448-IL RIENTRO DELL'IMPERATORE DELLE TENEBRE IN KOSMOS

Quando l'Imperatore delle Tenebre ebbe fatto ritorno in Kosmos, dopo aver attraversato il varco intercosmico all'inverso, il suo stato d'animo non era quello di un dio completamente sconfitto. Il motivo? Gli proveniva un certo grado di ottimismo dalla speranza che nello spazio cosmico avrebbe trovato la stella e il pianeta con le caratteristiche identiche a quelle dei due astri distrutti a bella posta dal dio Iveon. Ciò gli veniva ventilato da una sua teoria, la quale si fondava sulla specularità degli astri dei due universi paralleli. Questa volta, però, non c'era bisogno di darsi a cercare l'una e l'altro per l'intero universo alla strabiliante velocità di prima. Invece, tramite la sua copia, egli ora avrebbe fatto uso dei suoi infiniti riflessi, disseminandoli ovunque e facendoli diventare degli occhi reali. Infatti, quando tale fenomeno avvenne in Kosmos, egli non ebbe difficoltà a rinvenirvi la coppia di astri da lui ricercata, poiché la zona in cui essa si trovava riproduceva esattamente l'angolo parakosmico che aveva voluto imprimersi nella mente. Esso risultava la copia perfetta di quello che nel Parakosm un tempo conteneva la stella Irideab e il pianeta Oblungus, che in seguito erano rimasti distrutti dall'eroico dio. In quel modo, il dio Buziur, ben presto e con facilità, addivenne alla scoperta dei due astri, che tanto gli interessavano. Si trattava del pianeta Fosk e della stella Kopres, i quali erano situati nella galassia di Nual.

A tale scoperta, il dio della superbia subito pensò di raggiungere l'astro spento, poiché sulla sua superficie intendeva farsi irraggiare dalla portentosa energia della relativa stella. Ma poi si accorse che il tragitto, che avrebbe dovuto condurlo ad esso, era minato da varie difficoltà, per cui il percorrerlo non sarebbe stato affatto agevole, come era avvenuto nello spazio parakosmico. Infatti, dopo che c'era stato il proprio ingresso in Kosmos, egli aveva trovato ancora ad attenderlo i marcatori temporali che il dio Kron gli aveva sguinzagliato contro, già prima di fare sparire le proprie tracce nel cunicolo intercosmico. Se ne era accorto all'istante, poiché essi gli apparivano come venature trasparenti rosee e grigie. Comunque, pur essendo convinto che esse erano opera dei due eccelsi gemelli, ignorava il perché del loro impiego da parte degli stessi. Ma dato il suo attuale stato esistenziale, il dio Buziur si sentiva protetto da ogni loro eventuale minaccia. Ciò nonostante, il solo sentirsi continuamente sorvegliato da loro lo rendeva nervoso e gli faceva eseguire i vari movimenti con un certo impaccio, fino a rallentargli la corsa verso la sua ambita meta. Per cui, mentre vi si conduceva, egli si riprometteva di fargliela pagare a caro prezzo, una volta divenuto la nuova Deivora di Kosmos, liberandosi dalla loro vigilanza a tempo indeterminato e rendendo impossibile l'esistenza alla totalità delle divinità positive.

Intanto che avanzava nella direzione del pianeta, il dio della superbia veniva assalito da un certo turbamento, dal momento che era presente in lui il timore di non farcela; ma esso non lo scoraggiava in modo tale, da spingerlo a rinunciare al suo grandioso progetto. Perciò seguitava indomito ad andare avanti, cercando di non farsi avvilire da quelle suggestioni negative, che tendevano a fargli vedere nera la sua missione attuale. Per lui era importante che il suo tempo trascorso nell'azione non superasse quello di un giorno terrestre, poiché in quella maniera non avrebbe dato agli eccelsi gemelli l'opportunità di beccarlo. Ecco perché, mentre agiva, stava attento a non oltrepassare il previsto limite, in prossimità del quale, si affrettava ad immergersi nell'inazione per restare in essa un quantitativo di tempo uguale. Così facendo, diveniva inesistente alle altre divinità, ma non ai marcatori temporali del dio Kron, i quali non smettevano di stargli addosso. A proposito di questi ultimi, vogliamo sapere come essi se la cavavano con la copia del loro sorvegliato speciale e con le miriadi di riflessi da essa diffusi per l'intero universo. Cioè, la loro sorveglianza veniva effettuata anche sull'una e sugli altri oppure non ne tenevano conto per niente? Al fine di approfondire questo particolare, siamo costretti a tralasciare la corsa del dio negativo verso la sua meta, per il solo tempo che ci consentirà di renderci edotti di esso.

A dire il vero, i marcatori temporali fatti dilagare nello spazio cosmico dall'eccelso Kron, per come erano stati realizzati ed impostati dal loro illustre artefice, non potevano essere ingannati né dall'una né dagli altri. Perciò, disinteressandosi di loro nella maniera più assoluta, essi seguivano unicamente le tracce di colui che li rappresentava. Semmai potevano creare soltanto un po' di confusione nel dio del tempo e nel suo gemello, restando ignari sia del perché della loro presenza in Kosmos sia dello scopo della loro diffusione. Ad ogni modo, in merito a tale questione, in seguito vedremo che l'uno e l'altro, abboccandosi di nuovo, intraprenderanno un'accanita conversazione per cercare di venire a conoscenza del misterioso ripiego, a cui era ricorso il dio della superbia.

Riprendendo adesso l'avanzata dell'autorevole dio negativo verso il pianeta che tanto gli stava a cuore, lo scorgiamo tutto dedito a raggiungere il suo obiettivo nel più breve tempo possibile. Difatti ciascun tipo di indugio immotivato avrebbe potuto compromettere il suo disegno o, addirittura, mandarlo all'aria. Un fatto del genere gli sarebbe provenuto dalle due eccelse divinità, le quali, come egli ne era persuaso, erano in perenne stato di allerta, avendo premura di coglierlo in fallo e di ricacciarlo in Tenebrun con modi niente affatto gentili. Allora, dandosi ad alternare il tempo di azione a quello di inazione, cercava di evitare una simile catastrofe nei suoi confronti, da parte delle divinità gemelle. Ma l'una e l'altra non cessavano di dargli addosso, pur essendo indotte a farlo con un controllo alla cieca, mentre seguivano i marcatori temporali. Nel contempo, egli si affrettava a raggiungere la sua meta prestabilita.

Quando finalmente raggiunse il pianeta da lui considerato quello giusto al suo scopo, poiché esso si presentava con una superficie identica a quella del distrutto Oblungus, il dio Buziur non ebbe difficoltà a cercare sopra di essa un antro del tipo di quello in cui il Simbios aveva trascorso un lasso di tempo atto a permettere alla stella Irideab di trasformarlo in Deivora, del cui sistema Oblungus aveva fatto parte. Perciò immantinente si riversò nella sua cavità per attendere che l'astro splendente si desse ad irradiare il pianeta con le sue energie prodigiose. Mentre poi era in attesa di tale evento e si dava a riflettere su quel fenomeno in arrivo, ad un tratto venne a soggiogarlo un assillo, il quale poteva solamente preoccuparlo. Adesso che ci pensava, durante l'irradiazione del pianeta da parte della stella, egli era obbligato ad esistere nell'azione; al contrario, se avesse protratto la propria esistenza nell'inazione, restando di fatto inesistente, egli non se ne sarebbe potuto giovare. Tale particolare, in un certo senso, poteva lasciarlo pure indifferente, senza allarmarlo, avendo egli la facoltà di esistere nell'azione, almeno per un giorno terreste. Ma se tale tempo non gli fosse bastato, come avrebbe risolto il suo problema? In quel caso, le opzioni sarebbero state due: o avrebbe smesso di beneficiare dell'irrorazione stellare, rintanandosi nell'inesistenza, quando esso stava per scadere; oppure avrebbe continuato ad usufruirne, superando tale tempo, a proprio rischio e pericolo. Difatti, durante lo sforamento, egli si sarebbe reso visibile ai due illustri gemelli, i quali non avrebbero esitato ad intervenire, prendendo contro di lui gli opportuni provvedimenti. Alla fine il dio della superbia non se la sentì di scegliere la seconda opzione, per cui la sua decisione fu quella di non rischiare la sua esistenza nel Regno della Materia e del Tempo.

In quel caso, però, fu costretto a trovare un nuovo modo di raggiungere l'obiettivo che si era prefisso. Ma quale poteva essere? Dopo una breve meditazione, l'Imperatore delle Tenebre si propose di mettere in pratica un proprio progetto, il quale si presentava molto ardito, non essendoci stato in Kosmos mai nessuno a sperimentarlo, come a lui era venuto in mente in quel momento. Si trattava di prendere in blocco la stella Kopres e i suoi dieci pianeti e portare l'intero sistema kopresino nel Parakosm, essendo intenzionato a sistemarlo nello stesso posto in cui c'era stato il sistema irideabino. I pianeti del quale, dopo essere stati privati della loro stella motrice, per forza di cose erano andati alla deriva ed erano spariti nel profondo spazio parakosmico. Per la verità, il suo disegno si presentava ancora più ardimentoso, poiché esso prevedeva il trasporto di un intero sistema stellare non nell'ambito dello stesso universo, bensì da un universo all'altro, ossia da quello kosmico a quello parakosmico. Allora prima bisognava vedere se la cosa era fattibile e se dopo il prestigioso dio negativo ce l'avrebbe fatta.

Ebbene, dandosi a giostrare tra mille difficoltà, anche perché non veniva meno la sorveglianza di coloro che cercavano di prenderlo in marrone, il dio Buziur alla fine si convinse che un'opera del genere gli sarebbe potuta riuscire, a patto che avesse racchiuso l'intero sistema in una immensa sfera energetica. Solo in quel modo avrebbe avuto facilitato il compito di portarsela via, senza che i suoi vari elementi astrali interni subissero eventuali contraccolpi, dovuti al suo complesso trasporto. Così, pur non essendo venuta a mancare la prevista malagevolezza nel suo ostico compito, egli riuscì a condurlo a buon fine, superando positivamente perfino il passaggio attraverso il varco intercosmico. Anzi, mentre lo attraversava, ad un certo momento, sembrò che la circostanza gli sfuggisse di mano, a causa del caos cosmico che ogni volta veniva ad originarsi durante il travaso dei vari elementi astrali dall'uno all'altro universo. Ma solo perché, lungh'esso e nelle sue prossimità, veniva a crearsi una situazione gravitazionale incredibilmente conflittuale e parossistica. Nella quale una parte di Kosmos e un'altra del Parakosm si davano a fibrillare, producendo un dissesto non indifferente nella meccanica celeste di confine.

Adesso ci è permesso apprendere quanto era avvenuto in Luxan tra gli eccelsi gemelli, intanto che il dio negativo si era dato da fare, sottoponendosi ad una immane fatica, pur di raggiungere il proprio scopo? Certo che possiamo venirne a conoscenza; anzi, sarà nostro dovere stare al passo coi tempi e tenerci aggiornati su ogni cosa, che viene ad esserci in ogni tempo e in ogni luogo fra loro due.



Non appena il dio della superbia aveva fatto ritorno in Kosmos, poiché erano stati i marcatori temporali a rilevarvi la sua presenza, il dio del tempo e il dio dello spazio si erano abboccati di nuovo per fare il punto della situazione. Era stato il dio Kron, come sempre, ad aprire la loro conversazione, rivolgendosi al suo gemello con le seguenti frasi:

«Alla fine Buziur è rientrato in Kosmos, caro Locus. Si vede che il Parakosm non gli ha fatto una buona accoglienza. Comunque, ugualmente non possiamo agire contro di lui per gli stessi motivi di prima. Ma egli cosa c'era andato a fare nell'universo parallelo al nostro? In merito a tale sua andata, non riesco ad immaginare niente di preciso. E tu, fratello, te ne sei fatta una idea oppure navighi nel buio come me?»

«Se risulta difficile a te capirci qualcosa in merito al suo viaggio, pur essendo il più perspicace di noi due, figùrati se posso essere io in grado di fantasticare sulle cause che gli hanno imposto il rientro dall'altro universo! Allora badiamo a riuscirci insieme, fratello Kron!»

«A dire il vero, Locus, ci sarebbe anche da spiegarci perché ne è ritornato, senza avervi combinato un bel niente, visto che le due risposte hanno un denominatore comune. Ne sono certo! Se ci è andato, è perché vi voleva raggiungere un obiettivo; se ne è ritornato a mani vuote, è perché egli non è riuscito a conseguirlo. Almeno è ciò che ci appare, ad un primo esame, senza che riusciamo a rendercene conto!»

«In definitiva, Kron, come vuoi farmi credere, non abbiamo nulla a disposizione, che possa darci le risposte ad entrambe le nostre domande! Maggiormente, però, ci irrita il fatto che non possiamo mettere le mani addosso all'Imperatore delle Tenebre per ricacciarlo in Tenebrun! A proposito, mio caro fratello, mi sai dire perché egli ha cosparso lo spazio cosmico di infinite immagini di sé stesso, le quali costituiscono i riflessi di un'altra immagine, la quale risulta pure una propria copia?»

«È quanto mi stavo chiedendo anch'io, Locus; ma non sono stato in grado di dare una risposta plausibile neppure a quest'altro suo fenomeno, che pure si presenta un rebus. Uno simile in passato non si è mai visto attuare in Kosmos da una divinità malefica. Secondo me, se Buziur sta ricorrendo ad esso, dopo che è ritornato dal Parakosm, è probabile che sia stato quel luogo a dotarlo di una prerogativa del genere! Forse egli ci è andato appunto per fornirsi di essa! Non lo pensi anche tu?»

«Allora, Kron, mi chiedo a cosa gli serve esprimersi in quel modo? Credi che egli persegua un suo recondito scopo, attraverso tale fenomeno? Non voglio pensare che, tramite esso, intenda ingannare i nostri marcatori temporali. I quali, come pure lui può rendersi conto, ugualmente lo individuano, per cui ne rilevano la presenza là dove noi non riusciamo a vederlo. Di conseguenza, non lo mollano e lo seguono in ogni suo movimento che avviene nel Regno della Materia e del Tempo.»

«All'inizio, ho pensato anch'io la stessa cosa, caro Locus; ma poi mi sono dovuto ricredere. Buziur si è servito di tale fenomeno per raggiungere un altro suo obiettivo. Egli, che era alla ricerca di qualcosa che non ha trovato nel Parakosm, volendo evitare di percorrere le infinite regioni cosmiche, visitandole con la sua presenza, vi ha fatto pervenire gli ingenti riflessi di sé stesso. I quali sono in grado di fargli scrutare quelle zone, proprio come se vi fosse presente. Infatti, con quel suo espediente, in un certo qual modo, è in grado di abbracciare con un solo sguardo l'intero Kosmos, quasi alla stessa maniera nostra!»

«Noi due, Kron, non possiamo fare niente, al fine di privarlo di tale fenomeno? Ma noi non possiamo fargliela passare liscia, consentendogli di esprimersi in Kosmos con un abile artificio, che non possiamo neutralizzare. Perciò, fratello, cerca di trovare il rimedio capace di spegnere in ogni parte le miriadi di riflessi emessi dal superbo dio negativo!»

«Invece non è facile ottenere quanto mi chiedi, Locus, poiché in realtà per noi essi non esistono, per il fatto che provengono da una copia dell'essere originale che li permette. E siccome non possiamo scovare e punire il dio che dà ad esse origine, siamo anche impossibilitati a far sparire dalla circolazione quei riflessi, che ora costituiscono i suoi occhi.»

«Se un fatto del genere ci è impossibile, Kron, allora ci conviene indagare sul perché essi sono stati messi in circolazione nello spazio cosmico. Non sembra anche a te? Se sì, diamoci a tale indagine!»

«Invece, Locus, abbiamo già ipotizzato il motivo della loro presenza in tale spazio, considerato che molto probabilmente essi fanno da occhi al dio della superbia pure in quei luoghi dove egli risulta assente. La qual cosa dimostra che egli ha fretta di trovarvi qualcosa che gli interessa in modo speciale. Perciò badiamo prima a comprendere quello che egli si propone di trovare, se dopo vogliamo impedirgli di compiere una sua impresa dai fini prettamente perversi.»

Così, interrotto per poco tempo il loro discorso riguardante l'Imperatore delle Tenebre, gli eccelsi divini gemelli si erano dati a seguire i marcatori temporali che registravano la sua presenza in Kosmos. Infine essi si erano resi conto che l'interesse del dio negativo era stato per il sistema kopresino. Infatti, una volta racchiusi la stella Kopres e i suoi dieci satelliti in una sfera energetica, dopo aveva iniziato a portarseli via verso una meta ignota. A quel suo provvedimento nei confronti di quegli undici astri, ai quali si ignorava che fine intendesse assegnare, il dio dello spazio si era rivolto al fratello, dicendo:

«Vedi anche tu, Kron, ciò che sta facendo adesso Buziur? Si è messo forse in testa di trasferire tutti gli astri di Kosmos nel suo universo parallelo, che è Parakosm, prendendone un blocco alla volta, a cominciare da quello di cui si è impossessato poco fa? Volendo crederci, sarebbe davvero ridicolo! Ma, al di là di ogni battuta spiritosa, è meglio non prendere alla leggera la sua attuale iniziativa, fratello, anche se essa ci appare di nessuna importanza, a confronto dell'universo intero!»

«Non hai torto, Locus. Perciò dobbiamo darci a controllarla con cura e vedere dove egli intenda arrivare con quel suo trasporto, del quale non conosciamo ancora la destinazione.»

«Se invece glielo bloccassimo oppure glielo distruggessimo, caro fratello, non sarebbe una buona idea, da parte nostra? Almeno così faremmo stare una parte di Kosmos al sicuro da qualche suo disegno maligno, se è ciò che il dio della superbia si appresta ad attuare!»

«Invece, Locus, quanto proponi non ci è possibile per i seguenti due motivi: primo, dobbiamo assolutamente venire a sapere dove egli intende trasportare tale materiale cosmico; secondo, non ci è permesso annientarlo, poiché due pianeti, di quelli da lui trasportati, sono abitati. Una loro distruzione provocherebbe la morte di tantissimi Materiadi appartenenti al ceppo umano. Ciò, però, in qualità di divinità positive, ci viene categoricamente proibito da Splendor. Non ci siamo forse assunto con lui l'impegno che ci saremmo sempre messi a loro disposizione per aiutarli a venir fuori dalle loro disgrazie e non per annientarli?»

«Questo è vero, Kron. Ma se prevedessimo che da esso Buziur intende ricavare il peggiore dei mali per poi scagliarlo contro tutte le divinità positive residenti in Kosmos? Anche in quel caso avremmo le mani legate e dovremmo starcene buoni e tranquilli, senza intervenire?»

«Solo in quella circostanza, Locus, non ci verrebbe interdetto di fare quanto hai proposto prima. Anche se potrebbe dimostrarsi assai tardivo prendere un idoneo provvedimento, dopo esserci accertati che il suo gran daffare mira a destabilizzare un angolo cosmico, a nostra insaputa. Allora ho deciso di sbrogliare l'attuale matassa a modo mio. Così ci assicureremo che ogni nostro intervento avverrà alla luce della certezza e che esso sarà effettuato soltanto a fin di bene.»

«Vuoi palesarmi, Kron, cosa hai stabilito di fare, ad evitare un tuo errore in questa faccenda? Comunque, sono sicuro che essa sarà la più logica ed opportuna nel nostro caso!»

«Locus, farò intervenire nella mia dimora Iveon e gli chiederò se la stella e i suoi pianeti, che il dio Buziur sta trasferendo altrove, gli suggeriscono qualcosa, per averli egli già incontrati nel suo viaggio intercosmico. Il quale lo condusse nel Parakosm insieme con mia figlia Kronel e l'umano Iveonte per liberare la consorte Annura.»

«Questa tua pensata, Kron, è ottima, poiché il dio dell'eroismo di certo la saprà lunga sugli astri in questione. Essi dovranno avere una loro storia interessante, se stanno anche molto a cuore all'Imperatore delle Tenebre. Ma bisogna fare presto, fratello! Perciò fallo venire qui!»

«Certo che dobbiamo affrettarci, Locus. Adesso il mio sguardo cosmico andrà a pescare il dio dell'eroismo sul suo pianeta Zupes e lo preleverò, senza dargli neppure avviso del mio prelievo repentino. Quando poi egli sarà al nostro cospetto, gli chiederò scusa per la mia maniera poco ortodossa di averlo condotto presso di noi. Mi auguro che in quel momento egli non sia impegnato in un rapporto intimo con la moglie. Se fosse vero, potrebbe esserci la probabilità di vederceli arrivare entrambi davanti, mentre lo consumano!»

«Ah, ah, Kron! Cosa ti viene da pensare?!» si era dato a ridere Locus.

Un secondo dopo, il dio del tempo, con il suo sguardo lungimirante, aveva raggiunto l'isola del divino Iveon, il quale in quel momento si trovava a casa dei suoceri, che erano Soler, il dio del decoro, e Falen, la dea della crescita. Allora vi aveva fatto entrare un refolo improvviso, la cui azione, che si era svolta in un attimo, era consistita nel fare sparire alla vista delle due stravolte divinità il loro genero. Il dio, invece, immediatamente dopo, si era ritrovato nella dimora del dio Kron, dove c'era anche il divino gemello Locus. In verità, nel vedersi in presenza dei due eccelsi gemelli, il dio Iveon non sapeva cosa dire e cosa fare. Anzi, gli pareva che la testa non gli stesse funzionando bene, se lo faceva scorgere dove non poteva essere che fosse, siccome un minuto prima stava nella casa dei suoceri. Egli era andato a riferirgli che lui e la moglie Annura erano in attesa del loro primo figlio, al quale, di comune accordo, avrebbero dato il nome di Giosur.

Essendosi accorto che l'eroico dio stava vivendo un certo imbarazzo e tanta confusione mentale, il dio del tempo era intervenuto sollecitamente a tirarlo fuori dall'uno e dall'altra. Perciò aveva iniziato a dirgli:

«Iveon, tu stai realmente davanti a me e a mio fratello Locus. Ti ci trovi, solo perché lo abbiamo voluto noi. Mi devi scusare, se non ho seguito la procedura normale, la quale sarebbe stata quella di convocarti presso di noi tramite il mio messaggero Osur, come è avvenuto le altre volte. Ma se ho agito in questo modo, è stato perché avevamo un impellente bisogno di una consulenza, che soltanto tu potevi fornirci. Noi ci troviamo nella impossibilità di sopperire ad una nostra carenza, che ci farebbe comodo non avere in questo preciso momento.»

«È mai possibile, eccelso Kron, che io potrei fare per voi qualcosa, di fronte alla quale vi sentite impotenti? Non posso crederci! Allora volete dirmi di cosa si tratta? Così dopo me ne renderò conto.»

A quel punto, il dio del tempo si era dato a mettere al corrente il dio dell'eroismo di ciò che stava succedendo nello spazio cosmico, il cui autore era l'Imperatore delle Tenebre. Quando poi il rapporto del dio del tempo era terminato, il dio Iveon gli aveva domandato:

«Posso sapere cosa dovrei fare adesso, esimio Kron, che a voi non è consentito? Mica sono in grado di fare sparire da Kosmos tutti i riflessi emanati dal dio Buziur, il qual fatto, come constato, non è risultato possibile neppure a voi! Naturalmente, non si tratterà di un fatto simile!»

«Te lo abbiamo forse chiesto, Iveon? No, di certo, dal momento che tu ci servi per qualcos'altro. Noi vorremmo evitare che Buziur vada avanti con il suo progetto. Ma potremmo farlo, unicamente annientando il contenuto della sua sfera, visto che è esso che dovrà permettergli di realizzarlo. Inoltre, siamo all'oscuro di ciò che egli vorrebbe attuare e che sarà senz'altro qualcosa di perfidamente malefico.»

«Invece, illustre Kron, venite dissuasi dal farlo per una ragione molto seria. Distruggendo i pianeti e la loro stella, condannereste a morte certa anche i numerosi abitanti di due di loro. Mentre a noi, in qualità di divinità positive, viene negata una simile ecatombe, per due motivi: primo, quando abbiamo chiesto a Splendor di crearci Kosmos, gli abbiamo anche promesso che ci saremmo presi cura dei Materiadi che vi sarebbero nati nel remoto futuro; secondo, si ignora ancora l'esatta natura del progetto del dio Buziur. Non è forse questo il motivo che vi fa esitare?»

«Esatto, Iveon! Ma se avessimo le prove che il dio della superbia si servirà di tali astri per compiere degli atti ignominiosi, che sarebbero apportatori di tempi nefasti nei confronti di divinità positive e di Materiadi, in quel caso non avremmo più le mani legate. Anzi, lo stesso Splendor ci darebbe carta bianca nella loro distruzione, anche se dovessero andarci di mezzo degli innocenti esseri umani, che risultano residenti sopra due dei dieci pianeti della stella Kopres, ossia Ercos e Spunk.»

«Quindi, se non erro, dio del tempo, dovrei essere io a fornirvi le prove che Buziur, con quel suo strano carico, sta perseguendo un obiettivo, il quale ha come scopo ancora la vittoria del male. Ma volete suggerirmi in quale maniera dovrei procurarvi tali prove, di grazia?»

«Iveon, considerato che l'intero sistema stellare kopresino non ci dice proprio niente, allo stesso modo degli altri astri cosmici, vorremmo che andassi tu a dargli una sbirciata per vedere se anche a te da esso non proviene alcun indizio di sé. Magari tale sistema ti si presenterà diversamente che a noi e potrai, come risultato, comprendere meglio le vere intenzioni del dio della superbia, circa il suo attuale trafficare con la stella e con i pianeti che le orbitano intorno!»

«Allora occorre che io mi affretti, eccelso Kron, se non c'è tempo da perdere. Ma mi dici in che modo dovrò raggiungere Kopres e i suoi pianeti? Naturalmente, non con il mio volo normale, il quale mi farebbe perdere un sacco di tempo; mentre la verità su Buziur e sul suo darsi da fare ci occorre conoscerla al più presto, ossia prima che sia troppo tardi!»

«Ecco perché, Iveon, ti farò viaggiare all'interno del mio sguardo indagatore, allo stesso modo che ti ho prelevato dal tuo pianeta poco fa. Esattamente, come feci un tempo, quando ti permisi di raggiungere in un lampo i divi Ukton ed Elesia, i quali erano diventati già prede della insidiosa Deivora. Perciò prepàrati all'istantaneo viaggio, che stai per intraprendere. Esso ti permetterà di essere nelle prossimità del sistema kopresino, il quale adesso si trova incapsulato in una sfera energetica preparata dalla somma divinità negativa e viene da essa trasportato in un'altra località, che continua a risultarci ignota.»

Un attimo dopo, il dio dell'eroismo non era più presente nella dimora del dio del tempo; invece era in un posto di Kosmos, da dove poteva osservare benissimo la stella Kopres e i suoi dieci satelliti, dovendo scrutarla per conto delle due eccelse divinità e vedere se almeno a lui l'una e gli altri gli facessero venire in mente qualcosa. Magari gli avrebbero anche fatto ipotizzare perché Buziur si stesse interessando a loro e in quale luogo li stesse trasportando. Ma il divino Iveon vi era giunto un po' stonato, per aver affrontato l'anormale viaggio, per cui all'inizio ci raccapezzò ben poco nel sondare l'oggetto della sua missione, il quale era l'intero sistema della stella Kopres, come gli era stato incaricato dai divini gemelli di Luxan. Quando poi si era riavuto alla meglio dal frastuono mentale, di cui era rimasto vittima, e si era anche dato a studiarselo per bene, si era reso subito conto che quel sistema stellare non gli era nuovo, per avere già avuto a che fare con esso. Infine si era convinto che la stella in questione gli ricordava Irideab; così pure i suoi dieci corpi planetari erano conformi a quelli della medesima. Inoltre, il quinto di loro, ossia Fosk, risultava la copia identica di Oblungus, essendo anch'esso fusiforme.

Alla strana somiglianza dell'intero sistema stellare all'altro del Parakosm da lui distrutto e in considerazione anche del racconto dell'eccelso Kron, a proposito dell'Imperatore delle Tenebre, l'eroico dio all'istante si era fatta la sua opinione sul caso. Secondo lui, il dio della superbia aveva appreso da qualche divinità negativa come e in quale luogo si era formata la Deivora. Allora aveva pensato di trasformarsi egli stesso in un'altra Deivora; prima, però, doveva fare in modo di avere libera circolazione in Kosmos. Alla fine, essendoci riuscito, aveva attraversato il varco intercosmico per raggiungere la stella Irideab e il suo pianeta Oblungus; ma non ve li aveva trovati. Probabilmente, era venuto anche a conoscenza che l'una e l'altro erano stati distrutti da una divinità positiva; anzi, egli aveva anche individuato il dio, che ne era stato il disintegratore. A quel punto, la sua indiscussa intelligenza, che poteva essere solo brillante, come era già successo alla diva Kronel, gli aveva fatto notare che, essendo il Parakosm la copia perfetta di Kosmos, obbligatoriamente gli elementi astrali dell'uno dovevano corrispondere a quelli dell'altro. Per cui, se nel primo erano stati distrutti la stella Irideab e il suo pianeta Oblungus, essi li si potevano rintracciare nel secondo, dove sarebbero risultati speculari ai loro ex congeneri di Parakosm, che non esistevano più. La qual cosa lo aveva fatto ritornare in Kosmos per mettersi alla loro ricerca. In verità, erano stati i suoi infiniti riflessi, divenuti suoi autentici occhi, a fargli trovare l'una e l'altro senza fatica. Così, una volta che li aveva raggiunti, li aveva racchiusi in una sfera energetica e si era dato a trasportarli altrove.

Ma perché Buziur non aveva tentato di diventare Deivora in Kosmos, in quel luogo dove aveva avvistato gli astri che gli occorrevano per diventare la mostruosa creatura, dal momento che anche lì poteva ottenere quanto si era prefisso? Allora aveva dato una sua interpretazione a quel mistero. Siccome al dio della superbia non sarebbe bastato il tempo a sua disposizione per vivere come esistente durante l'irrorazione della stella Kopres al suo pianeta Fosk, a causa della continua sorveglianza operata su di lui dai divini gemelli, aveva deciso di prelevare l'intero sistema kopresino dal luogo in cui si trovava e di portarselo nel Parakosm. In quella maniera, egli avrebbe potuto agire nella nuova località, avendo a disposizione tutto il tempo che gli occorreva per diventare una Deivora. Se le cose stavano come aveva pensato, allora bisognava distruggere al più presto anche la coppia di astri in questione, prima che il dio negativo riuscisse a trasferirsi nell'universo parallelo di Kosmos con il suo carico astrale e vi facesse avverare un fenomeno del genere. Perciò si era adoperato perché ciò avvenisse senza indugio, tentando di colpire con i suoi raggi disintegratori la stella e l'astro, che per adesso erano soltanto indiziati. Quel suo provvedimento precipitoso, però, gli aveva fatto dimenticare che egli stava avendo a che fare con una divinità di grado superiore, qual era appunto il dio Buziur, per cui il suo tentativo era andato incontro ad un completo fallimento, poiché la sua sfera protettiva aveva bloccato i suoi raggi. Ciò non bastando, gli era provenuto da essa una scarica energetica, la quale lo aveva immobilizzato all'istante, senza dargli la possibilità di agire in qualche modo. Infatti, l'Imperatore delle Tenebre, avendolo riconosciuto, si era affrettato a rendere nulla ogni sua energia, anche perché aveva temuto che egli avrebbe potuto comprendere cose alle quali i divini Kron e Locus non c'erano ancora arrivati.

Prima di esserci il suo salto cosmico, il dio Iveon si era messo d'accordo con il dio del tempo che, non appena avesse scoperto qualcosa sul dio Buziur, lo avrebbe avvisato mediante raggi intermittenti con una combinazione di colori corrispondenti al rosso, al verde e all'azzurro. Perciò l'eccelsa divinità attendeva tale segnale per riportarlo su Luxan nella sua dimora; invece esso tardava a giungergli, non immaginando che chi doveva avvisarlo si trovava nella impossibilità di farlo. Anzi, egli si era sentito di nuovo libero, solamente quando il dio Buziur era riuscito a trasferirsi nel Parakosm con il suo carico astrale. Allora non aveva perso tempo a farsi riportare indietro dal dio del tempo. Una volta al cospetto dei due insigni gemelli divini, il dio Iveon aveva riferito ad entrambi tutti i pensieri che gli erano passati per la mente, non appena aveva osservato il sistema che faceva capo alla stella Kopres. Nello stesso tempo, aveva ipotizzato ciò che il dio Buziur si apprestava a mettere in atto nel Parakosm, non volendo rischiare di farlo in Kosmos. Quando infine aveva deciso di far rientro in Luxan, per avere appreso abbastanza sul dio della superbia, costui non glielo aveva permesso perché aveva le sue buone ragioni per vietargli di raggiungere coloro che avrebbero potuto mandare a monte il suo progetto.

Delle tre divinità presenti, non appena il dio Iveon ebbe terminato di riferire ogni cosa su quanto aveva scoperto e gli era successo, era stato il dio Kron ad esprimersi per primo. Rivolgendosi al divino eroe, egli aveva cominciato a dirgli:

«A questo punto, Iveon, credi che dobbiamo arrenderci, non essendoci altro da fare, da parte nostra? Oppure sei dell'idea che potremmo ancora fare qualcosa per scongiurare il terribile evento, il quale metterebbe in ginocchio tutte le divinità positive residenti in Kosmos?»

«A mio giudizio, eccelso Kron, la nostra partita con lui è ormai chiusa per sempre, poiché essa è persa. Visto che non siamo riusciti a fermarlo, quando Buziur si trovava ancora in Kosmos, non possiamo fare più niente contro di lui. Stando così le cose, egli avrà modo nel Parakosm di trasformarsi in una nuova Deivora, la quale dopo vorrà fare la sua apparizione nello spazio cosmico. Mi domando solo se sarà possibile, da parte nostra, arrestare la sua caccia che darà a tutte le divinità positive. Se un semplice Simbios riuscì a diventare la tremenda Deivora che conosciamo, figuriamoci cosa sarà in grado di diventare una divinità di grado sommo, qual è appunto il dio della superbia!»

«Lo pensiamo anch'io e mio fratello, Iveon. Adesso che ci penso, ho commesso un grave errore a non munirti di un mio anello, il quale ti avrebbe fatto distruggere il carico cosmico di Buziur. Invece è riuscito lui ad avere la meglio su di te, nostro malgrado!»

«Infatti, eccelso Kron! Peccato che nessuno di noi tre abbia pensato prima a quella che sarebbe potuta essere una mia deficienza nel competere con l'Imperatore delle Tenebre. Oramai dobbiamo rassegnarci all'idea che ben presto avremo di fronte una mostruosa creatura dalle potenzialità illimitate, che neppure le forze congiunte tue e quelle del tuo gemello potranno sconfiggerla e distruggerla. Nel prossimo futuro ci troveremo di fronte ad un essere così terribile ed inattaccabile, che nessuno potrà sognarsi di averla vinta con lui. Per questo la miglior cosa sarà quella di fare evacuare Kosmos da tutte le divinità positive che vi risiedono. Da parte mia, sono a vostra completa disposizione, qualora pensaste di aver bisogno di me per tentare di arginare la sua futura avanzata; ma sono convinto che un simile tentativo questa volta sarebbe una impresa impossibile. Anche perché siamo a conoscenza di quale cervello la nuova formidabile Deivora sarà dotata. Comunque, mi chiedo quale sarà la sua natura, essendo al corrente che quella della prima Deivora era risultata l'immaterialità, per essere provenuta da un essere concreto. A tale riguardo, sapreste rispondermi voi, eccelsi gemelli?»

«Questa sì che è una domanda tosta, alla quale non è facile dare una risposta su due piedi, Iveon!» gli aveva risposto il dio dello spazio «Comunque, ci penserà il mio gemello a dartela.»

«Mio fratello Locus non ha torto a definire il tuo quesito, Iveon, come ti ha dichiarato.» il dio Kron era intervenuto a dirgli prontamente «Infatti, non la si potrà stimare, fino a quando essa non sarà studiata da noi due. Ma possiamo già immaginarcela come una tremenda forza distruttrice fino all'ennesima potenza, senza che nessuno, noi compresi, sia in grado di dare ad essa scacco matto. Adesso, però, lasciamo da parte questo particolare e discutiamo di quelle cose che maggiormente sono di nostro interesse. Per prima cosa, dio dell'eroismo, ti ringraziamo per esserti offerto come volontario al fine di darci una mano a liberarci della futura Deivora. Ma ti faccio presente che questa volta la tua collaborazione non servirebbe a nulla, per i motivi che ti sono noti.»

«Illustre Kron, tu e tuo fratello avete forse intenzione di ricorrere all'aiuto dell'onnipotente Splendor per liberare Kosmos dalla terribile Deivora in arrivo, visto che solo lui potrebbe farcela?»

«Non di certo, Iveon! Purtroppo neppure a Splendor sarebbe possibile intraprendere qualche azione nociva contro un Buziur, dopo essersi trasformato in Deivora. Anche se ci sarà una unica possibilità di annientarlo, da parte sua, per principio egli non ricorrerà mai ad essa, non ritenendo giusto distruggere ciò che lui ha creato.»

«Eccelso Kron, se non sono indiscreto a volerla apprendere, quale sarebbe questa sua possibilità, la quale sarebbe la sola? E perché mai Splendor non sarebbe disposto a farne uso?»

«Iveon, non potendo competere con Buziur in altro modo per farlo sparire da Kosmos, egli sarebbe obbligato ad annientare l'intero universo. Solo così anche la nuova Deivora smetterebbe di avere una propria esistenza, ritornando ad essere l'Imperatore delle Tenebre nel suo tenebroso impero. Adesso, eroico dio, dobbiamo chiudere qui la nostra conversazione; però ti prometto che ti convocherò alla stessa maniera nella mia dimora. Ciò avverrà, non appena il dio della superbia si sarà messo a circolare in Kosmos sotto le spoglie della Deivora. Intanto vai a rassicurare i tuoi suoceri che non ti è successo niente di male, poiché la tua repentina sparizione è stata voluta da me e dal mio gemello per motivi necessari ed urgenti. Arrivederci a presto!»