429°-IVEONTE LIBERA LERINDA E LA LASCIA PRESSO I RIBELLI

Quando Iveonte e la divina Kronel si diedero a volare verso la Selva Perversa, si era già all’imbrunire. Questa volta, però, siccome la diva voleva mettere al corrente il suo eroe di diverse cose e fargli nel contempo delle raccomandazioni, non si era ricorso alla compenetrazione. In merito a quest’ultima, sappiamo benissimo che il giovane non ne aveva più alcuna necessità, poiché poteva affrontare il lungo volo senza andare incontro a nessuna difficoltà. Egli aveva conseguito una eccellente abilità a spostarsi nello spazio, dopo che nel recente passato aveva ricevuto dal dio Iveon delle preziose lezioni di volo, delle quali aveva fatto gran profitto. Esse gli erano servite per prendere la massima dimestichezza possibile con lo spazio cosmico, siccome aveva da affrontare la Monotriad molto presto. Fatta questa precisazione, adesso vediamo cosa la figlia del dio Kron intendeva riferire al suo protetto e raccomandargli, prima di raggiungere la loro meta. Ella innanzitutto volle fargli una panoramica sull’esistenza degli Umanuk e su ciò che essi rappresentavano nelle diverse città edelcadiche, ad eccezione di Actina. In special modo, essa riguardò gli ultimi eccellenti delitti, dei quali i medesimi si erano resi gli esecutori materiali. Dopo aver portato a termine tale rassegna sommaria, ella aggiunse:

«Come possiamo notare, Iveonte, nell’Edelcadia si preparano degli eventi, di cui s’ignorano ancora gli obiettivi e le conseguenze, che deriveranno dal loro raggiungimento. Ma vorrei apprendere quali altre divinità hanno le mani in pasta in queste operazioni avvenute sottobanco, oltre ai divini protettori degli Umanuk. Costoro, a mio avviso, almeno per il momento, rappresentano le loro braccia; per questo vengono manovrati e guidati dalle loro menti scellerate verso obiettivi sconosciuti!»

«Mi meraviglio di te, mia divina Kronel, che non sei ancora riuscita a fartene un’idea! Comunque, se proprio ti dovesse risultare difficile venire a capo della vicenda che gli otto Umanuk e i loro protettori stanno mettendo in piedi, puoi sempre rivolgerti al potente tuo genitore. Così sarà lui a svelarti i reconditi scopi, che essi stanno perseguendo all'insaputa di tutte le divinità benefiche. In verità, adesso ciò che m’interessa maggiormente è la liberazione della mia Lerinda dal sedicente mago Ghirdo. A proposito di lui, tu immagini perché egli si sta accanendo contro la mia donna? Io riesco solo ad immaginare che egli se ne voglia fare scudo per difendersi da me.»

«Almeno a questo posso risponderti, Iveonte. Devi sapere che si tratta di una pura vendetta trasversale. Egli l’ha fatta sua prigioniera non perché è la sorella dell’ex sovrano di Dorinda, ossia del re Cotuldo; ma soltanto perché è la tua promessa sposa.»

«Ma se non ho avuto mai a che fare con Ghirdo, sai dirmi come mai, Kronel, egli è così terribilmente adirato contro di me, da prendersela perfino con la mia ragazza? Nel caso che tu possa darmi una risposta in merito, ti prego di farlo! In questo modo, mi renderò conto anche del motivo per cui il mago Zurlof, prima che abbandonassi la sua isola, mi mise in guardia da lui per l’avvenire. Allora cosa puoi dirmi sul suo conto, riguardo alla sua avversione nei miei confronti? Puoi dirmelo tu?»

«Mio eroe, grazie al suo protettore, che è il dio Sartipan, parecchi secoli fa il mago diventò immortale. Ma poi egli venne a sapere da chi lo proteggeva che un giorno la sua immortalità sarebbe cessata e il responsabile della sua morte saresti stato tu. Da quel giorno, egli ha fatto di tutto per cambiare il tuo destino e per provocare la tua morte. Il mago era convinto che, se ci fosse riuscito, avrebbe continuato a godersi la sua immortalità, senza esserci più il pericolo di perderla. A questo punto, Iveonte, sai tutto del mago, il tuo nemico nascosto!»

«Se ti è ancora possibile, Kronel, vuoi riferirmi le diverse circostanze nelle quali Ghirdo ha cercato di mettermi fuori gioco, con il solo proposito di trarne vantaggio?»

«La prima di esse ci fu, Iveonte, quando non eri ancora nato. Il malvagio mago aveva appreso dal dio Sartipan che all’essere umano, il quale un giorno avrebbe attentato alla sua immortalità, sarebbe stato dato il nome d'Iveonte, il cui significato era "il destinato a trionfare". Per questo, dietro consiglio del suo protettore, cercò di evitare che ti dessero alla nascita un tale nome. Per fare avvenire ciò, egli fece in modo che fosse il tuo prozio Eminto, cioè il fratello di tuo nonno, a mettere il nome d’Iveonte al proprio primogenito. Il mago lo convinse facilmente, poiché gli garantì che, dandogli quel nome, avrebbe fatto dell’unigenito suo figlio un personaggio leggendario e famoso in ogni tempo.»

«Kronel, ammesso che le cose fossero andate come hai detto, anzi esse andarono in quel modo, in seguito chi avrebbe potuto vietare a mio padre di darmi lo stesso nome del figlio di suo zio, cioè del cugino? Come faceva Ghirdo a sapere che ciò davvero non sarebbe accaduto? Lo aveva forse previsto il suo divino protettore?»

«La risposta è molto semplice, Iveonte. Nella loro casata, la quale è anche quella tua, vigeva una rigida usanza, in base alla quale i consanguinei fino alla terza generazione, fossero essi discendenti oppure collaterali, non potevano avere lo stesso nome. Perciò, se fosse stato il figlio di Eminto a prendere per primo il nome d'Iveonte, in seguito esso non sarebbe potuto più essere dato al primogenito di Cloronte, il quale sarebbe stato in avvenire l'erede al trono di Dorinda. Invece la sorte volle che il tuo cugino di secondo grado, di nome Iveonte, venisse ucciso involontariamente dal tuo maestro d’armi Tio. Allora tuo padre, per perpetuare la sua memoria, non esitò a darti il nome che era stato del cugino di primo grado, sebbene tua madre fosse di parere contrario. In un certo senso, furono loro stessi a farti chiamare Iveonte, attraverso il loro stratagemma, che tendeva ad ottenere il risultato opposto. Infatti, come avrebbe fatto tuo padre a chiamarti Iveonte, se non avesse avuto un cugino con tale nome e costui non fosse stato ucciso per errore dall'insuperabile Tio, il quale, a sua volta, sarebbe anche risultato un eccellente maestro d'armi e di arti marziali?»

«Non sbagli a pensarla così, affabile Kronel! Ma perché mia madre non voleva che io prendessi il nome del cugino di mio padre? Una valida ragione doveva esserci senza meno pure nel suo caso, se allora ella volle prendere una simile posizione!»

«Difatti essa c’era, Iveonte. Per il suo popolo, era di cattivo augurio dare ad un neonato il nome di un parente, che era morto da poco. Infatti, secondo un'antica credenza dei Berieski, tale nome gli avrebbe attirato addosso un'infinità di sventure, che lo avrebbero perseguitato e bersagliato per l’intera sua esistenza. Adesso comprendi pure ciò?»

«Stando così le cose, Kronel, non posso disapprovare l’atteggiamento contrario assunto da mia madre, dopo che ero nato, con cui si opponeva alla volontà di mio padre di darmi il nome che porto. Adesso, per favore, mi dici quali furono le altre evenienze, nelle quali Ghirdo cercò di attentare alla mia vita con tutte le proprie forze?»

«Iveonte, il mago tuo nemico ebbe la sua nuova occasione di eliminarti, quando avevi sette anni. Fu allora che tuo padre fece un sogno raccapricciante, secondo la cui giusta interpretazione un giorno tuo fratello Nucreto sarebbe stato la causa di una sanguinosa guerra tra Dorinda e le altre città alleate. Invece, con un abile artificio, Ghirdo fece risultare te il vero responsabile della futura guerra. Allora tuo padre si convinse a mandarti a morte, al posto di tuo fratello. Perciò ti affidò al suo amico Lucebio, perché egli compisse nel bosco il tremendo delitto. Ma costui preferì abbandonarti nella foresta, dove in seguito fosti trovato dal tuo amico Francide, il quale corse ad avvisare Tio, che egli chiamava Babbomeo. L'eccezionale maestro d’armi e di arti marziali, a tale annuncio, all’inizio si mostrò scettico; dopo invece l’insistenza del ragazzo lo costrinse a verificare quanto egli affermava. Dopo che se ne fu accertato, l’uomo, siccome dormivi ancora profondamente, ti raccolse da terra e ti portò nella loro capanna. Al tuo risveglio, però, poiché non rammentavi più nulla di te e del tuo passato, per forza di cose entrasti a far parte della nuova famigliola, la quale per te risultò salvezza in ogni senso. Anzi, quella circostanza favorì il nostro incontro e il nostro rapporto, quello che non avrà più termine.»

«Presumo, Kronel, che il mago Ghirdo abbia avuto la sua terza occasione favorevole di liberarsi di me sull’isola di Tasmina, confidando nell’aiuto del Mago dei maghi.»

«È stato proprio come hai supposto, Iveonte. Egli, invece, ha fallito anche a Tasmina. Il mago aveva voluto stringere amicizia con Zurlof, poiché era sicuro che tu saresti ricorso al suo aiuto per apprendere chi erano i tuoi genitori. Perciò, quando tu sei sbarcato sull’isola, egli ha incitato l’amico a procurarti la morte con i suoi mostri. Invece, alla fine, ridando la vita alla madre del signore dell’isola, sei riuscito pure ad ingraziarti la sua simpatia! Comunque, il tuo nemico giurato aveva avuto un’altra occasione per ucciderti; ma allora egli non poteva immaginare che stava combattendo contro di te, poiché ti credeva già morto da lungo tempo. Anzi, fu in quella circostanza che venne a sapere che in passato aveva fallito. Egli si rese conto che, quando aveva architettato la tua morte attraverso il sogno di tuo padre, alla fine non ci era riuscito.»

«Davvero dici, Kronel, che è accaduto quanto hai detto? E quando ci sarebbe stato in precedenza un combattimento tra me e il mago Ghirdo? Io non ne ho alcuna idea, né riesco ad immaginarla!»

«Ricordi, mio eroe, quando nel bosco vicino a Dorinda corresti in soccorso della principessa Lerinda? A quel tempo, non c’era ancora del tenero tra voi due! In quell’occasione, dovesti combattere contro il Talpok per salvarla; però, solo grazie al mio aiuto, riuscisti a metterlo in fuga. Quel mostro invulnerabile non era altro che Ghirdo! Anzi, fu in seguito alla vostra lotta che il mago, con l'aiuto del suo divino protettore Sartipan, divenne consapevole che eri stato tu a batterlo e che in passato non eri stato ammazzato dal consigliere del re Cloronte. Allora egli, colmo di rabbia, decise di sbarazzarsi di te sull’isola di Tasmina con l’aiuto del Mago dei maghi. Secondo lui, essendo evidente che avevi perso la memoria, per esserti innamorato della sorella di chi avresti dovuto sopprimere senza pietà, in seguito avresti appreso che potevi recuperarla, soltanto ricorrendo al suo amico Zurlof. Egli non aveva avuto torto, poiché ciò è avvenuto puntualmente. Solo che non immaginava che le cose si sarebbero svolte al contrario di come aveva sperato.»

«Vorrà dire, Kronel, che salderò i conti con lui nel castello di Pervust, dove porrò definitivamente fine alla sua immortalità! Non sei d’accordo con me, simpatica diva?»

«Invece, Iveonte, le cose dovranno andare altrimenti e non come ti sei proposto di fare. A tale riguardo, ho da farti dei chiarimenti su alcuni fatti essenziali che devi conoscere, dei quali non sei a conoscenza. Nel viaggio, che abbiamo appena intrapreso e che ci condurrà nella remota Selva Perversa, ti sarà vietato di fare svolgere le cose nella maniera che hai espressa, siccome non ti verrà consentito di agire a modo tuo.»

«Perché mai, mia diletta diva, stavolta avrò le mani legate nel prendere una mia iniziativa per punire i colpevoli e fare trionfare la giustizia? C’è forse qualcosa di cui sono all’oscuro e non riesco a rendermi conto? Dal momento che un perché ci sarà senz’altro, il quale, a quanto vedo, mi limita in questa impresa in modo coercitivo, t’invito a precisarmi ogni cosa su questa nuova vicenda.»

«Iveonte, oltre alle informazioni che hai ricevuto da me sugli Umanuk, durante questo nostro viaggio intendevo appunto avvertirti sia su ciò che ti sarà consentito sia su quanto ti sarà interdetto, una volta che saremo giunti nel castello di Pervust. Ebbene, almeno in questa missione, la quale è da considerarsi al di fuori di ogni rigore di logica, non ti sarà permesso di prendere alcuna iniziativa contro persone e contro cose. Nello stesso tempo, ti sarà pure impossibile comunicare con la tua Lerinda, poiché potrai solo salvarla e portarla via con te. Ad ogni modo, mentre ti adopererai per la sua liberazione, penserò io a produrre in lei una specie di torpore, il quale le eviterà di farti domande su di te e sulla tua presenza nel castello. Adesso hai compreso ogni cosa?»

«Kronel, quindi, l’attuale mio viaggio sarà identico a quello che mi condusse ad Actina, al fine di salvare il mio amico Francide. Solo perché egli aveva deciso di affrontare un’impresa più grande di lui, la quale lo avrebbe condotto direttamente alla morte.»

«Esatto, mio pupillo! Per questo, quando sarai nel castello degli Umanuk, ogni cosa dovrà avvenire esattamente come allora. E tu non potrai agire in maniera diversa da quella volta!»

«Non ti comprendo, mia adorabile diva! Allora mi sostituii al mio amico fraterno e portai a termine al posto suo la missione, la quale gli era stata affidata dai sacerdoti. Ma poi lo lasciammo addormentato nel medesimo posto in cui lo avevamo trattenuto in tempo. Adesso invece dovrò portare via da Pervust la mia ragazza, visto che sarà mia intenzione liberarla. Per questo mi spieghi dove dovrò condurre la mia Lerinda, dopo che l’avrò tirata fuori dalla nefasta fortezza degli Umanuk? Attendo la tua risposta, a tale proposito.»

«La condurremo nel campo dei ribelli, presso il tuo amico Lucebio. Adesso ti consideri appagato, Iveonte? In quel luogo, ella troverà anche il fratello Raco, il quale da molti giorni vi viene ospitato insieme con tutta la sua scorta. Pensa un poco come saranno giubilanti entrambi, quando s’incontreranno e saranno l'uno vicino all'altra!»

«Mi chiarisci anche, mia Kronel, come mai il viceré di Casunna si trova attualmente nel campo dei ribelli? Se vuoi saperlo, lo trovo un fatto davvero assai insolito!»

«Siccome Lucebio era venuto a conoscenza che il principe Raco era stato invitato presso la reggia di Dorinda dal falso suo fratello, allo scopo di assegnargli la medesima fine toccata a Cotuldo, il saggio uomo gli ha inviato incontro uno squadrone di ribelli con l’obiettivo di fargli cambiare destinazione. Se fosse stato necessario, i suoi uomini avrebbero dovuto costringerlo con la forza a cambiare idea, considerato che essi lo facevano unicamente per salvargli la vita. Adesso sarai davvero contento!»

«È proprio così, mia generosa Kronel! Ma sei davvero sicura che in seguito il mago Ghirdo non raggiungerà entrambi nel campo di Lucebio, facendo loro molto male?»

«A tale proposito, Iveonte, devo ancora segnalarti un particolare riguardante gli Umanuk. Essi, nonostante siano dotati di tante prerogative, non possono in nessun modo individuare una persona in un determinato luogo sia vicino che lontano. Solamente nel caso che le perverse creature avessero a disposizione anche un solo capello della persona ricercata, esse riuscirebbero a rintracciarla senza alcuna difficoltà. Per questo motivo, quando saremo nel castello di Pervust, sarà mia premura far sparire dal luogo di prigionia della tua Lerinda ogni capello da lei perso. Così il mago Ghirdo farà un buco nell’acqua, quando si darà a cercare sul pavimento i capelli della tua ragazza con la chiara intenzione di servirsene per arrivare fino a lei e per catturarla nuovamente.»

«Grazie, dolce Kronel, per aver pensato anche a questo dettaglio, il quale non permetterà al diabolico mago di localizzarla nello spazio e di raggiungerla dopo. Sono convintissimo che, se ci riuscisse, egli ci farebbe andare di mezzo pure coloro che in quel momento le starebbero dando ospitalità, a cominciare dal fratello Raco!»

«Non ti sei sbagliato, Iveonte. Ma adesso dobbiamo porre fine ad ogni altro nostro dialogo e raggiungere al più presto la tua amata, essendo il nostro obiettivo quello di liberarla!»

Anche il suo protetto fu d’accordo con lei e si cercò di pervenire al più presto alla Selva Perversa, dov'era ubicato il castello Pervust. Essi vi giunsero, quando era notte fonda e su ogni cosa imperava il buio tenebroso. Di lì, poi, la diva ed Iveonte si trasferirono nella mastodontica fortezza degli Umanuk, dove raggiunsero in fretta il reparto di Ghirdo, poiché esso faceva anche da prigione alla principessa Lerinda. Una volta all’interno dello stanzone, vi scorsero una lampada ad olio accesa, dalla quale fuorusciva una tenue luce. Essa riusciva a rischiarare appena le varie parti circostanti, tra le quali anche quella in cui si trovava il letto dove dormiva la reclusa. Allora la diva Kronel illuminò il luogo con un cerchio fiammeggiante produttore di luce, il quale poteva essere scorto sospeso nell'aria, nelle prossimità della volta.

All’intensa luce provocata dal cerchio luminoso, la ragazza si svegliò. Ella, però, ebbe solo il tempo di scorgere davanti a sé l’amato suo Iveonte, poiché subito dopo gli occhi le si chiusero all'istante, a causa della sopravvenuta sonnolenza. Proprio in quel momento, infatti, era intervenuta la figlia del dio Kron e l’aveva fatta sorprendere da un sonno profondo. Esso non le aveva consentito di mettersi a formulare al suo fidanzato svariate domande, alle quali non si sarebbero potute dare delle risposte da parte di lui, per le ragioni che conosciamo. Perciò, secondo la diva, era meglio evitare una situazione del genere tra loro due, la quale avrebbe potuto solo fare del male alla ragazza. Da parte sua, Iveonte si affrettò a prendere sulle sue granitiche braccia la sua Lerinda, dopo essersi curvato su di lei ed averla alzata dal suo letto. Inoltre, non si astenne dal baciarla sulle labbra, intanto che la sollevava con la massima cura, provocando nella diva un pizzico di gelosia. Ma qualche attimo più tardi, il nostro eroe e la sua divina protettrice già volavano alla volta dell’Edelcadia. Precisamente essi si proponevano di raggiungere i territori appartenenti alla giurisdizione di Dorinda. Così dopo avrebbero atterrato nel campo di Lucebio e vi avrebbero lasciato il corpo addormentato di Lerinda.

Era l’alba, quando ciò avvenne, grazie alla correzione di rotta fatta dalla diva. Com’era ovvio, Iveonte era all’oscuro della nuova posizione del campo di Lucebio, per cui era toccato a Kronel individuarla per tempo e planarvi. Ma dopo che vi ebbero adagiato sul suolo la ragazza liberata, la quale in quel momento era in preda al sonno, essi ripresero il loro volo diretto all’accampamento dei Berieski. In esso Iveonte avrebbe assunto di nuovo il comando dell’esercito ed avrebbe impartito ad esso l’ordine della ripresa dell’interrotta marcia. Entrambe le cose, ad ogni modo, ci furono ai primi chiarori del giorno successivo a quello della loro partenza, la quale era avvenuta nella sera precedente.


Nello stesso istante che l’esercito beriesko si rimise in marcia, quando si era a metà percorso dalla regione edelcadica, ci fu anche il risveglio della principessa Lerinda. Sull’altopiano, oltre a Lucebio e a Croscione, adesso vi avevano stabile dimora molti ribelli insieme con le loro famiglie. La ragazza era stata lasciata da Iveonte e da Kronel in una zona coltivata a foraggio, il quale era formato da erbe che non raggiungevano il metro di altezza. Perciò nessuno avrebbe potuto avvistarvela, se prima ella non si fosse alzata in piedi.

Nel trovarsi in quel luogo, la principessa si stupì moltissimo e non sapeva spiegarsi come ci fosse arrivata; ma era felice di non stare più nel castello di Pervust, in balia del mago Ghirdo. Avendo poi udito alcune voci nelle vicinanze, ella si drizzò subito in piedi e si diede a calpestare il verde tappeto erbaceo, dirigendosi verso i due uomini, i quali erano intenti a discutere fra di loro. Mentre avanzava nella loro direzione, la ragazza si andava chiedendo dove fosse finita e con chi presto avrebbe avuto a che fare. Ma si augurava che quegli sconosciuti fossero dei tipi garbati e gentili, che avrebbero anche compreso benevolmente la sua situazione di forestiera spaesata, senza riservarle alcun tipo di violenza.

Quando la principessa si fu avvicinata agli sconosciuti con l’intenzione d’intavolare un dialogo con loro, gli si rivolse, dicendo:

«Brave persone, volete essere così cortesi da dirmi in quale luogo sono, siccome mi ci sono trovata, senza sapere come e quando? Se me lo dite, ve ne sarò infinitamente grata!»

Siccome se l'erano trovata addosso con un’apparizione subitanea, all’inizio i suoi due interlocutori erano rimasti di stucco. In verità, il loro atteggiamento non era stato cagionato dalla sua repentina presenza, ma dal suo affascinante volto. Il quale, a un tempo, esprimeva bellezza, fierezza, intelligenza e nobiltà. Subito dopo, però, sentendola parlare in quel modo, la considerarono una ragazza con la testa non completamente a posto, magari priva di qualche venerdì. Perciò il più anziano dei due, come se volesse prenderla in giro, si diede a parlarle così:

«Ragazza, non dirci che sei caduta dalla luna proprio in questo momento, per cui ignori del tutto questo luogo! Sai, a volte il nostro cervello ci porta a credere anche un fatto simile, come sta succedendo a te in questo momento. Comunque, se non sei una vera mentecatta, non puoi non riconoscere il posto dove vivi, considerato che non è possibile che tu sia giunta su questo altopiano, senza essere notata dalle sentinelle che vigilano sullo stradone che porta ad esso! Perciò, anche se non ti conosciamo, per essere quassù, obbligatoriamente sei una di noi!»

«Perché, voi chi siete? Vuoi essere così gentile, da dirmelo? Anzi, mi faresti un grande favore, se tu mi dicessi come si chiama questo luogo, che mi risulta completamente ignoto!»

«Ti riferirò ogni cosa, ragazza, soltanto dopo che mi avrai detto quale persona credi di essere e da quale città provieni. Almeno queste due cose dovresti sapermele dire, se non vuoi farti giudicare una demente!»

«Io sono la principessa Lerinda e, fino a poco fa, vivevo nella reggia di Dorinda, dove il re Cotuldo mio fratello è stato ucciso. Ero stata fatta prigioniera dal suo uccisore; ma poi qualcuno, dopo avermi liberata, mi ha fatta risvegliare in questo luogo.»

«Se è come affermi, principessa, allora sei pure la fidanzata dell’invincibile Iveonte! Mi devi scusare, se prima ti ho dato della demente! Ebbene, ti trovi nel campo degli ex ribelli al comando di Lucebio. Quindi, puoi stare tranquilla, poiché sei tra amici! Inoltre, principessa, ho da darti una bella notizia. Da circa un mese, presso il nostro saggio capo, viene ospitato pure tuo fratello, il nuovo re di Casunna.»

«Allora conducetemi subito da lui, poiché non vedo l’ora di riabbracciarlo! Per la verità, desidero anche incontrare Lucebio e Croscione, poiché intendo salutarli cordialmente!»

Alla richiesta della principessa Lerinda, i due ribelli si misero subito a sua disposizione, accompagnandola all’alloggio del loro capo, dove non erano ancora svegli tutti. Ma i Casunnani, compreso il loro sovrano, dormivano nel loro attendamento, il quale era costituito da una decina di tende, che essi stessi avevano piantato non molto lontano dagli alloggi di Lucebio e di Croscione. Allora Lerinda, prima degli altri, preferì svegliare il fratello Raco, del quale conosceva la tenda, essendo quella più appariscente e meglio attrezzata delle altre. Dopo esservi entrata, si diede a parlare ad alta voce:

«Fratello, sono qui: per favore, svégliati! Non vedo l’ora di riabbracciarti e di sfogarmi un poco con te, dato che ne ho un terribile bisogno!»

A quelle due frasi pronunciate in quel modo, il viceré Raco all’istante smise di dormire. Anzi, ebbe un soprassalto istintivo, mostrandosi molto tardivo a rendersi conto di quanto stava succedendo nella propria tenda. Egli pensò perfino che stesse sognando, per cui cercò di riaddormentarsi. A quell’atteggiamento del fratello, il quale tese ad ignorare la sua presenza, Lerinda si adirò e continuò a gridargli:

«Raco, non mi hai riconosciuta per niente, per comportarti come stai facendo! Invece sappi che io sono tua sorella e mi stai scorgendo realmente e non in un sogno!»

Alle nuove parole della ragazza, il fratello, il quale adesso era da considerarsi l’attuale sovrano di Casunna dopo l’avvenuta uccisione del fratello re, si buttò subito dal letto e corse ad abbracciarsi la germana. Mentre se la stingeva forte al petto, le diceva:

«Scusami, Lerinda, se non ti ho ravvisata subito, dopo aver pronunciato le tue prime parole! Penso che sia un miracolo che tu ti trovi a parlare con me nella mia tenda! Ma se eri prigioniera del mago Ghirdo, come hai fatto a liberarti e ad essere presente in questo posto? Non è possibile che sia stato Iveonte, poiché altrimenti ci sarebbe stato pure lui insieme con te a recarmi la bella notizia della tua insperata liberazione. Dunque, mi dici chi è stato a liberarti, se non è stato lui?»

«Invece, Raco, anche se non posso spiegarti com’egli sia riuscito a farlo, lasciandomi dopo nel campo dei ribelli, ti assicuro che è stato proprio il mio adorato fidanzato ad operare questo miracolo!»

«Sai che non riesco a comprenderti, Lerinda? Lo hai forse visto, mentre ti liberava e ti conduceva qui? Se fosse stato Iveonte a fare tali cose, in questo momento egli sarebbe qui insieme con te!»

«Adesso ti racconto i fatti come sono andati realmente, fratello. Mentre dormivo nella mia stanza di prigionia, una luce intensa l’ha invasa dappertutto ed ha causato anche il mio risveglio. Appena ho aperto gli occhi, ho scorto il mio Iveonte; ma subito dopo, per una strana magia, mi sono riaddormentata. Quando mi sono risvegliata, mi sono ritrovata su questo altopiano, dove c’è il nuovo campo dei ribelli; ma ignoro del tutto come ci sono arrivata. Sono stati due uomini di Lucebio a mettermi al corrente del luogo in cui ero stata lasciata dal mio Iveonte.»

«Se i fatti si sono svolti come hai detto, Lerinda, hai ragione ad affermare che può essere stato solo mio cognato a liberarti e a condurti qui. Anche se non conosciamo il modo in cui ha operato per ottenere la tua liberazione, il tuo trasferimento in questo luogo e il motivo per cui è sparito subito dopo. Io non riesco a spiegarmelo!»

«Hai dimenticato, Raco, i sogni a sfondo sessuale che un tempo abbiamo avuto io e il mio Iveonte? Essi, pur accadendo realmente, non ci permettevano di comunicare tra di noi. Ebbene, secondo me, ci troviamo di fronte ad una situazione analoga. Ciò spiegherebbe le ragioni per cui il mio ragazzo si è defilato, senza aver tentato neppure un approccio, allo scopo di salutarmi e di abbracciarmi, com’era avvezzo a fare!»

«Probabilmente, sorella, sarà stato come hai sospettato. Per cui noi due smettiamola di voler approfondire ad ogni costo tale argomento e diamoci a rallegrarci di quanto ti è accaduto! Inoltre, corriamo subito da Lucebio e da Croscione per consentire anche a loro di bearsene! Essi faranno salti di gioia, nell'apprendere quanto ti è accaduto questa mattina, e vorranno anche apprendere da te come ti sei liberata!»

Svegliati dal loro sonno profondo, sia Lucebio che Croscione, nel vedersi davanti la principessa Lerinda, provarono una gioia immensa. Il capo degli ex ribelli, per la verità, anziché chiedere alla ragazza come si era verificato un prodigio del genere, vietando pure agli altri di farlo, dispose che ogni domanda ed ogni spiegazione sarebbero dovute rimandare al momento della colazione, intanto che si consumava mangiava.

Una volta poi che i cinque commensali ebbero preso posto a tavola (va precisato che il quinto di loro era Gerud), Lucebio invitò la principessa ad esporgli tutto quanto le era capitato, dopo che l'avevano condotta via dal carcere di Dorinda. Quando infine la ragazza ebbe terminato di riferire i vari fatti che avevano riguardato la propria disavventura vissuta in quel lasso di tempo, Lucebio, manifestando un immenso stupore, provò a commentarli così:

«Non c’è dubbio che è stata la sua diva protettrice ad avvertire il suo pupillo della prigionia della sua ragazza. La stessa poi lo ha aiutato a liberarla, secondo procedure che noi umani non possiamo comprendere. Altrimenti non si spiegherebbe la presenza della principessa in questo posto, il quale si trova molto distante dalla Selva Perversa. Inoltre, non è forse vero che Iveonte era all’oscuro della posizione del nostro nuovo campo? Circa il comportamento assunto dal nostro eroe in questa impresa, abbraccio la tesi della sua fidanzata, secondo la quale il suo ragazzo si è trovato ad affrontare una situazione analoga a quella vissuta nei sogni di un tempo. A questo punto, speriamo soltanto che Ghirdo non riesca a rintracciare la sua prigioniera, poiché in quel caso ci andremmo di mezzo anche noi, che siamo su questo altopiano!»

«Invece, Lucebio,» lo rassicurò la ragazza «sono convinta che ciò non accadrà, poiché altrimenti non sarei qui tra voi. Se mi trovo in questo posto, è perché chi mi ci ha condotta lo ritiene sicuro e non rintracciabile dal mago. Comunque, tale mia sicurezza non mi fa stare ugualmente serena, a causa di ciò che mi aveva rivelato il mago, prima che venissi liberata dal mio Iveonte e dalla sua generosa diva tutelare.»

«Allora, principessa, parlaci delle rivelazioni che ti ha fatte il mago Ghirdo, quando sei stata sua prigioniera.»

«Secondo lui, anche se Iveonte ha sconfitto il signore di Tasmina, egli non riuscirà a spuntarla contro gli otto Umanuk e i loro divini protettori, siccome al loro fianco lotterà il dio Buziur, che è l’Imperatore delle Tenebre. Costui è andato a trasformarsi in un mostro, contro il quale nulla potranno perfino le più potenti divinità benefiche dell’universo. Perciò egli farà fare una brutta fine alla totalità delle divinità positive. In attesa del suo arrivo, gli Umanuk, a capo dei loro eserciti, dovranno sferrare un attacco in grande stile contro la Città Santa e distruggerla. Sempre a giudizio di Ghirdo, ogni provvedimento del re Francide per rendere imprendibile la sua Actina risulterà vano, poiché egli non sarà in grado di sottrarre il suo popolo all’orrendo massacro che lo attende. Riguardo al mio Iveonte, egli mi ha garantito che, se le due volte precedenti è riuscito a non farsi uccidere da lui, in seguito ciò non accadrà più e ne rimarrà di sicuro ucciso.»

«Quali sarebbero, principessa Lerinda, le due circostanze che nel passato il mago si ritrovò a macchinare contro la vita del primogenito del re Cloronte? Vorrei proprio che tu me le riferissi, siccome al momento attuale esse non mi sovvengono!»

«La prima volta, Lucebio, Iveonte aveva sette anni. Avendo il padre fatto un sogno terribile, il mago, travisandone il significato, costrinse il re Cloronte a mandare a morte lui, al posto del fratello Nucreto. Al contrario, tu, che avevi ricevuto l’ingrato compito di eseguire la sentenza capitale del tuo piccolo amico, disubbidisti all’ordine del sovrano e lo abbandonasti nella foresta. Invece la seconda volta accadde, quando Ghirdo cercò di rapirmi nel bosco situato nei pressi di Dorinda, dopo essersi trasformato nell’invulnerabile Talpok. Ma Iveonte, accorso in mio aiuto, riuscì a metterlo in fuga, grazie anche all’intervento della sua prodigiosa spada. Essa fece in modo che i poteri deleteri del mostro non lo investissero nella maniera letale da lui voluta.»

«Principessa, dopo che il mago ti ha fatto presenti questi due episodi che lo avevano visto perdente, avresti dovuto rinfacciargli che anche nel nuovo scontro, che avrà quanto prima con Iveonte, egli sarà ugualmente sconfitto. Ma questa volta per sempre, poiché esso gli farà perfino perdere l’immortalità, grazie al suo anello! Allora glielo hai detto?»

«Certo che gli ho fatto notare qualcosa del genere, Lucebio! Ma la risposta del mago è stata la seguente: "Adesso le cose stanno per cambiare, principessa. Il dio Buziur, che è l’Imperatore delle Tenebre e che è già una divinità di tutto rispetto, è andato a trasformarsi in un qualcosa che risulterà superiore alle più potenti divinità di Kosmos. Così egli, dopo aver neutralizzato o scacciato da esso tutte le divinità benefiche, lo dominerà con la sua legge del male! Perciò potrà mai il tuo Iveonte, che è un misero mortale, competere con una divinità dai poteri insuperabili ed illimitati? Certamente, no! Quindi, comincia a piangerti la sua morte, la quale non tarderà ad esserci sulla scena dell’universo. Semmai per ipotesi egli dovesse ancora uscirne illeso, non credi che, con te nelle mie grinfie, potrò fare di lui quello che vorrò?" Ma per il mio bene, Iveonte mi ha sottratta alla sua prigionia, prima di quel tempo maledetto!»

«Almeno in questo sei stata fortunata, principessa Lerinda. Comunque, le parole del mago ci spaventano moltissimo. Speriamo soltanto che esse non risulteranno vere e che il bene resterà a regnare fra gli uomini per moltissimo tempo, senza soccombere al male!»

Fu così che ebbe termine tra i cinque commensali la discussione sulla liberazione di Lerinda da parte di Iveonte. Allora essi si diedero ad interessarsi ad altre attività e ad altri problemi, poiché essi richiedevano soluzioni ed applicazioni nell’arco di quella giornata. La quale, a causa della comparsa della principessa Lerinda, si era presentata con i migliori auspici, come se avesse illuminato il cielo in una plumbea giornata di pioggia.