447°-IL VIAGGIO DEL DIO DELLA SUPERBIA NEL PARAKOSM

In un passato assai recente, abbiamo visto che le divinità eccelse Kron e Locus, ricorrendo ai marcatori temporali, pur non potendo avvistarlo ed intervenire contro di lui, erano riuscite a seguire il tragitto dell'Imperatore delle Tenebre attraverso Kosmos, fino al suo passaggio nel Parakosm. Esso, in breve, era stato quello che si riporta qui appresso.

Il dio Buziur, partito dalla galassia di Astap, aveva attraversato poi le galassie di Paren e di Oreap. In quest'ultima, aveva deciso di fare la sua prima sosta sul pianeta Elpen, il quale era uno dei quattro pianeti orbitanti intorno alla stella Talbur. Dopo aver ripreso il viaggio, prima di effettuare la sua seconda sosta, egli aveva attraversato le galassie di Anerd, di Lark, di Peloas, di Suntal e di Limman. Essa c'era stata nella galassia di Gensur, precisamente sul pianeta Tiskup, il quale orbitava intorno alla stella Suven. Invece la sua terza sosta era avvenuta sul pianeta Skiot, il quale era situato nella galassia di Balnur ed orbitava intorno alla stella Zuelp. In seguito, aveva fatto la sua ultima sosta sul solitario pianeta Celiop, la cui stella era Kenust, la quale stazionava agli estremi confini della galassia di Arutex. Raggiunta infine la galassia di Trespan, il dio della superbia, attraverso il varco intercosmico, aveva fatto il suo temerario balzo nell'universo parallelo di Kosmos. Esso, che era rappresentato da Parakosm, per lui significava l'ignoto assoluto.

Quindi, da questo momento in poi, se il dio del tempo e il dio dello spazio erano stati obbligati a rinunciare all'inseguimento della più autorevole delle divinità negative, al posto loro, saremo noi a seguirla nel nuovo universo, fino a quando non sarà pervenuta alla propria meta. Ma si può sapere essa dove era diretta, se non esistevano più la stella e il pianeta che avevano permesso alla Deivora e alla Monotriad di trasformarsi nelle mostruose creature a noi note? Infatti, il dio dell’eroismo, ad evitare che qualche altro Simbios se ne servisse in futuro per diventare una nuova Deivora, al termine della loro lotta contro la Monotriad, si era preoccupato di far sparire il pianeta Oblungus e la stella Irideab, disintegrando l'uno e l'altra. L’Imperatore delle Tenebre, naturalmente, non essendo a conoscenza delle due distruzioni astrali operate dal dio Iveon, con la sua volata era diretta proprio a tali astri, siccome aveva ricevuto dal dio Olmust qualche indicazione sulla loro ubicazione.

Dandoci adesso a seguirlo nel suo tragitto parakosmico, quando siamo nuovamente nel presente della nostra storia, innanzitutto vedremo com'egli saprà cavarsela, una volta che si sarà reso conto che in quel tratto di universo erano scomparsi i due astri da lui ricercati. Comunque, conoscendo il dio con cui abbiamo a che fare, siamo certi che egli, grazie alle sue mille risorse e alle sue straordinarie doti, riuscirà a trovare la strada giusta per raggiungere l'obiettivo, che si era prefisso in Tenebrun.

Dopo avere attraversato il varco intercosmico, il divino Buziur, avanzando per lungo tempo nello spazio parakosmico e seguendo la rotta, che secondo lui lo avrebbe condotto al pianeta Oblungus, ad un certo punto incontrò sul proprio cammino un pianeta, la cui superficie era di colore rosso. Allora stabilì di sostare sopra di esso. Si trattava dello stesso astro spento, a cui la diva Kronel aveva dato il nome di Ruber, dopo avervi trovato ricetto e riposo. Ma era ripartito da molto da esso, allorché egli avvistò una galassia, la quale in lontananza appariva di colore tendente al verde. Si trattava della medesima, a cui la giovane dea Kronel aveva attribuito il nome di Verdania. A quel punto, cercò di avvistarvi l'iridescente stella che gli interessava, ossia quella che la protettrice di Iveonte aveva chiamata Irideab. A suo giudizio, dopo averla raggiunta, essa gli avrebbe permesso di rintracciare facilmente il pianeta a cui era diretto, il quale le orbitava intorno e risultava il quinto in ordine di lontananza. Anche ad esso Kronel aveva voluto assegnare un nome. Perciò, attenendosi alla sua forma oblunga, lo aveva chiamato Oblungus.

Suo malgrado, però, l'imperatore delle divinità malefiche si rese conto che una stella simile con iridescenze violette non si scorgeva in nessuna parte della verdastra galassia, come pure non vi s'intravedeva in quella zona alcun pianeta fusiforme. Invece riusciva a scorgere nello stesso spazio parakosmico gli altri nove pianeti. I quali, non avendo più una stella guida che gli assegnasse delle orbite stabili intorno a sé, andavano alla deriva. Per questo non era escluso che in avvenire sarebbero stati condannati a collidersi con un impatto della massima catastroficità. Tali astri, però, stavano a testimoniare che in precedenza, forse in un recente passato, in quell'angolo del Parakosm effettivamente c'era stata la stella in questione, insieme al pianeta da lui cercato, il quale avrebbe dovuto occupare il quinto posto in ordine alla lontananza dalla stella. Allora egli si chiese chi era stato a cancellarli dall'immensità del Parakosm? Possibile che fosse stata una divinità positiva ad operare in tal senso? Come essa era venuta a conoscenza della loro esistenza e della loro capacità di trasformare un Simbios in un mostro come la Deivora?

Ammesso che in passato ciò fosse avvenuto, di sicuro essa dopo era stata spinta a trasferirsi nel Parakosm, con la chiara intenzione di annientare la stella e il pianeta, i quali erano da considerarsi potenzialmente responsabili di una simile nociva trasformazione. Secondo il dio della superbia, se c’era stata anche una evenienza del genere, a qualunque costo egli doveva averne la certezza, prima di mettersi a ricercare nell'universo parallelo di Kosmos un modo diverso di ottenere quanto bramava di diventare. Come divinità somma, non gli sarebbe risultato difficile accertarsene, poiché gli bastava soltanto ideare il processo che lo avrebbe condotto a tale accertamento. Perciò occorreva che egli si mettesse subito all'opera ed addivenisse ad una simile verità, senza sciupare un attimo di tempo, visto che quest'ultimo era tesoro. Ma che tipo di attività era permessa ad una divinità somma, come lo erano soltanto lui e la dea positiva Lux, la quale dimostrasse di avere una certa attinenza con il problema che intendeva risolvere? A suo avviso, meditando su tale quesito, prima o poi, ne sarebbe venuta fuori la giusta risposta.

Fra le tante ipotesi, quella che lo convinse di più fu una manovra incredibile, la quale sarebbe dovuta essere attivata all'interno della parte psichica del suo essere esistente, oltre la realtà di Tenebrun. Essa, non potendo egli viaggiare nel tempo passato e futuro, avrebbe dovuto creargli una situazione di tipo temporale appartenente al recente passato. Essa avrebbe dovuto consentirgli d'indagare sulla presenza in essa di divinità positive, per esserci state al fine di conseguire un loro specifico scopo. Si trattava di una specie di simbiosi fra il tempo presente e quello passato, la quale, pur non mettendogli a disposizione in concreto il passaggio nell'altra realtà temporale, gliel'avrebbe fatta rivivere nel suo reale trascorrere. Buziur la definì simulformità, poiché essa avrebbe dovuto permettergli di vivere in contemporaneità due differenti realtà temporali. Ma sarebbe la sua teoria risultata valida anche nella sua verifica, procacciandogli i frutti da lui sperati? Staremo a vedere.

Ricorrendo alla sua energia di grado sommo, che veniva subito dopo quella in possesso degli eccelsi gemelli Kron e Locus, per cui risultava in grado di consentirgli creazioni ed eventi inimmaginabili di qualsiasi natura, il dio della superbia ottenne dalla sua qualità psichica una successione di fotogrammi spazio-temporali. Essi non facevano altro che trasmettere con continuità a colui che li aveva resi esistenti tali situazioni spaziali. Le quali si erano succedute in tempi diversi in quell'area parakosmica da lui tenuta sotto osservazione, in relazione ad un passato che non fosse remoto. Così, mentre essi scorrevano sotto i propri occhi, con possibilità anche di arrestarli da parte sua in caso di un loro ulteriore approfondimento, alla fine venne a galla la verità che gl'interessava. In special modo, egli apprese l'intera vicenda che c'era stata fra la Monotriad e il trio disomogeneo, che a suo tempo era composto da due divinità e da un essere umano. Della quale, lo meravigliò principalmente il fatto che era stato il Materiade a dare il benservito all'entità aliena, che si era appena trasformata in una nuova Deivora ed aveva già fatto prigioniere le due divinità. La maggiore delle quali, incredibile a credersi, era Iveon, il dio dell'eroismo, il quale in passato aveva messo a tacere la terrorizzatrice delle divinità residenti in Kosmos. Ma poi era stato costui, prima di allontanarsi da quel posto insieme con la consorte liberata e con i suoi due amici, a preoccuparsi di disintegrare la stella e il pianeta che erano in grado di far diventare un Simbios in una mostruosa creatura immateriale, come già era avvenito con la Deivora e la Monotriad.

Ad ogni modo, ciò che lo aveva fatto apparire stranito, oltre che perplesso, era stata la presenza in mezzo a loro del giovane umano. Il quale aveva anche avuto la parte di maggiore prestigio in quella vicenda fuori dell'ordinario, anche perché egli non avrebbe potuto sopravvivere nel vuoto cosmico e, quindi, pure in quello parakosmico. Logicamente, come si rendeva conto, tutto il suo potere stava nel suo anello, il quale poteva essere soltanto opera dei due eccelsi gemelli. Ma perché quello sconosciuto umano si trovava a gestire lo straordinario amuleto ricevuto dalle due divinità congiunte, che erano il dio del tempo e il dio dello spazio? In verità, lo intrigava maggiormente il fatto che quel Materiade della specie umana lo faceva sentire assai turbato, senza conoscerne il motivo. In seguito, però, l'autorevole dio malefico smise di pensare a lui e si diede a risolvere il problema che l'eroico dio positivo gli aveva creato nel Parakosm, ma senza aver voluto punire lui con intenzione.

Quanto alla sua risoluzione, restando nel campo delle ipotesi, ad essa si poteva arrivare, percorrendo una delle due vie che il presente gli proponeva. La prima, presentandolo immaginifico al massimo, gli faceva contemplare il caso di un proprio incapsulamento in un fotogramma spazio-temporale. Per la precisione, doveva incapsularsi in quello che creava la situazione a lui aderente, ossia quella che gli faceva rivisitare la stella e il pianeta, dove quest’ultimo effettuava il drenaggio dell'energia atta a tramutare un essere vivente, indipendentemente dalla sua natura, in una creatura immateriale, con i crismi dell'onnipotenza in ogni suo provvedimento. In riferimento all'altra via, se i risultati della prima fossero stati deludenti, essa sarebbe stata quella che lo avrebbe indotto a cercare una nuova coppia di astri con le medesime caratteristiche e prerogative della stella Irideab e del pianeta Oblungus. Il dio della superbia, ossia il divino Buziur, volendo mettere in pratica la prima delle opzioni e prendere la palla al balzo, approfittò della presenza in quell’istante dei due astri che gli erano davanti, in una successione di fotogrammi spazio-temporali. Così andò ad infilarsi nell'antro del pianeta che permetteva l'evento prodigioso, mentre si faceva irrorare dall'energia stellare. Invece, nel procedere in tal senso, volendo sperimentare quanto gli era apparso logico e fattibile, egli urtò contro una irrealtà fatiscente. La quale non gli permise di rendere reale l'irreale, per cui ci restò molto male, poiché la delusione e il rammarico si diedero a bersagliarlo per un bel po' di tempo. Gli restò solamente la giusta considerazione che lo convinse che il suo esperimento poteva andar bene unicamente a Kron, essendo egli il dominatore del tempo.

Dopo tale fallimento, l'Imperatore delle Tenebre decise di seguire la seconda via, sperando che almeno essa lo portasse a risolvere il suo arduo problema. Perciò incominciò a ricercare nel Parakosm la coppia di astri aventi le caratteristiche uguali a quelle di Irideab, come stella irraggiante, e di Oblungus, in qualità di pianeta irraggiato. Ma l'impresa, come prevedeva, non sarebbe stata per niente facile, considerato l'immensità dello spazio parakosmico e l'ingente quantità di galassie che vi facevano parte. Comunque, prima di darsi alla ricerca della coppia di astri, costituita da una stella e da un astro spento ad essa collegato, con parametri identici a quelli dell'una e dell'altro, era ricorso ad un espediente che doveva agevolargli il ritorno. Egli aveva fatto nascere una stella lampeggiante nei pressi del luogo dove si aveva la compressione dei due cosmi e la conseguente spaccatura. In quel modo, essa avrebbe fatto da faro, richiamando la sua attenzione durante il rientro.

La velocità di spostamento del dio Buziur nello spazio parakosmico si poteva considerare qualcosa di superlativamente incredibile. Nonostante la quale, egli riusciva a portare avanti la sua ricerca tra le infinite stelle e gl'infiniti corpi spenti di ogni galassia, senza che gli sfuggissero nessun astro che brillava di luce propria e nessun astro spento, il quale poteva essere un pianeta oppure un suo satellite. Ovviamente, le comete e gli asteroidi non rientravano nella sua rapida ed accurata perlustrazione delle varie regioni parakosmiche, per cui le une e gli altri venivano da lui tralasciati nell'effettuazione della medesima. Ma ogni volta che avvistava una coppia di astri che avrebbe potuto fare al caso suo, l'avvicinava e si dava ad esaminarla più approfonditamente, allo scopo di averne la conferma. Quando invece si accertava di essersi sbagliato, riprendeva la sua corsa e il suo controllo nel Parakosm, ancora più determinato di prima. Intanto che lo attraversava, sfrecciando in esso con una velocità mille volte superiore a quella della luce, non riusciva a fare a meno di darsi ad alcune osservazioni, con le quali metteva a confronto Tenebrun e Parakosm, che risultava la copia di Kosmos. Allora si rendeva conto che c'era una differenza abissale fra le due realtà, naturalmente tutta a vantaggio della seconda. Perciò poteva anche restarsene in tale universo a godersi la sua bellezza e la sua grandiosità, senza che gli eccelsi gemelli andassero ad incomodarlo. Invece a lui interessava più vendicare il suo quartogenito Furor, con il pericolo di essere ricacciato in Tenebrun, che non darsi a vivere stabilmente nell'universo copia di Kosmos. Per il quale motivo, egli seguitava la sua ricerca con la massima ostinazione, con la speranza che alla fine ci sarebbe stato per lui il successo sperato, a dispetto delle divinità benefiche.


Com'era naturale che fosse, anche al dio Buziur succedeva che venisse colto ogni tanto dalla stanchezza, per cui in quel caso avvertiva la necessità di fare una sosta sopra il primo pianeta, il quale non risultasse inabitabile agli esseri viventi, per trovarvi riposo. Allo stesso modo delle altre divinità, fossero esse negative o positive, anch'egli preferiva sostare sopra un corpo celeste spento favorevole all'essenza vitale. Così ne poteva ammirare la bellezza dei paesaggi, senza farsi annoiare da una superficie piatta, brulla e totalmente priva di verde e di acqua. Grazie a quest'ultima, come si rendeva conto, gli derivavano degli elementi idrografici che arricchivano maggiormente le varie rappresentazioni paesaggistiche. Ebbene, fu durante una sosta di riposo che egli ebbe a fare una esperienza, la quale, anche per un dio della sua portata, si presentò di molto interesse, fino ad incuriosirlo parecchio. In verità, anche sulla sua superficie, com'era avvenuto sugli altri pianeti dove aveva già sostato, il dio malefico notò l'assenza assoluta di ogni specie di esseri viventi, perfino di un tipo qualsiasi di Materiadi, pur presentandosi essa ricca di panorami eccezionalmente stupendi. Invece in seguito, avendo voluto darvi un'occhiata più accurata, presso una polla, la quale faceva zampillare la sua chiara acqua, scorse un uomo di età avanzata, che vi sostava meditabondo. Allora, preso dalla curiosità, egli assunse le sembianze umane e lo avvicinò. Dopo averlo distratto dal suo stato pensieroso, gli fece la seguente domanda:

«Mi dici, uomo avanzato negli anni, chi sei e cosa ci fai presso quest'acqua sorgiva, la quale sgorga dal terreno fresca, limpida e zampillante? Inoltre, se non mi sono ingannato, sei l'unico uomo ad abitare su questo pianeta spopolato. Vorrei sapere anche cosa ci fai completamente solo su questo astro spento.»

«Forestiero, che provieni da una realtà dissimile dalla nostra, il mio nome è Fust e non senza una ragione continuo a stare fermo in questo posto isolato. Innanzitutto ti preciso che non ti sei ingannato a non scorgere sul mio pianeta Leruk alcun altro mio simile, poiché sono l'unico essere vivente ad esistere sulla sua superficie. Riguardo alla mia presenza in questo luogo, accanto all'Acqua Doppiante, essa vi permane esclusivamente per indicare agli esseri viventi che vi fanno visita come doppiarsi e farsi un alter ego del tutto irreale.»

«Mi sai dire se fino adesso, oltre a me, c'è stato qualcun altro a farti visita? Se lo vuoi sapere, Fust, io ne dubito fortemente. Oppure puoi dimostrarmi il contrario, dicendomi che mi sono sbagliato a fare un'affermazione del genere?»

«Invece hai avuto ragione a farla, forestiero, risultando essa nient'altro che la verità. Infatti, è raro che da queste parti capiti qualcuno, che sia poi anche disposto a degnarmi di una sua visita, come hai fatto tu, che puoi considerarti il mio visitatore numero uno.»

«Adesso mi dici, Fust, se l'Acqua Doppiante, alla quale fai da custode, riesce ad ottenere anche la copia di un essere divino, oltre che quella di un Materiade? Ma poi a cosa servirebbero queste copie irreali, se uno non può servirsene come azioni che si effettuano nella concretezza?»

«In attinenza alla tua prima domanda, che comprendo anche perché tu me l'hai fatta, la risposta è affermativa. Non sei forse una divinità in possesso di una energia non comune, la quale non si riscontra in nessun'altra divinità di Kosmos, poiché è da lì che provieni? In merito poi alla risposta alla tua seconda domanda, ho da chiarirti alcune cose, prima di dartela. Se esiste un'acqua di questo genere, è perché creare una copia conforme all'essere originale serve senz'altro a qualcosa; altrimenti la sua immotivata esistenza non avrebbe ragion d'esserci. Non lo pensi anche tu, dio ignoto? Ora ti faccio presenti alcune sue prerogative che, anche nella loro vacuità apparente, potrebbero tornarti utili.»

«Ecco, Fust: è quanto volevo apprendere da te! Riguardo poi al mio nome, siccome mi hai lasciato intendere che ci tieni a conoscerlo, per potere rivolgerti a me senza problemi, esso è Buziur.»

«Dio Buziur, la prima prerogativa della propria copia conforme, la quale si ottiene attraversando l'Acqua Doppiante, è la trasferibilità, poiché la si può trasferire in qualsiasi luogo che si desidera. Perciò puoi farla trovare dovunque tu voglia; però sempre esistente da sola e priva del dono dell'ubiquità. Infatti, non si possono avere più copie dell'essere originale e non può quell'unica copia trovarsi in più posti nello stesso tempo. Tanto per farti un esempio della sua applicazione in campo pratico, per un qualsiasi motivo, potresti ingannare una divinità tua rivale, facendo crederle che ti trovi in un posto dove in realtà non stai. Nel frattempo, il tuo essere reale se ne andrebbe in giro in un diverso luogo lontano da esso.»

«Trovo interessante, simpatico Fust, questo particolare della tua Acqua Doppiante. Ma adesso mi parli anche delle altre sue prerogative, dal momento che ce ne saranno senz’altro?»

«In verità, ce ne sarebbero solo altre due, dio Buziur, la prima delle quali corrisponde alla sua dissolvenza progressiva sfuggente. Essa va in funzione, nel caso che qualcuno volesse colpirla in modo offensivo. Grazie alla quale, la copia dell'essere doppiato sparirebbe progressivamente, ma non oltre il termine di pochi secondi. La qual cosa avverrebbe, anche senza che il suo essere originale le avesse impartito un simile ordine. Quest'ultimo, però, ne verrebbe avvisato in simultaneità, se un fatto del genere dovesse capitare alla sua copia che vaga liberamente in zone vicine oppure lontane.»

«Questa nuova prerogativa della copia conforme, Fust, non si può dire che sia importante come la prima; essa può servire all'essere originale, solo per venire a conoscenza che c'è stata un'altra energia ad attaccare la sua copia, il cui attacco era stato programmato per colpirlo nella sua realtà. La qual cosa gli permette di regolarsi di conseguenza, nel caso che ci dovesse essere un provvedimento da adottare per schivarlo oppure per difendersi da esso. Adesso, però, per favore vorrei che tu mi parlassi della terza prerogativa dell'Acqua Doppiante.»

«Si tratta della sua azione moltiplicativa, divino Buziur, con la quale la copia in questione può originare infinite copie di sé stessa nelle più disparate parti cosmiche e parakosmiche. Si tratta di una tecnica, che rende ancora più irrintracciabile sia la vera copia conforme che quella originale, da cui è stata dotata di vuota esistenza.»

«Beh, umano Fust, anche la terza prerogativa viene ad assumere una rilevanza di tutto rispetto, grazie alla quale, a parte l'irrintracciabilità dell'essere originale, la stessa copia conforme non si lascia individuare da chi intende reperirla nella sua specificità del momento. Perciò chi volesse accalappiarla oppure esprimersi contro di essa con qualche azione nociva dovrebbe rinunciare ad ogni suo proposito di aggressione e di mutamento di esistenza. Per la quale ragione, ritengo anche l'ultima delle tre prerogative, ugualmente alla prima, assai rimarchevole, a causa della sua opera in un essere esistente rivolta ad ovviare all'altrui intenzione aggressiva. Siccome però tali copie possono esibirsi anche come occhi dell'essere originale, questo riesce a vedere e ad avvistare cose oppure altri esseri in più località differenti, pur trovandosi esso sempre allo stesso posto.»

«Allora, dio Buziur, se hai valutato bene le tre prerogative dell'Acqua Doppiante, come hai detto, saresti disposto a farti bagnare da essa e a procurarti una copia di te stesso per servirtene a tempo opportuno e secondo il bisogno, quando ti troverai in una situazione alquanto problematica? Se in te ci sono la disponibilità e la compiacenza di possederla, non devi fare altro che attraversare la polla e farti bagnare da essa. Vedrai che, uscendo da tale liquido, non sarai più solo, ma ti accompagnerà la tua copia conforme, dalla quale potrai ottenere quanto di cui si è discusso prima, impartendo ad essa dei semplici comandi.»

All'invito di Fust, l'Imperatore delle Tenebre non esitò ad acconsentire ad esso; anzi, pensando già in quell'istante a come avrebbe fatto uso della propria copia, con uno slancio in preda ad un'ansia indicibile, passò attraverso la zampillante acqua sorgiva. Dopo che la ebbe attraversata, constatò che egli non era più solo, poiché lo accompagnava un altro sé stesso disposto a servirlo in ogni cosa, a patto che essa fosse risultata virtuale. A quel fenomeno strano, a cui non riusciva ancora a credere, il dio negativo, scambiatosi il saluto con il custode dell'Acqua Doppiante, si congedò da lui e riprese la sua ricerca attraverso l'infinito Parakosm. Questa volta già aveva in mente di ricorrere ad un artificio, convinto che esso gli avrebbe facilitato la ricerca della stella e del pianeta che gli interessavano. In effetti, il dio della superbia di quale espediente aveva pensato di fare uso, al fine di ricercare più celermente la coppia di tali astri? Egli intendeva sfruttare la terza prerogativa dell'Acqua Doppiante, ossia di quel suo lato che riguardava gl'infiniti riflessi della sua copia conforme. Secondo quanto aveva appreso, li poteva adoperare come propri occhi e darsi così a scrutare lo spazio parakosmico tutto in una volta, dopo averlo disseminato di un numero considerevole di tali riflessi. Alla fine, così, avendo avuto la totale visione di tale spazio, suo malgrado dovette ammettere che i due astri simili ad Irideab e ad Oblungus non esistevano in nessuna sua parte. Allora, mostrandosi assai sconsolato, decise di fare ritorno in Kosmos.

Mentr'era in attesa che si aprisse l'immensa spaccatura fra i due cosmi paralleli, il dio Buziur si diede a riflettere su un particolare che non gli era sfuggito in precedenza, ossia all'inizio della sua perlustrazione del nuovo universo. Egli aveva avuto la sensazione che in tutti gli elementi astrali, che via via incontrava, si fosse già imbattuto in Kosmos. Inoltre, se non errava, mettendoli a confronto, risultava che essi occupavano posizioni speculari in tutti e due gli universi paralleli. La qual cosa lo portava a credere che ci fosse una perfetta simmetria fra gli astri cosmici e quelli parakosmici. E non solo quella! A suo parere, se ciò fosse risultato vero, anche in Kosmos sarebbe dovuta esserci una coppia di astri, ossia una stella ed un pianeta, corrispondente, per posizione e per funzioni, a quella che aveva trasformato un Simbios in una Deivora. Allora, prima dell'avvento del fenomeno intercosmico, ritornò indietro con l'intento di fotografare mentalmente e memorizzare quell'angolo di Parakosm, nel quale un tempo era esistito il sistema stellare di Irideab con i suoi dieci pianeti. Così, una volta ritornato in Kosmos, sarebbe andato alla ricerca dell'angolo cosmico che lo riproduceva fedelmente e in esso avrebbe poi cercato la stella e il pianeta che fossero risultati speculari a quelli distrutti dal dio Iveon.