464-I LOKRATESI ALLE PRESE CON I FEROCI KROEP

L'eroe Pessun era vissuto tre secoli prima sul pianeta Istop, che orbitava intorno alla stella Sandrel, la quale si trovava nella galassia di Anerd. Gli altri quattro corpi planetari, che orbitavano intorno alla stessa stella, in ordine di vicinanza ad essa, erano i seguenti: Ersuk, Kavul, Natruz, Oxun. Quanto a Istop, che risultava il più lontano dalla sua stella, aveva una superficie quadrupla di quella della nostra Terra e presentava una bellezza diversificata, a seconda della regione che veniva posta sotto l'osservazione e del relativo periodo stagionale. Gli Istopidi costituivano una razza con le seguenti caratteristiche fisiche: altezza media sui due metri, orecchie attorcigliate, pelle verdastra, naso dilatato, testa capelluta. In riferimento poi ai popoli che abitavano il pianeta, ce ne stava uno solo, il quale poteva vantarsi di godere di una fiorente civiltà. Esso era quello degli Urnut. Costoro vivevano nella splendida città di Lokrat, nella quale regnava il sovrano Velvut. Fino ad un quarantennio prima, si era vissuto nell'assoluta serenità. Infatti, non vi si erano riscontrati problemi di sorta, che avessero potuto turbare la tranquillità dei suoi abitanti. Perciò gli anni trascorsi prima di quel tempo avevano visto la città vivere nell'agiatezza, poiché il commercio e l'artigianato vi si erano mostrati assai prosperi e fiorenti. Da parte loro, i contadini, i mandriani e i cacciatori non avevano fatto mancare ai suoi abitanti rispettivamente i loro prodotti agricoli, le carni del loro bestiame e quelle ricavate dalla selvaggina, che si procuravano con la caccia. Queste ultime tre categorie di Lokratesi si erano stabilite nei dintorni della città, sopra una superficie che si estendeva fino a trenta chilometri dalle mura cittadine.

Si può sapere quale evento negativo c'era stato quarant'anni prima, a causa del quale gli abitanti di Lokrat avevano smesso di essere sereni ed avevano cominciato a trascorrere dei giorni maledettamente neri e in preda alla disperazione più folle, che rendeva a tutti loro le notti agitate ed insonni? Ovviamente, pure il lettore vorrà apprenderlo e, fino a quando non ne sarà venuto a conoscenza, non si darà pace. Anzi, cercherà lui stesso di darsi una risposta da solo, fantasticandovi sopra con i più astrusi ragionamenti. Allora, prima che ciò accada, conviene affrettarci a renderlo partecipe di quanto era successo agli sventurati.

Nel periodo, a cui si è accennato, c'era stato il padre del re Velvut a regnare su Lokrat, ossia il re Nicod, che era stimato da tutti un sovrano saggio, giusto e liberale. Per la qual cosa, il suo popolo lo amava e gli era molto riconoscente. A quel tempo, a dieci anni dalla morte del suo indimenticabile sovrano, la città contava duecentomila abitanti. Essi erano dediti ai più svariati mestieri e al commercio, ricavandone profitti alquanto proficui. Nessun Lokratese viveva da cittadino disoccupato, per cui non aveva il tempo di darsi all'infingardaggine; ma tutti i cittadini si dimostravano persone volitive e intraprendenti. Un giorno, però, per il popolo lokratese c'era stata una forzata inversione di rotta, per cui lo si era obbligato a porre fine al periodo di benessere che stava vivendo, essendosi sostituita ad esso una fase di esistenza grama e privata di ogni prospettiva futura. Ne erano stati la causa alcuni esseri spregevoli, i quali erano venuti fuori dal nulla e si erano dati ad angariarlo in modo feroce ed oppressivo. Allora, una volta perdute la tenace laboriosità e la gioia di un tempo, nei Lokratesi era venuta meno perfino la voglia di lottare per la sopravvivenza. La nuova esistenza, a quanto pareva, gli prospettava davanti unicamente un avvenire senza possibilità di cambiamento e di ritorno alla beata vita di un tempo.

I responsabili dei loro guai erano stati degli esseri mostruosi, i quali, anche se erano esigui di numero e non avevano gigantesche dimensioni, come ci potremmo immaginare, possedevano una forza immane ed una ferocia inverosimile. Inoltre, potevano vantarsi di un corpo inattaccabile, poiché risultava per certi aspetti invulnerabile. Si trattava dei Kroep, i quali erano una decina in tutto. La loro altezza non superava i centonovanta centimetri, ma presentavano dei bicipiti e dei tricipiti brachiali poderosi; lo stesso si poteva affermare, se ci si riferiva ai medesimi muscoli delle cosce. Riferendoci invece alla loro forza, essa permetteva a tali esseri di sollevare con facilità perfino massi dal peso di un quintale e gli permetteva pure di scagliarli ad una distanza di venti metri, provocando ingenti danni dove essi si abbattevano. Volendo descrivere più in dettaglio il resto del loro corpo, la loro testa era quella di un cinghiale; ma mostrava un paio di occhi che apparivano di fuoco, poiché a volte emettevano delle scintille. Nell'ampia bocca, che poteva avere un'apertura di trenta centimetri, si scorgevano due arcate di zanne acuminate, la cui lunghezza superava i sette centimetri. Invece la parte restante del corpo non era diversa da quella umana; però, ad eccezione delle mani che erano fornite di artigli possenti, era ricoperta da un pelo grigio variamente lungo, a seconda della zona anatomica. L'apparizione dei Kroep c'era stata, quando il sovrano Nicod era al ventesimo anno del suo regno. Gli abitanti di Lokrat non avrebbero mai immaginato che ci potessero essere sul loro pianeta degli esseri simili. Perciò invano si erano andati chiedendo da dove essi fossero venuti fuori, quando l'inizio di una splendida primavera stava infondendo in tutti loro brio e gaiezza. Ma ogni loro congettura a tale riguardo non gli aveva dato alcun risultato, per cui erano stati costretti a vivere quel tremendo e funesto evento che li coinvolgeva, senza dargli la possibilità di porvi rimedio alcuno, allo scopo di liberarsene e di ricominciare a vivere la serenità di prima.

A questo punto, conviene occuparci della prima comparsa dei Kroep sui territori circostanti a Lokrat e del loro atteggiamento nei confronti di quanti vi risiedevano, fossero essi contadini, mandriani oppure cacciatori. Riandando a tale circostanza, comprenderemo meglio il loro nuovo stato d'animo, che gli si era insediato nell'animo, dopo la loro apparizione in quelle zone lontane dalla città. Ebbene, quegli esseri terribili, che di certo non facevano una buona impressione a guardarli, in un primo momento avevano suscitato nei cacciatori incontrati per primi parecchio terrore, fino a farli scappare, con l'intento di rinchiudersi nelle loro abitazioni insieme con i loro familiari più cari. In verità, essi non erano stati inseguiti dai Kroep, che li avevano lasciati andare senza preoccuparsene, facendo meravigliare perfino coloro che fuggivano da loro a rotta di collo. Anzi, nella loro corsa frenetica, essi non si erano astenuti dal farsi domande di ogni genere su quegli esseri abominevoli. Era stato a notte inoltrata che i dieci Kroep avevano messo in mostra la loro ferocia, ma non contro le persone adulte, che per il momento avevano voluto risparmiare. Nelle dieci case coloniche in cui avevano fatto irruzione, dopo averne abbattuto le porte senza alcuna difficoltà, pur essendoci in esse buio pesto, i Kroep erano riusciti a scegliersi le loro vittime. La loro predilezione era stata per i bambini di età non superiore ai tre anni. Dopo averli abbrancati e portati alla bocca, li avevano azzannati con famelica ingordigia, a cominciare dalle teste, volendo prima ammazzarli e poi non essere disturbati mentre li stritolavano e li fagocitavano.

Ovviamente, i genitori dei piccoli e i loro fratelli più grandi, a causa dell'oscurità della notte, non avevano potuto assistere al terribile spettacolo, che aveva provocato nell'abitazione anche lo spargimento di una gran quantità di sangue. In ogni famiglia, essi se ne sarebbero resi conto al mattino, con il ritorno delle prime luci dell'alba. Allora avevano vissuto con il massimo dolore l'orrendo dramma, a cui era andato incontro il loro figlio più piccolo. Comunque, era bastato un solo bambino a soddisfare la fame di ciascun essere mostruoso. Perciò, una volta divenuti sazi, i Kroep si erano allontanati dalle abitazioni assalite ed erano scomparsi nel silenzio notturno. La loro sparizione, però, era durata, fino a quando la fame non si era rifatta sentire da loro. La qual cosa era successa puntualmente nella nottata seguente; anzi, sarebbe continuato ad accadere anche nelle successive notti, arrecando nelle varie abitazioni extraurbane incredibili tormenti e patimenti alle famiglie.

Dopo la decima notte che si erano avute le incursioni kroepiane, una decina di capifamiglia del circondario avevano deciso di mettere a conoscenza del loro sovrano quanto stava avvenendo nei loro territori. Perciò avevano raggiunto Lokrat e si erano presentati a lui. Era stato il loquace Bevuk a parlare per tutti, raccontando al re Nicod le azioni orribili che venivano commesse a danno dei loro piccoli da parte di esseri mostruosi, la cui natura era da considerarsi umana e bestiale allo stesso tempo. Quando poi l'uomo aveva terminato il suo orrendo racconto, il sovrano, che lo aveva ascoltato con grande ribrezzo, aveva rassicurato il gruppo di coloni che avrebbe inviato contro gli allogeni divoratori di bimbi una centuria bene armata dei suoi soldati migliori, con il compito di scovare e distruggere i loro dieci persecutori. A tale rassicurazione del loro sovrano, i membri della comitiva proveniente dai territori circostanti si erano congedati da lui ed avevano fatto ritorno alle loro famiglie.

Il giorno dopo, il sovrano, non venendo meno alla sua parola data alle persone che erano andate a chiedergli aiuto, aveva inviato un centinaio di soldati bene armati nei territori dove i Kroep compivano i tremendi delitti a danno esclusivamente di bambini. Si trattava di arcieri provetti, che erano in grado di colpire i loro bersagli anche a venti metri di distanza. Allora essi subito si erano messi alla ricerca dei mostruosi mangiatori dei piccoli figli dei contadini, degli allevatori e dei cacciatori della zona. Così li avevano trovati tutti insieme, mentre riposavano in una radura nei pressi di un torrente, le cui acque limpide scorrevano a velocità moderata. Ritenendosi fortunati per il fatto che non avevano impiegato molto tempo a scovarli, essi avevano iniziato a scagliare contro i loro corpi una infinità di saette, fino ad esaurire le loro faretre. Nel comportarsi in quel modo, i soldati non si erano accorti che le loro frecce andavano a colpirli invano, poiché si mostravano impotenti a conficcarsi nella loro pelle coriacea. Essa, via via che ne era rimasta colpita, le aveva fatte cadere al suolo, anziché lasciarsi trafiggere.

Una volta che si erano resi conto di quell'evento inconsueto del tutto inatteso, i soldati venuti da Lokrat avevano deciso di affrontare i Kroep con altre armi, a cominciare dal lancio dei loro giavellotti. Ma anch'essi erano andati incontro ad un pieno fallimento, non essendo riusciti a penetrare i loro corpi e ad ucciderli. Perciò avevano stabilito di caricarli e di infilzarli con le loro spade, mediante colpi sferrati con forza e saldezza. Invece, prima che ciò avvenisse, i loro cavalli, essendo stati spaventati dagli acuti e stridenti grugniti dei Kroep, si erano impennati e li avevano disarcionati. Subito dopo erano scappati via, lasciandoli per terra indolenziti e frastornati. Invece i poveretti non si erano ancora riavuti dalla brusca caduta, la quale li aveva privati della forza di rialzarsi da terra, allorché erano stati assaliti dai Kroep. I quali si erano dati a sterminarli orrendamente, decapitandoli e facendo dei loro corpi uno strazio inverosimile. Essi avevano smesso di infuriarsi contro i loro assalitori, soltanto dopo averli ridotti in uno sfacelo incredibile. Comunque, quei mostruosi esseri si erano astenuti dal divorarli per un semplice motivo. Fino a quando per loro ci fossero stati bambini di cui nutrirsi, essi avrebbero evitato di fare delle persone adulte il loro pasto notturno.

Il giorno seguente tutti i cavalli erano ritornati in città senza i loro cavalieri, la qual cosa aveva fatto stupire il sovrano Nicod, che si attendeva dai suoi soldati la bella notizia di aver sterminato definitivamente i mostruosi esseri che affliggevano le famiglie dei coloni, dei mandriani e dei cacciatori. Al contrario, era stato informato da due cacciatori della miseranda fine che era toccata ai suoi cento soldati ad opera dei feroci Kroep. A quella notizia, egli aveva allestito un esercito di mille cavalieri e li aveva inviati contro i mostruosi alieni che avevano massacrato i suoi cento soldati, rendendo i loro corpi maciullati ed irriconoscibili. Il piccolo esercito, uscito dalla città di Lokrat, si era diretto verso quei luoghi frequentati dai Kroep, allo scopo di intercettarli, di accerchiarli e di punirli con la massima severità. Quando vi erano pervenuti, quelli che avevano funzione di emissari si erano messi alla loro ricerca, servendosi delle informazioni che ricevevano dai coloni e dai cacciatori del luogo. Ma c'erano voluti tre giorni, prima che essi riuscissero a trovare le loro tracce e a scoprire il loro covo, il quale era costituito da un antro non molto profondo. Allora essi si erano astenuti dallo snidarli di persona, siccome il loro esiguo numero poteva metterli in serio pericolo. Invece avevano pensato che fosse più giusto metterne al corrente il grosso del loro esercito e farlo intervenire contro i dieci Kroep. Perciò, mentre tre di loro erano andati ad avvertire chi lo comandava, i restanti tre erano rimasti a controllare le mosse dei mostri, nel caso che essi fossero usciti dall'antro con l'intenzione di spostarsi in un altro posto.

Quando infine era arrivato il comandante Axur con il suo migliaio di soldati, egli, appreso che i Kroep non si erano mossi dal loro antro, aveva dato ordine ad alcuni suoi subalterni di appiccare del fuoco davanti al suo ingresso. Gli aveva anche raccomandato di buttarvi sopra delle foglie verdi, poiché esse, producendo molto fumo, avrebbero affumicato l'interno dell'ampia cavità, costringendo chi vi si annidava ad uscirne. Inoltre, aveva ordinato agli altri suoi soldati di tenersi pronti ad intervenire, non appena i mostruosi esseri fossero venuti fuori per ovviare alla massa fumosa che era penetrata nella loro abitazione. I soldati, però, avevano atteso invano la loro uscita dall'antro, poiché esso, avendo un altro sbocco all'interno del bosco, gli aveva permesso di sottrarsi all'inconveniente a cui erano andati incontro per volontà altrui. Nello stesso tempo, i Kroep avevano anche deciso di vendicarsi dei loro importunatori, che avevano osato disturbare il loro tranquillo sonno con il denso ed acre fumo.

Perciò, intanto che i soldati sorvegliavano l'ingresso dell'antro, volendo vederli precipitarsi fuori di esso l'uno dopo l'altro, la maggioranza di loro si teneva sparpagliata nelle sue vicinanze per mancanza di spazio. Ebbene, nei confronti di questi ultimi, era iniziato ad esserci l'imprevisto da parte dei dieci Kroep. Infatti, essi erano apparsi all'improvviso alle loro spalle; così, senza perdere tempo, si erano messi ad abbrancarli e a lanciarli in aria in varie direzioni, come se fossero dei fuscelli. Cadendo poi al suolo, i miseri soldati si ritrovavano con il corpo fracassato e con ferite multiple quasi sempre mortali. Riguardo a quelli che cercavano di reagire, assalendoli con armi di ogni tipo, essi prendevano coscienza che a nulla servivano i loro sforzi in tal senso, poiché il corpo dei mostruosi nemici era refrattario ai tagli di ogni arma. In verità, tali soldati non avevano neppure il tempo di rifletterci sopra, in quanto poco dopo si vedevano abbrancare e scagliare a molta distanza da terra, trovando poi la morte nella loro rovinosa caduta al suolo. Procedendo lo scontro in quel modo, il numero dei morti fra i soldati si era andato accrescendo di minuto in minuto, siccome essi morivano, come fatto presente. Solo pochi avevano subito il supplizio della decapitazione, da parte di quelli a cui volevano recare danno, prima di essere gettati a grande distanza. Ma l'ecatombe, che i Kroep avevano originato, alla fine si era rivelata orribile ed indicibilmente impressionante. Dappertutto si scorgevano molti corpi senza vita, i quali si presentavano storpiati e sanguinanti. Soltanto poche decine di soldati erano riuscite a fuggire, dopo aver recuperato dei cavalli ed essersi allontanati in groppa a tali quadrupedi.

Gli sventurati erano pervenuti nella loro città, apparendo in preda ad un terrore parossistico. Se ne era accorto anche il loro sovrano, quando uno di loro era stato in sua presenza per riferirgli ciò che era accaduto agli altri soldati, che avevano preso parte alla spedizione contro i Kroep. Allora il re Nicod prima aveva cercato di rincuorarlo alla meglio; subito dopo gli aveva domandato:

«Mi dici, soldato, cosa è successo a te e agli altri commilitoni, per mostrarti con una espressione del volto così atterrita e preoccupante? Cosa ne è stato di tutti gli altri, visto che non si è presentato a me il vostro comandante Axur? Se non erro, eravate un migliaio, quando siete partiti da Lokrat per vendicare gli abitanti dei dintorni.»

«Sire, a parte una trentina di noi che ci siamo salvati per miracolo, scappando e rifugiandoci nella nostra città, essi sono tutti morti, compreso chi ci comandava. Adesso te ne faccio il resoconto per metterti al corrente con chi abbiamo avuto a che fare nella nostra missione, che tutti avevamo creduta un'autentica passeggiata.»

Al termine del suo racconto, il sovrano gli aveva chiesto:

«Credi, Baguz, che adesso tali esseri mostruosi, per ritorsione, vorranno trasferirsi qui a Lokrat per continuare le loro stragi, come già stanno facendo nelle terre che circondano la nostra città?»

«Secondo me, re Nicod, sono certo che essi molto presto si faranno vivi anche qui in città, ma non per dar luogo al medesimo eccidio fra la nostra popolazione, essendo altri i loro obiettivi.»

«Soldato, perché mai essi dovrebbero risparmiarci, evitando di continuare a vendicarsi? E quali sarebbero i loro obiettivi? A mio avviso, se verranno a farci visita, di sicuro il loro scopo sarà ancora la vendetta!»

«Non è detto che io abbia sicuramente ragione, sire, poiché a loro conviene che restiamo in vita. Noi gli serviamo, perché rappresentiamo la fonte del loro nutrimento. I cacciatori e gli altri coloni, quando ti fecero la loro visita, non ti riferirono forse che a quei terribili mostri piaceva nutrirsi dei nostri teneri bambini? Perciò l'intento della loro presenza tra di noi sarà unicamente quello di cibarsi delle nostre piccole creature, procurando alle loro madri un immenso dolore. Per nostra fortuna, il loro numero non è eccessivo, per cui il nostro popolo non andrà incontro alla distruzione totale, siccome qui da noi la natalità sovrabbonda. Semmai dovesse esserci una sua deficienza, potremmo sempre invitare le coppie a fare più figli, per evitare di sparire dalla faccia del nostro pianeta.»

«Forse non ti sbagli, Baguz. Ad ogni modo, non ci asterremo dal tenere sempre chiuse le porte della nostra città per cercare di vietargli l'ingresso in Lokrat. Così vedremo se essi saranno capaci di superare le nostre mura, le quali hanno un'altezza di dieci metri! Per il momento puoi ritirarti, soldato, dovendo prepararmi a dare le giuste disposizioni agli alti ufficiali del mio esercito. Voglio avvertirli di affrontare la futura situazione con cautela, senza comportarsi da teste calde ed istigare così i mostri ad inutili spargimenti di sangue.»

Cinque giorni dopo, i Kroep si erano fatti vivi davanti alle porte di Lokrat ed avevano cominciato a studiare come entrare in città, convinti che in essa avrebbero trovato una fonte inesauribile di nutrimento per tutti e dieci. Quanto ai soldati che si trovavano sulle mura, essi, come da ordini ricevuti dai loro superiori, non avevano osato scagliare contro di loro alcun tipo di armi; ma si erano limitati ad osservarli e a spaventarsene. Nello stesso tempo, si erano augurati che essi sarebbero stati incapaci di superare le alte mura della loro città. Al contrario, loro malgrado, le cose non erano andate nel modo in cui i soldati avevano sperato. I Kroep, infatti, dopo aver ponderato bene la situazione, si erano capacitati che le porte costituivano la sola parte vulnerabile della città, visto che le mura avevano uno spessore che superava i tre metri. Così, dopo essere andati alla ricerca nelle vicinanze di enormi massi, che a volte pesavano più di un quintale, avevano iniziato a scagliarli contro le massicce porte. Con i loro tremendi lanci di pesanti macigni, i Kroep prima avevano provocato ad esse ingenti danni; in seguito le avevano perfino scardinate e fatte crollare. Soltanto con la caduta delle porte, alla fine erano potuti entrare in città. Ma una volta all'interno delle mura, essi non si erano dati ad assalire la gente; invece se ne erano andati in giro per le strade cittadine, senza subire reazione da parte di nessuno. Anche perché la popolazione era stata avvisata di assumere un simile atteggiamento, se essi fossero riusciti ad entrare in città.

Da quel giorno, le notti dei Lokratesi avevano smesso di essere serene come le precedenti, dato che essi si erano visti privare in continuazione di dieci bambini, i quali erano serviti come pasto ai mostruosi esseri. Di quei mostri non si conosceva la provenienza; però si sapeva che essi causavano un immenso dolore ad altrettante madri afflitte e disperate. Non era facile descrivere la loro afflizione e la loro disperazione, mentre i Kroep le privavano dei loro figli e li divoravano come lupi affamati. Naturalmente, neppure agli altri familiari dei piccoli risultava piacevole la raccapricciante scena che si aveva in quella circostanza drammatica, la quale li distruggeva fisicamente e psichicamente. Non erano rare le volte in cui qualche genitore cercava di reagire alla disumana azione del divoratore del proprio figlio. Ma la sua reazione faceva piovere sul bagnato, siccome il Kroep aggredito replicava con un nuovo assassinio a danno della persona che si era opposta alla sua azione famelica. Così nella famiglia veniva ad esserci un ulteriore lutto angosciante.

Nella città di Lokrat gli anni erano trascorsi all'insegna di un clima terrorizzante, che i Kroep avevano seguitato a far vivere alla gente in ogni suo angolo, arrecando ad essa una esistenza che si faceva fatica a portare avanti. Essa risultava a tutti gli abitanti della città come un pesante fardello, considerato inaccettabile sotto tutti i punti di vista. Quest'ultimo era continuato a persistere anche dopo la morte del re Nicod, quando gli era succeduto il figlio, ossia il re Velvut. Costui lo aveva ereditato dal padre, quando lo strapotere dei Kroep durava da dieci anni. Comunque, anch'egli non era stato in grado di liberarsene, al fine di restituire ai suoi sudditi la felicità e la voglia di vivere di un tempo.

Per fortuna sua e del suo popolo, quando il sovrano Velvut regnava da venti anni sulla sua città e trascorreva il ventesimo anno della prepotente presenza dei Kroep in Lokrat, stava per arrivare l'eroico personaggio che li avrebbe riscattati dal loro malvagio giogo. Egli sarebbe riuscito ad eliminarli nella maniera che apprenderemo molto presto. Si trattava di Pessun, di cui adesso ci daremo a parlare nella dovuta considerazione, allo scopo di conoscerne quelle qualità e caratteristiche che lo rendevano un eroe eccezionale.