408-IL RE FRANCIDE E LICIUT SULLE TRACCE DI RINDELLA

Se non era ancora mezzanotte, ci mancava poco, quando il re Francide e Liciut erano intenti a galoppare per le strade deserte di Dorinda. In verità, la loro meta era nota solo all'ex Tricerchiato, il quale accompagnava il sovrano nel luogo dove probabilmente sarebbe dovuta trovarsi la principessa Rindella, legata ed imbavagliata. Per l'esattezza, essi si conducevano alla vecchia palestra situata in Via della Prudenza. Ma il re di Actina, essendone all'oscuro, si lasciava guidare da Liciut, poiché costui era il solo a conoscere il posto dove presumibilmente il terzetto dei Tricerchiati addetto ai rapimenti delle ragazze aveva condotto la destinata a diventare la futura regina della Città Santa. Mentre si procedeva per le strade di Dorinda, il sovrano actinese, oltre a mostrarsi assai preoccupato per la sua Rindella, di tanto in tanto chiedeva al suo accompagnatore se la sua ferita non gli stesse cagionando problemi di tipo flogistico od emorragico. Ricevendone ogni volta risposta negativa, egli si rasserenava almeno sotto quell'aspetto, siccome il contrario avrebbe potuto compromettere la loro delicata missione. La quale, come era giusto che fosse, veniva ad essere per lui della massima importanza.

Anche Liciut, durante la loro rapida cavalcata, manifestava una grande apprensione ed una incontrollabile inquietudine, a causa dello stato di salute dei suoi tre amici, essendo stati gravemente feriti dal capo dei Votati alla Morte. A tale proposito, intanto che lo accompagnava con orgoglio alla loro meta, percorrendo varie strade dorindane, egli aveva domandato al sovrano di Actina:

«Nobile re Francide, credi che Polen, Solcio e Zipro riusciranno a superare la crisi e a rimettersi bene in sesto, fino a ritornare ad essere sani ed integri, come lo erano prima? Poiché ho imparato a stimarli tantissimo, se per miracolo ciò dovesse accadere, non ti nascondo che ne sarei immensamente lieto! Che il buon dio Matarum lo voglia, per il loro bene e per la nostra felicità!»

«Non ci sono dubbi, Liciut! Il trattamento medicamentoso, a cui sono ricorso, e l'opera di tamponatura da me praticata sulle loro ferite permetteranno ad esse di guarire e di rimarginarsi in breve tempo. Vedrai che in pochi giorni i tessuti della parte anteriore del petto ritorneranno ad essere di nuovo integri. Così, almeno per questa volta, i nostri carissimi amici avranno salva la pelle!»

«Se tale è la tua rassicurante prognosi su coloro che da alcuni giorni sono diventati miei cari amici, sire, non sai quanto mi hai fatto contento con essa! Finalmente potrò frequentarli alla luce del sole, senza avere più il timore di essere scoperto da Ernos e venirne punito, a causa della mia amicizia con loro! Pure per questo, finché vivrò, te ne sarò sempre grato e riconoscente, generoso sovrano!»

Siccome a quell'ora di notte le strade si presentavano sfollate, c'era voluto pressappoco un quarto d'ora, prima che i due cavalcatori giungessero a destinazione. Giunti davanti al fabbricato della palestra, essi erano scesi da cavallo e si erano precipitati verso il suo uscio. Avendo trovato poi il portone chiuso, Liciut aveva bussato così insistentemente, da costringere quelli di dentro a chiedergli chi fosse e che cosa volesse a quell'ora così tarda. Quando poi si erano resi conto che si trattava del vice del loro capo Ernos, essi subito gli avevano aperto il portone. Ma i tre Tricerchiati, che si trovavano all'interno, non avevano gradito la presenza nell'edificio del re Francide, non avendo egli il tricerchio sulla fronte. Allora il più anziano di loro, essendosi indispettito, aveva ripreso il camerata, dicendogli:

«Liciut, dovresti sapere che il Prediletto, Stiriana ed Ernos, oltre a noi, non vogliono che altri, specialmente se non sono appartenenti alla nostra setta, vengano a conoscenza di questo luogo! Perciò mi spieghi cosa ci fa qui questa persona estranea? Inoltre, perché mai il nostro maestro d'armi non è in tua compagnia, come si era stabilito con lui? Lo stavamo aspettando soprattutto per riferirgli ciò che il Prediletto e la sua Stiriana ci hanno lasciato detto, prima di abbandonare questo posto.»

«Dron, cerca di non rivolgerti a me con quel tono, il quale mi ha già infastidito parecchio, se non vuoi che mi arrabbi! Sappi che, anche se sono ferito, potrei sempre darti una bella lezione! Comunque, egli è un mio amico e ciò dovrebbe bastare a convincerti che non devi fare altre domande su di lui. Per il tuo bene, ti sconsiglio dal provarci! Adesso, però, dimmi come mai ci siete solo voi tre e non pure Olpun e la sua donna. A proposito, non ci sta neppure la principessa Rindella, che è stata rapita da poco! Cosa mi sai dire sul fatto che non la vedo in questa palestra? Se non sbaglio, era qui che tu e i tuoi amici Fasop ed Ittun avreste dovuto condurla, dopo che vi fosse stata consegnata. C'è stato forse un cambiamento di programma all'ultimo momento? Su, dai una risposta accettabile a queste mie domande, dal momento che ad esse puoi rispondere! In questo modo, ti comporterai da persona giudiziosa e non correrai pericoli di sorta, quando si presenterà Ernos! Mi sono spiegato in modo da farti comprendere bene?»

«Se proprio lo vuoi sapere, Liciut, dopo un po' che avevamo condotto qui la ragazza, ci siamo visti raggiungere dal nostro Prediletto e dalla sua donna, i quali sembravano due persone in fuga. Ma non sono stato in grado di comprenderne il motivo. Ebbene, quando si sono presentati a noi, Stiriana si è affrettata a farsi consegnare la prigioniera e poi entrambi sono subito ripartiti con lei. Noi l'abbiamo anche aiutata a sistemare la poveretta sulla groppa di un terzo cavallo, che essi avevano condotto con loro. Prima di allontanarsi, la donna ci ha raccomandato di attendere qui Ernos e di riferirgli di farsi trovare in città domani nel nuovo edificio, di cui lui conosce già l'ubicazione. Adesso che ti ho riferito ogni cosa su loro tre, vuoi finalmente dirmi che fine ha fatto il nostro assente maestro d'armi? Spero che non gli sia successo niente!»

«Invece egli ha fatto una fine orribile, mio caro Dron! Hai mai visto un uomo venire troncato a metà in senso orizzontale, per cui vedi la sua parte del corpo dalla cintola in su staccarsi da quella sottostante? Ti dico che non è uno spettacolo bello a vedersi! Se lo vuoi sapere, Ernos ha subito una mutilazione di questo tipo dal suo forte rivale! Io non volevo credere ai miei occhi. Eppure gli è accaduto quanto ti ho riferito!»

«Smettila di prendermi in giro, Liciut! Lo sai anche tu che, fra tutti i ribelli, non c'è neppure un guerriero capace di operare un simile prodigio! E poi chi sarebbe questo fenomeno di combattente, il quale ha fatto ciò che hai detto al nostro imbattibile Ernos? Secondo me, te lo sarai sognato e non può essere altrimenti!»

«Invece non si è trattato di un mio sogno, Dron, e non c'è bisogno che io ti dica il nome di chi lo ha ridotto come ti ho descritto, poiché puoi vedere il suo uccisore qui al mio fianco! Egli, che ha giurato di sterminare tutti i Tricerchiati, tranne me, adesso farà assaggiare anche a voi tre i colpi esiziali della sua invincibile spada. Perciò preparatevi a morire anche voi e non me ne vogliate, se ve l'ho condotto qui a questo scopo!»

Alle parole di Liciut, che erano sembrate quasi un annuncio necrologico ed avevano avuto pure un sapore di morte, i tre Tricerchiati giustamente si erano sentiti in dovere di non farsi trovare disarmati dallo sconosciuto. Per cui non avevano esitato a sguainare le loro spade, intenzionati a difendersi dal lui alla meglio. Allora il sovrano di Actina, non volendo far fare una brutta figura al suo accompagnatore, si era armato anch'egli di spada ed aveva assalito quelli che già stavano aspettando il suo assalto. Naturalmente, lo scontro era stato fulmineo, nonostante i rivali da lui assaliti avessero cercato di resistergli con una tenace opposizione. Perciò, in un batter di ciglio, il terzetto dei Tricerchiati, con mansioni di rapitori, era stato ammazzato senza alcuna pietà e con particolare furore vendicativo. Dopo aver eliminato impietosamente i tre settari ed aver valutato la reale situazione del momento, che non prometteva nulla di buono, il re Francide non aveva potuto fare a meno di sconfortarsi parecchio, non avendo potuto ancora salvare la sua Rindella. Allora, pur senza nutrire alcuna speranza, aveva domandato a Liciut:

«Tu conosci, Liciut, il luogo dove Ernos era solito incontrarsi in città con Stiriana e il Prediletto? Ma noto sul tuo volto che ne sei completamente all'oscuro, non essendoti stata data l'opportunità di venirne a conoscenza. La qual cosa senza dubbio diventa un grosso problema per noi due, siccome da oggi non sapremo in quale direzione muovere i nostri passi, al fine di ritrovare la mia sventurata futura consorte!»

«Hai ragione, illustre sovrano. Mi dispiace annunciarti che solo adesso sono venuto a conoscenza che i tre farabutti avevano un altro luogo di incontro, oltre a questo. Tutte le volte che ho accompagnato in Dorinda il nostro maestro d'armi, egli si è sempre incontrato con Olpun e Stiriana in questa ex palestra. Si vede che essi avevano deciso di tener nascosta l'altra abitazione a tutti gli altri appartenenti alla setta. Il guaio è che non ho la più pallida idea dove essa possa trovarsi! Ci toccherà, quindi, cercare di giorno la malvagia coppia di farabutti per le vie della città. Percorrendola in lungo e in largo, potremmo avere la fortuna di incontrarli e di obbligarli a dirci dove tengono nascosta la principessa! Peccato che Solcio, Zipro e Polen, che sono i migliori tra i ribelli, a causa del loro grave stato di salute, non possano darci una mano nelle ricerche! Il loro aiuto ci sarebbe stato molto prezioso in questa circostanza!»

«Purtroppo, Liciut, se vogliamo riuscire a trovare la mia Rindella, questa sarà la nostra unica strada percorribile. Il fatto negativo di questa vicenda è che siamo davvero in pochi a conoscere il volto di Stiriana e ancora meno sono coloro che hanno avuto a che fare con il Prediletto. Inoltre, quei pochi, a causa del loro cagionevole stato di salute, come tu stesso hai fatto presente, non possono partecipare alle nostre ricerche; c'è poi il caso, come il tuo, in cui la persona non può dedicarsi ad esse con tutte le proprie forze. Perciò domani dovrò incontrarmi con Lucebio, che è la sola persona capace di darmi una mano a sbrogliare questa intricata matassa. A proposito, tu sai dirmi come mai ho trovato il suo campo del tutto abbandonato? Sono passato di lì con la mia scorta, prima di entrare in città; ma non vi ho trovato anima viva! Dopo neppure ho chiesto a Sosimo perché mai non vi avessi trovato nessuno.»

«La risposta è molto semplice, re Francide. I ribelli, poiché Ernos aveva iniziato a dare loro la caccia, avevano sloggiato per motivi di sicurezza, spostando il loro centro operativo in un luogo più sicuro. Vi hanno preso stabile dimora Lucebio e molti di loro, naturalmente non quelli che sono stati uccisi durante lo scontro di stanotte, i quali adesso vi vivevano con le loro famiglie. Comunque, posso assicurarti che il nuovo campo presenta tutti i requisiti per essere definito imprendibile. Ne aveva preso atto perfino il maestro dei Votati alla Morte, dopo che io e lui ci eravamo condotti nei suoi paraggi per cercare di scoprire un suo punto nevralgico, il quale ci permettesse poi di assediarlo senza troppe perdite da parte nostra. Per fortuna dei ribelli, noi non ne trovammo neppure uno per sfruttarlo e far piazza pulita di tutti loro!»

«Prendo atto, Liciut, che conosci l'ubicazione del nuovo campo dei ribelli, la qual cosa può farmi solo piacere. Allora domani mi ci accompagnerai e potrò così incontrarmi con il mio amico Lucebio. Egli è il solo in grado di aiutarmi a trovare la mia futura sposa. Adesso, però, non ci resta che fare ritorno alla casa di Sosimo e cercare di riposare in essa almeno alcune ore. Così domani mattina, al sorgere del sole, ci condurremo dal saggio uomo, senza perdere tempo!»

Alla fine il re Francide e Liciut si erano affrettati a ritornarsene al palazzo di Sosimo, percorrendo le deserte strade di Dorinda, le quali si presentavano illuminate dal chiarore lunare. Mentre cavalcavano silenziosi sui loro corsieri, ad un tratto l'ex Tricerchiato non si era trattenuto dal chiedere all'illustre personaggio, che stava accompagnando:

«È proprio vero, re Francide, che il capo dei ribelli Lucebio è una persona straordinaria? Polen me ne ha sempre parlato, come se si trattasse di un uomo immensamente savio e giusto. Anche tu la pensi allo stesso modo del mio amico sul suo conto? Comunque, già prevedo che la tua risposta sarà senz'altro positiva! Nevvero?»

«Il tuo compagno non ha esagerato, Liciut, nel descrivertelo come hai fatto. Se io e il mio amico Iveonte esprimiamo il massimo nell'arte del combattere, egli non ha rivali in saggezza e nel senso della giustizia. Non dimenticare che Lucebio è stato per anni il consigliere prima del leggendario re Kodrun e dopo del re Cloronte suo figlio! Se egli non fosse stato la persona che è, secondo te, avrebbe mai potuto avere tale mansione presso i due illustri sovrani di Dorinda? Certo che no!»

Il sovrano di Actina aveva appena terminato di esprimere il suo sintetico giudizio sulla straordinaria figura di Lucebio, allorché i due cavalieri notturni si erano ritrovati sull'uscio del palazzo di Sosimo. Il quale adesso si presentava senza portone, per essere stato bruciato in precedenza dai Tricerchiati. In quel luogo si scorgeva ancora una febbrile attività, la quale era rivolta a liberare il cortile dai molti cadaveri e a ripulirlo dal loro abbondante sangue. Dopo esservi entrati, entrambi erano stati circondati da Madissa, dal padrone di casa, dalla sua consorte e da una decina dei loro parenti, siccome essi erano desiderosi di avere notizie della principessa Rindella. Allora il re Francide, dopo aver fatto presente a tutti loro che per il momento non si era potuto concludere alcunché in relazione alla liberazione della sua futura sposa, alla fine si era messo anche a rassicurarli, dicendo:

«Vi prometto che domani le cose andranno meglio, poiché riusciremo a trovare la mia adorabile Rindella e a liberarla dai suoi rapitori. Adesso, se non vi dispiace, dopo aver fatto una rapida visita ai tre giovani feriti, cercherò di riposare con una buona dormita, avendo il mio organismo immagazzinato in queste ultime ore molta stanchezza. Sono convinto che riuscirò a smaltirla esclusivamente con un buon sonno ristoratore! Ma domani, con il nuovo giorno, vedremo il da farsi. Buonanotte a tutti!»

Ovviamente, le accorate persone presenti erano state tutte d'accordo con quanto l'affranto re Francide aveva dichiarato. Per cui esse si erano date da fare, al fine di permettere al prestigioso personaggio, il quale era rappresentato dal loro amico e conoscente re Francide, di riposarsi con la migliore comodità possibile. Ma al suo risveglio mattutino, quando il palazzo si presentava finalmente liberato da ogni cadavere e ripulito da ogni macchia residua di sangue, il sovrano di Actina aveva voluto consumare velocemente una frugale colazione. Dopo la quale, si era messo subito in viaggio alla volta del nuovo accampamento di Lucebio. Questa volta egli veniva accompagnato dalla sua scorta actinese e da Liciut. Quest'ultimo, tra i pochi superstiti del palazzo, adesso era l'unico a conoscere il percorso che bisognava seguire per raggiungerlo.



Usciti di città, dopo un'ora di rapida galoppata, essi erano pervenuti nei pressi dell'altopiano, dal lato meridionale, essendo esso l'unico accessibile per raggiungerne il pianoro. Ma il re Francide e i suoi accompagnatori, per iniziare l'ascesa dello stradone che conduceva su di esso, avevano dovuto aggirarlo per un breve tratto. Quando infine si era presentato a tutti loro l'ampio sentiero che permetteva di raggiungere la sommità della piccola altura, essi avevano iniziato a transitarvi, tenendosi ben ritti sui loro cavalli. Quando poi erano giunti a metà strada, essi erano stati avvistati dai quattro ribelli, che erano stati posti a sorvegliare lo stradone dalle due vedette laterali. Allora uno dei sorveglianti, dopo avergli interdetto di avanzare oltre, non si era astenuto dal minacciarli di morte, qualora non avessero ubbidito all'istante. Alla fine aveva fatto loro presente:

«Cavalieri, visto che voi tutti ci risultate degli sconosciuti e formate anche un numero ingente, non possiamo farvi proseguire oltre! Perciò vi conviene invertire il senso di marcia ed allontanarvi celermente da questo altopiano, se non volete farci dare fiato ai corni. A tale riguardo, vi dissuado dall'indurci a prendere un tale provvedimento, perché in quel caso avreste a pentirvene molto amaramente! Vi sono stato chiaro?»

«Invece noi siamo qui e non ce ne andremo.» gli aveva risposto il sovrano di Actina «Sono venuto per incontrarmi con il mio amico Lucebio e lo farò ad ogni costo, poiché ho tanta voglia di rivedermi con lui e di riabbracciarlo! Perciò permetteteci di venire su, se volete fare una cosa giusta per il vostro capo e anche per tutti noi!»

«Come fai a conoscere il saggio Lucebio, sconosciuto? Vuoi avere la bontà di dirci chi sei? Ti avverto che, anche dopo che mi avrai rivelato il tuo nome, lo stesso dovrà essere il nostro capo ad autorizzarci a farvi salire qui da noi! Essendomi spiegato per bene, adesso dimmi pure il tuo nome, poiché sono tutt'orecchi ad ascoltarti.»

«Per non riconoscermi per niente, vedetta, si vede che è da poco che militi con i ribelli. Altrimenti mi obblighi a mettere in dubbio la qualità della tua vista! Io sono Francide, uno degli ex vostri maestri d'armi e l'attuale re di Actina. Perciò, se la mia persona continua a non significare niente per te, ti esorto a correre immediatamente da Lucebio e ad avvertirlo del mio arrivo! Vedrai che la notizia lo renderà assai felice, quando saprà che sono venuto a trovarlo dalla remora Actina!»

«Hai ragione, re Francide, a dire che sono entrato da poco a far parte dei ribelli. La stessa cosa vale anche per le altre tre guardie. Anche se non ti conosco personalmente, però ho già sentito parlare di te, che meglio non si poteva! Comunque, per motivi di sicurezza, non posso credere all'istante alla tua parola, siccome non ti conosco personalmente e chiunque potrebbe venire qui ad asserire di essere il sovrano di Actina, spacciandosi per te! Quindi, sono costretto ad andare a chiamare il nostro capo Lucebio in persona, considerato che al momento attuale soltanto lui potrà identificarti. Ma ti prometto che sarò davvero un fulmine nel raggiungerlo, poiché non vedo l'ora che questo nostro campo venga onorato dalla tua illustre presenza! A tra poco allora, sovrano di Actina!»

«Fate bene, sentinelle, a comportarvi in questo modo! Perciò non posso che ammirarvi per come sorvegliate questo posto, dal momento che lo fate in maniera davvero encomiabile. Ma adesso vai a chiamarmi Lucebio, perché ho fretta di incontrarmi con lui per diversi motivi. Purtroppo, sfortunatamente per me, alcuni sono anche brutti!»

Come promesso, il suo interlocutore ribelle, che era di guardia con altri tre commilitoni, era andato e ritornato in un battibaleno. Ma al suo ritorno, lo accompagnava il suo capo. Egli, avendo riconosciuto alla prima occhiata l'amico fraterno di Iveonte, subito aveva ordinato ai suoi uomini di consentire a lui e alla sua scorta l'accesso al loro altopiano. Così, pochi attimi dopo, Lucebio e Francide erano stati visti abbracciarsi e riempirsi di gioia, a causa del tanto sospirato incontro, ma senza scambiarsi neppure una parola. L'uno e l'altro avevano preferito vivere quell'abbraccio nel più assoluto silenzio, poiché esso suscitava nel loro animo un grado di emotività altissimo e non quantificabile. Quando alla fine essi si erano disgiunti, Lucebio, prima di accompagnare il prezioso ospite al proprio alloggio, aveva invitato alcuni ribelli a mettersi completamente a disposizione di quelli che lo accompagnavano, raccomandandogli di non fare mancare a nessuno di loro cibo, acqua e un posto per riposare. Ma per espresso volere del re Francide, era stato consentito solo a Liciut di seguire lui e il saggio uomo, mentre si dirigevano alla sua dimora. Procedendosi poi al trotto sui loro cavalli verso l'abitazione di Lucebio, costui aveva fatto presente al re di Actina:

«Lo sai, Francide, che adesso trovo grande difficoltà a chiamarti? Non so se devo rivolgermi a te come ad un sovrano, oppure dovrò continuare a considerarti il simpatico e scherzoso giovanotto di un tempo! Mi dici tu come devo comportarmi con te, quando mi rivolgo alla tua persona, siccome ora essa è diventata regale ed illustre?»

«Ma come fai a parlarmi in tale modo, Lucebio?! Dovrai rivolgerti a me, come stai facendo adesso. Per te, come per i miei amici Iveonte ed Astoride, rappresenterò sempre l'amico di un tempo, a cui dovrete rivolgervi come in passato. Perciò ti proibisco nel modo più assoluto di pensare a me, come ad un sovrano. Ciò vuol dire che dovrai chiamarmi a vita Francide! Anzi, sono io che non dovrò mai smettere di considerarti la veneranda persona che sei. La qual cosa mi impone di dimostrarti il mio rispetto e la mia venerazione per sempre. Non è forse vero che già ci sei abituato a rivolgerti ai sovrani come a degli amici e a chiamarli con i loro nomi, senza farli accompagnare dal titolo regale? Certo che sì! Allora ti sono stato assai chiaro, nel fartelo presente, amico mio?»

«Più chiaro di così non potevi esserlo, Francide! Adesso, però, mi dici perché mai hai preteso che il solo giovane qui presente ci accompagnasse fino al mio alloggio? Egli è forse un tuo parente? Ma no, non può esserlo! Anzi, solo in questo momento noto sulla sua fronte il tatuaggio dei Tricerchiati, il quale mi dice espressamente che egli è uno di loro! Allora come mai hai voluto condurre quest'uomo con te nel mio campo e non ti sei fatto accompagnare dai baldi giovani Solcio, Zipro e Polen? Un motivo ci sarà senza meno; ma non voglio pensare a cose brutte, in merito a loro tre! Che Matarum non lo voglia!»

«Diciamo che egli è un ex Tricerchiato, Lucebio, dato che non lo è più di fatto! Comunque, il suo emblema dovrebbe solo indicarti che si tratta di un Dorindano e non di un Actinese. L'ho conosciuto al palazzo di Sosimo, dove era l'unico a conoscere l'ubicazione del vostro campo. Gentilmente egli si è offerto di accompagnare me e i miei soldati fino al vostro nuovo campo. Se non erro, sono sicuro che già avrai sentito parlare di lui, se proprio non lo hai conosciuto personalmente! Non potrebbe essere altrimenti! Infine devo farti presente che lo devi a lui, se la tua Madissa è ancora viva. Perfino la tua donna me lo ha dichiarato di persona nel palazzo del tuo amico Sosimo!»

«Riguardo al Tricerchiato qui presente, ti assicuro che non l'ho mai incontrato fino ad oggi, per cui non lo conosco neppure di vista. Mi dici, quindi, chi è costui che mi hai garantito che non è più un Tricerchiato? Così dopo lo ringrazierò per quanto ha fatto per la mia Madissa, poiché la gratitudine è una dote delle persone civili!»

«Non hai mai sentito parlare di un certo Liciut, il quale faceva parte della setta dei Tricerchiati e collaborava con il vostro Polen? Ebbene, Lucebio, egli ti sta davanti in carne ed ossa! Quindi, puoi cominciare a ringraziarlo come si deve, poiché se lo merita!»

«L'amico di Polen?! Se prima non ci avevo pensato, adesso comincio a preoccuparmi sul serio, Francide! Che è successo nel palazzo del mio amico Sosimo?! E perché Liciut è stato il solo in grado di condurti da me?! Che ne è stato degli altri tre giovani?! Inoltre, mi dici perché mai sei qui e non in città presso il mio amico a difendere la tua Rindella contro gli spietati Tricerchiati?! Adesso mi devi spiegare ogni cosa. E anche alla svelta!»

«Ti prego di calmarti, Lucebio! Ti prometto che presto ti racconterò quanto hai da sapere, specialmente in merito ai tre giovani; ma solo dopo che saremo giunti presso la tua dimora! Sono venuto da te proprio per questo motivo, oltre che a chiederti di darmi una mano ad uscire dall'inferno, che sto vivendo in questi attimi terribili!»

Alcuni minuti più tardi, essendosi unito a loro anche Croscione, tutti e quattro si erano ritrovati a parlare sotto un pergolato di glicini. In quel luogo, essi sedevano sopra due panchine, le quali erano sistemate frontalmente e si trovavano alla distanza di due metri l'una dall'altra. I loro occupanti, i due giovani da una parte e i due anziani dall'altra, grazie alla loro posizione frontale, potevano guardarsi bene in faccia ed esprimersi le varie impressioni, le quali in quel momento venivano a registrarsi sui loro volti preoccupati. Ovviamente, l'ex consigliere del re Cotuldo non poteva guardare nessuno, essendo cieco.

Ebbene, siccome era stato Lucebio a pretenderlo, il sovrano della Città Santa era stato il primo ad aprire bocca sul dibattimento della questione. Così egli aveva messo al corrente i due anziani residenti del posto di ciò che era avvenuto nel palazzo del facoltoso Sosimo. Ma non si era neppure astenuto dal fare una succinta cronistoria su quanto era successo ad Actina, la quale lo aveva spinto a precipitarsi a Dorinda. Infine il re Francide aveva concluso, dicendo:

«Mi dite voi come posso rintracciare e liberare la mia Rindella, la quale sta correndo il grosso pericolo che sapete? Purtroppo né i miei soldati né i ribelli che vivono al campo potranno risultarci di qualche aiuto, non conoscendo essi Stiriana e tantomeno Olpun, il suo amante! In questa situazione delicata, almeno ci sarebbero voluti Solcio, Zipro e Polen a dare manforte a me e a Liciut nelle ricerche! Ma essi, essendo feriti gravi, non possono muovere un dito ed esserci utili in qualche maniera. Sarà già troppo, se i nostri tre amici riusciranno a venir fuori dal loro stato assai precario e a salvare la pelle!»

«Anche se le cose stanno come hai detto, Francide,» era intervenuto Lucebio ad infondergli coraggio «non dobbiamo demoralizzarci ed arrenderci. Ci sarà pure un modo per sbrogliare questa ingarbugliata matassa! Vedrai che lo troveremo, prima che per la principessa Rindella le cose si mettano seriamente male. A tale proposito, vorrei ascoltare Liciut e vedere quale consiglio ci può dare circa questa faccenda, siccome egli è vissuto a lungo nella setta dei Tricerchiati. Peccato che il giovane non sia mai venuto a conoscenza dell'altro luogo in cui Ernos si incontrava con Stiriana e il suo amante! Altrimenti, Francide, avresti risolto il problema in brevissimo tempo!»

«Per sfortuna, però, questa è la cruda realtà, savio Lucebio!» dandogli ragione, aveva approvato l'ex Tricerchiato «Adesso la nostra unica speranza è che essi, non vedendosi raggiungere dal loro Ernos nel posto stabilito, si rifacciano vivi nella dismessa palestra di Via della Prudenza, al fine di contattarlo. Ma fino a quell'istante, per noi sarà difficile riuscire a combinare qualcosa, visto che tentare di raggiungere il nostro obiettivo è diventato più arduo che cercare un ago in un pagliaio! Qualcosa, però, gioca a nostro favore, ossia a vantaggio della principessa Rindella. Risultando morti Ciron ed Ernos, per il momento ella non corre il rischio di essere stuprata neppure dal Prediletto!»

«Probabilmente, non ti sbagli, Liciut; però noi non possiamo restarcene con le mani in mano a tempo indeterminato. Anche se ci consola la bella notizia che ci hai data, dobbiamo fare qualcosa a qualunque costo, pur di recare il nostro sollecito aiuto alla principessa Rindella! Stando nelle mani della perfida Stiriana, ella può rischiare qualunque pericolo! Intanto dovrò anche portare la ferale notizia alle famiglie disgraziate dei poveretti rimasti uccisi nel conflitto, che c'è stato nel palazzo del mio amico. Peccato che essi non sono pochi! Vi posso assicurare che questo compito non mi sarà affatto facile!»

«A mio modesto avviso,» era intervenuto il cieco Croscione «le due persone che ci interessano, non vedendo il loro campione farsi vivo nel posto convenuto, sospetteranno il peggio. Allora preferiranno restarsene rintanati nel loro nascondiglio con la loro prigioniera. Stando così le cose, non possiamo attendere che essi si decidano a venirne fuori di propria volontà. Perciò dovremo essere noi a spingerli a farlo. Come? Con una strage di tutti gli adepti della loro setta rimasti ancora vivi. Siccome essi portano tatuato sulla fronte l'emblema della loro religione, non sarà difficile per voi individuarli per strada e farli fuori senza tanti preamboli. Anzi, si potrà operare la carneficina, anche senza fare troppo rumore. In che modo? Colpendoli alla schiena con un punteruolo avvelenato col curaro. Ma prima sarebbe opportuno che Liciut ci ragguagliasse sull'attuale loro numero, il quale, secondo me, dopo i recenti scontri, dovrebbe essersi assottigliato di parecchio. Così la vedo io, se non vi dispiace!»

«Se non vado errato, Croscione,» gli aveva risposto l'interpellato giovane «adesso i Tricerchiati non dovrebbero superare le trecento unità. Ne sono certissimo! Comunque, la tua idea mi piace molto. Mettendoci a far fuori i restanti seguaci della setta, qua e là nelle diverse strade della città e in tempi differenti, li vedremo cadere come foglie, tra l'indifferenza generale della gente e dei soldati. Le loro morti verranno accolte da tutti come regolamenti di conti e come normali delitti eseguiti da delinquenti comuni. Inoltre, nel frattempo che la mannaia dei ribelli non smetterà di abbattersi su tutti i Tricerchiati rimasti, il re Francide ed io andremo ad attendere i due amanti nella ex palestra. Sono convinto che essi, prima o poi, si rifaranno vivi in quel luogo, sia che vorranno trovarvi rifugio sia che vorranno incontrarsi con Ernos!»

La proposta di Croscione e il fervore dimostrato da Liciut nello schierarsi dalla sua parte, almeno inizialmente, non era stata accolta con simpatia da Lucebio e dal re Francide. Sebbene essi l'avessero trovata abbastanza interessante, siccome avrebbe potuto funzionare per il raggiungimento del loro obiettivo, la loro integrità morale li faceva opporre ad essa. A dire il vero, erano differenti le motivazioni dell'opposizione di ciascuno all'idea ventilata dal cieco Croscione. Ma adesso le conosceremo direttamente dalla bocca di ognuno di loro, poiché essi vorranno farle presenti agli altri. Lucebio, essendo contrario alla proposta dell'amico Croscione, si era espresso con queste parole:

«Non mi sento di ordinare tante morti che, per il mio alto senso morale, non trovo giuste. Il nostro principale obiettivo dovrà essere quello di scovare e punire Stiriana ed Olpun, essendo loro due gli unici responsabili dei guai della figlia del nostro re Cloronte. Perciò bisogna battere il sentiero che ci condurrà a tale risultato, senza sporcarci le mani!»

«Anch'io non condivido la tua proposta Croscione,» aveva dichiarato il sovrano di Actina «ma non per i motivi addotti dal mio amico Lucebio. Anzi, propenderei per la morte di tutti i Tricerchiati, anche se essi fossero varie migliaia! Pur ammettendo che la tua proposta è ottima e potrebbe risolvere il nostro problema, non approvo di essa il modo di ammazzare i nostri nemici. Infatti, non trovo onorevole, ma meschino e da vigliacchi, il metterci ad uccidere i Tricerchiati a tradimento e facendo perfino ricorso al veleno. Invece, a mio avviso, possiamo farlo benissimo a viso aperto, impugnando le armi e con combattimenti leali. Adesso conosci anche la mia opinione in merito!»

«Credi, re Francide, che non la pensi anch'io alla tua stessa maniera? Un tempo, quando ero il boia del re Cotuldo, sì che ero abituato ad agire come ho suggerito con la mia proposta! Ma dopo che ho iniziato a frequentare delle persone oneste come Lucebio, Iveonte e te, il mio modo di vedere e di considerare le cose è mutato radicalmente in senso positivo. Perciò, se ho proposto di far fuori i seguaci della setta come sai, l'ho fatto per due motivi: primo, i Tricerchiati sono delle bestie fanatiche e non rispettano la vita altrui; secondo, tenendo i soldati di Cotuldo fuori della nostra controversia privata, potremo davvero agire indisturbati, conseguendo più in fretta degli ottimi risultati. Al contrario, se dessimo origine a combattimenti aperti, attireremmo l'attenzione di tutti, compresa quella dei soldati. Le cui indagini intralcerebbero le nostre ricerche e ci metterebbero nella condizione di non ottenere con celerità i risultati che ci siamo prefissi. Questo è il motivo della mia proposta!»

Ascoltate le sue giustificazioni, il sovrano di Actina non si era più sentito di dar torto a Croscione. Egli aveva ritenuto che, in un certo senso, l'ex braccio destro del re Cotuldo avesse delle eccellenti ragioni per pensarla in quel modo. Inoltre, da nessun altro era scaturita una proposta che indicasse un percorso, oltre che differente, altrettanto rassicurante e promettente. Alla fine, così, sciogliendo le ultime riserve sulla proposta di Croscione, il re Francide si era pronunciato favorevole ad essa. Per tale ragione, egli aveva voluto chiarire la sua posizione.

«Dal momento che nessuno dei presenti ha avanzato altre proposte migliori,» ci aveva tenuto a precisare «suggerisco di accogliere quella di Croscione. Essa, se la giudichiamo obiettivamente, nobile od ignobile che sia, è l'unica che potrà garantirci la rapida risoluzione del nostro problema. Da parte mia, pur di liberare al più presto la mia amata Rindella, sono disposto a rinunciare anche a qualche mio principio morale. Quindi, invito il venerabile Lucebio a pensarla allo stesso modo mio, visto che è in gioco la vita dell'unica figlia del suo amico re Cloronte!»

Chiamato in causa dal re Francide, il capo dei ribelli, palesando che accondiscendere alla proposta di Croscione per lui significava andare incontro ad un enorme sacrificio, il quale era esclusivamente per motivi di condotta morale, aveva concluso:

«Se Francide ha stabilito che dovremo agire in questo modo, di certo non sarò io ad oppormi alla sua decisione, anche perché la principessa Rindella gli appartiene e presto sarà la sua futura regina! Dunque, oggi stesso ordinerò ai miei uomini, anche se sono rimasti in pochi nel campo, di iniziare in Dorinda l'ecatombe dei Tricerchiati.»

«Io ti autorizzo, Lucebio,» poco dopo gli si era rivolto il re Francide «a valerti pure dei miei soldati in tale missione, facendoli operare insieme con i tuoi ribelli. A questo proposito, dopo che io e Liciut saremo ripartiti da qui per raggiungere la città, li lascerò a soggiornare su questo altopiano ai tuoi ordini. È ovvio che, nel frattempo che essi saranno tuoi graditi ospiti, ti toccherà sfamare loro e anche le loro bestie!»

Il sovrano di Actina e Liciut non avevano lasciato sollecitamente il campo di Lucebio, poiché quest'ultimo aveva voluto che il giovane amico, il quale era stato incoronato re della Città Santa da meno di un anno, lo informasse su ogni cosa della sua nuova vita di corte e gli desse anche notizie di Astoride. Allora la conversazione tra i due era durata non meno di una mezzoretta. Al termine, pur con un certo rincrescimento, c'era stata la prevista partenza del giovane re e dell'ex Tricerchiato, la quale aveva come destinazione il palazzo del possidente Sosimo. Vi andavano per informarsi della salute dei loro tre giovani amici e per mettere al corrente l'amico di Lucebio di quanto si era stabilito.