449°-IL DIO BUZIUR SI TRASFORMA IN KOSMIVORA

Il dio della superbia si sentì sicuro, solo quando si ritrovò a viaggiare nel Parakosm con il sistema stellare prelevato in Kosmos, il quale rappresentava per lui qualcosa di molto prezioso. Egli adesso era diretto nella galassia di Verdania, poiché intendeva trasferire e sistemare il suo carico astrale nello stesso posto in cui in precedenza era situato il sistema irideabino. Era stata già una fortuna per lui essere riuscito a conservarlo integro durante la traversata del varco intercosmico, poiché non gli era risultata un'impresa facile percorrerlo, mentre al suo interno si agitavano le masse astrali dirette all'uno e all'altro cosmo, riversandosi in ciascuno con irruenza e con una fuga vertiginosa. Perciò il nuovo intero sistema stellare, il quale questa volta era quello kopresino, non si era potuto sottrarre ad un continuo sballottamento. Il quale gli aveva fatto sfiorare quel punto critico che sarebbe potuto essere causa di un suo sgretolamento e disfacimento, ponendo così fine al progetto di colui che si era impegnato a trasferirlo nella nuova collocazione parakosmica.

Comunque, anche adesso che aveva da percorrere un itinerario del tutto in discesa, ossia senza forze ostili intente a renderglielo disturbato in qualche modo, egli non poteva essere certo che il suo viaggio procedesse a gonfie vele. Per cui, nella sua avanzata, l'Imperatore delle Tenebre doveva stare attento a non destabilizzare, per qualche suo errore, il moto dei dieci pianeti orbitanti intorno alla loro stella Kopres. La stessa cosa si poteva dire di quello degli altri elementi cosmici che facevano la medesima cosa, venendo anch'essi attratti dalla stella in questione, secondo le leggi della meccanica celeste insita nel Parakosm. Egli, però, non si scoraggiava ed andava avanti per la sua strada, fiducioso che alla fine la sua opera indefessa e condotta con scrupolosità sarebbe stata premiata con sicuro successo. Così, quando giunse nella galassia di Verdania, il dio Buziur vi sistemò l'intero suo carico, il quale era composto dalla stella Kopres e da tutti gli elementi astrali che le orbitavano intorno. Avvenuta poi la quale sistemazione, egli badò a raggiungere il pianeta che risultava quinto a partire dalla stella, ossia Fosk, che era il pianeta speculare di Oblungus. Esso si differenziava dagli altri nove pianeti perché aveva la forma di un fuso, come se si fosse trattato di un asteroide fusiforme che in passato, mentr'era in transito nelle sue vicinanze, era stato catturato dalla stella. Anche la superficie del nuovo pianeta, come lo era stata quella di Oblungus, presentava dei solchi assai profondi e molto ampi, simili a dei canyon. Questi mostravano delle pareti frastagliate e molto taglienti, cosparse di recessi e di caverne che avrebbero permesso l'ingresso ai soli volatili, se degli animali lo avessero abitato.

Una volta sul pianeta, il dio della superbia non tardò a notare che da una delle bocche vulcaniche, che potevano intravedersi sulla sua superficie e sui fianchi di alcune rientranze rocciose, veniva fuori una nebbiolina che emanava un odore sulfureo. Allora egli s'infilò proprio in quella che risultava la grotta più tetra e malconcia, avendo intenzione di usarla come sua dimora per il tempo bastevole a trasformarsi un’autentica Deivora. Ma per il momento il dio Buziur si diede ad attendere il fenomeno ciclico che avveniva tra la stella e il suo astro, durante il quale la prima avrebbe irraggiato il secondo di una energia speciale. Sotto il cui effetto, l'essere, che si fosse trovato dentro l'antro per l'intero tempo d'irraggiamento, alla fine sarebbe diventato il primo abbozzo della futura Deivora.

Trascorso il tempo che lo aveva separato dal fenomenale evento, ad un certo punto, la stella Kopres incominciò ad irradiare il pianeta Fosk con un fascio di luce violetta. Allora, mentre l'astro veniva investito dall'irradiazione stellare, tutta la sua superficie diventò di fuoco, poiché una massa di magma lo aveva ricoperto interamente. Essa, intanto che ribolliva e vi scorreva sopra, abradeva la sua parte rocciosa. Al termine dei due giorni, durante i quali essa aveva dato origine all'incandescente lava sul suo quinto pianeta, la stella iniziò a disseminarla di grappoli energetici. Essi facevano scoppiettare la massa magmatica e le permettevano di liberare alcuni gas, che poi esalavano dalle stesse buche prodotte dagli scoppi. I grappoli stracolmi di energia, inoltre, trasportavano speciali sostanze atte a raffreddare e a solidificare il magma ribollente. Solo alla fine del terzo giorno, la stella ritirò dal corpo celeste spento il suo fascio luminoso; in pari tempo, fece sparire sulla superficie planetaria la totale massa lavica. Al suo posto, però, vi restò un nuovo strato roccioso, altrettanto irto di spigoli taglienti, il quale, almeno per alcuni giorni, sarebbe continuato a presentarsi sia rovente che fuligginoso.

Nel frattempo che sulla superficie del pianeta si era assistito al fenomeno a cui la stella aveva dato luogo, cos'era successo e cosa stava ancora succedendo nell'antro, dove si era rintanata la più autorevole delle divinità negative, al fine di conseguirvi il suo obiettivo malefico? Per venire a conoscenza dei fatti che tuttora vi stavano accadendo, non ci resta che accertarcene direttamente, raggiungendola nel luogo dove essa si era rifugiata poco tempo prima. Allora, tralasciando la sua fascia temporale di attesa, durante la quale l'Imperatore delle Tenebre si era immerso nella meditazione, cercheremo di seguirlo; però cominceremo dallo stesso giorno in cui la stella Kopres si era messa ad irrorare il pianeta Fosk con la propria intensa luce energetica. La quale, diversamente da quella delle altre stelle, era dotata di proprietà molto speciali, poiché erano in grado di generare l'essere mostruoso rappresentato da una Deivora in un altro essere, qualunque fosse stata la sua natura. Ma ciò sarebbe avvenuto, a condizione che esso si fosse trovato in quell'antro del pianeta foskino durante i tre giorni indicati, i quali erano gli unici idonei a produrre lo strano fenomeno.

Ebbene, contemporaneamente all'iniziale fascio di luce stellare che si era dato ad inondare il pianeta, all'interno dell'antro, il dio della superbia aveva iniziato a subirne gl'influssi modificatori; ma in lui la trasformazione in Deivora si era ottenuta attraverso tre fasi differenti, ciascuna della durata di un giorno. Intanto che si attuava la prima di esse, da certi sintomi da lui avvertiti, gli era parso di non sentirsi più uno spirito, quale appunto una divinità doveva presentarsi obbligatoriamente. Anzi, gli era sembrato di avere un corpo materiale, quasi fosse diventato un vero Materiade. Per cui, mentre pensava, non percepiva più il suo essere incorporeo di prima; al contrario, la nuova sensazione lo faceva sentire come se gli fosse subentrato quello corporeo di un essere umano. Per la qual cosa, delle profuse sudorazioni avevano iniziato ad invaderlo completamente, poiché egli le aveva avvertite come rivoli di caldo liquido, che non smettevano di scorrere su ogni parte del suo corpo. Una mezzora più tardi, invece, alla percezione dell'abbondante sudore era seguita su tutte le sue varie membra quella di un pizzicore diffuso, siccome le si erano viste diventare prede di una crisi pruriginosa insopportabile. Per questo, per cause di forza maggiore, il suo stato di quiete e d'immobilità aveva dovuto subire un radicale cambiamento, poiché lo si era scorto diventare agitato e convulso fino all'inverosimile.

Con l'inizio del secondo giorno, il prurito era venuto meno, per cui era cominciata la seconda fase della trasformazione del dio negativo. La quale era coincisa con l'assimilazione, da parte sua, delle particelle energetiche provenienti dalla stella Kopres. Esse, prima di pervenire a lui, erano state sottoposte ad un bagno di magma; ma ne erano uscite scoppiettanti, dopo appena un quarto d'ora. La loro nuova destinazione, all'uscita dalla lava, era stata l'antro in cui aveva preso posto il dio negativo, dove avevano avuto il compito di provocare in quest'ultimo la metamorfosi da lui tanto bramata. La trasformazione, però, non si era ottenuta facilmente, siccome tali particelle, per promuovervi l'immaterializzazione, dovevano avere a che fare con un soggetto materiale. Invece esse si erano ritrovate ad agire su un essere spirituale, anche se quest'ultimo, ad un certo punto, attraverso vari sintomi soggettivi, aveva avuto l'impressione di non sentirsi più incorporeo. Perciò tra poco vedremo cos'era avvenuto realmente nel dio negativo con la loro azione trasformatrice.

Se le particelle energetiche della stella Kopres avevano il potere di rendere immateriale la materia vivente che si faceva trovare nell'antro, non era potuta avvenire la stessa cosa nell'essere che era rappresentato dal divino Buziur, la cui spiritualità si mostrava pure qualcosa di eccezionale, rispetto alle altre divinità. Ciò, sebbene in precedenza l'irradiazione stellare avesse già provocato in lui qualche cangiamento superficiale, quasi si fosse trattato di un essere corporeo, fino a fargli avvertire una sintomatologia identica a quella che poteva esserci negli esseri umani. Ma da parte della divinità, un conto era sentirsi qualcosa; un altro conto era esserlo effettivamente. Per questo un contrasto reale fra le due qualità c'era stato senza meno, essendo venute a mancare fra di loro la parte assoggettante, la quale era rappresentata dalle particelle energetiche della stella, e la parte assoggettata, che era costituita dal corpo materiale di qualche essere vivente. Infatti, le due energie, quella della stella e quella del dio, pur essendosi cozzate all'inizio, dopo c'era stato fra di loro una specie di compromesso, il quale alla fine aveva visto vincente ora l'una ora l'altra. A quel punto, la natura del dio aveva perduto la sua pura spiritualità, ma non perché l'elemento immateriale avesse avuto un peso nella sua nuova essenza qualitativa, anche perché esso non ne era entrato a far parte. Invece l'aveva privata della sua purezza quel quid energetico della stella, che aveva dovuto assimilare per diventare una Deivora in piena regola ed in piena efficienza.

Con l'arrivo del terzo giorno, ossia quando già c'era stata l'assimilazione delle particelle energetiche da parte del dio negativo, era iniziata l'ultima fase della sua trasformazione in Deivora. Questa volta, in verità, si era passato agli effetti che gli erano derivati dalla metabolizzazione delle medesime da parte della sua psiche. In essa, infatti, si era avuto il processo principale che aveva permesso la sua metamorfosi finale, cioè quella che l'aveva fatta diventare una Deivora a tutti gli effetti. Il quale processo, però, non c'era stato nel pieno silenzio, ossia nell'acquiescenza della divinità e con un fenomeno spogliato di ogni esternazione tendente a dare nessun segno di sé. Al contrario, a mano a mano che venivano metabolizzate dal divino Buziur le particelle energetiche della stella, in lui si erano avute delle forze in rivolta, le quali cercavano di scatenarsi in ogni luogo possibile, non riuscendo a sopportare l'angustia del posto. A vederlo da fuori, egli era apparso come una mostruosa sagoma informe e raccapricciante, le cui intenzioni intendevano a qualunque costo concretizzarsi in terribili minacce, da considerarsi violentatrici di ogni cosa e di ogni essere che esistevano.

Quando infine gli era risultato impossibile tenere sotto controllo la sua frenesia di estendersi e di potenziarsi all'infinito, dentro l'antro c'era stata una esplosione che non aveva conosciuto limiti, la quale aveva perfino disintegrato il pianeta su cui esso si trovava. Anzi, aveva coinvolto l'intero sistema kopresino, mandando in rovina la stella e tutti i pianeti che le orbitavano intorno. Una reazione simile, a dire il vero, non ci sarebbe dovuta essere; probabilmente si era avuta, soltanto perché era stato l'Imperatore delle Tenebre a sottoporsi a quel cimento, senza neppure prevedere se da esso gli sarebbero derivati i risultati sperati, a causa della sua divinità superlativa. Volendo essere obiettivi, la Deivora, che era derivata da un Simbios e che abbiamo già conosciuta nel primo volume della nostra storia, non poteva essere paragonata al mostruoso essere, il quale adesso era venuto fuori dalla metamorfosi dell'autorevole dio malefico. Tra l'una e l'altro si notavano subito delle sostanziali differenze, che tra breve metteremo in evidenza, le quali inducevano perfino a pensare che il nuovo essere metamorfosato non aveva nulla a che vedere con la vecchia Deivora. Anzi, ci si trovava di fronte ad un mostro, la cui natura si presentava terribilmente più minacciosa e con possibilità distruttive illimitate. Per cui si era portati a credere che la nuova irradiazione stellare avesse dato origine nel nuovo essere da essa irradiato ad una creatura del tutto differente, alla quale risultava inappropriato perfino il nome di Deivora. Considerando le attuali caratteristiche assunte dal mostro, bisognava invece parlare di una Kosmivora, in quanto ora la sua crescita non era dovuta all'assimilazione obbligatoria delle sole psichi delle divinità. Adesso esso era in grado di procurarsela da sé a dismisura, poiché bastava soltanto che lo desiderasse.

Ad ogni modo, va tenuto presente che ugualmente la nuova entità mostruosa aveva la capacità di mostrarsi nei confronti di una divinità allo stesso modo della Deivora, ma con una potenza d'azione un milione di volte superiore. Grazie alla nuova natura che si ritrovava a gestire, se lo avesse voluto, essa avrebbe potuto inglobare in sé un'intera galassia nell'arco di tempo di un giorno terrestre. Un altro particolare importante, che la faceva distinguere dalla Deivora, era costituito dalla sua essenza, la quale in quest'ultima era stata di natura immateriale. Invece quella della Kosmivora si presentava mista: spirituale dentro di sé ed immateriale nella sua parte esterna. Perciò la si doveva definire immatuale, ossia immateriale e spirituale, potendo fruire di entrambe le nature. Grazie alla sua natura immateriale, adesso il dio della superbia era divenuto inattaccabile perfino dagli eccelsi gemelli di Luxan; invece, in riferimento a quella spirituale, essa lo avrebbe fatto esprimere né più né meno di quanto già in precedenza era nelle sue facoltà. Perciò la prerogativa, che un tempo era stata della Deivora e che adesso era diventata anche la sua, lo rendeva in Kosmos un essere divino diverso da tutti gli altri, visto che egli era in grado di ridurli all'impotenza e di sottometterli a sé, quasi fossero delle entità spirituali di nessun valore, non potendo essi esprimersi con una propria esistenza attiva, intanto che erano in sua balia.

A quel punto, era indubitabile che il dio Buziur aveva soddisfatto ogni sua brama, per cui poteva dare inizio alla sua sfida avversa a tutte le divinità positive residenti nel Regno della Materia e del Tempo, considerato che neppure il dio del tempo e il dio dello spazio avrebbero potuto porgli qualche freno. Anzi, egli li avrebbe sfidati apertamente, non potendo più derivargli da loro due alcun danno ed essendo essi questa volta privi di un eroe divino capace di competere con lui e di sconfiggerlo, com'era avvenuto con la Deivora. Egli non era un Simbios diventato Deivora, per cui tale creatura era venuta fuori privata di ogni ragionevolezza ed incapace di badare a sé stessa, se qualche divinità l'avesse aggredita dall'interno del suo nucleo e l'avesse distrutta. A parte la sua indubbia indistruttibilità, egli era in possesso di un ingegno e di un intelletto secondi solo a quelli degli eccelsi gemelli, che erano il dio Kron e il dio Locus. Per il qual motivo, neppure un dio navigato ed industrioso come Iveon sarebbe stato capace di nuocergli in qualche maniera, risultando egli a suo confronto una divinità infinitamente inferiore.



Una volta disintegrato e fatto sparire dal Parakosm l'intero sistema kopresino, il primo pensiero della mostruosa e terribile Kosmivora fu quello di pervenire in Kosmos, avendo premura di metterlo a soqquadro e di vendicare in quel modo il suo quartogenito Furor. Ovviamente, era sua intenzione destinare il danno principale alla totalità delle divinità benefiche, poiché non vedeva l'ora d'imprigionarle nella sua rete annientatrice, rendendo nulla la loro volontà. Ma prima doveva superare lo scoglio costituito dallo spesso strato che separava i due cosmi paralleli, il cui superamento poteva avvenire soltanto attraverso il varco intercosmico, il quale veniva a formarsi ogni volta in un punto esatto dello strato separatore. In principio, essendosi infastidita per l'eccessiva attesa, la Kosmivora cercò di sfondarlo e di attraversarlo, servendosi delle sue scombussolanti forze, che spasimavano di agire e dar luogo ad una situazione conflittuale. Esse, a suo parere, essendo d'inaudita potenza, non avrebbero avuto difficoltà a crearvi un varco diverso da quello che di norma si aveva in loco ciclicamente, permettendogli di anticipare il suo avvento in Kosmos. Così si diede ad operare sullo strato divisorio un'azione di sfondamento continua e perseverante, convinta che con tale azione avrebbe ottenuto quanto si era prefissa in quel momento.

Volendo addentrarci meglio nella situazione da essa scatenata, la mostruosa creatura gli si era scagliata contro con l'intera sua furia incredibile e dirompente, creando in quel tratto di spazio qualcosa d'impressionante, che non si lasciava descrivere in nessuna maniera. Attirandoli prima a sé con la sua immane forza traente, faceva impattare i vari astri, come stelle, pianeti e satelliti, contro l'invisibile barriera di demarcazione situata fra i due universi paralleli. Ma il loro impatto con essa, se non riusciva a sfondarla, produceva in tutta l'area interessata qualcosa di orridamente inimmaginabile, a causa della sua tempestosa virulenza. La quale si espandeva fino a milioni di chilometri lontani dal posto tenuto sotto controllo. Nelle prossimità di tale luogo, infatti, si assisteva a degli orridi contraccolpi, che venivano originati dai singoli impatti dei corpi astrali. Essi, però, venendo scaraventati contro la barriera intercosmica, finivano solo per sbriciolarsi; ma dopo schizzavano nell'immensità del Parakosm come proiettili giganteschi, che erano a volte di fuoco vivo altre volte di materia spenta. Alla fine, il dio della superbia, rappresentato dalla Kosmivora, dopo aver mandato alla malora un numero non indifferente di astri di vario tipo e dalle diverse dimensioni, dovette arrendersi a qualcuno o a qualcosa che, in fatto di potere, si dimostrava più inarrendevole di lui, costringendolo così a cedere.

Soltanto dopo che ci fu quel caos di mondi in rovina e di stelle morenti, i quali erano andati incontro a sgretolamento, finalmente il varco intercosmico si aprì su tutto il suo fronte, apparendo come uno squarcio di ampiezza smisurata. Esso allora cominciò a permettere l'uscita e l'ingresso ai costituenti cosmici e paracosmici provenienti dall'una e dall'altra parte, come se ci fosse una forza oscura ad attrarli nell'universo non di loro appartenenza. Invece la Kosmivora non aveva bisogno di alcuna sua attrazione per riversarsi nella realtà cosmica, essendo sua ferma intenzione fare il grande balzo in essa per propri scopi. Perciò, non appena ci fu la sua apertura, essa si affrettò a lanciarsi nell'immenso varco che consentiva l'accesso a Kosmos, dove non indugiò a mettere in moto la macchina di distruzione e di vendetta, essendo l'una e l'altra i due ignobili obiettivi che covava in sé da molto tempo.

La sua uscita non poteva che esserci stata nella galassia di Trespan, nella quale lo spazio, in special modo nei pressi del varco intercosmico, non smetteva di mostrarsi scombussolante e frastornante. Per cui gli astri ad essa appartenenti apparivano in forte agitazione; anzi, in seguito ad una grande fibrillazione, abbandonavano i loro moti di sempre, fossero essi orbitali oppure erratici, ad onta all'intera meccanica celeste. Ovunque le stelle esplodevano e collassavano, disseminando lo spazio cosmico d'ingenti masse infiammate; mentre gli enormi astri spenti si frantumavano e si trasformavano in grossi frammenti. Ma in seguito essi sarebbero diventati gruppi di meteoriti o giganteschi asteroidi solitari vaganti per l'infinito Kosmos, fino a quando non gli succedeva d'impattare con pianeti o con satelliti, provocando sulla loro superficie degli sconvolgimenti catastrofici e distruttivi.

Quando infine ebbe superato quella località duramente devastata dal fenomeno apocalittico provocato dall'apertura dello squarcio intercosmico, la Kosmivora, non essendo d'accordo con il clima di armonia e di calma che aveva iniziato a vivervi, immediatamente si adoperò perché esso le scomparisse davanti. Insofferente di ciò che non le risultava in preda al caos primordiale, siccome prediligeva per sua natura la disarmonia e il disordine universali, si affrettò a creare l'una e l'altro prima possibile. Vi si applicò, lungo tutto il suo transito cosmico, attraverso la messa in opera del terrore più sconvolgente e della distruzione più invasiva. Oramai anche le sue proporzioni andavano incontro ad un incremento elevato all'ennesima potenza, per cui poteva agire in uno spazio che non conosceva confine nella sua avanzata senza freno. Durante la quale, divenivano sue vittime numerose divinità positive e gli astri, di cui esse erano diventate le perenni abitatrici.

La prima galassia a subirne le conseguenze fu quella di Trespan, essendo essa la più vicina alla barriera intercosmica che separava Kosmos da Parakosm. La Kosmivora, in quello spazio galattico, diventò il flagello di quegli elementi cosmici che via via incontrava sul proprio sentiero, senza risparmiarne nessuno, fossero essi stelle, pianeti, satelliti od altri tipi di astri. Contemporaneamente, faceva sue prigioniere le divinità positive che ne risultavano abitatrici, mettendosi a cercarle e a bloccarle in quell'enorme inferno cosmico che si dava a generare. Nello spazio galattico, essa dava origine a reiterate insufficienze gravitazionali, disintegrando quelli planetari e facendo collassare quelli stellari. Si assisteva ovunque anche alla distruzione d'interi popoli appartenenti a razze diverse, chi più chi meno evoluti, i quali perciò smettevano di avere una propria storia ed una propria civiltà. Infatti, la loro esistenza cessava interamente e per sempre, durante la scorreria che veniva operata dalla nuova creatura mostruosa, la quale non era neppure da reputarsi aliena.

Nel frattempo che nella galassia di Trespan l'Imperatore delle Tenebre, nelle vesti della Kosmivora, dava alla sua avanzata un'impronta incredibilmente demolitrice, coinvolgendovi un'infinità di astri cosmici, come si comportavano i marcatori temporali posti sulle sue tracce dal dio Kron? Ossia, essi riuscivano ancora ad individuarne la presenza nello spazio cosmico e a seguitare a tallonarla come prima? Per la verità, adesso le cose avevano avuto una svolta negativa per loro, poiché non erano più in grado di rinvenirne le orme al suo passaggio. Anche se poi la qual cosa aveva perduto l'importanza che aveva avuto in precedenza, per il semplice fatto che alla mostruosa creatura non c'era più bisogno di nascondersi in qualche modo da nessuna cosa, potendo essa sfidare le due eccelse divinità senza correre alcun pericolo da parte loro. In verità, se ne avvedevano anche il dio del tempo e il dio dello spazio; ma entrambi si mostravano impotenti a prendere un provvedimento risolutivo nei confronti della Kosmivora. Ciò, perché ora essa aveva carta libera in Kosmos, potendo esprimervisi in qualsivoglia forma e con qualsiasi obiettivo, anche se nocivo all'esistenza delle divinità positive e dei Materiadi, in quanto residenti dei pianeti da lei presi di mira.

Stando così le cose, la nuova mostruosa creatura, terrorizzatrice di ogni spazio cosmico, poteva liberamente seguitare la sua avanzata nel Regno della Materia e del Tempo, essendo riuscita a neutralizzare ogni intervento minaccioso proveniente dagli eccelsi gemelli. I quali adesso sul serio avevano le mani legate nella loro lotta contro di essa, riconoscendoselo con schietta umiltà. Nello stesso tempo, però, non si arrendevano e si andavano spremendo le meningi per addivenire alla soluzione del problema che si ritrovavano ad affrontare, a causa dell'odioso dio della superbia. Perciò, se non volevano che ci fosse l'evacuazione di tutte le divinità positive da Kosmos, una ipotesi non ancora da scartare del tutto, bisognava però trovare al più presto una risoluzione adeguata alla loro complicata circostanza avversa, la quale aveva iniziato a privarli di ogni serenità. A tale proposito, decisero di parlarne con il dio dell'eroismo, dopo averlo convocato alla loro presenza presso la dimora del dio del tempo. Infatti era lì che i due divini gemelli erano abituati ad incontrarsi e a scambiarsi le loro idee, quando si presentava la necessità di discutere su qualche argomento di una certa rilevanza.