459°-IL GIGANTE MATRUS SI VENDICA DEI PICES

Adesso occorre parlare dello stato pietoso in cui era venuto a versare il popolo picesino per la durata di un mese. Durante tale periodo di tempo, i Pices per malasorte erano stati costretti a sottostare alle più incredibili disavventure. Le quali, dalla sera alla mattina, avevano trasformato la loro esistenza tranquilla e dignitosa in un baratro di atroci sofferenze. A causa di tale cambiamento loro imposto, già dopo tre giorni, essi avevano preferito perfino che la vita non ci fosse mai stata per loro, se erano obbligati a trascorrerla come non avrebbero mai desiderato. Essa, infatti, si svolgeva nell’impotenza assoluta nei confronti di chi non cessava di torturarli con il massimo tormento e senza alcuna compassione. Naturalmente, ci si starà chiedendo chi o cosa infieriva contro di loro, senza che i poveretti potessero fare qualcosa per ribellarsi e lottare con tutte le proprie forze per liberarsene e riacquistare la serenità di prima. Ebbene, tra poco apprenderemo ciò che è giusto sapere.

Una notte illune gli abitanti delle cinque suske erano immersi nel loro sonno profondo. Ma in quella che si trovava a nord del territorio abitato dal popolo picesino, qualcuno, che non poteva essere scorto a causa della cecità imposta dal buio pesto imperante ovunque, si era dato a distruzioni di capanne e ad ammazzamenti di persone. In tali ore notturne, nessuno, tra quelli che vi risiedevano, riusciva a rendersi conto di quanto stava accadendo nel proprio villaggio. Ovviamente, ci si riferisce a coloro che non ne venivano coinvolti, soltanto per un caso fortuito. Ebbene, una forza immane vi avanzava invisibile e schiacciava tutte quelle capanne che si trovavano sul suo percorso. Insieme con esse, risultavano spiaccicate al suolo come scarafaggi le persone che stavano dormendo nel loro interno. A quel fenomeno d’ignota indole, i fortunati sopravvissuti, scappando terrorizzati in ogni parte senza sapere dove, potevano solamente creare ovunque una confusione caotica ed una bolgia infernale. Perciò vi si spargevano i pianti dei bambini, le urla delle donne, gli strepiti e le imprecazioni degli adulti. Inoltre, si udivano i numerosi latrati dei cani e i miagolii dei gatti, i quali animali domestici manifestavano in quella maniera il grande terrore che li pervadeva. Quando poi era giunta l’alba, quella misteriosa forza, dopo essere sparita nel nulla, aveva già abbandonato il villaggio. Ma prima lo aveva lasciato in uno stato talmente miserevole, che neppure la fine del mondo lo avrebbe reso com’essa aveva fatto in alcune sue strade.

Il mattino dopo quella nottataccia, quando le luci del giorno erano apparse ad oriente, gli abitanti della suska del nord, ci si riferisce a quelli che erano riusciti a salvarsi dall’inferno notturno, erano già svegli ed inorriditi si rendevano conto di quanto era accaduto nella notte appena trascorsa. Perciò andavano contando le capanne rovinate e i cadaveri delle persone che vi erano rimaste schiacciate, alcune delle quali si presentavano irriconoscibili. Al termine della conta, le capanne distrutte in quella maniera orrenda erano risultate un centinaio; mentre i morti superavano il numero di cinquecento, poiché i vari nuclei familiari erano composti da non meno di tre persone. Tra le capanne sottoposte al brutale abbattimento, c’era anche quella di Furiek, il quale risultava l’idolo delle masse in tutte e cinque le suske. Ma se i suoi genitori vi erano stati trovati spiaccicati e morti, il corpo del loro eroe non vi era stato rinvenuto, per cui lo si era considerato senz’altro salvo altrove. La buona sorte, infatti, aveva voluto che il campione picesino, a quell’ora della notte, non stesse dormendo nella propria capanna insieme con i propri genitori; invece egli si trovava nella suska centrale, dove aveva pernottato presso la dimora dell’amico Pluez. Costui, che era il figlio unigenito di Sozen, il posust dei Pices, il giorno prima lo aveva invitato a trascorrere una giornata insieme con lui. Ma poi, essendosi fatto molto tardi, lo aveva pregato di trascorrere la nottata presso la sua famiglia, la qual cosa gli aveva giovato moltissimo, salvandogli la vita.

La notizia dell’assalto alla suska settentrionale da parte di una forza oscura non era tardata a giungere anche alla dimora del posust Sozen. Allora costui, insieme con il figlio e il suo amico, si erano messi subito in viaggio per raggiungere il villaggio interessato. Di loro tre, però, il più ansioso di pervenirvi era stato Furiek, siccome si mostrava assai preoccupato per i suoi genitori e non vedeva l’ora di raggiungerli e di assicurarsi che a loro due non era successo niente. Invece, una volta sul posto, fece la macabra scoperta della distruzione della sua capanna e della morte violenta a cui erano andati incontro anche il padre e la madre. Essa li aveva resi per niente ravvisabili, a causa dello spappolamento subito specialmente dai loro crani. In verità, l’intera devastazione, che era stata provocata dall’ignoto essere senza volto nella suska nordica, li aveva impressionati tutti e tre tantissimo, essendo convinti che neppure un terremoto sarebbe stato capace di essere più distruttivo e sanguinario. Per cui avevano cercato di comprendere in un modo qualsiasi quale creatura immane e terribile era riuscita a produrvela, provocandovi in pari tempo una vera ecatombe di persone e di animali. Riuscendogli però difficile farsene almeno un’idea approssimativa, si erano augurati che essa non si avesse a ripetersi né in quel luogo già tremendamente flagellato né in nessuna delle restanti suske.

Dopo che si erano riavuti da quell’apocalittico scenario, il quale li aveva distrutti psichicamente, tanto il posust quanto suo figlio e Furiek si erano attivati con gli abitanti del luogo con uno scopo ben preciso. Essi intendevano recuperare e cremare al più presto le vittime di quella incredibile tragedia, sottraendoli agli ammassi arborei, che fino al giorno precedente avevano avuto la funzione di capanne. Quando nel villaggio c’era stata la fine delle operazioni di recupero e di cremazione dei cadaveri, si era proceduto a valutare la sua situazione. Avvenuta tale valutazione, Sozen, avendo avuto anche il parere favorevole di Furiek, che considerava abbastanza autorevole, aveva deliberato di non fare attivare ancora gli abitanti sopravvissuti per lo sgombero del materiale reso inservibile dal disastroso evento. Ma aveva disposto la loro evacuazione temporanea dal villaggio, allo scopo di evitare che una nuova strage venisse compiuta nella notte successiva da chi era stato il responsabile di quella precedente. Per questo la notte seguente l’intera popolazione rimasta indenne, ammesso che ci fosse riuscita, era stata costretta a dormire all’addiaccio, in una zona distante due miglia dal villaggio e situata dal lato della suska centrale. Quanto a loro tre, ossia i due familiari e Furiek, erano rimasti nei pressi della suska nordica, dove, tenendo gli occhi bene aperti, intendevano sorvegliare da vicino il fenomeno catastrofico, nel caso che esso vi si fosse ripetuto.

Così, non appena i minuti dopo la mezzanotte erano cominciati a trascorrere lentamente, il posust, il figlio Pluez e il campione loro amico si erano visti porre la massima attenzione a ciò che prima o poi sarebbe successo nel villaggio. Ma era dovuta arrivare la seconda ora piccola, perché essi incominciassero ad avvertirvi qualcosa di strano, che non era da riferirsi ad un evento notturno normale. All’improvviso, rimbombi di colpi ripetitivi, uno dopo l’altro, si erano dati a farsi udire simili a dei passi enormi. Il cui avanzare andava causando intorno a sé sia frastuono che sfacelo, facendo perfino tremare il suolo. Comunque, l’oscurità notturna non aveva permesso ai tre sorveglianti di scoprire lo scompigliatore dello sventurato villaggio. Il quale ancora una volta aveva avuto un ulteriore centinaio di capanne abbattute e ridotte a mucchi di rami, di frasche e di paglia. Per fortuna, quella notte esse non ospitavano persone. Per l’intero tempo della sua terribile incursione, che si dava a rimbombare forte, essi erano rimasti quasi allibiti; però si erano ripromessi di approfondire lo strano fenomeno il mattino seguente.

Così l’indomani, alla luce di un sole sfolgorante, il capo del popolo picesino, suo figlio e Furiek, senza perdere un minuto di tempo, avevano intrapreso le ricerche, perlustrando palmo per palmo la zona interna del villaggio e quella circostante. Ma era stato Pluez a rendersi conto per primo della presenza in alcune sue vie di alcune impronte gigantesche. Esse, che erano profonde circa quindici centimetri, riproducevano i due piedi di un essere umano; ma la loro grandezza si presentava enorme e approssimativamente faceva stimare che fosse non meno di cento volte più grande di quella normale. Di conseguenza, ne derivava che una persona gigantesca, la quale non abitava neppure tanto lontano dal loro territorio, esisteva ed aveva intenzioni tutt’altro che pacifiche nei confronti del popolo picesino. A quella scoperta poco rassicurante, tutti e tre i Pices avevano fatto ritorno fra la loro gente, la quale bivaccava all’aperto. Una volta che avevano riferito a quanti vi si trattenevano che il fenomeno si era ripetuto nel loro villaggio, li avevano messi anche al corrente di quanto erano riusciti a scoprire in merito ad esso. Infine si erano congedati da loro, promettendogli che sarebbero andati nella suska centrale per studiarsi meglio quel gigantesco essere, del quale per ora non si sapeva nulla. Comunque, esso, pur essendo della stessa natura di ognuno di loro, non dimostrava di volerli trattare con amicizia, se si dava ad infierirglisi contro e a distruggere il villaggio da loro abitato.

Quando vi erano giunti, la loro meta era stata la capanna del posust, dove avevano avuto modo di rifocillarsi con una sostanziosa colazione. Consumata la quale, essi avevano intavolato una conversazione su ciò che era iniziato ad esserci nella suska settentrionale. Il primo ad esprimersi sull’argomento da loro prescelto era stato l’autorevole Sozen. Egli, dopo avere invitato gli altri due interlocutori nel cavedio adiacente alla capanna, dove si erano poi accomodati, si era dato a dire al suo ospite:

«Secondo me, Furiek, ci troviamo di fronte ad un caso non facilmente risolvibile. Inoltre, chi ci si è messo contro può esserci soltanto estremamente pericoloso, grazie alla sua mole gigantesca. A proposito, glorioso campione, sapresti dirmi quali potrebbero essere le sue dimensioni, tenendo conto delle impronte dei suoi piedi? Hai visto anche tu che esse erano due metri di larghezza alle calcagna e venticinque metri di lunghezza dal tallone all’alluce! Un fenomeno incredibilmente strano!»

«A mio parere, Sozen, se i suoi piedi sono direttamente proporzionali alle restanti parti del corpo, come avviene in quello nostro, aspettiamoci di trovarci di fronte ad un omaccione avente una stazza smisurata. Perciò, stando dietro ad un calcolo eseguito anche per approssimazione, la sua altezza dovrebbe essere non meno di cento metri. Invece la sua testa dovrebbe avere le seguenti dimensioni: larga settantacinque centimetri, alta centoventicinque centimetri e spessa sessantacinque centimetri. In riferimento al suo peso, la sua immensa mole potrebbe farlo pesare addirittura oltre duecentocinquanta tonnellate. Ciò vorrebbe dire che esso sarebbe venticinque volte maggiore del peso di un elefante avente la massima grandezza. Lo dimostra il fatto che, quando il gigantesco uomo cammina, le sue pedate riescono perfino ad affondare nel suolo e ad arrecare ad esso piccole scosse, simili a quelle telluriche.»

«Dunque, Furiek, sarà la sua colossale ed imponente corporatura» aveva osservato il figlio del posust «a dare origine dove avanza a quello stato catastrofico e distruttore, provocando rovinio di cose e massacri di esseri umani ed animali. Secondo me, non può essere altrimenti!»

«Certo che è come tu affermi, Pluez! La sua pesantezza, la quale di sicuro supera un sacco di volte quella del pachiderma più grande del nostro pianeta, lo fa procedere nella maniera da te fatta presente.»

«Ma se ci troviamo di fronte ad un essere che supera ogni misura che possiamo immaginare,» aveva commentato il posust «mi dici, Furiek, come faremo a sbarazzarcene? Anzi, sarà lui ad eliminare tutti i Pices, anche se ignoro il tempo che c’impiegherà per farlo!»

«Per il momento, Sozen, questo non te lo so dire. Se prima non lo avrò osservato di persona, mi sarà difficile esprimere su di lui pareri di qualsiasi tipo. Piuttosto adesso mi preoccupa la sua nuova incursione della notte ventura. Ci sarà essa ancora nella suska del nord, sebbene l’abbia trovata priva di popolazione? Oppure questa volta egli vorrà cambiarla, essendo sua intenzione di fare una gran quantità di vittime tra i nostri conterranei, ovunque essi si trovino? Se fosse così, allora sarei portato a credere che abbiamo a che fare con un essere che ragiona e medita su quanto intende attuare. In tal caso, auguriamoci che egli abbia il suo punto debole, che possa permetterci di ammazzarlo, prima che ne veniamo uccisi tutti! Quindi, dopo la prossima nottata, dovrò occuparmi di lui, per averne una conoscenza diretta e per studiare il modo di liberare i nostri cinque villaggi da una bestia simile.»

Anche il posust dei Pices e suo figlio erano stati d’accordo con Furiek ed avevano atteso che quest’ultimo si desse alla ricerca dell’ignoto essere con cui stavano avendo a che fare e ne conoscesse quanto era necessario apprendere su di lui, se volevano sopravvivere alla sua reale minaccia. Ma sarebbe riuscito il loro insuperabile campione a condurre in porto ciò che si era prefisso e a trovare dopo qualche stratagemma per mettere fuori gioco l’essere che al momento rappresentava per tutti i Pices un indubbio pericolo mortale? Staremo a vedere.

Nel frattempo che la successiva notte non si presentava, bisognava prendere una decisione e stabilire se anche le restanti quattro suske andavano evacuate oppure conveniva attendere nuovi sviluppi, prima di allontanare da esse la numerosa gente che le abitava. La scelta era stata fatta dal posust Sozen, il quale non aveva ritenuto opportuno prendere un così drastico provvedimento, considerato che s’ignorava ancora il tipo di reazione che ci sarebbe stato da parte del pericoloso intruso, dopo aver trovato il villaggio disabitato. Invece questa volta l’abominevole essere, di cui non si era ancora riusciti a ravvisarlo, essendo andato incontro ad una scottante delusione, aveva pensato di rivalersi sulla suska di ponente, apportandovi gli stessi danni ed un numero di uccisioni identico al precedente. Allora, in seguito a quest’ultima incursione del ciclopico essere umano, che non era stata meno distruttiva ed assassina della prima, il posust era ricorso all’evacuazione notturna di tutte e cinque le suske, onde prevenirlo nei suoi progetti brutali. Essa, però, non aveva risolto il problema dei Pices, i quali, durante le notti che erano seguite, lo stesso avevano subito le aggressioni di chi aveva deciso di non farli dormire in pace e di farne delle orrende stragi. A differenza di quelli iniziali, però, i nuovi assalti avevano permesso alle persone aggredite di rendersi conto delle caratteristiche del loro aggressore, anche se non nitidamente. Allora tutti avevano preso coscienza che il loro nemico, il quale seguitava ad investirli sempre nelle ore notturne, ossia in quelle che precedevano l’alba, altro non era che un essere simile a loro, ma avente delle proporzioni smisurate. Inoltre, essi erano stati in grado di stimare il loro rapporto con lui e lo avevano valutato uguale a quello esistente tra uno di loro ed un topo.

A quel punto, quando si era al venticinquesimo massacro compiuto dal mostruoso uomo, Sozen, vista la gravità della situazione, aveva invitato di nuovo Furiek nella propria casa, volendo consultarsi con lui e chiedergli quale concrete possibilità ci fossero per sopprimerlo. Alla sua domanda, l’eroe del popolo, non potendo rassicurarlo in qualche maniera sicura, gli aveva dato la seguente risposta:

«Mio insigne posust, ho bisogno di studiarlo da vicino, prima di emettere sul nostro rivale malfattore un giudizio, del quale poi io non abbia a pentirmene. Adesso finalmente sappiamo che la volta scorsa non ci siamo sbagliati sia nell’attribuirgli un aspetto simile al nostro sia nell’avanzare ipotesi sulla sua immane corpulenza. Inoltre, mi sono fatto di lui una certa idea, che mi viene la voglia di considerare azzeccata, stando ad una mia ragionevole riflessione.»

«Mi dici, Furiek, essa quale sarebbe e se un domani potremo usarla a nostro vantaggio, allo scopo di salvarci da lui?»

«Secondo me, Sozen, colui che ci combatte e ci decima, approfittando della sua costituzione fisica, che è di una enormità assoluta, se preferisce agire di notte, ciò vuol dire che di giorno egli avrà la vista corta. Ma siccome ogni medaglia ha il suo rovescio, potremmo anche immaginare che durante le ore notturne essa si presenti molto acuta. Quindi, se un giorno faremo pensiero di combatterlo e di metterlo fuori gioco, dovremo approfittare della luce del sole per liquidarlo secondo le nostre intenzioni. Non sei anche tu d’accordo?»

«Certo che lo sono, Furiek! A tale riguardo, vuoi farmi presente come intendi studiare da vicino il mastodontico uomo nostro nemico? Ma vorrei sapere quando avrà inizio il suo studio da parte tua. Spero che esso avvenga al più presto, perché non vedo l’ora che si ponga fine alle sue notturne carneficine dei nostri conterranei, fra i quali un giorno non lontano potremmo esserci anche noi!»

«Allora ti annuncio, Sozen, che nel pomeriggio andrò alla ricerca del luogo dove egli riposa e si dà a dormire, per rifarsi delle fatiche notturne. Sono certo che non avrò difficoltà a trovarlo. Mi basterà seguire le sue enormi impronte, le quali mi condurranno dritto alla sua montagna di carne. Dopo aver acquisito tutte le notizie che lo riguardano e mi occorrono per batterlo, verrò a riferirtele, senza perdere un attimo di tempo.»

Furiek, come promesso al suo posust, subito dopo pranzo, saltato in groppa al proprio destriero e seguendo le tracce da lui lasciate nelle sue varie incursioni, si era messo alla ricerca dell’essere, che non smetteva di avvelenare l’esistenza agli abitanti delle cinque suske. Dopo aver percorso cinque miglia in direzione nord, all’improvviso esse si erano perse ai margini di una palude. La loro sparizione gli aveva fatto intendere che il gigantesco uomo l’avesse attraversata per raggiungere il suo luogo di destinazione. Perciò gli era toccato fare la stessa cosa, poiché era certo che, una volta che l’avesse superata e si fosse trovato sull’altra sponda, esse gli sarebbero apparse di nuovo. Egli non si era sbagliato. Infatti, all’uscita dall’acqua stagnante, si era trovato davanti agli occhi le medesime pedate che stava seguendo e che erano scomparse ai margini della palude. Allora si era ridato a stargli dietro, fino a quando tali impronte non lo avevano fatto trovare al cospetto di chi ve le aveva lasciate.

Furiek adesso si trovava alla base di una delle due cosce del gigantesco omone dalle sembianze umane, la quale non gli consentiva di scorgere la sua parte anteriore. Allora si era condotto alla sua caviglia, dove la sua minore altezza gli aveva permesso di salire sopra la gamba. Da quel punto, egli aveva incominciato a dirigersi verso la testa, superando lo scoglio rappresentato dal ginocchio e il rilievo formato dalla pancia. Da lassù aveva potuto osservare il suo volto, l’unica parte del corpo non ricoperta dalla folta peluria, e constatare che i suoi occhi erano chiusi, essendo intenti a godersi il dolce sonno di cui non aveva usufruito durante la notte appena trascorsa.

In verità, per muoversi sul suo tronco che era in posizione supina, il quale si distendeva per oltre cinquanta metri e presentava un’ampiezza di circa trenta metri, Furiek aveva dovuto faticare non poco, poiché il suo corpo era invaso da una fitta ed ispida massa di peli. Essi formavano una specie di miniforesta pilifera, che non superava i centocinquanta centimetri di altezza. Ad ogni modo, lo aveva stupito molto il suo viso, poiché esso gli ricordava una persona a lui nota, naturalmente in miniatura, di cui l’anno precedente si era interessata la cronaca nera del suo villaggio, perché si era fatta punire con l’esilio perpetuo nella palude. Si trattava di Matrus, il quale prima vi esercitava il mestiere del vasaio, dimostrandosi abbastanza bravo nella fabbricazione di pregevoli vasi di terracotta. Con quella sorpresa in suo possesso, Furiek non vedeva l’ora di relazionare il suo posust sullo smisurato uomo, che aveva studiato da poco, percorrendone metro dopo metro la parte di corpo risultata transitabile. Perciò dopo qualche ora egli si trovava già presso il suo capo per riportargli ogni dettaglio appreso sul loro persecutore umano. L’incontro era avvenuto ancora nella capanna dell’autorevole persona e alla presenza anche dell’amico Pluez. Anche il suocero Sozen lo stava aspettando con ansia, per cui, non appena se lo era visto davanti, si era affrettato a fargli un sacco di domande, una dopo l’altra, senza neppure attendere dal suo interlocutore la risposta ad ognuna di loro. Solo quando il posust aveva terminato di assalirlo con esse, Furiek si era dato a parlargli in questo modo:

«Comprendo, suocero mio, che la questione di chi ha deciso di sterminarci tutti t’interessa particolarmente, per cui vorresti subito ogni informazione a lui inerente. Ma almeno dammi prima il tempo di salutare te e tuo figlio, di mettermi comodo e d’iniziare a raccontarti ciò che ho appreso su colui che ha deciso di vendicarsi di noi, poiché di vendetta si tratta da parte di qualcuno, se non mi sbaglio.»

«Perché mai mi parli di vendetta da parte del mostruoso uomo, genero mio? In che maniera lo avremmo noi offeso, per costringerlo ad agire contro il nostro popolo? Non credi di esagerare nell’avanzare una ipotesi del genere? Mica è stato lui a rivelarti che ha stabilito di vendicarsi per avere subito da noi qualche torto! Perciò da dove ti è uscita fuori questa idea, che non condivido affatto?»

«Certo che non è stato lui a parlarmi della sua vendetta contro di noi, Sozen! Tra breve, però, dopo che ti avrò messo a conoscenza di un particolare, ti renderai conto pure tu che è come ho pensato.»

«Allora sbrìgati a riferirmelo, perché io mi convinca che hai ragione in ciò che mi hai affermato con tanta sicurezza! Nel frattempo, dubito che la tua affermazione possa essere condivisa da me.»

«Ti ricordi, padre della mia ragazza, del vasaio Matrus, il quale, dopo essere stato accusato di omicidio, sebbene egli si dichiarasse innocente, fu condannato all’esilio perpetuo? Conosci anche il luogo dove egli fu confinato, perché giammai lo lasciasse, pena la morte?»

«Come potrei non rammentarmi di lui, Furiek, e non sapere dove lo esiliai? Proprio perché non avevo la piena convinzione che l’artigiano fosse colpevole, preferii evitargli la pena capitale. Ma cosa c’entra egli nel nostro attuale discorso: me lo vuoi dire?»

«Sozen, non so per quale prodigio lo straordinario fenomeno sia avvenuto, però ti assicuro che sono la medesima persona il vasaio Matrus e l’omone che ha cominciato a darci filo da torcere. Egli è ritornato per vendicarsi del torto da noi ricevuto. Né sappiamo per quanto tempo ha deciso di far durare la sua vendetta nei nostri confronti! Se vuoi apprendere in che modo sono venuto a saperlo, te lo spiego subito. Per guardarlo in faccia, mentre dormiva supino, ho dovuto percorrere l’intero suo arto inferiore destro, il suo addome e il suo petto, attraverso la sua peluria alta un metro e mezzo, la quale si presentava come un campo seminato a segale. Ma già quando mi sono trovato alla sommità del suo rilievo panciuto, sono stato in grado di scorgere il suo volto, nel quale all’istante mi sono risultati familiari i tratti fisionomici del vasaio. A tale scoperta, che mi ha fatto rendere conto di tutta la verità su quell’essere che intendevo studiare da vicino, ho ritenuto opportuno fare subito ritorno presso di te e fartela conoscere.»

«Pur volendo crederti sulla parola, Furiek, nella difficile situazione in cui ci troviamo, vuoi dirmi come faremo a venirne fuori? Hai tu un piano appropriato che possa permetterci di liberarcene? Voglia il cielo che la tua intelligenza te ne abbia già suggerito qualcuno!»

«Uno ce lo avrei, posust dei Pices. Probabilmente, esso ci consentirà di distruggere il nostro nemico; ma non posso quantificare il numero dei nostri conterranei che soccomberanno, durante la messa in opera del mio piano. Comunque, potrà anche succedere che non ce ne sarà nemmeno uno nel nostro tentativo di farlo fuori con i mezzi che proporrò. Tutto dipende da come saranno disposte ed attuate le nostre singole azioni, le quali dovranno essere messe in campo con un certo tempismo e con impeccabile sinergismo.»

«Allora attendo che tu mi faccia conoscere il tuo piano, figlio del grande defunto Pursop, poiché non vedo l’ora di apprenderlo dalle tue labbra. Da un tipo come te, posso soltanto aspettarmi qualcosa di lodevole capace di dare degli eccellenti risultati, quando si cercherà di metterlo in pratica. Perciò inizia a parlarmene, spiegandomi ogni dettaglio relativo alla sua parte logistica. Dopo ti darò anche il mio parere in proposito.»

«Sozen, poiché solo di giorno lo possiamo sorprendere mentre dorme e sono certo che ogni volta chi ha giurato a sé stesso di sterminarci tutti si abbandona ad un sonno pesante, occorrerà muoverci contro di lui nelle ore diurne, di preciso un’ora dopo che egli è ritornato da una delle sue incursioni vendicative contro il nostro popolo. Ma anche se sospetto che la luce solare gli crei qualche problema di vista, lo stesso consiglio di arrecargli la piena cecità, quando le nostre azioni a lui avverse non avranno ancora iniziato ad azzannarlo. Comunque, prima di accecarlo, dovremo effettuare altri lavori, in attesa di dargli applicazione in un secondo momento contro il suo sterminato corpo. Esso, come sappiamo, non si presterebbe ad una facile distruzione, anche se fossimo in mille oppure di numero superiore ad aggredirlo con armi di ogni sorta. Le quali risulterebbero inefficaci contro la sua stazza gigantesca.»

«Allora, Furiek, mi dici come intenderesti renderlo cieco, prima di cominciare ad agire contro il mostruoso vasaio con azioni aggressive e distruttive, che dovrai ancora farmi conoscere? Sto qui ad ascoltarti con la massima attenzione e a prenderne nota.»

«Per condurre a termine un’operazione simile, mio posust, occorreranno due persone coraggiose e determinate. Se fosse vivo mio padre, io e lui saremmo le persone ideali per mandarla ad effetto con successo, grazie pure alla nostra invisibilità. Ma considerato che il mio defunto genitore non potrà essere presente per aiutarmi nell’impresa, avrò bisogno di un altro valido guerriero che mi affianchi e collabori con me nel nostro momento cruciale. Anche se egli non potrà fruire della prerogativa di rendersi invisibile, mentre agiamo.»

«Ti chiedo ancora, Furiek, come intenderesti rendere orbo da entrambi gli occhi l’implacabile vendicatore.»

«Io e il mio partner, muniti ciascuno di una spada più lunga del solito, alla quale in precedenza abbiamo fatto subire un bagno di curaro, mediante una scala, raggiungeremo le palpebre dei suoi occhi. Una volta lassù, le solleticheremo in modo da farle aprire anche minimamente. A quel punto, nella stretta fessura che esse avranno formato, assesteremo i nostri due colpi di spada, facendo affondare le due lame nei suoi globi oculari, possibilmente nelle due iridi. Ti garantisco che, dopo la loro profonda penetrazione, i suoi occhi non riusciranno a vedere più niente, poiché essi verranno colti da un forte bruciore e da un dolore tremendo. Anzi, l’uno e l’altro saranno di disturbo ad ogni loro tentativo di scorgere chi gli ha provocato il grave danno.»

«Se per te va bene, amico mio,» era intervenuto a dire il figlio del posust «sono disposto a farti io da partner nell’impresa. Vedrai che sarò all’altezza del compito che mi attende!»

«Certo che per me va bene, Pluez. Allora è deciso: sarai tu ad affiancarmi nell’operazione di accecamento del nostro nemico. Sono certo che in quell’istante avrai i nervi d’acciaio.»

«Sono orgoglioso di mio figlio, Furiek,» il posust aveva voluto far presente all’ospite «per essersi proposto di farti da partner nella rischiosa operazione che sei intenzionato ad attuare. Ma vorrei sapere da te come fai ad essere così sicuro che l’enorme gigante non si sveglierà, prima che voi possiate accecarlo. Te lo chiedo per stare più tranquillo, quando tu e Pluez lo affronterete, poiché mi dispiacerebbe, se mio figlio ne venisse ammazzato!»

«Devi sapere, Sozen, che il nostro transito su di lui sarà simile a quello di una mosca sul nostro corpo. Se esso ci fosse, quando siamo immersi nel nostro sonno profondo, ce ne accorgeremmo forse? Non direi! Dunque, ci potrebbe derivare del danno, solo se, dopo avergli infilzato entrambi gli occhi con le nostre spade avvelenate, non riuscissimo a privarlo della vista. Invece, una volta che ci sarà stato il suo accecamento, egli non potrà più reagire contro di noi e procurarci del male, se non per puro caso.»

«Se me lo garantisci tu, Furiek, non posso che persuadermi che sarà, come mi hai fatto presente! Ma adesso mi riferisci sulle altre operazioni che i Pices dovranno far precedere l’impresa diretta a rendere cieco il vasaio Matrus? Sto aspettando la tua risposta.»

«Dovremo disporre di un migliaio di otri pieni di olio, portarli presso il suo sterminato corpo e versare il suo liquido su tutta la sua superficie scoperta. Per raggiungere tale obiettivo, occorrono trenta gruppi formati da tre persone, ciascuno dei quali avrà a disposizione una scala di legno. Il primo della terna salirà sulla parte alta delle diverse parti del corpo; il secondo si terrà a metà scala e il terzo resterà a terra. Quando quest’ultimo riceverà da uno dei tanti fornitori un otre di olio, egli, avanzando sui suoi pioli, lo porgerà a chi si trova a metà scala. Il quale, dal canto suo, si affretterà a fare quei passi necessari che gli consentiranno di consegnarlo al compagno che si trova sopra il corpo, perché egli lo versi su di esso. Naturalmente, il liquido non se ne resterà fermo sulla sua pelle, per ristagnarvi; ma si darà a colare lungo i suoi fianchi, fino ad estendersi per intero su ogni suo centimetro quadrato. Per il compimento di un simile lavoro, secondo me, ci vorrà al massimo un’ora. Dopo che esso è stato terminato, verranno rimossi da quel luogo tutti i carri presenti, dopo avervi aggiustato sopra gli otri vuoti e le scale. In pari tempo, mille arcieri picesini dovranno tenersi pronti ad intervenire con le loro frecce incendiarie. Essi, al mio ordine, si daranno a scagliarle contro il bestione umano, non appena io e tuo figlio avremo terminato la nostra opera di accecamento ed avremo anche abbandonato il suo corpo. Vedrai che, a causa della sua massiccia peluria attraversata dall’olio, esso brucerà come una torcia.»

«Allora, Furiek, si potrebbe fare anche a meno di accecarlo, dal momento che le fiamme se lo divoreranno ugualmente e lo faranno morire bruciato. Non sembra anche a te?»

«Invece non mi pare affatto, Sozen! In possesso della sua vista, anche se non al meglio delle sue facoltà, il vasaio baderà a raggiungere le acque paludose, le quali non si trovano ad una distanza considerevole. Invece, trovandosi ad essere vittima della cecità ed in preda ad un dolore non indifferente, egli avrà difficoltà a pervenire ad esse, al fine di servirsene per spegnere le fiamme, le quali sono intente a divorarselo e a consumare il suo corpo.»

«Come mi avvedo, Furiek, hai ponderato ogni minimo particolare nel tuo strategico piano contro chi ci sta portando via molti nostri conterranei con la prepotenza. Perciò, avendomi esso convinto che le nostre azioni sinergiche prevarranno su di lui, lo applaudo ed esprimo il massimo compiacimento per come lo hai elaborato.»

Nei successivi cinque giorni, ci si era dati ad ultimare i vari lavori che occorrevano per fare avere al piano operativo di Furiek un grande successo, quello che si era augurato il suo autore. Così esso non aveva disatteso le sue aspettative e quelle del posust Sozen. Per cui il mostruoso essere umano era stato ucciso, essendoselo meritato.