452-IVEONTE INCONTRA TUPOK, IL SIGNORE DEL POTERE COSMICO

Prima che gli venisse consentito l'accesso a Potenzior, Iveonte aveva temuto che, se vi fosse entrato senza l'anello, dopo avrebbe avuto nel nuovo spazio qualche problema con la respirazione. Invece, una volta avvenuto il trapasso dall'una all'altra realtà, egli non si ritrovò a volteggiare nell'azzurro del cielo, ma ebbe la sorpresa di stare a muoversi sopra una superficie solida, che aveva tutte le caratteristiche di quella di un comune pianeta. Il qual fatto gli risultò alquanto gradito, poiché quella zona, presentandosi prevalentemente pianeggiante e prativa, adesso gli permetteva di spostarsi a piedi. Andando poi avanti in quella regione, la cui vegetazione sembrava quella di una primavera avanzata, il giovane, ad un certo momento, si vide sperduto, non sapendo quale direzione prendere per incontrare i cinque Guardiani del Potere Cosmico. A suo parere, ogni direzione, come poteva condurlo fino a loro, così poteva allontanarlo dagli stessi. Perciò, non sapendo decidersi in alcun modo, preferì continuare il suo cammino per il sentiero già intrapreso. Infatti, gli era risultato spontaneo imboccarlo, come se qualcosa di istintivo gli avesse fatto avere una preferenza per tale percorso. Mentre vi transitava, Iveonte si rese conto che in quel luogo non si avvertivano stimoli di alcun tipo, neppure quello di bere e di mangiare, poiché la sete e la fame gli apparivano due esigenze, che per adesso il suo corpo non sentiva per niente. Inoltre, il suo stesso procedere a piedi non veniva ad imporgli alcuna fatica; anzi, esso gli dava l'impressione che non compisse alcuno sforzo. Invece le gambe alternavano il loro movimento, intanto che seguivano il tragitto a cui egli si era dato, incamminandosi per esso con qualche esitazione.

Dopo un buon tratto di cammino, il giovane prese anche coscienza che in quel posto era del tutto privo della presenza di ogni specie animale, fossero essi terrestri o volatili. In compenso, vi si viveva una serenità, la quale rendeva l'animo circonfuso di una beatitudine inesprimibile e lo arricchiva di una gioia soprannaturale, facendogli perdere la concezione del tempo. La qual cosa lo distraeva da ogni avversità della vita e dalle contrarietà, che da essa potevano derivargli per cause differenti, come quelle dovute a delusioni e a disinganni oppure provocate da un torto subito e da amarezze dello spirito. Comunque, non mancavano fiori di ogni genere, i quali si distinguevano per grandezza e per forma, soprattutto per la loro ingente varietà di colori e per la loro dovizia di aromi acuti e penetranti. Procedendo per quel luogo, Iveonte si domandava chi fosse stato a tracciare il sentiero che stava percorrendo, visto che da solo non poteva essersi formato. Inoltre, si chiedeva quando esso sarebbe terminato e se gli sarebbe risultato amico, guidandolo verso coloro che andava a sfidare per carpirgli la loro parte di Potere Cosmico. Egli non poteva avere la risposta da chi era in grado di farlo, essendo assente; al massimo, gli era consentito di tirare a indovinare, sperando di essere fortunato e di imbroccare quella giusta. Altrimenti, non potendo sperare di pervenire ad essa, era costretto a rinunciarci.

A un certo punto, sotto la spinta di vari fenomeni, il cielo iniziò ad avere dei cambiamenti. Si dava in continuazione ad un passaggio graduale fra diverse gradazioni dei vari colori. Anche quest'ultimo, però, non restava sempre il medesimo, poiché alla massa d'aria venivano conferite varie coloriture, fra le più vistose. Esse corrispondevano ai sette colori dell'arcobaleno, poiché rappresentavano il rosso, l'arancione, il giallo, il verde, il blu, il violetto e l'indaco. I quali, nella loro alternanza, componevano un mosaico celeste capace di esercitare sull'osservatore alcune forti suggestioni di tipo diverso. Quando infine tutti quei fenomeni suggestivi smisero di rendere il cielo davvero impressionante, facendolo ritornare ad essere color celeste pallido, ad una certa altezza, Iveonte vi avvistò un canuto vegliardo. Egli vi restava seduto sopra una scranna d'avorio. Quando l'eroe umano ebbe finito di squadrare l'essere sospeso nel cielo, costui, rimanendo sempre nella stessa posizione da sedentario, si diede a spostarsi verso il basso, finché non atterrò davanti a lui.

Scorgendolo davanti a sé, a quasi un metro di distanza, Iveonte notò che egli aveva un aspetto smagrito, per cui presentava rade ciocche di capelli color cenere, degli zigomi che sporgevano da due guance solcate da rugose asperità, che ne manifestavano l'età avanzata. Invece i suoi occhi apparivano cerulei e di una brillantezza stupenda, nei quali sembravano riflettersi i suoi arcani pensieri, siccome essi vi turbinavano come desideri avidi di conoscenza. Comunque, solo dopo che si furono guardati a vicenda in profondità, fu il vecchio ad esprimersi per primo, rivolgendosi ad Iveonte con le seguenti parole:

«Considerato che so chi sono io, vorrei sapere anche chi sei tu e perché ti trovi nel mio regno, dove il permesso di starci ce l'hanno soltanto i cinque Materiadi da me selezionati.»

«In verità anch'io ho la conoscenza di me stesso, ma non di quella tua. Allora vogliamo darci il mutuo consenso, perché ciascuno di noi conosca anche il proprio interlocutore, come si vorrebbe da entrambi?»

«Giovanotto, il tuo ragionamento non fa una grinza. Inoltre, ti trovo molto perspicace. Allora, visto che sono stato il primo a rivolgermi a te, spetta anche a me precederti nel presentarmi, facendoti apprendere su di me quelle cose che devi conoscere. Ebbene, io sono Tupok, colui che signoreggia sul Potere Cosmico, in qualità di sovrano di Potenzior. Se ti ho dato libero accesso al mio regno, è perché me lo hai chiesto nel nome del bene. A dire il vero, avresti dovuto chiederlo a me, anziché al mio potere. Non ti sembra che è come ti ho detto?»

«Certo che è come dici, nobile Tupok, non potendo essere altrimenti! Ma io come facevo a saperlo, se ignoravo che il Potere Cosmico avesse un padrone che lo assoggettasse a sé? È già troppo che sono riuscito ad arrivare fino a questo luogo da te dominato! Intanto mi affretto a riferirti che il mio nome è Iveonte e provengo dal remoto pianeta Geo, che orbita intorno alla stella Elios, situata nella galassia di Lactica. Quanto alle ragioni che mi hanno condotto fin qui, te le dico subito. Ad ogni costo, devo impadronirmi del tuo Potere Cosmico, per una questione di vita o di morte. Ecco: ora sai chi sono e perché mi trovo in Potenzior!»

«Ma sai che sei un bel tipo, se sei venuto nel mio regno con questa pretesa? Anche se sono a conoscenza che il tuo nome significa "il destinato a trionfare", non pretenderai mica ottenere sul serio da me ciò che ti sei prefisso! A proposito, come essere umano, come hai fatto a giungere fino a me dal pianeta che mi hai menzionato, siccome, per coprire una simile distanza, non ti sarebbero bastati neppure mille anni? Inoltre, i Materiadi non possono attraversare lo spazio cosmico, dove c'è l'assenza assoluta di ossigeno. Allora, Iveonte, me lo spieghi come ci sei riuscito? Soltanto se stimerò la tua risposta razionalmente accettabile, continuerò il discorso che noi due abbiamo appena intrapreso; diversamente, sarai ributtato sull'asteroide Tibos, da dove ti è stato concesso di accedere a Potenzior!»

«Hai mai sentito parlare degli eccelsi gemelli di Luxan, nobile Tupok? Ma sono portato a credere che un signore come te, dotato di un potere così immenso in Kosmos, debba conoscerli senza meno. Anche loro due hanno un potere straordinario sull'universo!»

«Come non potrei conoscerli, Iveonte! Si tratta di due illustri divinità, aventi il potere assoluto l'una sul tempo e l'altra sullo spazio. Non stiamo forse parlando di Kron, il dio del tempo, e di Locus, il dio dello spazio? Non potrebbe essere in modo diverso! Anche se poi ambedue non possono trasferirsi nel regno su cui essi imperano. Ad ogni modo, se vogliamo essere obiettivi, sono loro due a poter fare nello spazio cosmico tutto quanto decidono di fare. A me invece è concesso solo riportare allo stato originario quanto è stato privato della sua integrità. Posso perfino richiamare in vita e riportarlo nel suo tempo chi è deceduto da un sacco di tempo oppure ridare l'esistenza a due astri che si sono impattati e sgretolati in infiniti frammenti. Ma perché, giovanotto, mi stai facendo dire queste cose, che sono estranee al nostro discorso? Hai cercato forse di distrarmi per evitare di dare le risposte alle mie due domande? Forse perché esse, dato che ci entravano come i cavoli a merenda, ti avrebbero fatto condannare da me, obbligandomi a scacciarti dal mio regno!»

«Possibile, nobile Tupok, che tu sia convinto delle cose che hai affermato nei miei confronti? La mia vita è risultata sempre ricca di atti umanitari e di eroismi dediti a difendere il mio prossimo da chi cercava di sopprimerlo oppure di asservirlo ai propri disegni malvagi. Anche la mia venuta in questo luogo non esula da filantropiche intenzioni, come tra poco verrai a conoscenza. Ma ora, perché tu cambi opinione su di me, ti faccio presente che, se sono qui, è perché me lo hanno chiesto gli eccelsi gemelli, al di sopra dei quali ci sta soltanto Splendor, il creatore di Kosmos. Esso ha dato anche ad altre realtà, come Potenzior, la possibilità di cominciare ad esistere in forma autonoma. Per tale motivo, se egli decidesse di non farlo essere più, trascinerebbe pure il tuo regno nella non-esistenza, insieme alle altre due realtà che si furono autocreate nell'universo, come Animur e Landipur. A questo punto, come ti ho appena rivelato, non hai difficoltà a renderti conto che la mia presenza in Potenzior c'è potuta stare, unicamente grazie alla compiacenza del dio del tempo. Egli mi ha fatto viaggiare all'interno di un suo sguardo temporale. Il quale è capace di coprire in un istante la totale estensione di Kosmos. Egli mi ha perfino istruito su come accedere al tuo regno, mettendomi al corrente della frase che ci voleva per convincerti a facilitarmi l'accesso. Con questo avrei finito, mio nobile Tupok.»

«Dopo quanto mi hai detto, Iveonte, posso solo crederti e scusarmi di avere dubitato di te, che godi il favore delle più potenti divinità esistenti, le quali, pur restandosene nel Regno della Luce, hanno l'incontestabile dominio di Kosmos. Inoltre, esse soltanto potevano essere a conoscenza di Potenzior e del mio Potere Cosmico. Anzi, le medesime sapranno anche che quest'ultimo adesso si trova nelle mani di cinque personaggi straordinari, da me denominati Guardiani del Potere Cosmico. Essi si erano dimostrati degli eccezionali eroi invincibili presso i loro popoli, i quali sono costituiti da Materiadi appartenenti a razze diverse.»

«Come potevano non saperlo, nobile Tupok, essendo le divinità più prestigiose di tutto il creato? Infatti, sono stati il dio Kron e il dio Locus a riferirmi quanto da te appreso un momento fa, già prima che mi affidassero l'incarico di presentarmi in questo posto.»

«A proposito del tuo incarico, Iveonte, intendo conoscere le ragioni che hanno spinto il dio del tempo e il dio dello spazio ad inviarti in Potenzior. Se devo esserti sincero, non riesco a comprendere tale loro decisione. Nelle loro mani c'è il potere assoluto, perché niente in Kosmos vada contro i voleri di Splendor. Forse adesso essi si ritrovano a gestire una situazione, che è divenuta problematica anche per loro due? Ma anche un fatto del genere mi è difficile capire, considerato il loro incontestabile dominio su Kosmos. Allora vuoi essere tu a delucidarmi questo particolare, che non so come interpretare?»

«Nobile Tupok, ti sembrerà assurdo, ma un problema è sorto da poco nelle sconfinate regioni dello spazio cosmico. Si tratta di una mostruosa creatura, da loro denominata Kosmivora, la quale non si lascia affrontare e sconfiggere neppure dai divini Kron e Locus, per un motivo molto semplice. Essa, che proviene dall'universo parallelo di Kosmos, non rappresenta un essere materiale; invece la sua natura risulta immateriale ed inattaccabile da essenze spirituali. Anzi, sono queste a subire la sua azione, fino a diventarne prigioniere, dopo il suo sconvolgente arrivo. Per ottenere tale risultato, l'aliena trasforma in proprio pasto la loro essenza psichica, la quale ne potenzia la crescita e l'attività. Nel contempo, ci vanno di mezzo le galassie che subiscono la sua azione devastatrice, intanto che disintegra le stelle, i pianeti e i satelliti che vi circolano.»

«Se non sbaglio, Iveonte, gli esimi gemelli divini ebbero già un problema simile da risolvere. Per quanto io ne sappia, essi riuscirono ad arrestare la responsabile. Allora, dal momento che alla fine trovarono la soluzione giusta, sai dirmi come giunsero ad essa?»

«A quel tempo, nobile Tupok, la creatura aliena fu la Deivora, che si era formata nel Parakosm da un Simbios. Perciò, grazie all'avveduto dio Iveon e ai poteri di cui lo dotarono gli eccelsi gemelli, anche se con difficoltà, alla fine si riuscì a debellare la sua natura immateriale, disintegrandola in una miriade di frammenti cosmici.»

«Adesso invece, Iveonte, cosa ha la Kosmivora di particolare dalla Deivora? Mi pare di aver compreso che essa ha le sue medesime caratteristiche, per cui si comporta alla sua stessa maniera. Quindi, i divini Kron e Locus, anziché ricorrere a te, potevano prendere gli identici provvedimenti di allora per ottenere l'uguale risultato. Ne convieni, Materiade appartenente al ceppo umano?»

«Niente affatto, nobile Tupok! Adesso la situazione è sostanzialmente mutata, rispetto a quel tempo, siccome non è stato un Simbios a dare origine alla nuova Deivora, che gli eccelsi gemelli hanno voluto battezzare Kosmivora. Il nuovo nome è derivato dal fatto che, se la prima mostruosa creatura aliena era interessata alla sola psiche delle divinità positive e negative, l'interesse della seconda invece coinvolge anche tutti i vari elementi concreti di Kosmos, dandosi a distruggere i vari astri che incontra sul suo cammino. Inoltre, essa è intenta ad inglobare l'essenza psichica delle sole divinità positive, senza intervenire contro quelle negative per sottoporle allo stesso trattamento. Il suo nuovo tipo di inglobamento ci spiega anche perché essa si presenta inattaccabile dai divini gemelli, a maggior ragione dalle altre divinità positive.»

«Siccome non riesco ad arrivarci da me, Iveonte, dovrai essere tu a spiegarmi come mai la Kosmivora non può essere attaccata da loro e cosa ha di diverso che le consente di neutralizzare ogni intervento offensivo delle due eccelse divinità ad essa avverso. Ma anche vorrei sapere perché il suo attacco è rivolto soltanto contro le divinità benefiche.»

«Avendo le due cose il medesimo denominatore comune, nobile Tupok, passo subito a renderti note l'una e l'altra. In primo luogo, ti faccio presente che, a seguire la strada della vecchia Deivora, non è stato un altro Simbios, ma una divinità malefica, addirittura la più autorevole di loro. Mi sto riferendo al dio Buziur, che è l'Imperatore delle Tenebre, il quale è una divinità somma dotata di iperpoteri secondari. Perciò la Kosmivora risulta costituita, oltre che di una natura immateriale, anche di una natura spirituale. Non bastando ciò, a gestirle entrambe, è l'intraprendente ed inossidabile dio della superbia. Per questo motivo, risulterebbe vano ogni tentativo delle due illustri divinità di Luxan di mettere fuori gioco quella che al momento in Kosmos rappresenta la mostruosità più raccapricciante ed efferata. Né può esistere in Kosmos una divinità che possa competere con essa e ridurla all'impotenza, pur venendo investita di speciali poteri dai due eccelsi gemelli.»

«Adesso comprendo, Iveonte, la preoccupazione degli eccelsi gemelli e il loro ripiego di fare intervenire il Potere Cosmico contro la Kosmivora, poiché esso, come giustamente hanno pensato, è l'unica forza capace di aver ragione sulla sua azione distruttiva. Inoltre, essendo essi a conoscenza che solo ad un Materiade poteva essere consentito l'accesso a Potenzior per tentare di impossessarsene, si sono rivolti alla tua persona con somma fiducia. Mi compiaccio con te, per l'ammirazione che tutti e due nutrono nei tuoi confronti, poiché essa sta ad indicare che entrambi vedono nel tuo essere colui che in Kosmos si dimostra il più in gamba di tutti i Materiadi. Anch'io non ho ragione di dubitarne, se sono i due eccelsi gemelli ad avere sul tuo conto tale considerazione. Ma almeno sai a cosa dovrai andare incontro per riuscire a possedere il mio intero Potere Cosmico? Comunque, sono sicuro che i tuoi illustri divini protettori te ne hanno già parlato, non vedendo la cosa in modo differente!»

«Non ti sbagli, nobile Tupok. In merito, so anche che il Potere Cosmico non si trova più nelle tue mani, poiché hai voluto affidarlo ai cinque eroi che, a tuo giudizio, in Kosmos risultavano i più meritevoli, per l'alto valore eroico da loro dimostrato presso i rispettivi popoli, consegnandone a ciascuno di loro la quinta parte. Per questo, se desidero averlo nella sua interezza, mi toccherà prima affrontare e battere ogni Guardiano del Potere Cosmico. A tale riguardo, voglio chiederti perché sei ricorso a tale provvedimento e cosa attualmente ti resta di esso.»

«Per la verità, Iveonte, non lo avrei mai fatto, se non ci fosse stato un giustificato motivo. Sono stato costretto a comportarmi così, poiché ho scorto la mia esistenza, fin dal suo primo apparire in questa parte di Kosmos, molto instabile. Nel senso che a volte la vedevo venirmi meno, altre volte ritornava ad essere mia, lasciando in quegli squarci temporali il mio Potere Cosmico in balia di sé stesso. Allora il timore che, in quei momenti per me critici, qualche Materiade potesse impossessarsene e farne uso a suo uso e consumo, senza che io fossi in grado di oppormi a tale suo intento, mi fece risolvere a prendere una decisione del genere. Pensai che, se lo avessi suddiviso in cinque parti ed avessi poi affidato ciascuna di esse ad un Materiade che si fosse dimostrato di un eccezionale eroismo, raccomandandogli di non farsela carpire da nessuno, in quel modo avrei scongiurato il paventato pericolo. Mi avevi anche domandato, protetto delle eccelse divinità, stando le cose come hai appreso, quanto del Potere Cosmico mi resta e se la mia gestione del medesimo rimane ancora totale. Ma prima di darti la risposta a simile quesito, vuoi rivelarmi perché ti interessa saperlo, dal momento che adesso esso, nella sua interezza, è nelle mani dei suoi cinque guardiani?»

«Volevo rendermi conto, nobile Tupok, del grado di aiuto che tu avresti potuto darmi, nel caso che ti avessi trovato favorevole alla mia missione. Comunque, non comprenderei una tua condotta avversa nei miei confronti, anche se in te ci fosse un minimo di logica!»

«Non capisco questo particolare, Iveonte, secondo il quale la logica dovrebbe spingermi a stare dalla tua parte, nella lotta che stai per condurre contro i Guardiani del Potere Cosmico. Vuoi specificarmene le ragioni, perché io intenda meglio il tuo pensiero?»

«Si vede, nobile Tupok, che ti è sfuggita la cosa più importante, in merito ad un mio eventuale insuccesso. In questo caso, tali guardiani non risulterebbero i veri vincitori, poiché, insieme con me, sarebbero destinati a perire pure loro, trascinando nel nulla anche il tuo regno e te stesso. Ti stai chiedendo come? Devi sapere che la mia sconfitta gioverebbe soltanto a Buziur, l'Imperatore delle Tenebre. Infatti, egli continuerebbe in Kosmos la sua avanzata distruttiva e la sua caccia spietata alle divinità benefiche. Allora Splendor sarebbe capace di porvi rimedio, soltanto con la distruzione totale del suo favoloso creato, il quale ha per cardini la materia e il tempo. Con la fine di Kosmos, però, verrebbero meno anche le creazioni che si sono create da sé, quali sono Potenzior, Landipur ed Animur. Questa è la realtà che non si può cambiare.»

«Ciò è pur vero, Iveonte. Se Splendor sarà costretto a prendere un drastico provvedimento del genere, per non darla vinta al dio della superbia e per ricacciarlo in Tenebrun, ogni cosa e ogni essere che risultassero legati a Kosmos, anche se in forma autonoma, sparirebbero con esso. Forse si vedrebbe annientare perfino Parakosm, che è la sua copia perfetta, per essersi autocreato sulla scia di esso, all'insaputa dello stesso Splendor. A questo punto, però, devo rispondere al tuo quesito che mi riguarda più direttamente, ossia quello con cui mi hai chiesto quanto Potere Cosmico attualmente sono in grado di gestire, ammesso che me ne sia rimasto un poco. Ebbene, in merito ad esso, posso solo deluderti, poiché non lo gestisco più io, non essendo più nelle mie mani. Comunque, ti deve consolare il fatto che anche i Guardiani del Potere Cosmico sono impotenti ad amministrarlo, suddiviso com'è in cinque parti e tutte affidate a mani diverse. L'unico inconveniente per te sarà rappresentato dal fatto che, a tenerselo stretto e decisi a non mollarlo, ci saranno dall'altra parte degli eroi intrepidi ed audaci del massimo valore. Essi, ognuno per conto proprio, faranno l'impossibile, pur di non vedersi portar via da nessuno la parte di Potere Cosmico che si ritrovano nelle mani. Anche se poi non possono gestirla in qualche modo, non costituendo essa la totalità del potere che un tempo era mio.»

«Quindi, nobile Tupok, per il Potere Cosmico tu non rappresenti più nessuno. Ciò significa che, anche in questa occasione che dovresti darmi una mano per il bene di tutti, ti sarà impossibile farlo, unicamente perché ti ritrovi privo del potere che sono venuto a cercare in Potenzior. Ma non ti devi avvilire, se non puoi fare nulla per salvare Kosmos e tutti gli esseri viventi che sono disseminati sui pianeti e sui satelliti. Tra poco mi adopererò per far sì che il Potere Cosmico ritorni ad essere intero nelle mani di una sola persona, la quale sarei io. Una volta che me ne sarò impadronito, partirò da qui ed andrò a dare battaglia alla Kosmivora, perché arresti la sua insaziabile fame distruttiva e costringa chi le ha dato una esistenza a rientrare in Tenebrun con una fuga precipitosa.»

«Mi fa piacere, Iveonte, sentirti esprimere come stai facendo. L'immensa fiducia, che dimostri di avere in te, mi aiuta a convincermi che nella tua persona c'è una possibilità immensa di averla vinta contro gli attuali Guardiani del Potere Cosmico. Per cui sono certo che uscirai vincitore dall'ardua impresa che stai per intraprendere contro di loro, anche senza che io ti dia il mio aiuto, il quale al momento vale meno di nulla. Comunque, potrò sempre fare qualcosa per te, che sarà in grado di darti una mano nella tua lotta. Ossia, ogni volta, prima che tu affronti uno dei cinque guardiani, ti parlerò della sua storia, perché tu ne apprenda il carattere e qualche debolezza, ammesso che egli ne abbia avuto durante la sua esistenza da vivo. Inoltre, ti indicherò il posto giusto di Potenzior in cui di solito egli trascorre la propria esistenza, di modo che tu lo raggiunga senza perdere tempo. Allora ti sta bene, eroico Iveonte?»

«Sarà sempre meglio di niente, nobile Tupok. Secondo il mio parere, quanto più notizie si hanno del proprio avversario, tanto più lo si può combattere con minori rischi di venirne battuto. Anzi, esse spesso decidono della sorte della vittoria, la quale è abituata ad accompagnarsi con il combattente che ne possiede di più.»

«Visto che anche tu sei d'accordo, Iveonte, inizierò a parlarti della vita del Guardiano del Potere Cosmico che dovrai affrontare per primo, il quale è il feciano Arkust.»