426°-LA PRINCIPESSA LERINDA VIENE RINCHIUSA NELLE CARCERI DI DORINDA

Le sostituzioni dei rispettivi sovrani da parte degli Umanuk, nelle sette città edelcadiche considerate, c'erano state, quando la principessa Lerinda si trovava ancora a Casunna presso suo fratello Raco. Il quale, come siamo al corrente, vi esercitava le funzioni di viceré, essendo stato investito di tale carica dal fratello re Cotuldo. Costui, fin dalla detronizzazione del re Cloronte e dalla sua ingiusta carcerazione operata dai sette sovrani traditori, aveva preferito la reggia di Dorinda come propria sede permanente per governare dispoticamente su entrambe le città. Ma il suo governo sulla Città Invitta era continuato, fino a quando non era stato ucciso dal mago Ghirdo.

Nel ritornare al presente della nostra storia, facciamo appena in tempo ad assistere all’ingresso nella reggia dorindana della ragazza d’Iveonte, la quale si era accomiatata dal caro fratello viceré una decina di giorni prima. Lerinda, durante il suo viaggio verso Dorinda, era stata accompagnata da una scorta formata da una ventina di soldati casunnani armati fino ai denti. Il suo primo incontro fu con il consigliere del fratello Gerud. Il quale, non appena l’ebbe scorta, le andò subito incontro sia per omaggiarla nel modo conveniente sia per darle alcune notizie, quelle che adesso apprenderemo pure noi. Infatti, dopo che l’ebbe raggiunta, l'alto ufficiale le si espresse con le seguenti parole:

«Bentornata, principessa Lerinda! In verità, se fosse dipeso da me, ti avrei sconsigliata dal partire e ti avrei invitata a restartene a Casunna, dove saresti stata più al sicuro! Mi dispiace dirtelo, ma è così!»

«Perché mi parli in questo modo, Gerud? È successo forse qualcosa qui nella reggia, durante la mia assenza? Cosa mai potrei aspettarmi di brutto dal tuo sovrano? Non dimenticare che il re Cotuldo è pur sempre mio fratello e non mi tratterebbe mai nel modo che mi stai lasciando intendere, anche se noi due sappiamo che egli a volte si mostra un tipo assai bislacco! Inoltre, il mio germano dovrebbe rendere conto al mio Iveonte, se osasse arrecarmi anche il più piccolo affronto! Questo lo sai anche tu, se non sbaglio, che egli non lascerebbe correre in quel caso!»

«Se sei di questo avviso, nobile principessa, mi auguro che tu non abbia torto! Ad ogni modo, mi affretto palesarti il seguente segreto: se fino ad un mese fa ubbidivo a tuo fratello con serenità, essendo mio dovere riconoscere la sua autorità; oggi come oggi, eseguo i suoi ordini, vivendo unicamente nel terrore. Non riesco a capacitarmi cosa sia avvenuto in tuo fratello; ma ho l’impressione che, al posto suo, ci sia un’altra persona a governare. Magari il nuovo essere, che attualmente lo rappresenta, fosse più comprensivo e ragionevole di lui! Al contrario, ci troviamo di fronte ad una persona, la quale è cento volte più cinica e spregiudicata di lui. Perciò egli mi fa temere qualcosa di catastrofico ad ogni istante della mia esistenza, spingendomi a rabbrividire. Ora sai ciò che intendo farti comprendere, a proposito di tuo fratello?»

«Sei stato piuttosto chiaro, Gerud. Ma se non hai da riferirmi altro su mio germano maggiore di più positivo, non vedo il motivo per cui dovrei temerlo, come se fosse diventato un mostro totalmente senza cuore! Se invece hai qualcos’altro da aggiungere a quello che già mi hai detto su di lui, sei pregato di vuotare il sacco e dirmi l'intera verità, perché io possa poi fare le mie considerazioni e comportarmi di conseguenza. Allora, consigliere del mio regale fratello, puoi fornirmi qualche prova inconfutabile, la quale avvalori quanto ti atterrisce?»

«Non so, principessa Lerinda, che peso darai alla rivelazione che sto per farti; essa, però, per me non è da poco e mi convince che qualcosa di terribile è avvenuto nel mio sovrano. Ti è mai capitato, anche nei suoi momenti più rabbiosi, di vedere i suoi occhi diventare di fuoco? Ebbene, alcuni giorni or sono, mentre mi rimproverava e dava in escandescenze, nelle sue orbite sono apparse due fiammelle, le quali gli hanno coperto entrambi i globi oculari. Tu come ti spieghi tale strano fenomeno, il quale in quel momento mi spaventò a morte? Mi palesi qual è la tua interpretazione in merito ad esso? Vorrei proprio avere la tua opinione!»

«Se non fu una tua suggestione in quella circostanza, Gerud, per cui quanto hai asserito si verificò senza meno, dobbiamo davvero cominciare a preoccuparcene sul serio. Difatti neppure a me non è mai capitato di scorgere i suoi occhi, come tu mi hai fatto presente. A ogni buon conto, se prima non lo avrò incontrato e non avrò avuto un colloquio con mio fratello Cotuldo, non potrò sbilanciarmi più di tanto sulla sua persona, per cui eviterò di esprimermi su di lui!»

«Forse hai ragione tu, saggia principessa. Anzi, sai cosa ne penso? Sarà proprio il vostro incontro a schiarirmi meglio le idee sul mio sovrano. Se il vostro rapporto continuerà ad essere quello di sempre, ammetterò senz'altro che mi sarò sbagliato. Al contrario, se le cose si metteranno male anche per te, dovrò iniziare a preoccuparmi seriamente! Inoltre, sarò costretto a rivolgermi al cieco Croscione e a chiedere a lui un consiglio utile, poiché egli ha sempre avuto un grande ascendente sul tuo bilioso germano. Ma questo lo sai pure tu.»

Al termine dello scambio di vedute avuto con il suo interlocutore Gerud, il quale si era voluto pronunciare contro lo strano comportamento del re Cotuldo, la principessa Lerinda si affrettò a rientrare nelle sue stanze private con la sua nutrice Telda. La quale era stata con lei durante l'intero suo soggiorno nella città di Casunna. Comunque, siccome si era già nella tarda mattinata, la principessa ritenne opportuno incontrarsi con l'autorevole fratello direttamente in sala da pranzo. Così gli avrebbe riferito le ambasciate di Raco durante il pasto di mezzogiorno. Invece il previsto incontro dei due germani andò a vuoto, poiché il re Cotuldo a tavola era risultato assente. Secondo quanto le avevano riferito gl’inservienti, egli non sarebbe rientrato prima di sera. Ma subito dopo esserci stato il pranzo, la principessa Lerinda inviò la sua nutrice Telda da Gerud per chiedergli se fosse stato a conoscenza dell’assenza del suo sovrano dalla reggia, a causa della quale egli non aveva potuto pranzare a corte. Allora l'alto ufficiale, come risposta, le mandò a dire che era all’oscuro di un fatto del genere e che non lo aveva neppure visto allontanarsi dalla reggia né a piedi né a cavallo, come pure né da solo né in compagnia di qualcuno. Inoltre, egli non si era astenuto dal manifestarle il suo grande stupore, il quale era dovuto a tale incomprensibile particolare. A quelle notizie del braccio destro del fratello, Lerinda si meravigliò moltissimo ed attese la sera per farsi spiegare dal germano come avesse fatto ad allontanarsi dalla reggia, senza farsi vedere da nessun cortigiano, nemmeno dal suo consigliere Gerud.

Si era all’imbrunire, quando la principessa Lerinda riuscì a farsi ricevere da colui che si credeva fosse suo fratello Cotuldo. Costui, da parte sua, non aveva potuto fare a meno dell’incontro con la principessa, ad evitare che ella s’insospettisse di qualcosa sul proprio comportamento. Inoltre, si astenne dal farla sparire dalla reggia, destinandole la stessa fine che aveva fatto subire al fratello re, non volendo rendere sospettoso il comandante della Guardia Reale, ossia Gerud, ammesso che egli non lo fosse già. Così, quando la ragazza gli volle parlare a tu per tu nel salottino rosso, avendo per lui delle comunicazioni importanti da parte del fratello viceré, egli, fingendo di mostrarsi abbastanza lieto di rivederla a corte, l’abbracciò e le esclamò con finta gioia:

«Finalmente a Dorinda, sorellina! Non sai come sono felice di rivederti! Ho gioito un sacco, quando Gerud mi ha comunicato che eri ritornata da Casunna. Quali nuove mi rechi da parte di Raco? Sono ansioso di conoscerle subito, se non ti dispiace darmele adesso! Sai? Tra non molto, dovrò convocare nostro fratello qui da me, siccome ho da dargli delle notizie importanti che lo riguardano. Mi assicuri, Lerinda, che egli gode ottima salute, la qual cosa mi afrebbe piacere?»

«Se avevi bisogno di tuo fratello, Cotuldo, perché non glielo hai comunicato con un tuo piccione viaggiatore, quando ero presso di lui? Così Raco sarebbe stato lieto di accompagnarmi a Dorinda con la sua scorta. Peccato che tu non lo abbia fatto prima della mia partenza! In riferimento al suo stato di salute, esso è ottimo. Perciò puoi stare tranquillo!»

«Hai proprio ragione, Lerinda; ma mi è proprio sfuggito di mente! Comunque, tra qualche giorno dovrò avvertirlo del nostro incontro. Esso dovrà tenersi qui da me, essendo sopravvenuti dei fatti nuovi, i quali mi obbligano ad abboccarmi con lui al più presto.»

«Se non sono troppo indiscreta, caro Cotuldo, potrei sapere quali sarebbero questi fatti, a cui hai accennato? Spero che essi siano positivi e per niente preoccupanti per lui oppure per entrambi!»

«Invece, sorella, si tratta di questioni che non si addicono alle donne. Perciò mi astengo dal parlartene. Ma adesso mi riferisci le cose che mi ha mandato a dire Raco tramite te, poiché desidero apprenderle?»

Alla strana risposta del sedicente fratello, la principessa Lerinda, prima di rispondergli, cercò di studiarsi meglio la situazione. Secondo lei, forse i sospetti di Gerud non erano del tutto infondati; però non li si potevano neppure avallare senza delle prove incontrovertibili. Una di esse poteva essere il fatto che, mentre lo teneva abbracciato, anziché ad un tiepido corpo, le era parso di stare attaccata ad un gelido macigno. Ma anche quel particolare non era da valutarsi probante, considerato che poteva risultare la conseguenza di un’autosuggestione momentanea, a causa del suo atteggiamento prevenuto nei suoi confronti. Allora come forzare il suo interlocutore a tradirsi, facendolo rivelare l’uomo che era in realtà e non quello che impersonava nel momento che gli parlava? Una volta che ci ebbe riflettuto, la principessa decise di prenderlo in castagna, tirando in ballo un argomento al quale il fratello Raco non si era riferito; né si sarebbe mai riferito ad esso. Perciò il germano che aveva di fronte, ammesso che si trattasse proprio di lui, nell’apprenderlo si sarebbe dovuto stupire e reagire di conseguenza. Così, dopo aver ripreso la parola, ella gli ebbe a rispondere:

«Innanzitutto, Cotuldo, scusami se mi sono distratta per breve tempo, dimenticando di parlarti del nostro germano lontano. In merito a nostro fratello Raco, egli ti manda a dire che non è giusto tartassare i Casunnani più di quanto non lo siano già. Per cui ti consiglia di fare marcia indietro, senza aggravare ulteriormente le loro condizioni disagiate. Secondo me, il suo consiglio è abbastanza saggio e tu dovresti ripensarci senza indugio! Questo è quanto avevo da comunicarti.»

«Se questa è l'opinione di Raco a tale riguardo, Lerinda, vorrà dire che gli darò ascolto e lo accontenterò! Ma su nient’altro egli ti ha incaricata di notiziarmi, mia affettuosa sorella?»

A quel punto, la principessa Lerinda, essendosi accertata che il suo interlocutore assolutamente non poteva essere il fratello che conosceva, oltre ad evitare di trasmettergli a voce ciò che davvero aveva da dirgli da parte del viceré Raco, andò ben oltre. Infatti, con un fare assai risoluto, gli diede la seguente nuova risposta:

«Cotuldo, io avrei terminato, non avendo da dirti altro da parte di nostro fratello Raco. Ma mi piacerebbe apprendere da te cosa hai fatto durante l’intera mattinata, poiché qui a corte nessuno ha saputo dirmi dov’eri finito. Perfino il tuo consigliere si è meravigliato, quando ha appreso che vi risultavi assente! Allora cosa hai da rispondermi, a giustificazione della tua assenza dalla reggia? Ti va di dirmelo?»

«Invece, sorella indiscreta, non devo giustificare a nessuno, neppure ad un mio congiunto, perché ho fatto una cosa, anziché un'altra; oppure perché sono andato in un posto e non in un altro. Perciò, nel comportarti come hai fatto, hai commesso un errore imperdonabile. Il quale mi obbliga a punirti come si deve, dopo che avrò fatto venire qui Gerud!»

Quando poi l’alto ufficiale si presentò a lui, per essere stato chiamato da una guardia reale, la quale piantonava un angolo della reggia lì vicino, si mostrò frettoloso ad ordinargli:

«Gerud, fammi il favore di rinchiudere questa mia sorella insolente nella cella più buia del nostro carcere. Ti raccomando: fai in modo che ella vi resti per sempre! In pari tempo, metti in libertà tutti gli altri reclusi. Mi sono spiegato in modo chiaro, mio consigliere?»

«Poiché il comando proviene da te, re Cotuldo, anche se si tratta della tua unica germana, lo eseguirò senza meno, essendo convinto che non serve intercedere per lei!»

Pochi istanti più tardi, dopo aver permesso alla principessa di avvertire la sua nutrice Telda di quanto le stava succedendo, egli si avviò con lei verso i reparti carcerari. Strada facendo, l’uno e l’altra non si esimettero dallo scambiarsi le loro personali vedute tanto sull’identità di chi stava impersonando il re Cotuldo quanto sulla reazione esagerata che si era avuta da parte sua. Essa c’era stata con l'unico scopo di non lasciarsi mettere alle corde da colei che aveva osato investigare su di lui. Comunque, fu l’alto ufficiale ad aprire il discorso, mentre s’incamminavano verso la prigione. Egli incominciò a parlarle in questo modo:

«Allora, nobile principessa, non mi ero sbagliato sull’attuale sovrano di Dorinda, la cui condotta rende perplesse tutte le persone che lo hanno frequentato fino ad oggi. Vorrei tanto sapere chi ha preso il suo posto! Secondo me, chi è riuscito ad assumere il suo aspetto, surrogandolo nel regno di Dorinda e di Casunna, di sicuro non è un uomo comune. Per questo bisogna temerlo, come se egli fosse un essere diabolico. Inoltre, cerchiamo di non fare dei passi falsi che possano renderlo sospettoso, se non vogliamo ritrovarci a subire la medesima sorte, che è già toccata al tuo germano re alcuni giorni or sono!»

«I tuoi sospetti su mio fratello, Gerud, non erano campati in aria, come ho potuto constatare anch’io. Ma adesso che entrambi sappiamo che egli è tutt’altra persona, fatto che è stato da me dimostrato con il mio ingegnoso espediente, ugualmente sei deciso a chiudermi in una lurida cella? Secondo me, non dovresti permetterlo. Invece perché non mi liberi e mi consenti di rifugiarmi in un luogo sicuro? Io e la mia nutrice potremmo trovare rifugio presso gli amici del mio Iveonte. Che ne dici?»

«Per il momento, principessa Lerinda, non posso fare altrimenti e devo arrestarti. Penserò alla tua liberazione, dopo che mi sarò incontrato con Croscione, il mio ex superiore, ed avrò parlato anche con lui di questa scabrosa faccenda, che è venuta ad aversi a corte in questi ultimi tempi. Se non mi sbaglio, essa, anche se non so come, grava sia sul regno di Dorinda che su quello di Casunna. Ma mi è impossibile contattarlo, per cui dovrò attendere che mi si presentino i suoi due figli per invitarli a condurmi dal loro genitore. Siccome è parecchio tempo che non capitano da queste parti, è probabile che essi si rifacciano vivi nella reggia da un momento all'altro, ossia in uno di questi giorni. Sono certo che egli s’indignerà, quando verrà a sapere della tua carcerazione!»

«Invece, Gerud, non abbiamo molto tempo a disposizione e dobbiamo risolverci prima possibile. Zipro e Polen, i giovani che Croscione ti ha fatto credere suoi figli, in realtà non lo sono. Perciò essi potrebbero non ripresentarsi mai più alla reggia!»

«Allora Stiriana aveva ragione ad asserirmi la stessa cosa! Ma Croscione perché fece spargere una simile voce a corte? Non ne comprendo il motivo, principessa! Sicuramente puoi rispondermi tu, dal momento che i vostri rapporti non erano da considerarsi superficiali, secondo alcune mie impressioni! Oppure mi sono sempre sbagliato a valutarli tali?»

«Ebbene, siccome mio fratello, ossia il tuo re, non c’è più, posso svelarti ogni cosa su Croscione, sui suoi falsi figli, sul mio Iveonte e sul re Francide. Devi sapere che essi facevano tutti parte dei ribelli di Lucebio. Il mio ragazzo e il suo amico divennero oppositori al regime, subito dopo essere giunti a Dorinda. Quanto al tuo diretto superiore, egli lo diventò, dopo che si ritrovò ad essere cieco e fu accolta la sua richiesta di andare a vivere presso il campo di Lucebio. Costui era stato presentato a mio fratello con il suo anagramma Celubio. Adesso ti ho chiarito molte cose sui ribelli! Spero solo che tu non te l’abbia presa a male e comprenda tale situazione, la quale si era creata già da molto tempo in Dorinda.»

«A questo punto, principessa Lerinda, devo supporre che anche il facoltoso Sosimo e i suoi familiari facciano parte dei ribelli. Per cui chi lo accusò di essere un intimo amico di Lucebio, ossia Comun, diceva la verità. Solo che la presenza di Croscione nel suo palazzo disorientò il mio subalterno Morchio, che aveva ricevuto l’ordine di arrestarlo con i suoi familiari, dopo aver rastrellato la sua casa.»

«Non ti sbagli, Gerud. Perciò adesso dovrai rivolgerti a lui, se vuoi essere messo a contatto di Croscione e di Lucebio, ai quali dovrai ricorrere senza meno, per sbrogliare l’intricata matassa, che è venuta ad aversi nella nostra reggia. Più che il tuo ex superiore, sarà il saggio capo dei ribelli a consigliarti come fare procedere le cose a corte, nel frattempo che anche loro si daranno da fare. Essi vorranno approfondire meglio l’oscura vicenda, che è venuta a crearsi a corte. Naturalmente, essi saranno felici di apprendere la notizia che mio fratello Cotuldo è sparito dalla circolazione. Dopo, però, pure s’impensieriranno parecchio, a causa del nuovo personaggio che ha preso il suo posto, del quale ignorano ogni cosa, a cominciare dalla sua natura. Anzi, essa potrebbe essere peggiore di quella manifestata dal loro despota di sempre. Riguardo alla mia Telda, preferirei che ella andasse ad abitare presso la casa del possidente Sosimo. Sarai tu ad accompagnarla presso di lui, quando andrai a trovarlo per avere notizie di Croscione e per farti condurre al campo di Lucebio.»

«Lo farò senz’altro, nobile principessa; però, siccome l’oscurità della notte incalza, sono costretto ad agire come hai detto soltanto domani mattina. Per il momento, mi toccherà trovarti una sistemazione nella cella che ti risulterà più comoda e mettere poi al corrente il finto tuo fratello che i suoi due ordini sono stati da me eseguiti con la massima diligenza. Così egli continuerà a credere che io sia del tutto ignaro della sua vera natura e non sospetti per niente di lui.»


L’indomani Gerud, preso con sé la nutrice della principessa Lerinda, si affrettò a raggiungere il palazzo di Sosimo. All’ingresso di esso, egli e Telda s’imbatterono in Zipro e Polen, i quali ne stavano uscendo ed erano diretti al campo di Lucebio. Nello scorgere il consigliere del re Cotuldo, il quale sopravveniva in compagnia della donna da loro conosciuta, i due giovani, non sapendo come interpretare la sua visita al nonno del loro amico, si mostrarono un po' accigliati, come se non gradissero la sua presenza in quel posto. Allora Gerud, con l'intenzione di tranquillizzarli, si espresse ad entrambi così:

«State calmi, baldi giovanotti, poiché da me non avete nulla da temere. Vengo da Sosimo per conto della principessa Lerinda. La sua nutrice ve lo può confermare. Oppure non vi fidate della ragazza d'Iveonte, il più grande eroe di tutti i tempi? Lo sapete che la sua illustre ragazza mi ha rivelato anche che voi non siete i figli del mio amico Croscione, chiarendomi il motivo per cui vi era stato fatto assumere tale ruolo?»

«Questi fatti non c’interessano per niente, Gerud. Invece vogliamo sapere da te cosa ti ha condotto in questa casa onorata, che siamo disposti a difendere strenuamente.» interloquì Zipro, che non era ancora disposto concedergli la sua fiducia.

«Il discorso è molto lungo, Zipro; né io intendo farlo a te! Ho un assoluto bisogno d’incontrarmi con il mio ex superiore e con il vostro saggio Lucebio, poiché ho da riferirgli cose della massima importanza. Quanto a Telda, ella è venuta per farsi ospitare da Sosimo, come le è stato suggerito dalla stessa nobile fidanzata d'Iveonte.»

«Dovete credergli, giovanotti!» gli confermò la donna per convincerli «Egli viene per conto della mia principessa Lerinda. Perciò mettetevi a sua disposizione, se volete fare la cosa giusta!»

«Se i fatti stanno come dici, nutrice della sorella del re Cotuldo, allora non perderemo un attimo di tempo e lo accompagneremo immediatamente dalle persone con le quali egli intende incontrarsi. Ma tu ti presenterai da sola dal nonno del nostro amico Solcio e gli chiederai ospitalità, come ti ha consigliato la tua padrona. Sono certo che egli, avendo già avuto modo di conoscerti, senz'altro sarà disposto a concedertela!»

Si era a metà mattinata, quando Gerud e i due giovani amici giunsero sull’altopiano, il quale era diventato da poco tempo il nuovo centro operativo dei ribelli. Zipro e Polen, dopo aver risposto ai saluti dei loro camerati di guardia alla fine dello stradone che conduceva su, spinsero le loro bestie verso l’alloggio di Lucebio. Esso era situato a circa seicento metri da quel posto. Non appena lo ebbero raggiunto, trovarono il loro savio capo fuori del suo alloggio, poiché s’intratteneva a parlare con il cieco Croscione. Naturalmente, non conoscendo il nuovo ospite accompagnato da Zipro e da Polen, apparve un po’ adombrato, non essendo abituato a ricevere visite da parte di sconosciuti, senza prima essere stato avvisato del loro arrivo al campo. Ma l'avveduto Zipro, essendosi accorto del suo cambio di umore, senza indugio si diede a chiarirgli:

«Illustre Lucebio, come vedi, le circostanze ci hanno obbligati ad agire difformemente dalla norma. Quando però conoscerai il motivo della presenza del consigliere di Cotuldo sull'altopiano, comprenderai la nostra iniziativa e smetterai di darci torto senza alcun motivo.»

«Addirittura, giovanotti, avete condotto qui Gerud, il braccio destro del despota, senza prima consultarmi! Ma vi siete chiesto ciò che stavate facendo, mentre lo accompagnavate in mia presenza? Non ci posso credere! Anche Croscione è rimasto stranito, quando ho pronunciato il suo nome, essendo rimasto molto contrariato!»

«In un certo senso, hai ragione, Lucebio.» gli confermò l'ex consigliere del re Cotuldo «Ma dobbiamo ancora conoscere il motivo che ha spinto il mio amico Gerud a recarsi da noi e sotto quale veste è venuto a farci visita. Perciò, prima di dare addosso ai nostri due giovani che lo hanno accompagnato fin qui, vediamo cosa egli ha da riferirci! E poi non si è mica presentato con le sue guardie!»

«Esimio Lucebio,» intervenne allora a parlare Gerud «Mi trovo in questo luogo per due motivi: primo, ho assolutamente bisogno di consultarmi con il mio ex superiore su fatti molto importanti; secondo, mi è stato chiesto dalla principessa Lerinda di rivolgermi a voi due, dopo che ella è stata rinchiusa nelle carceri di Dorinda.»

«Cosa dici mai, Gerud!? Com’è possibile che la principessa sia stata incarcerata? Chi avrebbe decretato il suo arresto? Ha forse egli dimenticato che ella è la ragazza del nostro invincibile Iveonte, al quale dovrà rendere conto del suo vile operato?»

«Ho tante cose da narrarvi in merito alle vostre domande, Croscione e Lucebio. Perciò prima ci accomodiamo in un posto tranquillo, dove possiamo discuterne, e dopo ve ne parlerò con tutta calma, poiché esse richiedono molta ponderazione!»

Così, quando tutti e cinque ebbero preso posto nel medesimo luogo in cui si era soliti trattare gli argomenti di una certa rilevanza, Gerud ebbe il permesso di darsi a parlare. Per cui cominciò a dire:

«Prima d’iniziare a raccontarvi cose che vi stupiranno, voglio farvi presente che adesso conosco tutto di voi, per avermi palesato ogni cosa la principessa Lerinda. Precisamente, so che Celubio e Lucebio sono la medesima persona, che Zipro e Polen non sono figli di Croscione e che questo luogo è il covo dei ribelli. Inoltre, anche il mio ex diretto superiore ha abbracciato la vostra causa e che Iveonte e il re Francide erano dalla vostra parte, quando vivevano con te, Lucebio. Dopo avervi messi a conoscenza di queste cose, ci tengo a precisarvi che esse, oggi come oggi, non mi riguardano affatto, non essendoci più il mio sovrano.»

All’ultimo annuncio del comandante della Guardia Reale, tutti i presenti emisero un sospiro di sollievo; ma fu il solo Croscione a domandare al suo ex subalterno:

«Ma se è venuto meno il re Cotuldo, della cui morte non ci hai ancora precisato com’è avvenuta, allora chi avrebbe ordinato che la principessa Lerinda fosse rinchiusa nel carcere? A proposito, Gerud, ci dici anche chi è rimasto adesso sul trono di Dorinda? Certamente, non il fratello Raco, il quale adorava sua sorella Lerinda e non si sarebbe mai permesso di farla diventare una reclusa! Quindi, ci spieghi ogni cosa, per favore?»

«La tua, Croscione, non è una domanda, alla quale posso dare una risposta facilmente. Per tutti, c’è ancora il re Cotuldo a regnare; ma la principessa Lerinda ed io riteniamo che egli sia stato ucciso da colui che dopo ha anche assunto le sue sembianze. Vi sembrerà incredibile, ma noi ne siamo convinti, per alcune prove che siamo riusciti ad avere. Esse lo mettono con le spalle al muro e lo smascherano senza dubbio.»

Dopo averli resi partecipi dei due episodi capitati ad entrambi separatamente, quello degli occhi di fuoco e quello del falso messaggio del viceré Raco, Gerud seguitò a dire:

«Ci sarebbe poi l’episodio più eclatante, che riguarda la scarcerazione di tutti i detenuti, che erano ospiti delle Carceri di Dorinda. Avreste voi mai pensato che il re Cotuldo fosse stato il tipo da operare un simile miracolo? Per nulla al mondo! Perciò siamo portati a credere che la persona, la quale siede attualmente sul trono di Dorinda, sia un finto re Cotuldo. Anche se ignoriamo a quale scopo egli abbia soppresso il fratello della principessa, sostituendolo! Inoltre, non si sa nemmeno se il nuovo posticcio sovrano della vostra città sarà tollerante verso voi ribelli oppure vi darà ancora più filo da torcere del primo. Ma se è l’essere che io credo che sia, egli risulterà per tutti i Dorindani un monarca molto più spregevole del mio ex sovrano. Ve lo assicuro!»

Alla previsione pessimistica dell’alto ufficiale del re Cotuldo, la quale non prometteva nulla di buono per tutti, ribelli e non ribelli, mostrandosi preoccupato, Lucebio intervenne a fargli la seguente domanda:

«Ci dici, Gerud, che cosa ti porta a pensare quanto hai espresso sul conto di chi avrebbe sostituito il tuo re, dal momento che noi ribelli non lo abbiamo mai considerato tale?»

«Sono spinto a crederlo, Lucebio, per il fatto che egli non è un essere umano come noi; ma un essere diabolico ed estremamente terribile. Secondo me, si tratta del vecchio mago Ghirdo. Lo sapete cosa fece al mio subalterno Morchio, quando costui cercò d’impedirgli di avere un colloquio con il proprio sovrano? Ebbene, ve lo dico subito! Gli fece arroventare le orecchie a tal punto, da prendere fuoco. Esse poi seguitarono a bruciare, fino a quando non si liquefecero e non si diedero a gocciolargli sulle spalle, simile a grasso che si squaglia in padella! Ma noi non possiamo ipotizzare di quale altra diavoleria egli sia capace, pur di abbattere quelli che non stanno al suo gioco e gli si mostrano nemici!»

«Possibile che sia ancora vivo il mago Ghirdo? Non ci posso credere! Quando lo conobbi a corte, più di venti anni fa, egli era già un matusalemme che si reggeva appena sulle gambe. Ricordo soltanto che egli si presentò a corte per costringere il nostro re Cloronte a mandare a morte il suo primogenito Iveonte. Non si sa per quale motivo ce l’avesse contro il principino; ma qualcuno di sicuro ce n’era. A quel tempo, alcuni vegliardi della città affermavano di ricordarselo identico a come lo scorgevano allora. Quindi, c’è qualcosa che non quadra sulla figura del mago, la cui età s’immerge nella notte dei tempi. Perciò, Gerud, mi fai la cortesia di raccontarmi cosa accadde, quando il mago riuscì ad avere il suo colloquio con il tuo sovrano? Voglio sapere ogni cosa sul loro incontro, considerato che fosti tu ad accompagnarlo in sua presenza!»

«Non ti sbagli, Lucebio. Difatti fui proprio io a condurre il claudicante mago davanti al mio soprano. Dopo un immancabile battibecco iniziale, Ghirdo gli assicurò che, se si fossero abboccati in privato, gli avrebbe trasmesso delle notizie molto importanti. Allora il re Cotuldo, pur continuando a minacciarlo, decise di dargli ascolto nel suo salottino rosso. Ma lì dentro, a mio parere, non ci fu alcuna conversazione, poiché non mi provenne dall’interno la voce di nessuno di loro. So soltanto che un minuto dopo ne uscì solo il mio sovrano. Egli mi annunciò che aveva ucciso il mago e che dovevo incaricarmi di farlo sparire dal salottino. Avendoci poi dato una capatina, scorsi il corpo del mago riverso per terra con una profonda ferita sul petto. La qual cosa mi stupì molto, poiché quell’assassinio mi risultava davvero molto strano, per cui non intendevo credere ad esso.»

«Se i fatti si svolsero come hai detto, Gerud, allora tu e la principessa Lerinda avete ragione di ritenere l’attuale re Cotuldo un’altra persona, la quale si spaccia per lui, dopo essergli subentrato nel corpo. Comunque, ciò che ci deve preoccupare di più non è tanto l’eliminazione fisica del tuo sovrano, che a noi ribelli non importa un accidente, quanto la ragione che ha spinto il mago a prendere il suo posto. Secondo me, sotto c’è qualcosa di grosso, che non riusciamo ad immaginarci. In questo caso, amico di Croscione, solo tu hai la possibilità di scoprirlo, in qualità di suo consigliere, ammesso che egli non ti destituisca da tale incarico, prima ancora di darti alla tua attività investigativa! Ma se vuoi unirti a noi, considero prematuro il momento di lasciare la reggia e di trasferirti presso di noi. Invece continuerai a restarci, fino a quando non avrai raccolto notizie utili sul conto del mago, dandoti da fare nel sorvegliare i suoi spostamenti all’interno della reggia e nel conoscere i suoi frequentatori nell’ambito di essa. Se ti sarà possibile, dovrai origliare dietro le porte per cercare di apprendere cosa si dicono. Quando infine sarai riuscito a venire in possesso di notizie certe su quanto ti ho fatto presente, a quel punto libererai la principessa Lerinda e ti trasferirai nel nostro campo, insieme con lei e con la sua nutrice.»

Le parole di Lucebio furono condivise da tutti i presenti, per cui si diede mandato a Gerud di fare rientro nella reggia nelle vesti di una spia e di scoprire ciò che di poco pulito vi si stava macchinando. Nel contempo, lo esortarono ad essere prudente, potendo la sua missione rivelarsi molto rischiosa, se non proprio mortale.