463°-IVEONTE CONQUISTA LA PARTE DI POTERE COSMICO DI SERPUL

Anche questa volta, dopo avergli parlato del terzo Guardiano del Potere Cosmico, Tupok non poté fare a meno di domandare a colui che aveva intenzione di sfidarlo:

«Adesso che sei venuto a conoscenza di ogni cosa sull’eroe del pianeta Koser, lo stesso intendi sfidarlo, Iveonte, senza lasciarti impressionare dal suo indiscusso valore e dalla sua smaterializzazione, la quale potrebbe renderti impossibile trafiggerlo con un’arma?»

«Signore di Potenzior, vedo che non desisti e continui a farmi la medesima domanda, dopo avermi raccontato la storia di ciascun guardiano. Allora sono costretto a darti la stessa risposta, con la quale non posso che insistere a dirti che non vedo l’ora di affrontare Serpul e di sconfiggerlo. La sua morte, anche se per lui sarà di breve durata, mi consentirà d’impossessarmi di un’altra parte del Potere Cosmico.»

«Come è tuo costume, Iveonte, il tuo linguaggio è stato molto eloquente. Perciò non avresti potuto esprimerti più chiaramente. Ma mi spieghi come farai a neutralizzare la prerogativa che permette all’eroe koserino di smaterializzarsi, quando cercherai di colpirlo?»

«Per il momento, Tupok, siccome non conosco neppure io la risposta, non posso dartela. Ma ti garantisco che saprò essere all’altezza anche della lotta che mi appresto a condurre contro Serpul. Vedrai che, al momento opportuno, riuscirò a controbatterla nella maniera giusta.»

«Allora, eroe terrestre, non mi resta che farti i miei auguri e formularti il mio “In bocca al lupo!”, affinché anche questa volta l’impresa ti vada liscia come l’olio. In riferimento a come raggiungere Serpul nella sua ubicazione, ormai sei in grado di vedertela da solo.»

«Certo che so come fare, Tupok! Mi rivolgerò ancora a Russet e gli ordinerò di condurmi da Serpul, dopo che lo avrò montato e gli avrò fatto una gradevole carezza lungo il collo!»

Poco dopo, il bianco quadrupede, con il suo leggero battito d’ali, si presentò ancora al suo solito cavalcatore per permettergli di raggiungere il luogo dove l’eroe koserino trascorreva il suo tempo. Al suo arrivo, Iveonte gli saltò sulla groppa ed intrapresero il loro volo verso il Guardiano del Potere Cosmico, che gli era stato proposto come terzo rivale. Alla fine del lungo percorso, compiendo una planata piuttosto morbida, il bianco cavallo atterrò e permise al suo cavaliere di smontare e di trovarsi con i piedi che poggiavano sul suolo, poco distante da Serpul. Il quale, non ravvisando in lui nessuno degli altri Guardiani del Potere Cosmico, prima si stupì e poi cominciò a farsi con la mente varie domande sullo sconosciuto, che il cavallo Russet gli aveva condotto davanti. Quanto alle caratteristiche fisiche del Koseride, esse potevano riassumersi con queste poche parole: era alto circa centosettantacinque centimetri, aveva la pelle olivastra, era un tipo longilineo con una testa appiattita, sul volto si notavano due orecchie triangolari ed un naso all’insù.

Ad Iveonte non sfuggì la meraviglia del nuovo personaggio che aveva di fronte, come pure ne lesse i pensieri, i quali adesso erano intenti a farsi alcune domande. Allora, con l’intento di sciogliere quel clima di gelo iniziale fra loro due, egli intervenne a fargli presente:

«Serpul, visto che ti stai facendo varie domande su di me, ma senza venire a capo di nulla, ti do io una mano, chiarendoti ogni cosa sulla mia persona. Comincio col dirti che, se conosco il tuo nome, è perché me lo ha riferito il Signore di Potenzior. Invece io sono il terrestre Iveonte e il motivo della visita che sono venuto a farti non è di cortesia. Al contrario, essa ha come obiettivo la tua morte transitoria, durante la quale la parte di Potere Cosmico che è in te passerà in me, come è già avvenuto pure con Arkust e Furiek. A questo punto, penso di non doverti far sapere nient’altro su di me e sulla mia presenza in questo posto.»

«Bravo, Iveonte! Nessuno ti ha mai detto che sei un gran presuntuoso e che i tuoi bei sogni possono solo tramutarsi in una acerba delusione? Se neppure una persona te lo ha mai fatto notare, adesso ho pensato io a renderti cosciente di una verità simile!»

«Al contrario, Serpul, ci hanno già provato a farlo i due Guardiani del Potere Cosmico, dei quali ti ho riferito anche i nomi. Ebbene, in seguito essi si sono dovuti ricredere delle loro affermazioni a me avverse. Così, dopo che li ho sconfitti, hanno dovuto rinunciare alla loro parte di Potere Cosmico. Perciò l’una e l’altra in questo momento si trovano dentro di me, come tra poco ci sarà anche la tua.»

«Questo è tutto da vedersi, Iveonte! Comunque, non capisco l’atteggiamento di Tupok, il quale prima ci ha fatto giurare che non avremmo mai ceduto a nessuno la parte di Potere Cosmico che ci ha data in consegna e poi si mette dalla parte di chi si è presentato in Potenzior per privarcene. Lo dimostra anche la presenza del cavallo alato Russet che egli ha preso a cuore la tua causa! Vuoi giustificarmi, Terrestre, il suo nuovo atteggiamento, che non riesco a comprendere?»

«Innanzitutto, Serpul, ti chiarisco che Tupok non è dalla parte di nessuno dei due: né dalla mia né dalla tua. Invece ha lasciato al caso, ovvero al più forte di noi due, la soluzione del problema, la quale implicherà la mia o la tua vittoria. Perciò egli si attende da te il massimo impegno, perché non ti lasci portar via quanto ha posto nelle tue mani ed ha permesso a me di essere libero di cimentarmi con te con l’obiettivo d’impossessarmi della parte di Potere Cosmico che tu detieni e ti batti perché giammai nessuno riesca a portarti via.»

«Stanne certo, Iveonte, che farò del mio meglio perché tale potere parziale continui a restare in me, senza che tu sia in grado di carpirmelo e di scalfire minimamente il mio prestigio. Ma prima di darci a tenzonare, una cosa vorrei sapere da te. Perché Tupok si è messo a caldeggiare la tua missione, poiché così è, se ti ha accettato nel suo regno e ti ha agevolato le ricerche che dovevano condurti da noi, perché tu ci sfidassi? Eppure egli ha sempre voluto evitare che un Materiade entrasse in possesso dell’intero Potere Cosmico! Allora sai darmi una risposta valida, a tale riguardo, se ti è consentito rispondermi in tal senso?»

«Devi sapere, Serpul, che tutti gli astri di Kosmos, e con essi tutti gli esseri viventi che li abitano, sono in grave pericolo. Una forza malefica sta facendo tabula rasa delle stelle, dei pianeti e dei satelliti che incontra sul suo percorso. Neppure le più potenti divinità sono riuscite a distruggerla e ad arrestarne l’avanzata. Esse, essendo a conoscenza che solo il Potere Cosmico può fermarla e distruggerla, hanno inviato me in Potenzior, affinché me ne impossessi e me ne serva a tale scopo. Come vedi, si tratta di una missione filantropica quella da me intrapresa e Tupok non ha voluto opporsi ad essa; però l’ha fatta dipendere esclusivamente dalla mia bravura, senza dotarmi di alcun vantaggio su di voi guardiani.»

«Allora, Iveonte, per rendere più fulmineo un proficuo intervento avverso alla mostruosa creatura di Kosmos, anziché lasciare te a perdere tempo con noi in Potenzior, Tupok poteva intervenire personalmente contro di essa ed evitare che ci andassero di mezzo un maggior numero di astri sparsi per l’universo! Perciò mi domando perché non lo ha fatto.»

«Il motivo è molto semplice, Serpul. In Kosmos, il Potere Cosmico funziona, soltanto se è posseduto totalmente da un Materiade; altrimenti fa cilecca e nessuna utilità può provenire da esso. Di ciò è a conoscenza anche Tupok. Ecco perché egli spera che io riesca a debellare tutti i Guardiani del Potere Cosmico e corra a porre riparo a quanto di catastrofico sta succedendo in Kosmos. È così che stanno realmente le cose, eroico Koseride! Ora sei soddisfatto della mia risposta?»

«Certo che lo sono, Iveonte! Su di me il Signore di Potenzior ti ha messo a conoscenza che sono soggetto alla smaterializzazione, quando vengo a correre un imminente pericolo? Sul suo conto, devi sapere che non sarò io a volerla, quando eviterò un tuo colpo mortale; ma essa si presenterà a mia insaputa, unicamente per proteggermi da esso. Con questa precisazione, ho voluto evitare che mi si consideri un vigliacco che non sa perdere, per cui si sottrae al nemico che sta per colpirlo. Adesso, però, è ora di darci al combattimento, che sei venuto a pretendere da me, visto che non hai tempo da perdere in Potenzior. Perciò diamoci da fare e dimostrami, Geoide, che sei davvero un asso nell’uso delle armi e nelle arti marziali, come hai fatto con i due guardiani che hai già affrontati e battuti. Ti facio sapere che ora troverai in me un campione straordinario nel mettere in mostra tali tecniche, avendo avuto come maestro il mio genitore. Egli aveva raggiunto una tale perfezione, da fargli superare i suoi maestri, che lo avevano insignito dell’Onorificenza del Sommo Valore, titolo che mai nessuno aveva conquistato nella storia della sua scuola, che era quella dei Puzzud.»

Iveonte non replicò alle precisazioni del suo rivale. Invece si preparò a sostenere il suo primo assalto. Esso, secondo un suo studio accelerato di lui, sarebbe seguito abbastanza presto. A suo parere, esso ci sarebbe stato con l’intento di chiudere la partita già con quel suo intervento iniziale. Comunque, sempre secondo l’eroe terrestre, Serpul aveva fatto male i conti, se aveva creduto di riuscirci con facilità, senza tener conto che dalla parte avversa ci sarebbe potuta essere una risposta altrettanto di merito e capace di neutralizzare il suo imminente attacco, pur dimostrandosi di altissimo valore. Infatti, come arguito e presentito da Iveonte, l’eroico Koseride, appena un attimo dopo aver posto fine al proprio parlare esplicativo, non esitò ad armarsi di spada ed a scagliarsi contro chi era venuto a sfidarlo, con l’intento di aver la meglio su di lui, sicuro di prevalere sull’avversario. Il suo assalto, ad ogni modo, si dimostrò qualcosa di eccezionale. Esso parve quasi sommergere il suo avversario con una procella di colpi possenti e magistrali. I quali avevano cercato di coglierlo in quei suoi punti nevralgici, che mostravano una difesa scadente oppure una resistenza fiacca. Invece tali punti non furono trovati nella persona del suo antagonista. Egli, al contrario, oltre a pararli in modo singolare, come reazione, gli contrappose degli assalti d’indubbia professionalità. Perciò essi lo fecero ricredere della sua pretesa di poter imporre al rivale la sua netta superiorità.

Quando infine si fu consumato quel loro primo scontro in parità, seguì fra i due validissimi combattenti un attento studio reciproco, con il quale ciascuno intendeva assicurarsi la vittoria sull’altro. Ma entrambi prevedevano che non sarebbe stato facile conseguirla contro l’avversario che ora si ritrovavano ad affrontare. Difatti ognuno scorgeva nell’altro quelle potenzialità e quelle abilità tecniche da lui possedute. Le quali difficilmente si sarebbero fatte smontare oppure avrebbero ceduto davanti alla tracotanza di un rivale ostico, quale ciascuno di loro risultava all’altro, non potendo essere altrimenti, grazie alla loro magnifica preparazione.

Il combattimento fra i due eroici campioni fu ripreso, dopo che si fu conclusa la fase di studio reciproco. Per cui ad essa ebbe sèguito il grande duello che ci aspettava, con tutti i crismi della prodezza, dell’eroismo, della tecnica combattentistica, della perizia d’armi, della competenza nelle arti marziali e del migliore acume nella difesa. Quest’ultimo avrebbe fatto schivare ad ognuno di loro anche quei colpi che gli sarebbero provenuti da parte dell’avversario insidiosi e del tutto imprevisti.

A quel punto, non ci si poteva aspettare uno scontro senza precedenti da entrambi i combattenti, ossia da chi aveva lanciato la sfida e da chi l’aveva accettata, poiché coloro che lo portavano avanti erano stati preparati dai loro maestri, che meglio non si sarebbe potuto. L’uno e l’altro avevano appreso da loro tutto ciò che avevano da imparare, mettendoci alla fine anche qualcosa di proprio, che gli era valso a farli superare, anche se di poco. Lo dimostravano i loro assalti e le loro parate, le loro mosse e le loro contromosse, le loro iniziative improvvise e le loro azioni simultanee che tendevano a neutralizzarle, ricorrendo anche ad un controllo rigoroso, affinché la controparte non avesse ragione di lui. In un certo senso, ci si meravigliava l’uno dell’altro. Perciò ci si stupiva della ferrea preparazione che si riscontrava nel proprio avversario, riferita tanto alla destrezza che manifestava nell’uso delle armi quanto alla perfezione che aveva raggiunta nelle arti marziali. In realtà, dopo che il Signore di Potenzior gli aveva parlato di lui, Iveonte si era fatta una certa idea del campione koserino. Costui, invece, non immaginando minimamente l’inappuntabile valentia che avrebbe rilevata nel suo antagonista, adesso se ne rendeva conto con grande stupefazione. Nello stesso tempo, si andava anche capacitando perché i formidabili Arkust e Furiek non avevano potuto fare a meno di soccombere nel loro confronto con lui.

Iveonte, quindi, era costretto a mettercela tutta nel suo combattimento contro Serpul, siccome lo trovava un avversario degno di lui, che gli dava pochi spazi nell’attaccarlo e nel farlo trovare in serie difficoltà. Inoltre, non erano rare le volte che dallo stesso gli provenivano reazioni temibili, da cui era costretto a difendersi con la massima cura, se voleva evitare di trovarsi in un mare di guai. C’erano poi i suoi colpi che andavano a vuoto, i quali probabilmente avrebbero potuto risolvere lo scontro, se si fossero abbattuti su un corpo fisico atto a riceverli, anziché privarsi di potenza sopra una larva umana smaterializzata. Perciò, in effetti, egli era impegnato solo a contrapporre una valida difesa a colui che non temeva di accusare concretamente quei suoi colpi che sarebbero potuti essere mortali e, di conseguenza, risolutori dell’aspro cimento.

Da parte sua, Serpul lottava invece, senza badare troppo alla difesa, non temendo quei colpi dell’avversario che avrebbero potuto nuocergli in modo grave, fino a troncargli l’esistenza. Egli era consapevole che, ogni volta che essi ci fossero stati, sarebbe stato lo stesso suo corpo a renderli impotenti, smaterializzandosi e vanificando ogni loro intento. Comunque, pure avendo tale vantaggio che la sua natura gli riservava, ugualmente restava nell’impossibilità di aver ragione d’Iveonte. Il quale si dimostrava un avversario alla sua altezza e non si lasciava prendere in castagna. Per il qual motivo, era costretto ad andare incontro a continui fallimenti nei suoi vari tentativi di coglierlo in fallo e di arrecargli nello stesso tempo qualche ferita mortale.

Così, dopo un’ora che si combatteva a pieno ritmo, l’aspra lotta veniva affrontata da entrambi i contendenti con tali sfaccettature, dando ognuno tutto sé stesso nell’offendere e nel difendersi, nell’attaccare e nel subire gli assalti. Ad un certo momento, però, l’impavido Koseride, interrompendola all’improvviso, si allontanò dal suo rivale di una ventina di metri. Restando poi a quella distanza, prima si armò del suo arco e poi si rivolse a lui, esprimendosi con queste parole:

«Iveonte, non avrei mai immaginato che ci potesse essere un guerriero forte quanto lo sono io e capace di stare alla pari con me. Tu me lo hai dimostrato, Terrestre. Anzi, sei riuscito a far nascere in me un dubbio, cioè che alla fine avresti potuto superarmi, se non fossero intervenute nel mio corpo le continue smaterializzazioni per difendersi dai tuoi colpi mortali. Perciò non posso dichiararti con certezza che essi sarebbero andati a segno oppure li avrei parati, nel caso che la mia natura fosse risultata normale in quegli istanti. Allora, siccome la verità non la si potrà mai conoscere, ti chiedo venia, se ho deliberato di risolvere diversamente la nostra questione, anche se la cosa non mi fa onore. Ma c’è il fatto che un tempo giurai a Tupok che giammai mi sarei lasciato portar via la parte di Potere Cosmico che mi aveva affidata, difendendola con ogni mezzo a mia disposizione. Quindi, prepàrati a ricevere il colpo fatale dal mio infallibile arco, che ha sempre scoccato le sue frecce senza mai mancare il bersaglio, fosse esso una bestia oppure un mio simile. Ti garantisco, intrepido ed insuperabile campione dalla tempra adamantina, che è giunta l’ora della tua fine!»

«Fai pure come vuoi, Serpul, se credi di riuscire a risolvere in questo modo la nostra contesa. Ma ti avverto che farai un buco nell’acqua, dopo che avrai scagliato la tua freccia contro il mio corpo. Anzi, il tuo tentativo di uccidermi nel modo che hai detto ti renderà noto che tuo padre era inferiore al mio maestro, per non averti insegnato delle cose che solo il mio poteva conoscere. Esse, dopo che avrai fatto partire il tuo dardo micidiale contro la mia persona, ti stupiranno!»

Le parole di Iveonte resero perplesso l’eroe koserino, il quale, non avendone compreso il significato, si domandava a cosa egli si fosse voluto riferire. Ma poi lo vide deporre la spada, armarsi di arco con freccia già incoccata e mettersi a parlargli in questo modo:

«Avanti, Serpul, scaglia pure la tua saetta contro di me! Così ti farò assistere a qualcosa che avresti giurato che non sarebbe mai stato possibile ottenere da nessuno!»

All’incitamento di Iveonte, l’arciere koserino non perdette tempo ad ubbidirgli, anche perché era già sua intenzione colpirlo mortalmente con il suo arco. Ma il suo avversario non se ne stette a guardare che la freccia lo colpisse, poiché, un attimo dopo che ci fu lo scocco della freccia avversaria, egli fece altrettanto con il suo arco; però non con l’intenzione di fare del rivale il suo bersaglio. Allora vediamo cosa aveva avuto in mente di attuare, in quel decimo di secondo, di cui si era servito dopo per portarla a termine. Ebbene, Iveonte era riuscito a fare scontrare le punte delle due frecce lanciate da entrambi, per cui si era interrotta la loro corsa, cadendo al suolo con le punte completamente rovinate.

Scorgendo le due saette cadere giù a terra e ridotte in quel modo, ossia con le punte smussate, Serpul rimase basito. Ma poi si rivolse al suo avversario pieno di diffidenza e gli disse:

«Non dirmi, Iveonte, che sei stato tu a fare accadere il prodigio, a cui abbiamo assistito. Anche perché, se tu assentissi, non ti crederei, non potendo essere facoltà di un Materiade compierlo con tale precisione! Secondo me, si è trattato di un puro caso.»

«Se la pensi così, Serpul, sei libero di non crederci. Forse potrò convincerti con un altro fenomeno avente più o meno la medesima percentuale di rischio, che tra breve compirò. A tale riguardo, ti faccio presente che, mentre mi disfo del mio arco, tu prepàrati ad incoccare una nuova freccia sul tuo, poiché con esso dovrai ancora puntarmi e cercare di colpirmi. Ti raccomando di non sbagliare bersaglio, adesso che non ci sarà nulla a fermare il tuo dardo!»

Iveonte, dopo essersi espresso con tali parole, ebbe appena il tempo di deporre l’arco, allorquando il suo contendente gli scagliò contro la seconda freccia. Ora egli era convinto che essa gli avrebbe attraversato il corpo nella regione precordiale, essendo umanamente impossibile arrestarla nella sua rapida corsa aerea. Invece avvenne proprio ciò che il Koseride aveva escluso che potesse accadere, ossia che il rivale intercettasse e fermasse con le proprie mani l’asticella fornita di punta aguzza e di cocca. La qual cosa, oltre a disorientarlo per un breve istante, lo strabiliò e lo fece intervenire sull’episodio ancora caldo.

«Mi dici, Iveonte, come hai fatto ad operare un simile miracolo? Se te lo ha insegnato il tuo maestro, ammetto che egli era più in gamba del mio forte genitore, che ho sempre considerato un maestro d’armi e di arti marziali insuperabile. Invece adesso mi avvedo che non era così, se su un altro pianeta c’era o era esistito quello tuo.»

«Certo che fu lui, Serpul! Chi, altrimenti, avrebbe potuto insegnarmi i portenti, ai quali hai appena assistito? Il mio maestro Tio era davvero universalmente ineguagliabile! Ma non pensare che io abbia finito di stupirti con le mie prove tendenti a comprovarti la mia superiorità su di te. Ce n’è invece ancora una, la quale, intanto che ti farà meravigliare, ti priverà dell’esistenza, ponendo fine a questo nostro duello, che è durato fin troppo, mentre io non ho tempo da perdere!»

«Davvero dici, Iveonte? Ne sei proprio persuaso? Voglio proprio vedere come riuscirai ad evitare la mia smaterializzazione, che sopravviene, ogni volta che un pericolo mi minaccia ed io ne prendo coscienza. Allora dimostrami che affermi cose davvero indiscutibili!»

Ebbene, se il lettore non lo ha ancora compreso, l’eroe di Geo intendeva ricorrere alla trottola, siccome essa, facendo diventare invisibili lui e la sua spada, non avrebbe consentito al suo avversario di sentirsi in pericolo, mentr’era sul punto di falciarlo con la sua arma e di eliminarlo fisicamente. Infatti, non appena quello ebbe terminato d’invitarlo a dare dimostrazione di quanto aveva attestato, assunse la posizione che lo avrebbe fatto prillare su sé stesso così rapidamente, da farlo sparire agli occhi di chi l’osservava. Così, pochi attimi dopo, Iveonte, infondendo una grande stupefazione nel rivale koserino, sparì alla sua vista. Di lì a poco, mentre costui si andava chiedendo dove egli fosse finito, si vide tranciare il corpo in due parti dalla spada dell’invisibile suo contendente. Allora, sia l’una che l’altra, stramazzarono al suolo in uno stato che faceva rivoltare lo stomaco. Comunque, passò poco tempo, prima che il corpo sezionato dell’eroico Koseride ritornasse ad essere integro, come se non avesse mai subito il precedente trauma cruento.

Quando Serpul si ritrovò con il suo corpo intero, non ricordava più niente; invece in Iveonte era già avvenuto il travaso della parte di Potere Cosmico, che fino a poco prima era stata custodita dal rivale, in quanto suo guardiano giurato da oltre un secolo. Allora egli, dopo la sua terza impresa compiuta vittoriosamente, non gli restò che montare il cavallo Russet ed ordinargli di condurlo dal suo padrone.

Vedendolo ripresentarsi a lui soddisfatto, Tupok iniziò a dirgli:

«Dunque, Iveonte, devo ancora complimentarmi con te, per avermi dimostrato di nuovo di essere un guerriero non plus ultra. Grazie alle tue doti straordinarie, adesso in te si trova anche la terza parte del Potere Cosmico, per averla sottratta con astuzia ed animosità al tuo rivale Serpul, l’eroe del pianeta Koser. Ora, però, ti tocca conquistare la quarta parte di tale prodigioso potere, la quale è in possesso dell’eroe Pessun, il quale è nativo del pianeta Istop. Come ho fatto con gli altri tre, anche su questo quarto guardiano non mi asterrò dal farti conoscere quelle cose che ti necessiteranno per competere a singolar tenzone con lui. Ti raccomando di fissarti bene in mente ogni cosa che ti dirò sul suo conto, affinché tu te ne giovi, quando lo affronterai per le ragioni che conosci.»

«Ti garantisco, Tupok, che non dimenticherò niente di ciò che stai per raccontarmi sulla vita di Pessun. Lo terrò in mente come qualcosa di molto prezioso. In questo modo ne beneficerò nella prossima prova che dovrò affrontare contro Istop, allo scopo d’impadronirmi della quarta parte del Potere Cosmico, non essendomi possibile astenermi da essa. Importante è che tu sia stringato nella narrazione dei fatti, facendo a meno di lungaggini soprattutto là dove non ce n’è bisogno. Anche perché il tedio comincia a prevalere dentro di me, dopo il mio lungo tempo di permanenza in Potenzior.»

«Non ti do torto, Iveonte, a parlarmi così. Anch’io, al posto tuo, mi sentirei come te e vorrei aver compiuto le cinque prove tutte in una volta, poiché non vedrei l’ora di raggiungere il mio pianeta per riabbracciare i miei familiari e i miei amici. Ma ti esorto ad avere ancora un po’ di pazienza, visto che quanto stai facendo per tutti i Materiadi è qualcosa di molto nobile. Naturalmente, tutti loro, tranne le persone a te vicine, non verranno mai a sapere che sei stato tu a salvare i numerosi popoli che sono dispersi per Kosmos, abitando sui soli pianeti che permettono la vita e la sopravvivenza.»

«Come potrei non essere paziente, Signore di Potenzior, sapendo che dalle mie ardue prove dipende la vita di milioni di esseri animali e vegetali, nonché di quelli dotati d’intelligenza. Perciò terrò duro, fino a quando non avrò superato anche la quinta prova, con la quale entrerò in possesso dell’intero Potere Cosmico.»

«Hai ragione, Iveonte, a parlare in questo modo, poiché una missione più nobile della tua non esiste in nessuna parte dell’universo. Per cui siine orgoglioso e felice! A questo punto, mi tocca mettere mano a raccontarti ciò che è inerente al quarto eroe, poiché ti sarà assai utile.»