti sarebbe stato utile! Inoltre, qui potrei ammazzarti facilmente, senza neppure fartene accorgere!»

«Invece, Rutos, sei in errore, poiché le cose non stanno come affermi. Non hai pensato pure che potresti aver sbagliato a giudicarmi ed essere tu in grave pericolo?»

«Non cercare di nascondere la verità, Iveonte, anche perché non me la dai a bere. Oramai ho compreso benissimo che il tuo agitarti nello spazio ti fa sembrare un pesciolino fuor d’acqua. Ma se insisti a negarlo, ti propongo il modo di dimostrarmi il contrario.»

«Se mi dici come posso liberarti dai tuoi falsi pregiudizi circa la mia abilità di muovermi nello spazio, Rutos, ti assicuro che appagherò ogni tuo desiderio rivolto a tale scopo.»

«Se sei d’accordo, Iveonte, avrei pensato ad una corsa nell’area spaziale di Potenzior. Io partirò per primo e tu dovrai inseguirmi alcuni attimi dopo. Sei riuscirai a raggiungermi e a toccarmi, prima che il giorno ceda il posto alla notte, avrai vinto tu; nel caso contrario, sarò io il vincitore. Ma ti avverto che, insieme con la vittoria, avrò anche il diritto di ucciderti per porre fine al nostro scontro. Dunque, non credi di farti un favore con questa mia nuova gara?»

«Lo considero un meraviglioso favore, Rutos! Così avrò anch’io la possibilità di ammazzarti, dopo che ti avrò raggiunto, poiché sarà anche un mio diritto trafiggerti con la mia spada.»

«Certo che anche tu, Iveonte, se sarai capace di raggiungermi, avrai il diritto di uccidermi! Ma ora bando alle chiacchiere e diamoci alla nostra corsa nello spazio, la quale dovrà designare il meritato vincitore. Perciò, non appena sarò partito, farai passare un minuto esatto, prima di darti al mio inseguimento. Mi fido della tua lealtà!»

Pronunciate le sue ultime parole, Rutos si lanciò nello spazio circostante, effettuando un moto serpentiforme, come per disorientare e confondere l’avversario, che a momenti si sarebbe messo ad inseguirlo. Ma poi incominciò ad eseguire varie evoluzioni, imprimendo ad esse una incredibile velocità, con la quale egli era sicuro di disperdere il suo spaurito inseguitore, il quale, a suo giudizio, a malapena avrebbe effettuato dei ridicoli voli nell’immenso spazio. Invece, quando meno se lo aspettava, Rutos avvertì alla schiena un dolore lancinante, il quale era dovuto alla lama della spada di Iveonte, che gliela trapassava. Poco dopo, alla fitta dolorosa si aggiunse in lui l’annebbiamento della vista e la perdita della coscienza, le quali cose ne indicarono la sopravvenuta morte e lo spegnimento dello spirito. Allora il corpo esanime del guardiano iniziò a precipitare giù dabbasso; però, prima che esso raggiungesse il suolo, Iveonte lo afferrò e, reggendolo sulle sue braccia, gli permise un atterraggio morbido, evitandogli di sfracellarsi sopra il terreno sottostante.

L’eroe terrestre, non appena ebbe adagiato sul prato il corpo di Rutos, costui guarì all’istante della sua ferita mortale e si ritrovò di nuovo vivo. Ma la sua mente non rammentava niente di quanto era successo nello spazio. Allora Iveonte comprese che era arrivato il tempo di salutarsi con il quinto guardiano e di abbandonare quel luogo. Dentro il suo animo, adesso si gustava la conquista dell’intero Potere Cosmico, siccome ciò era realmente avvenuto in sé; però anche non vedeva l’ora di trovarsi davanti a Tupok per farsi spiegare come doveva comportarsi per farsi ubbidire da tale potere prodigioso. Una volta che l’eroico giovane fu presso il Signore del Potere Cosmico, costui, abbracciandoselo, si diede ad elogiarlo. Terminati gli elogi, però, gli parlò in questo modo:

«Avendo trionfato anche sul guardiano Rutos, che hai affrontato per ultimo, Iveonte, adesso hai bisogno che io ti erudisca sul Potere Cosmico, perché tu impari ad usarlo senza avere alcun problema. Solamente così in Kosmos otterrai da esso tutto ciò che riterrai giusto e nobile. Ma prima ho bisogno di parlarti di Potenzior e del suo potere, mettendoti al corrente di come essi ebbero ad esistere.»

Fu così che Tupok si diede a raccontare i fatti riguardanti la nascita di Potenzior e a spiegargli come il Potere Cosmico che vi si era costituito nello stesso tempo. In verità, noi non li apprenderemo direttamente dalla sua bocca; al contrario, ci rifaremo ad essi per diverse vie, ma senza discostarci dalla loro realtà, siccome il lettore intende venirne a conoscenza, esattamente come essi si erano svolti.