405°-I TRICERCHIATI RAPISCONO LA PRINCIPESSA RINDELLA

Prima ancora che Gerud venisse informato dalla principessa Lerinda del motivo per cui era venuto meno il trasferimento delle due donne a corte, costui aveva già chiesto un paio di volte al suo vice se ci fosse già stato l'arrivo delle due nobildonne accompagnate dai figli di Croscione. Ciò era avvenuto mezzora dopo che c'era stato l'incontro tra il secondo di Ernos e Solcio, quello che anche noi abbiamo seguito. Per il capo dei Votati alla Morte, quindi, sarebbe stato ormai troppo tardi, nel caso che egli, dopo essersi reso conto di quanto i ribelli stavano mettendo in atto, avesse voluto guastare in qualche modo i loro piani. Egli, infatti, essendo in procinto di smontare dal lavoro per aver fatto il turno di notte, si sarebbe potuto benissimo dedicarsi ai suoi nemici ribelli, i quali stavano per sopraggiungere da un momento all'altro. Così avrebbe tentato d'intercettarli in tempo all’esterno della reggia oppure nelle sue prossimità, mandando all'aria le loro reali intenzioni.

Comunque, il maestro d'armi dei Tricerchiati, pur essendo sicuro che si trattava proprio delle donne odiate da Stiriana, aveva evitato d'interessarsi a loro per una ragione molto semplice. Dopo avere appreso da Liciut che aveva scorto in lontananza Polen e i suoi due amici, venendone avvistato a sua volta, Ernos era ritornato da Gerud e gli aveva chiesto se per caso la principessa Lerinda fosse venuta a conoscenza della sua assunzione nella Guardia Reale. Avendone poi ricevuto risposta affermativa, egli si era convinto che ella aveva fatto avvisare i ribelli dalla sua nutrice, anche perché aveva visto la donna lasciare la reggia in fretta e di buon mattino. Ma aveva seguitato a tenere la cosa tutta per sé, non volendo insospettire il suo diretto superiore e rendere pubblico il piano dei ribelli. Soltanto dopo aver raggiunto di nuovo il suo secondo che lo attendeva fuori la reggia, come gli aveva consigliato, manifestando una certa premura, gli aveva gridato:

«Adesso possiamo anche andare, Liciut, perché per oggi in questo posto ho finito! Invece è altrove che ci attende molto da fare e non possiamo perdere neppure un minuto di tempo, se vogliamo essere pronti per la nostra grande missione. Essa, nel caso che avessi dimenticato di dirtelo in precedenza, ci sarà nella prossima nottata!»

«Per cortesia, Ernos, mi dici dove siamo diretti adesso così frettolosamente? Come già sai, m'infastidisce muovermi per la città, senza sapere dove vado. La cosa, oltre ad inocularmi parecchio nervosismo, mi fa sentire un imbambolato vero e proprio! Allora mi è permesso saperlo o devo continuare a sentirmi come ti ho detto?»

«Se la tua natura è questa, Liciut, ti tolgo subito da ogni disagio. I rapimenti delle ragazze un tempo venivano commissionati ai defunti Mesuop e Licisto. Dopo la loro uccisione, avvenuta ad opera dei ribelli, li abbiamo sostituiti con altri nostri validissimi Votati alla Morte, i quali ora sono tre. Ma tu avrai avuto già modo di conoscerli!»

«Come potrei, Ernos, non essere a conoscenza di loro tre? I nostri nuovi rapitori non sono forse Dron, Fasop ed Ittun, i guerrieri che più di una volta mi hai affidati nella palestra, perché li sottoponessi ad un serrato addestramento? Dovrebbero essere proprio loro, se non sono in errore, non potendo essere confusi con altri Tricerchiati!»

«Esatto, Liciut! Ma noi siamo diretti dal solo Dron, il quale abita in Via della Curiosità. Gli dovrò impartire delle disposizioni urgenti per stasera, naturalmente sempre attinenti al loro attuale impiego. Dopo il nostro incontro, sarà sua premura metterne al corrente anche i suoi collaboratori, al massimo entro qualche ora.»

«Non comprendo, Ernos, cosa c'entrano loro tre nel nuovo rapimento, se la prossima ragazza rapita dovrà essere la principessa Rindella. I ribelli di sicuro la staranno difendendo in molti, a cominciare dagli ottimi guerrieri che sono Solcio, Zipro e Polen! Vuoi spiegarmi, dunque, quale sarà il loro ruolo questa volta, poiché non riesco a comprenderlo?»

«Non ti sbagli, Liciut, a pensare che stanotte non potranno essere loro tre a rapire una così illustre vittima, qual è la figlia degli ex regnanti di Dorinda. Infatti, essi mi serviranno solo per prenderla in consegna dagli altri Votati alla Morte, dopo che il rapimento è stato condotto a buon fine nel palazzo di Sosimo. Così la condurranno al solito posto, quello che adesso è noto pure a loro, oltre che a te. Ti è stata chiarita finalmente ogni cosa, in merito al loro compito?»

«Adesso sì, Ernos, dopo che mi hai messo al corrente di ogni cosa! Speriamo che nella casa di Sosimo non ci stia ad aspettare anche il fidanzato della principessa Rindella! Egli, come affermano in tanti, è una vera macchina da guerra! Sai, è da molto che i Tricerchiati hanno preso di mira la sua fidanzata, per cui i ribelli avranno avuto il tempo di mandare qualcuno ad avvisarlo del pericolo che ella sta correndo! Magari il re Francide già si trova in città per farcela pagare cara! Se io dovessi avere ragione, cioè che egli sia già nel palazzo ad attenderci, in tal caso mi dici come ti regolerai?»

«Per come stanno andando le cose, Liciut, è da escludere nel modo più assoluto che egli si trovi in città, visto che i ribelli stavano cercando di condurla nella reggia presso la sorella del re Cotuldo! Se poi dovesse verificarsi l'evento da te paventato ed anche scongiurato, sappi invece che ne sarei molto felice, poiché non vedo l'ora di misurarmi con i due campioni tanto decantati perfino dai soldati del re Cotuldo. Unicamente in questo modo, porrei fine, una volta per tutte, al dilemma che i ribelli e i gendarmi sono riusciti a far sorgere in me, pur confidando nelle mie straordinarie possibilità! Ma conoscendo la mia indiscussa professionalità, sono propenso a credere che senz'altro sarò io il vincitore del confronto, se un giorno mi capiterà di battermi individualmente con ciascuno di loro. Spero di provarlo un giorno anche a tutti coloro che non la pensano come me, essendo essi di diverso avviso! Adesso però, mio vice, affrettiamoci a raggiungere il nostro correligionario Dron, dal momento che dopo ci toccherà svolgere degli ulteriori incarichi ancora pertinenti all'immolazione della quartogenita dell'ex re Cloronte.»

Una volta che erano giunti alla casa di uno degli addetti ai rapimenti e il capo dei Votati alla Morte gli aveva fatto l'ambasciata che sappiamo, i due Tricerchiati si erano diretti verso la nuova destinazione. Essa, essendo pure sconosciuta a Liciut, costui, per la stessa ragione, aveva ancora domandato al taciturno maestro d'armi:

«Stavolta, Ernos, qual è la nostra nuova meta? Inoltre, chi è la persona alla quale andiamo a fare visita così sollecitamente? Mi devi proprio scusare, se, come al solito, continuo a risultarti un ficcanaso, che potresti definire patologico! Se sono fatto così, non posso farci niente!»

«Ci stiamo conducendo da Ovurio, il Tricerchiato addetto alle comunicazioni. Egli, coadiuvato da altri cinque dei nostri, che sono suoi collaboratori, è incaricato di mettere a conoscenza l'intera comunità religiosa delle varie disposizioni che vengono emanate dal Prediletto. Inoltre, la informa delle novità che a volte vengono ad esserci nell'ambito della setta. Vado appunto da lui, allo scopo di fargli spargere la voce tra i nostri adepti che nella prossima funzione di plenilunio, la quale si terrà ancora nel nostro tempio, senza più avere contro i soldati, verrà sacrificata l'ultimogenita degli ex regnanti di Dorinda. Nel contempo, dovrà anche rassicurarli che questa volta il rito sacrificale si svolgerà senza pericoli di sorta, poiché adesso abbiamo i soldati dalla nostra parte anziché contro, per cui essi non interverranno a disturbarci, come è successo nell’altra immolazione.»

Quando anche la seconda commissione era stata eseguita da lui, come dagli ordini ricevuti dal Prediletto, Ernos aveva ripreso il cammino con il suo secondo. Adesso la loro destinazione era stata il loro campo, dove stavano ad attenderli il Prediletto e la sua inseparabile amante. Ovviamente, il Tricerchiato Liciut era stato tenuto fuori dalla loro conversazione, per questo essa si era svolta ancora a tre. Nel presentarsi a loro due, il maestro d'armi era apparso muto come un pesce, ma senza nascondere il suo atteggiamento imperterrito. Allora l'astuta volpe, rappresentata da Stiriana, aveva compreso che spettava ancora a lei aprire il discorso per prima, vedendo che il loro silenzioso campione tardava a prendere tale iniziativa. Così aveva iniziato a parlargli in questo modo:

«Ernos, sono sicura che tu, all'uscita dalla reggia, ti sei dato da fare, al fine di eseguire le due commissioni, che il Prediletto ed io ti avevamo affidate. Ad ogni modo, c'interessa apprendere da te quando hai deciso di effettuare il rapimento della principessa, essendo esso per noi di primaria importanza! Quindi, ce lo vuoi riferire, senza farci attendere talmente tanto da farci spazientire?»

«Puoi ben dirlo, Stiriana, che esse sono state portate a termine, come mi avevate ordinato! Riguardo poi al ratto della illustre fanciulla, il quale è solo a te che sta particolarmente a cuore, ho stabilito che esso dovrà avvenire stasera, dopo che sono calate le tenebre. Sei soddisfatta adesso, per avere appreso tale notizia? Come potresti non esserlo, se lo desideravi, da quando Olpun ha messo in piedi la sua setta religiosa!»

«Certo che lo sono, Ernos! In verità, prevedevo che avresti condotto l'attacco al palazzo di Sosimo non prima di domani sera. Mi spieghi per qual motivo c'è stata da parte tua la decisione di anticiparlo a questa sera? Secondo me, sarà stato un fatto nuovo avvenuto in città a spingerti a stringere i tempi. Ne sono sicura! Allora c'informi qual è stato?»

«Proprio stamattina, Stiriana, i ribelli dovevano trasferire a corte la principessa Rindella e la tua ex amica, avendo stabilito di farle ospitare dalla sorella del sovrano. Ma poi, essendo stati avvisati dalla stessa principessa Lerinda della mia presenza nella reggia in qualità di vice del comandante Gerud, essi lo hanno sospeso, proprio mentr'era in atto. Sono sicuro che è stata la stessa sorella del sovrano ad avvisarli!»

«Queste novità, Ernos, le hai apprese dal tuo diretto superiore oppure il mio Olpun ed io dobbiamo considerarle delle tue semplici congetture, delle quali non puoi fornirci alcuna prova? Allora, vuoi rispondere pure a queste nuove domande che ti ho fatto?»

«Vi assicuro, amici miei, che non si tratta di supposizioni da potersi interpretare come si vuole. Le mie sono certezze assolute, poiché si basano su dati di fatto, i quali conducono unicamente in quel senso! Mi dite perché Gerud, pur non avendomi rivelato i loro nomi, mi ha chiesto se fossero arrivate due donne accompagnate dai figli di Croscione? E perché esse sarebbero dovute essere condotte a corte proprio da Polen e dal suo amico Zipro? Invece il loro trasferimento non ha più avuto luogo, dopo che c'è stata l'uscita dalla reggia della nutrice della germana del sovrano. Essa, guarda caso, è avvenuta, subito dopo che Gerud ha riferito alla sorella del re Cotuldo che ero stato assunto nella Guardia Reale. Allora, dopo tanti fatti concomitanti, credete ancora che si tratti di mie ipotesi azzardate, anziché di una soffiata bella e buona, da parte della sorella del monarca?»

«Sono d'accordo con te, Ernos; anzi, con me lo è anche il Prediletto, visto che sta annuendo alle mie parole. Inoltre, sono convinta che i ribelli, essendo venuta a mancare quella che per loro rappresentava la migliore opportunità di proteggere le due donne, decideranno di trasferirle al più presto al loro campo. Dunque, con molte probabilità, se non vado errata, il loro trasferimento avverrà domani stesso!»

«La penso esattamente come te, Stiriana. Ecco perché mi sono deciso ad effettuare il rapimento della principessa in serata. Grazie al mio precedente studio del palazzo, desumo che non sarà facile accedervi, neppure cercando di scalare il suo muro perimetrale, specialmente se ci saranno a difenderlo molti uomini agguerriti, magari degli arcieri provetti! Allora bisognerà giocare d'astuzia, se vogliamo cavarcela con un successo pieno. Ed è quello che faremo!»

«Sono d'accordo con te, Ernos! Ma vuoi farci apprendere il piano che intendi attuare nella tua operazione di stasera, il cui obiettivo sarà quello di rapire la principessa ed uccidere la mia odiata Madissa?»

«Premetto, Stiriana, che prenderanno parte all'assalto i nostri trenta Votati alla Morte che ci sono rimasti, dopo l'attacco che abbiamo subito da parte dei soldati. Si uniranno a loro altri cinquanta Tricerchiati, quelli che, a mio parere, dimostrano di aver conseguito un buon uso delle armi. Naturalmente, ci saremo anch'io e il mio secondo, dovendo guidarli nel commando! L'opera di noi due consisterà nel dirigere le varie operazioni offensive, poiché ciascuno sarà al comando di metà dei nostri uomini. Liciut capeggerà i Votati alla Morte, mentre io sarò a capo dei restanti combattenti tricerchiati. In riferimento al mio piano, adesso vi spiego come si svolgerà il nostro assedio al palazzo di Sosimo.»

«Grazie, Ernos, fai bene a spiegarcelo, poiché vogliamo conoscerlo!»

«Tutti sappiamo che a cinque miglia dalla città, in direzione nord, si trova un terreno paludoso, il quale copre una superficie di pochi metri quadrati. Ma nessuno è al corrente che la sua poltiglia semiliquida è una sostanza bituminosa con proprietà infiammabili. Infatti, se impregniamo di essa uno straccio oppure un legno e avviciniamo poi al composto ottenuto la fiamma di una fiaccola, lo vediamo prendere fuoco senza nessuna difficoltà, risultando un ottimo comburente. Ebbene, intendo portare con noi almeno tre otri pieni di tale materia nerastra, allo scopo di facilitare la combustione che intendiamo ottenere. Così, dopo aver fatto spalmare con essa la parte superficiale esterna del portone d'ingresso della casa del ricco Sosimo, ordinerò ai miei uomini di appiccargli il fuoco. L'incendio, però, costituirà per noi unicamente una manovra diversiva, poiché non è per di lì che avverrà il nostro ingresso nel palazzo difeso dai ribelli. Invece glielo faremo soltanto credere!»

«Ernos, per favore, sbrìgati a parteciparmi anche il resto del tuo piano, dal momento che non vedo l'ora di conoscerlo per intero, dopo che mi hai incantata con il rapporto della sua parte iniziale. La quale, siccome mi si è rivelata davvero geniale, mi ha fatta diventare smaniosa di apprendere anche la parte restante del tuo eccellente piano!»

«Non preoccuparti, Stiriana, poiché passo a soddisfarti immediatamente! Come vi stavo dicendo, noi ribelli non entreremo nella casa di Sosimo dall'ingresso principale; ma lo daremo solo ad intendere a coloro che lo sorvegliano e lo difendono, facendoli stare con il naso rivolto verso il portone che brucia. Allora, mentre essi attendono che le sue imposte bruciate dalle fiamme si schiantino al suolo come tizzoni ardenti, con l’intenzione di riceverci con una pioggia di saette e farci pentire della nostra violazione di domicilio, noi opereremo altrove, senza che nessuno dei difensori del palazzo se ne accorga.»

«Sarebbe a dire, Ernos? Di preciso dove opererete, in quel lasso di tempo?» aveva chiesto il Prediletto «Ad esserti sincero, non ho compreso la tua simultanea mossa tattica nel palazzo del facoltoso Sosimo!»

«Servendoci di funi arpionate, Olpun, scaleremo i muri del palazzo rimasti al buio per assenza di luce lunare, la quale viene causata dalle costruzioni sopraelevate, le quali si frappongono tra l'astro splendente e le strutture murarie anzidette. Dopo, una volta che tutti i Tricerchiati li avranno scavalcati, assalendoli alle spalle, daremo inizio alla nostra lotta con i ribelli, che hanno trasformato il palazzo in un vero fortilizio. All'inizio, però, mentre Liciut e gli altri Votati alla Morte baderanno a cercarvi il reparto dove alloggiano le due nobildonne, io e i miei uomini tenteremo di spingere allo sbando i numerosi ribelli, siccome saremo attaccati da loro in massa. Quando poi i nostri guerrieri avranno ucciso Madissa, la grande nemica di Stiriana, ed avranno preso in ostaggio la principessa Rindella, porteranno quest'ultima fuori del palazzo e la consegneranno nelle mani dei loro commilitoni addetti ai rapimenti, i quali sanno già dove condurla e cosa fare di lei. Al loro ritorno nel palazzo, i nostri Votati alla Morte affiancheranno me e gli altri Tricerchiati per impedire a chiunque di uscire e d'inseguire Dron, Fasop ed Ittun, allo scopo di strappare alle loro mani la principessa rapita e liberarla dagli stessi.»

«Mi congratulo con te, Ernos!» gli si era espressa Stiriana, ebbra di gioia e di malvagità «Il tuo è un piano stupendo, il quale non poteva essere congegnato meglio! Adesso speriamo che, all'atto pratico, esso dia i frutti da noi auspicati, se non vogliamo rimanere con un palmo di naso! Comunque, ho molta fiducia nel tuo grandioso piano!»

«Insieme con la mia Stiriana, nostro formidabile ed imbattibile Ernos,» Olpun si era unito alla sua donna nel complimentarsi con il campione di armi e di arti marziali «ti faccio pervenire anche i miei apprezzamenti. Anzi, in seguito l'intera nostra setta te ne renderà merito! Dopo che il sacrificio della principessa Rindella al nostro dio si sarà consumato senza intoppi, essa ci ricompenserà con la magnanimità di sempre!»

«Vi prometto, amici miei, che ogni cosa procederà senza ostacoli, secondo le varie fasi del mio piano! In pari tempo, oltre ad avere la vittima che ci occorre, daremo una sonora batosta ai ribelli, ossia ai nostri nemici giurati. Così vendicheremo la morte dei nostri correligionari, che sono stati uccisi dai soldati soltanto per colpa loro!»

Dopo la promessa fatta da Ernos al Prediletto e alla sua donna, si era conclusa la conversazione fra i tre Tricerchiati. Allora ognuno di loro aveva intrapreso una strada diversa, a seconda delle mansioni che aveva da svolgere per il resto della giornata. Il maestro d'armi era impegnato nell'ambito della setta; mentre i due amanti avevano impegni al di fuori di esso, ma con obiettivi differenti. Difatti l'uomo, dopo essere montato a cavallo, lo aveva spronato in direzione del centro della città; invece la donna si era diretta verso una località sconosciuta per andare a sbrigarvi delle faccende ignote. Può darsi pure che, nel seguito della nostra accattivante storia, esse seguiteranno a restarci completamente all'oscuro. Se così dovesse essere, ciò vorrebbe dire che per noi non era importante addivenire alla loro conoscenza. Intanto, però, ci conviene continuare ad addentrarci preoccupati nella vicenda in corso, la quale non si profila assolutamente buona per la principessa Rindella.


Il sole, calandosi dietro i monti gigantesco e rosseggiante, nonostante si mostrasse parecchio stracco, annunciava a tutti gli esseri viventi che il tramonto stava esordendo con la sua solita tecnica pittorica. Per cui essa andava conferendo alla natura delle sfumature magiche e surreali, dandosi ad incantare la stragrande maggioranza degli esseri umani ed animali. Ma i primi ogni giorno accoglievano il fenomeno del tramonto con una particolare serenità dell’animo. Nel palazzo di Sosimo non si aveva il tempo di stare dietro ad esso e alle sue molteplici sfaccettature da sogno, poiché quelli che vi dimoravano avevano ben altro da pensare e a cui badare. Invece essi ponevano mente altrove, mentre i pensieri vi turbinavano come forti raffiche, le quali tendevano a spazzarvi via quei bricioli di tranquillità che vi permanevano incerti. Perciò, una volta che il sole si era ritirato dietro gli addormentati monti, pure sulla casa di Sosimo era venuto a piombare il cupo silenzio. Se qualche tramestio vi si faceva avvertire ancora ogni tanto, esso proveniva dalla strada, dove c'erano alcuni passanti che si affrettavano a rincasare, salutandosi e scambiandosi qualche parola fra di loro. Essi non volevano trovarsi lontano dalla famiglia, quando la notte aveva iniziato ad imperare sovrana sulla città, sebbene ci fosse una splendida luna piena ad illuminarla. Sovente si trattava dello scalpiccio di persone, che avanzavano a piedi; ma non di rado esso era dovuto allo zoccolio di un cavallo, che procedeva al trotto con il suo carico umano. Comunque, anche nei momenti di assoluto silenzio, i difensori del palazzo non si mostravano calmi e tranquilli, poiché un antipatico nervosismo ed una snervante attesa non smettevano d'impadronirsi della maggior parte di loro.

Nella casa di suo nonno, Solcio, prevedendo il feroce assalto dei Tricerchiati in una delle sere antecedenti al plenilunio, se non proprio in quella che era in arrivo, d'accordo con i suoi due amici, aveva disposto di consumare la cena a ridosso del tramonto. Così, col sopraggiungere delle prime tenebre, i vecchi, le donne e i bambini, dopo aver cenato, sarebbero dovuti trovarsi nelle loro stanze con le porte ben sprangate e rimanervi fino alla mattina seguente. Inoltre, essi avevano vietato, tra gli uomini che vigilavano, schiamazzi di qualunque genere, potendo essi nascondere quei rumori sospetti provenienti da coloro che si stavano accingendo a coglierli di sorpresa. I tre giovani amici soprattutto avevano raccomandato ai loro commilitoni di tenersi desti ed attenti al massimo durante la notte. Solamente in quella maniera non si sarebbero trovati faccia a faccia con il nemico, quando ormai era troppo tardi per contrapporgli una valida difesa, efficiente e capace di salvarli.

Ad una certa ora della serata, una delle sentinelle in servizio nei pressi del portone si era precipitata dai tre giovani, esternando un atteggiamento convulso. Giunto in loro presenza, egli li aveva avvisati che all'esterno, davanti all'ingresso, si faceva registrare uno strano movimento. Esso, rivelandosi un misto di passi e di zoccoli di cavallo, cercava di non farsi notare da quanti erano all'interno dell’edificio, ad evitare di farsi scoprire. A quella notizia, Solcio, Zipro e Polen subito erano corsi a controllare, volendo rendersi conto con le proprie orecchie di quanto stava accadendo fuori. Pervenuti poi nelle vicinanze del portone, pur avendo udito anche loro in quel luogo degli strani rumori, che in realtà non facevano ipotizzare a cosa fossero dovuti, essi non avevano voluto rischiare l'apertura dell'enorme porta di legno, allo scopo di conoscere la causa che li provocava. In quel momento non sembrava che qualcuno stesse operando dall'esterno qualche tipo di forzatura contro le sue spesse imposte con l'obiettivo di farle spalancare. Allora i tre giovani, come pure gli altri che li affiancavano, avevano stabilito di tenersi preparati, nel caso che i nemici riuscissero a raggiungere il loro scopo.

Poco più tardi, invece, un odore acre di bruciato, nonché il fumo che si alzava con ampie volute, avevano dato la certezza che era stato appiccato del fuoco alla superficie esterna del portone, dopo avervi cosparso sopra una sostanza bituminosa che faceva da comburente. Nello stesso tempo, essi avevano preso coscienza che i Tricerchiati avevano deciso di rapire la principessa Rindella proprio quella sera ed avrebbero attaccato, non appena il portone del palazzo si fosse trasformato in un cumulo di tizzoni brucianti. Per questo i ribelli tenevano puntati gli occhi sull'ingresso della casa, volendo ricevere degnamente i loro nemici. Da parte loro, i formidabili arcieri si mostravano ansiosi di accoglierli con gragnole di frecce, per farne una grande strage, prima che i nemici dessero inizio alla loro scorreria nell'interno del palazzo. Ma con loro grande sorpresa, quando tutte le assi del portone si erano staccate dai cardini ed erano finite per terra brucianti, neppure un Tricerchiato era stato scorto fuori, intenzionato ad entrare nella casa di Sosimo. La qual cosa aveva fatto stupire quelli che li stavano aspettando con trepidazione.

Poco dopo lo stupore dei ribelli era stato ancora maggiore, allorché essi avevano avvistato i Tricerchiati arrivare alle spalle con irruenza e prepotenza, guidati dall'imbattibile Ernos. Il cui piano aveva funzionato alla perfezione, cioè secondo le sue previsioni. Infatti, il fuoco dato al portone, facendo da diversivo, era riuscito ad attirare la totalità dei ribelli nelle vicinanze dell'ingresso, sottraendo così alla loro vigilanza parte del muro di cinta e i restanti angoli domestici. Il quale fatto aveva permesso ai nemici, mediante corde fornite di arpioni, di scalare e superare la sommità di una parte del muro perimetrale. Essa, per la sua particolare posizione, si presentava poco visibile a quell'ora della sera, poiché veniva a trovarsi totalmente all’ombra. Dopo lo scavalcamento avvenuto nella massima silenziosità, i Tricerchiati si erano divisi in due gruppi, l’uno di trenta unità e l’altro di cinquanta uomini. Il primo, che era formato dai soli Votati alla Morte ed era guidato da Liciut, si era dato a ricercare le due nobildonne con una minuziosa battuta, rastrellando i vari alloggi del palazzo. Il secondo, che era capeggiato da Ernos, si era invece scagliato a fare la sorpresa ai difensori del vasto edificio. Costoro oramai si trovavano tutti quanti ammassati nell'ampio cortile, il quale spaziava nella parte interna, davanti all'ingresso. Perciò su entrambi i fronti, dove i Tricerchiati avevano sferrato l’offensiva, ben presto le cose per i ribelli avevano cominciato a prendere una brutta piega.

Ma noi non possiamo seguire le due operazioni in simultaneità. Per cui, almeno fino a quando essi non saranno diventati un unico fronte, ci toccherà interessarci a ciascuno di loro separatamente e in tempi diversi. Inizieremo perciò a parlare di quello portato avanti dai terribili Votati alla Morte, i quali erano capitanati da Liciut.

Ebbene, gl'irriducibili guerrieri tricerchiati, il cui addestramento era stato curato dal loro capo in persona, all'improvviso avevano costituito un gruppo omogeneo e compatto. Esso, se non ci fosse stato il vice del loro capo a temperarne gli animi focosi e l'indole assassina, si sarebbe mostrato pronto a sfasciare e ad abbattere porte, a seminare orrori e stragi, a rendere impossibile la vita a gente innocente, a trasformare l'ambiente in un inferno di crudeltà e di sevizie. Invece Liciut, con la scusa che il loro obiettivo primario era quello di trovare a qualunque costo le due nobildonne e che la loro aggressione istintiva poteva pregiudicarne l'esito favorevole, si sforzava di tenerli sotto freno. Per cui, ogniqualvolta essi facevano una prigioniera nel palazzo, egli interveniva e li invitava a far prendere a sé medesimo ogni iniziativa nei suoi confronti. Soltanto durante la terza irruzione in uno degli alloggi, essi vi avevano trovato una giovane donna, la quale tremava come una foglia e si teneva stretto al petto il suo bambino. Allora Liciut l'aveva presa per un braccio e l'aveva tirata fuori dalla sua stanza, senza esagerare in violenza. Dopo averla costretta ad uscirne, mostrandosi con lei moderatamente aspro e severo, le aveva fatto presente:

«Noi non siamo qui per farti del male, giovane madre; ma solo per avere da te delle risposte corrette alle nostre domande. Per questo comincia a dirci chi sei, se non vuoi che ci arrabbiamo con te, come non abbiamo fatto con le altre persone incontrate!»

«Io sono Lusia, una delle nuore del padrone di casa, in quanto moglie del figlio Streo. Per favore, non fateci alcun male. Soprattutto non prendetevela con il mio bambino, il quale è un essere innocente! Piuttosto inveite contro la mia persona al suo posto, poiché la sua vita mi è più cara della mia! Allora siete disposti a darmi ascolto?»

«Tuo figlio vivrà insieme con te, se seguiterai a rispondere alle mie domande nel modo giusto, Lusia! Se ti rifiuterai di farlo, saremo costretti ad uccidervi entrambi! Ti sono stato chiaro, benedetta donna?»

«Allora potete chiedermi qualunque cosa, sconosciuti, perché da me avrete ogni volta la risposta che volete, naturalmente se sarà nelle mie facoltà accontentarvi, come da voi desiderato! Ma non vorrei che mi faceste domande alle quali non saprei rispondere!»

«Brava, Lusia: è così che si comportano le mamme, le quali vogliono un bene grandissimo ai loro bambini! Adesso, seguitando ad essere giudiziosa, devi rivelarci dove alloggiano la principessa Rindella e la nobildonna Madissa. Mi sono spiegato per bene?»

«Per carità, sconosciuti, non chiedetemi una roba del genere! Rivolgetemi tutte le altre domande che desiderate, ad eccezione di questa, poiché proprio ad essa non posso assolutamente rispondere! Ma non avete altre domande da farmi, per favore?»

«Se ti è proibito rispondere, Lusia, mi dispiace per te! In questo caso, mi costringi a decapitare il tuo bambino e la colpa della sua morte cadrà solamente su di te! Allora resti ancora della medesima opinione, dopo che ti ho riferito cosa intendo fare a tuo figlio? Al tuo posto, per nessuna ragione al mondo, farei ammazzare il mio bambino!»

«Forse hai ragione, Tricerchiato. Senz'altro mi dispiacerà per loro due; però non posso far morire il mio Sosimino, il quale rappresenta per me il bene più prezioso al mondo. Sconosciuto, però, prima dovrai giurami sul tuo dio che, dopo aver risposto alla tua domanda, terrai fede alla promessa che mi hai fatta e non ci ucciderete ugualmente!»

«Te lo giuro sul nostro dio Kursut, Lusia! Egli punisce con la pena più orrenda quelli che spergiurano in suo nome. Ma adesso cerca di sbrigarti a riferirci dove si trovano le due nobildonne, dal momento che non abbiamo tempo da perdere. I miei amici qui presenti, se non lo sai, davvero non ci mettono niente a perdere le staffe!»

«In fondo a questo corridoio, ce ne sta un altro sulla destra, la cui ultima porta sulla sinistra è quella del loro alloggio. È lì che mio suocero ha fatto sistemare entrambe. Adesso esse dovrebbero essere sole; ma vi scongiuro, sconosciuti: non fate del male a quelle poverette! Esse non se lo meritano, essendo due anime nobili!»

Liciut e gli altri Votati alla Morte, non avevano voluto neppure ascoltare l'ultima frase della donna, essendo molto impazienti di accorrere verso il luogo da lei indicato. Una volta che vi erano giunti di corsa, non avevano esitato ad abbattere il debole serramento in legno e a fare irruzione nella stanza, la quale era illuminata dal solo lucignolo di una lucerna. Allora le due dormienti erano state assalite da uno spavento che, almeno all'inizio, non era apparso grande. Dopo, essendosi rese conto della gravità della situazione, in entrambe esso era diventato subito terrore. Infatti, le due nobildonne avevano compreso che gli aggressori erano i loro persecutori Tricerchiati. Scorgendole che si mostravano ancora assonnate, ma con un terribile spavento stampato sul viso, Liciut aveva avuto molta pietà per loro due. Poi, con una certa riluttanza che riusciva a mascherare benissimo, aveva ordinato ai suoi uomini:

«Svelti, prodi guerrieri, imbavagliate la ragazza, prima che le sue urla arrivino ai ribelli, e portatevela via da questa stanza! Sapete già a chi dovete consegnarla, dopo che sarete usciti dal palazzo. Subito dopo ritornate a dare manforte ai militanti di Ernos. Con la donna matura, invece, me la vedrò io personalmente! Ci siamo intesi?»

Allora il Votato alla Morte rimasto con lui gli aveva rammentato:

«Non scordarti, Liciut, che Stiriana la vuole morta! Come anche tu sai, ella ci ha tenuto a ripetercelo un sacco di volte! Perciò la matura donna deve essere eliminata all'istante!»

«Celust, chi ti ha detto che io non voglia ammazzarla? Lo farò, dopo che mi sarò divertito un po' con lei. Siccome ella è una tribade, mi è venuta la voglia di avere anche un'esperienza con una donna del suo tipo. Perciò, amico, lasciaci soli per un po' e restatene fuori a sorvegliare che nessuno ci venga a disturbare, mentre me la spasso con lei!»

Non appena il suo secondo si era allontanato di alcuni metri dall'alloggio della donna, volendo essere discreto, Liciut si era affrettato ad avvicinarsi alla disperata compagna di Lucebio. Quando le si era trovato di fronte tutto solo, egli, facendo il possibile per calmarla, aveva incominciato a rivolgersi a lei con un filo di voce:

«Nobildonna Madissa, io non ho intenzione di ucciderti, poiché sono amico di Polen, di Solcio e di Zipro. Ma adesso tu mettiti a strillare forte, intanto che ti cospargo il collo e il volto di questo liquido vermiglio, che sembra proprio sangue. Il mio secondo dovrà convincersi che ti sto stuprando sul serio. Quando poi te lo dirò io, ti stenderai per terra e fingerai di essere morta. Noi due siamo obbligati ad inscenare anche una colluttazione, che dovrà convincerlo che faccio sul serio nei tuoi confronti!»

Madissa, stando al gioco del Tricerchiato, si era attenuta ad ogni sua raccomandazione, facendolo con una particolare bravura. Così, quando finalmente Liciut era uscito dal suo alloggio, il suo secondo, avendo voluto darci un'occhiata e rendersi conto di ciò che vi era avvenuto, se n'era subito uscito fuori, dandosi ad esclamare:

«Mammamia, come l'hai conciata quella poveretta, Liciut! Per la gioia di Stiriana, l'hai sgozzata come si fa con i maiali! In verità, non ti avrei mai creduto capace di tanto!»

«È così che si fa, Celust, con certe donne del suo stampo! Le ho tagliato di netto la gola, proprio mentre stavo avendo il mio primo orgasmo con lei! Devi sapere che, in un certo senso, mi sento un po' sadico, quando mi trovo a compiere certi atti libidinosi! A questo punto, però, evitiamo di perdere altro tempo e raggiungiamo immediatamente gli altri nostri amici, i quali si stanno battendo con tutto l'ardore e con rabbioso accanimento!»


A questo punto, possiamo condurci sull'altro fronte del fiero combattimento, dove i ribelli e i Tricerchiati avevano dato origine ad una cruenta mischia senza fine. Nella quale i morti non si contavano più, siccome essi aumentavano a vista d'occhio, cioè di momento in momento e senza smettere! Presi alle spalle dai Tricerchiati, gli arcieri dei ribelli non avevano potuto esprimersi come era stato deciso, né all'inizio della zuffa né tantomeno nel seguito di essa, temendo di colpire anche i loro commilitoni. Perciò ne era scaturita una battaglia solo con le spade e con le arti marziali, da parte di chi se ne mostrava all'altezza. Ernos combatteva in prima fila nel ridotto numero dei suoi uomini, i quali adesso erano appena una quarantina; però era in attesa di ricevere i nuovi rinforzi. Essi sarebbero stati costituiti soltanto dai Votati alla Morte, che non superavano di numero quelli che già stavano combattendo al fianco del loro maestro. Comunque, gli uni e gli altri, una volta che si fossero ricongiunti, lo stesso sarebbero risultati la quarta parte dei ribelli. A combattere dalla parte dei settari, però, c'era lui, il campione tricerchiato, il quale valeva più di un intero battaglione. Per questo facilmente arrecava agli avversari sbando e carneficina a non finire.

Fin dall'inizio, la presenza di Ernos si era fatta notare tra i numerosi ribelli, come un vento ciclonico, il quale ne perturbava le falangi, ne faceva scricchiolare la compagine e vi causava danni catastrofici. Sotto i colpi imparabili della sua spada, i quali venivano assestati con la massima potenza, i numerosi suoi nemici soccombevano a decine, rovinando nella polvere con ferite mortali. Inoltre, venivano mutilati o sventrati dalla sua arma micidiale, la quale non intendeva avere pietà per nessuno. Egli riusciva perfino a creare una copertura per quei suoi uomini che presentavano maggiori difficoltà, intervenendo in mezzo a loro con dei movimenti inverosimili, i quali riuscivano a dare loro fiato. Essi lo facevano spostare da un capo all'altro del fronte agilissimo, tempestivo e compiendo rapidi balzi in ogni direzione, risultando ai ribelli a volte frastornanti altre volte punitivi.

Durante l'inizio dell'avvisaglia, come si erano comportati Solcio, Zipro e Polen? Quale efficiente aiuto essi avevano recato ai loro uomini? I tre giovani battaglieri, in verità, si erano quasi tenuti in disparte per due motivi. Da un lato, essi avevano voluto evitare lo scontro diretto con l’avversario Ernos, non essendo ancora in gioco l'incolumità della principessa; dall'altro, erano rimasti ad attendere l'arrivo dei Votati alla Morte, che non si scorgevano ancora farsi vivi nella lotta e parteciparvi. Quando infine i guerrieri tricerchiati erano apparsi nel cortile del palazzo ed essi si erano accorti che quelli avevano già fatto prigioniera la principessa, allora i tre furiosi amici si erano avventati contro di loro con grande determinazione. Ma prima Polen, come aveva suggerito l'amico settario, non si era astenuto dal ferire Liciut ad una spalla con una propria freccia. Così facendo, lo aveva messo subito fuori combattimento, obbligandolo a ritirarsi dalla mischia. Anche Ernos si era accorto dei Votati alla Morte ed era andato incontro ai suoi guerrieri, allo scopo d'impedire a chicchessia d'intralciare il loro passo, mentre tentavano di portare la fanciulla rapita fuori del palazzo. Avuto successo in quella sua azione di supporto, da quel momento egli non aveva più abbandonato la sua nuova posizione strategica. La quale era rappresentata dal pronao dell'edificio, facendo di tutto per impedire ad ogni ribelle di uscire dalla casa e di mirare al salvataggio della principessa. Alcuni minuti più tardi, erano rientrati i suoi Votati alla Morte, che prima erano rimasti incolumi. Allora essi si erano messi a combattere al suo fianco con pertinace valentia, pur di fare bella mostra agli occhi del loro capo, il quale li seguiva mentre combattevano.

A questo punto, riprendendo lo scontro in diretta e ricollegandoci ad esso nel frattempo che si svolgeva, subito ci rendiamo conto che la lotta si stava mostrando feroce al massimo da entrambe le parti. Se l'animosità dei Tricerchiati era forte, la rabbia dei ribelli non era da meno. Anzi, con l'avvenuto rapimento della loro principessa, essi si ritrovavano senza pace e con un carattere iracondo. La loro irascibilità tendeva a sfogarsi sui loro nemici Tricerchiati, sebbene essi si presentassero più agguerriti e quanto mai pericolosi. I loro assalti avvenivano con maggiore frequenza, il loro impeto era diventato più incalzante, la loro furia appariva più scatenata ed incessante. La stessa cosa si poteva dire di Solcio, di Zipro e di Polen, i quali somigliavano a tre giovani leoni e si mostravano sempre attivi nell’azzannare le loro prede, al fine di sopraffarle e di costringerle al silenzio. I loro atti di eroismo erano innumerevoli e facevano pentire amaramente quei Tricerchiati che si erano messi in testa di fare lo stesso nei loro confronti. Anch'essi, nei rispettivi angoli di zuffa accesa, operavano prodigi, spegnevano ardori e frantumavano orgogli nella parte avversaria, consegnando così all'ingorda morte un numero imprecisato di spavaldi Votati alla Morte.

Comunque, i tre giovani si tenevano ancora alla larga da colui che, in quell’accanito combattimento, si rivelava il dominatore indiscusso e personificava la prepotenza assoluta. Egli figurava come una folgore, che non smetteva di scaricare sui propri nemici dei guizzi fulminanti. I quali quasi sempre neutralizzavano e vanificavano ogni loro iniziativa bellicosa, condannandoli a morte certa. Stando lontani da lui, essi riuscivano ad avere l'opportunità di farsi onore sul campo, di dimostrare il loro indomabile coraggio e di dare un senso alla loro fierezza. In quel modo, essa li faceva esprimere con numerose azioni guerresche di raro valore e della massima temerarietà, sfidando ininterrottamente il pericolo e mettendo a repentaglio la propria vita, senza mai temere la morte. Alla fine, però, il numero dei combattenti si era assottigliato a tal punto, che non si scorgeva più nel cortile del palazzo alcun tipo di contesa. Adesso si ritrovavano a guerreggiarsi soltanto Ernos da una parte e i tre ardimentosi amici dall'altra, lanciandosi contro a vicenda degli sguardi di fuoco, come se volessero manifestarsi il rancore più cieco, l'odio più implacabile, la vendetta più mortale. Per questo era giunto il momento di regolare i conti una volta per tutte tra Ernos e i suoi tre pugnaci avversari, benché fosse scontato che tale regolamento di conti poteva esserci solo a discapito dei tre giovani amici.

Da parte nostra, non ce ne vogliamo convincere ed andiamo ugualmente avanti nel seguire il travolgente combattimento, sperando che all'ultimo momento un fatto nuovo intervenga a mutare il destino dei nostri tre simpatici giovani ribelli. Com'è risaputo, nell'uomo la speranza è sempre l'ultima a morire, potendo apparire da dietro l'angolo un fortuito miracolo disposto a soccorrere una situazione disperata!

All'inizio, lo schieramento dei tre giovani amici, era stato quello di accerchiamento, venendo essi a trovarsi nei tre vertici di un ipotetico triangolo equilatero, mentre il loro nemico vi occupava il punto centrale. Per Ernos quella posizione iniziale degli avversari non costituiva per lui alcuno svantaggio. A suo parere, rimanendovi ed interpretando figuratamente quel posto, egli diventava il baricentro della situazione. Infatti, la sua eccellente professionalità nell'uso delle armi e nelle arti marziali gli avrebbe permesso di trasformare quella sua posizione in apparenza svantaggiosa in un trampolino di lancio. Il quale sarebbe stato capace d'invertire i ruoli, trovandosi così ad essere lui l'avvantaggiato e i suoi avversari gli svantaggiati. Per ottenere un prodigio del genere, però, secondo il suo esperto parere, occorreva che i vertici della figura geometrica summenzionata fossero più vicini al loro centro di almeno un paio di metri. Perciò, provocando i tre giovani con invettive allo scopo di spronarli ad assalirlo, Ernos aveva cercato un ulteriore loro avvicinamento alla propria persona. Quando infine aveva ritenuto che i loro corpi si fossero posizionati alla giusta distanza da sé, egli aveva deliberato di eseguire una diabolica manovra, la quale avrebbe dovuto stroncare nello stesso istante le vite degli avversari.

In un primo momento, senza farsi accorgere da loro, aveva premuto le parti interne dei suoi calzari l'una contro l'altra, facendo in modo che la pressione facesse scattare dalla punta del calzare destro una lama lunga una ventina di centimetri. Ciò, perché esso era fornito di un meccanismo a molla identico a quello di un coltello a scrocco. Dopo, tenendo fissata al suolo la punta della sua spada e facendovi imperniare il suo corpo in posizione allungata e parallela al lastricato, egli aveva effettuato nell'aria circostante una perfetta e rapida rotazione di trecentosessanta gradi. Dopo essere avvenuto quel suo movimento rotatorio quasi impercettibile, all'istante e in un tempo quasi sincrono, si erano visti i corpi di Solcio, di Zipro e di Polen accasciarsi al suolo sanguinanti. Sul loro petto, attraverso la lunga lacerazione delle casacche intrise di sangue, adesso si scorgeva un taglio orizzontale, il quale dava origine a gemizi sanguinolenti. Ma tale loro parte anatomica, a causa della scarsità di luce esistente in quel luogo, non permetteva di conoscere il grado di gravità della sanguinante ferita di ogni corpo.

A quella stupefacente esibizione del suo capo, Liciut giustamente era rimasto attonito e non riusciva a spiegarsi com'egli avesse fatto ad operare un prodigio del genere. Solo adesso l'amico di Polen si era persuaso che non potevano esserci al mondo campioni uguali a lui, come egli stesso era abituato a vantarsi. Ma il Tricerchiato l'odiava con tutto sé stesso per la sua crudeltà e per la sua malvagità, non possedendo egli neppure una briciola del vero eroe. Secondo lui, chi era dotato di puro eroismo doveva sempre schierarsi dalla parte dei più deboli e mostrarsi clemente verso i vinti che lo meritavano. Invece Ernos non era portato a difendere il bene e la giustizia, contro i quali invece era solito inveire. Quando infine aveva visto il suo capo manifestare l'intenzione di finire i suoi tre amici ribelli, decapitandoli uno alla volta, Liciut lo aveva supplicato di non fare scempio dei loro corpi e di non mutilarli come aveva deciso di fare. Ma il suo capo, non avendo accolto la sua supplica, si era diretto verso Polen, essendo intenzionato a decollarlo per primo. Dunque, già il maestro d'armi della setta si trovava ad un passo da lui, allorché era stato stornato dal suo insano proposito dall'ingresso nel palazzo di una trentina di cavalieri. Essendosi poi voltato verso di loro, egli aveva notato che chi li guidava, a giudicarlo dall'aspetto, si mostrava un guerriero dalle capacità straordinarie. Perciò, secondo il suo esperto parere, chi egli poteva essere, se non il re Francide in persona?

Dopo l'apparizione del fidanzato di Rindella nel palazzo di Sosimo, il lettore di sicuro si starà rallegrando per l'avvenimento favorevole, siccome c'era stato il suo ingresso in un momento quanto mai opportuno. Esso, infatti, stava per decretare la fine dei tre nobili difensori dei ribelli, che erano già gravemente feriti e prossimi candidati alla morte. Invece c'era stata la sua tempestiva presenza, la quale si era rivelata molto propizia per i tre malcapitati oramai moribondi. Inoltre, egli si starà domandando come mai l'amico fraterno d’Iveonte vi era giunto giusto in tempo per impedire un misfatto così atroce. Perciò non lo si può lasciare privo di una risposta adeguata ed esauriente. Essa dovrà invece soddisfare ampiamente la sua curiosità e dovrà permettergli anche di dormire sonni tranquilli, senza l'assillo di non aver compreso qualche cosa. Allora, pur di non farlo tribolare, cosa che avverrebbe, se non si rispondesse al suo ossessionante quesito, siamo costretti a fare dei passi indietro e a seguire il viaggio del re Francide, a cominciare dalla sua partenza dalla Città Santa.

Naturalmente, la digressione ci costringerà a rinviare lo scontro titanico tra i due personaggi, che si dimostravano sommamente rappresentativi di due differenti tecniche di combattimento, entrambe da considerarsi le più qualificate di quel tempo, essendo le uniche a plasmare dei combattenti egregi come loro due. Ma una delle due scuole, non essendo pubblica ed aperta a quanti avessero desiderato frequentarla, non si proponeva di addestrare delle masse. Essa, esistendo presso un romitorio di monaci che prendevano il nome di Fedeli Servi di Matarum, era ignorata dalla totalità degli uomini. La sua esistenza era stata voluta dall'Ente Superiore, dovendo essa trasmettere all'unico uomo che era stato già previsto il non plus ultra delle conoscenze relative all'uso delle armi e delle arti marziali. A sua volta, egli, ossia Tio, avrebbe dovuto insegnarle a colui che era predestinato a diventare l'eroe più grande di ogni tempo, prodigando tutto sé stesso nel fare trionfare la giustizia tra gli uomini e tra le divinità negative. Ma questo scorcio della nostra storia ci è già noto, per averlo seguito in precedenza con particolare interesse. Invece ora, prima di andare avanti nello scontro, occorre ripercorrere il recente passato del re Francide, il quale rappresenta il nostro personaggio di primo piano del momento, per cui non possiamo assolutamente ignorarlo per dovere di cronaca.