404°-VA A MONTE IL TRASFERIMENTO DI RINDELLA A CORTE

Era trascorsa un'ora, da quando Stiriana aveva lasciato il palazzo di Sosimo e si era anche alla pausa del pranzo, allorché Solcio, Zipro e Polen vi avevano fatto rientro, portandosi dietro una fame così grande, da rendere debole la loro vista. Essi provenivano da una visita fatta a Lucebio, avendoli costui convocati presso di sé per svariati motivi. In seguito, i tre giovani si erano appena sfamati e si intrattenevano ancora a tavola, essendo dediti ad una discussione da considerarsi comunque generica. Era stato a quel punto che un'ancella, dopo essersi avvicinata, a Solcio, gli aveva comunicato che Ruska aveva necessità d'incontrarsi con urgenza con lui. Allora i tre giovani, che sedevano ancora a tavola, siccome poteva esserci una sola ragione per cui la donna lo aveva mandato a chiamare con una certa fretta, si erano precipitati da lei senza perdere un minuto di tempo. Ma perché Ruska aveva invitato presso di sé il nipote del padrone di casa, non appena aveva saputo che egli e i suoi amici avevano fatto rientro nel palazzo? Inoltre, come mai essi, da parte loro, avevano subito immaginato il motivo che l'aveva spinta a farlo? Allora ci conviene aggiornarci in merito, poiché in questo modo apprenderemo i fatti che c’erano stati in precedenza.

Ebbene, dopo esserci stato il licenziamento in tronco della lavandaia Riastina, a colei che l'aveva assunta era risultato arduo darsi una spiegazione in merito al comportamento della donna ultracinquantenne. Possibile che quell'inserviente, dopo aver fatto apparire che il lavoro cercato ed ottenuto rappresentava per lei una manna piovuta dal cielo, se l'era poi fatto sfuggire di mano, senza un minimo di accortezza e senza far trascorrere neppure la quarta parte di una giornata? Le era sembrato perfino che ella, inscenando immotivatamente quella chiassosa lite, avesse voluto perseguire di proposito la rescissione del rapporto di lavoro. Per questo il suo incongruente atteggiamento aveva fatto insospettire non poco l’addetta alle assunzioni. Allora, dopo il suo licenziamento in tronco, Ruska, non appena le era risultato possibile, si era affrettata a metterne al corrente chi di dovere, ossia il nipote preferito del suo datore di lavoro. Costui, infatti, qualche mese addietro, non aveva fatto altro che raccomandarle di avvisare lui oppure i suoi amici, qualora le fosse capitato di notare un comportamento ambiguo, da parte di qualcuna del personale femminile del nonno. E quella mattina, in base alla raccomandazione del giovane, quello di Riastina lo era stato senza dubbio. Perciò esso andava trasmesso alla persona interessata!

Ritornando adesso ai nostri tre giovani, appena c’era stata la sua urgente chiamata tramite un'ancella, essi avevano raggiunto la donna in brevissimo tempo. Poi, una volta che erano stati in sua presenza, era stato il nipote di Sosimo a chiedere alla governante di casa:

«Vuoi dirci, Ruska, quale novità hai per noi circa la raccomandazione che ti feci tempo fa? Se ci hai mandati a chiamare con una certa fretta, mi fai pensare che di sicuro ti è capitato qualcosa di anormale questa mattina nel reparto donna del nostro palazzo. Su, parla e comunicaci ogni particolare su quanto vi è accaduto!»

La virago allora si era data a ragguagliarli sullo strano episodio, che c'era stato nella mattinata presso il lavatoio di casa, protagonista del quale era stata la misteriosa Riastina. Al termine del suo meticoloso ragguaglio, ella aveva voluto aggiungere un suo commento personale sulla sedicente lavandaia, facendo presente a Solcio e ai suoi amici:

«Lasciatemelo dire con sincerità, miei baldi giovanotti: quella donna non me la racconta giusta ed è venuta qui per qualche recondito scopo! Non so quale esso fosse; ma a costo di apparirvi strana, sono certa che ella lo ha raggiunto presso il lavatoio. Altrimenti, non se la sarebbe svignata così presto, ossia dopo solo due ore che aveva iniziato a lavare insieme con le altre lavandaie! Secondo me, qui gatta ci cova!»

«Io sono dello stesso parere di Ruska.» aveva asserito Zipro «Anzi, la donna può essere solamente Stiriana, visto che ella ha provveduto anche a cambiare il proprio nome, ricorrendo all'anagramma Riastina. Il fatto deve spingerci ad accertarci, senza interposizione di tempo, di cosa ella sia venuta a conoscenza, per essersene informata, prima che assalisse la collega e la obbligasse a litigare di brutto con lei!»

«Certo che ci muoveremo in questo senso, Zipro!» gli aveva assicurato Solcio «Ma non posso fare a meno di chiedermi quale donna diabolica sia mai questa zia di Polen. Secondo me, un'altra donna simile non può esserci nel mondo intero, considerate la sua perfidia e la sua spregiudicatezza! Ella ha avuto perfino l'ardire di venire a sfidarci nel palazzo di mio nonno, senza temere di essere scoperta dagli uomini che vi prestano servizio e di venire punita così con la morte! Per questo motivo, bisogna ben guardarsi da lei, amici miei, oltre a darle una caccia ininterrotta, fino a quando non l'avremo scovata e catturata!»

«Hai proprio ragione, Solcio!» aveva approvato Polen «Per fortuna altre donne, come la sorella di mio padre, non esistono in nessun angolo della terra! A quanto pare, la sua cattiveria è smisurata e non conosce limiti, se ha avuto il coraggio di fare eliminare dai Votati alla Morte l'unico fratello che aveva e la sua consorte! Io me la sono cavata, unicamente perché ella aveva, e forse ha tuttora, un debole per me! Comunque, non occorre sottovalutarla in nessuna maniera, se vogliamo aver ragione di lei e riuscire a snidarla per eliminarla! Dunque, si ottengano entrambe le cose al più presto, per il bene della nostra principessa!»

Dopo Polen si era rivolto all'addetta alle assunzioni, chiedendole:

«Per caso, Ruska, non hai notato sulla guancia destra di Riastina, in prossimità del mento, un neo nero sporgente avente un diametro di un centimetro, sulla cui sommità crescevano anche alcuni peli? Se ella era davvero quella cagna di mia zia, sono sicuro che un particolare simile non ti sarà sfuggito, essendo esso ben visibile!»

«Come non potevo accorgermene, Polen, se mi ha fatto perfino una certa impressione, mentre l'osservavo? Quindi, ci siamo accertati che la donna poteva essere solamente tua zia, se aveva sulla guancia il neo a cui hai fatto riferimento! Maledetta strega! È stata capace di farmela!»

«Questo difetto fisico, amici,» era intervenuto a precisare Solcio «comprova che Riastina e Stiriana sono la medesima persona e che le nostre supposizioni erano state indirizzate verso la giusta direzione. Per questa ragione, dobbiamo sentirci spronati ad indagare al più presto sulla sua visita al palazzo e su quanto ella è riuscita a sapere realmente sulle nostre preziose ospiti da qualcuna delle lavandaie. Adesso la nostra Ruska ci condurrà qui la donna che è stata costretta a fare a botte con lei. Così potremo interrogarla e conoscere quali domande Stiriana le aveva rivolto, prima che attaccasse briga con lei.»

«Nobile Solcio,» gli aveva chiarito la governante «non è Settinia che bisognerà interrogare, siccome lei non ha scambiato neppure una parola con la megera, ma unicamente botte da orbi, per averla Stiriana provocata. Invece dovrò condurre Gelpia in vostra presenza, la donna che svolgeva la sua opera di lavaggio accanto a lei; ma non occorre. Al posto suo, risparmiandovi la fatica d'interrogarla, sarò io a mettervi al corrente di quanto intendete sapere da lei. Per non andare troppo per le lunghe, la scaltra Stiriana, senza chiederglielo direttamente, si è fatta confermare dall'ingenua lavandaia che la nobildonna Madissa e la principessa Rindella dimorano qui nel palazzo, in un alloggio appartato del quale nessuno conosce l'ubicazione. È evidente che a lei è bastato soltanto venire a sapere che le due illustri donne dimorano in questo palazzo.»

Solcio, dopo aver ascoltato quanto Ruska aveva dichiarato sulle due illustri ospiti del nonno e dopo averla ringraziata per la sua opera di controllo svolta con avvedutezza ed efficienza, si era messo d'accordo con i due amici di fare immediato ritorno da Lucebio. Così avrebbero sottoposto al suo vaglio la delicata vicenda, che si era avuta nella casa del suo amico e, nello stesso tempo, avrebbero ricevuto da lui i provvedimenti da adottare a favore delle due preziose donne, allo scopo di evitare ad entrambe i grossi guai, che adesso si lasciavano prevedere.

Intrapreso il viaggio alla volta del campo dei ribelli e raggiuntolo con una galoppata di circa un'ora, avevano esposto al vegliardo i motivi della loro inattesa presenza. Allora era stato giocoforza avere una nuova riunione a cinque, dovendosi discutere del problema che era sorto nel palazzo di Sosimo nella mattinata. Il quale andava risolto senza perdere un attimo di tempo, considerato che la principessa Rindella e la sua donna correvano un serio pericolo, dopo che Stiriana aveva scoperto dove esse continuavano a vivere, senza essersene mai allontanate. In quel consesso, però, aveva parlato il solo Lucebio, facendo ai presenti una specie di discorso. Egli si era dato a deliberare e a dare ordini in modo concitato, manifestando ai presenti con il suo comportamento un palese nervosismo. Infatti, si era messo a gridare a tutti loro:

«Amici miei, qui la situazione si è fatta assai incandescente e, se non sopperiamo in modo adeguato all'increscioso episodio di stamattina, finiremo col perdere le due preziose donne, che è nostro dovere difendere con le unghie e con i denti. Per come si sono messe le cose, anch'io adesso sono d'accordo con Croscione. Perciò la figlia del nostro re Cloronte dovrà essere trasferita immediatamente a corte, presso la sua amica, che è la principessa Lerinda. Impongo alla mia donna di seguirla nella nuova destinazione, poiché ho la certezza che la zia di Polen vorrà vendicarsi pure di lei. Anzi, le vorrà riservare un trattamento diverso da quello ideato per la nostra principessa. Sono convinto che avrà impartito ai Tricerchiati l'ordine di ammazzarla durante il loro attacco al palazzo! Perciò, Croscione, oggi stesso ti farai accompagnare a corte da Solcio e metterai al corrente la sorella del tiranno che, per sopravvenute complicazioni, nella mattinata di domani saranno trasferite a corte sia la principessa Rindella che la mia amata Madissa. Ad ogni modo, la sorella del tiranno già conosce la mia donna ed è al corrente che ella ha fatto da madre alla sua pupilla, fin dalla sua tenera età. Zipro e Polen, invece, raggiungeranno subito il palazzo del mio amico Sosimo a difenderle, nel caso che i nostri nemici decidessero di rapirle al calar delle tenebre. Una volta all'interno dell'edificio, essi dovranno instaurarvi un ininterrotto stato di allerta, avvisando tutti che da questa sera il pericolo reale di un attacco da parte dei Votati alla Morte è in agguato in ogni momento. Per la qual cosa, essi resteranno mobilitati a tempo pieno in quel luogo.»

I primi ad arrivare in città erano stati Zipro e Polen, avendo essi costretto i loro cavalli ad assumere un'andatura più celere lungo l'intero percorso. Entrati infine in Dorinda, essi avevano puntato direttamente verso la casa del nonno del loro amico, dove avevano iniziato ad allertare l'intero personale maschile, invitandolo alla più rigorosa sorveglianza. Poco prima, i due giovani avevano anche fatto visita alle due nobildonne, mettendole al corrente dell'iniziativa presa con successo dalla loro nemica Stiriana. Per il quale motivo, a meno che non fossero sopravvenuti degli intoppi, era sorta la necessità, di trasferirle a corte la mattina successiva, potendo esse correre un grave rischio nel palazzo di Sosimo. Allora né l'una né l'altra si erano trovate disaccordi con la decisione di Lucebio, essendo convinte che egli, più di qualunque altra persona in Dorinda, ci teneva alla loro salute e vigilava ininterrottamente sulla loro incolumità. Croscione e Solcio, invece, erano arrivati alla reggia mezzora dopo, ossia quando lo stanco pomeriggio stava per rassegnare le sue dimissioni ed abbandonare la morente giornata. Esso oramai era intenzionato a fare posto all'incipiente tramonto. Quest'ultimo, com'era ben visibile dappertutto, dovendo prenderla in consegna, già incominciava a conferire all'affaticata natura un aspetto lievemente rosseggiante, prima di avvolgerla nella sua coltre di colore nero.

Quando l'ex braccio destro del re Cotuldo vi era arrivato, non si era potuto incontrare con l'amico Gerud, poiché egli si trovava a colloquio con il suo sovrano; né vi aveva trovato il suo vice, essendo egli in libera uscita. Comunque, a causa della sua cecità, ci aveva pensato Morchio ad affidarlo alla guardia reale, che era solita prendersi tale compito, affinché lo accompagnasse direttamente dalla principessa Lerinda. Perciò egli era riuscito a raggiungerla, senza essere disturbato da nessuno.

La sorella del sovrano aveva accolto Croscione non senza meravigliarsi. Ma una volta che era stata informata da lui di ogni cosa inerente all'episodio della mattinata, era stata anche lei d'accordo con Lucebio sul trasferimento a corte dell'amica Rindella e della sua madre putativa. Così si evitava che ad entrambe venisse arrecato qualcosa di brutto. Ella si era dichiarata disponibile ad accoglierle presso il suo reparto dal primo mattino del giorno successivo. Inoltre, avrebbe avvisato preventivamente Gerud del loro arrivo e lo avrebbe pregato di mostrarsi discreto a tale riguardo. Anzi, lo avrebbe perfino invitato a sottacere al fratello la loro visita, poiché non le andava di farglielo sapere per il momento.

Avvenuto il colloquio avuto con la principessa Lerinda, Croscione, per la medesima ragione di prima, neppure si era potuto incontrare con il suo ex vice Gerud, allo scopo di conoscere da lui le ultime novità che si erano avute nella reggia. Per cui non aveva avuto neppure l'opportunità di chiederle a Morchio, l'altro suo ex subalterno. Costui, essendo smontato da un quarto d'ora, aveva già lasciato la reggia. Se egli fosse riuscito a contattarli per il motivo che conosciamo, di sicuro avrebbe appreso da uno dei due l'assunzione di Ernos nella Guardia Reale. Di conseguenza, avrebbe anche compreso le motivazioni che lo avevano spinto a farsi assumere nel prestigioso corpo. Come immediata conseguenza, la vecchia volpe avrebbe scongiurato il trasferimento delle due nobildonne a corte. Inoltre, per loro due avrebbe preteso una nuova destinazione, cioè il loro campo. Il quale, in precedenza, era stato suggerito più volte a Lucebio da Zipro e da Polen. Invece, essendo stata negata a Croscione quell'opportunità dalla fatalità, il trasferimento donne avrebbe avuto il suo normale corso. A meno che non si fossero verificati altri fatti che lo avrebbero impedito all’ultimo istante, prima che esso si trasformasse in una trappola per gl'incaricati ad eseguirlo! Perciò stiamo a vedere come evolverà la situazione durante il previsto trasferimento.

Croscione e Solcio avevano lasciato la reggia, quando era appena iniziato l'imbrunire e il sole morente andava scomparendo dietro un orizzonte, il quale era divenuto oramai preda della soffusa luce crepuscolare. Essi si affrettavano a raggiungere le porte della città, allorquando si erano imbattuti in tre ribelli, i quali facevano ritorno al campo per raggiungere le loro famiglie. Allora il maturo non vedente, per permettere al nipote di Sosimo di unirsi prima ai due compagni nella difesa di Madissa e della principessa Rindella, aveva ritenuto opportuno continuare il viaggio insieme con loro. Così il suo accompagnatore, facendo cambiare all’istante direzione al suo cavallo, se n'era ritornato alla casa di suo nonno per cenarvi e per dare manforte agli amici, nel caso che nella nottata ci fosse stato il temuto assalto da parte dei Tricerchiati.

Solcio vi era giunto, quando era già calata la sera. Nel palazzo egli era stato accolto festosamente dai suoi due amici, con i quali aveva poi studiato un piano per ricevere degnamente i Tricerchiati, nell'evenienza che avessero osato assaltare l'edificio durante la notte in arrivo. Si era scelta anche la postazione migliore per i loro arcieri, qualora i nemici avessero fatto irruzione dal portone, dopo averlo abbattuto oppure distrutto con un qualsiasi mezzo. Essa era risultata la più protetta per gli stessi lanciatori di saette, visto che non avrebbero avuto difficoltà a colpire gli assalitori nemici, grazie alla luce notturna di una splendida luna crescente. La quale a giorni sarebbe diventata luna piena, a causa dell’imminente plenilunio. Così, una volta sotto il loro tiro, gli arcieri avrebbero disturbato in modo cruento la scorribanda nemica, decimando significativamente i fanatici Tricerchiati, che ne avrebbero fatto parte.

Durante la notte in corso, invece, le ore erano passate senza fatti di rilievo; ma molti degli uomini, che erano stati di guardia e le avevano trascorse in un'attenta veglia, giunto il mattino, si erano ritrovati stanchi ed assonnati. Allora Solcio, Zipro e Polen, dopo averli mandati a dormire, si erano dati da fare per preparare e rendere sicuro il trasferimento delle due nobildonne a corte. Essi lo avevano predisposto in modo tale, da garantire ad esso una valida copertura, mentre ci si spostava. In essa, sarebbero stati implicati almeno una settantina di ribelli. Costoro, armati di tutto punto, avrebbero agito in incognito e mantenendo delle posizioni strategiche, lungo l'intero percorso che doveva condurli dal palazzo alla reggia. Da parte sua, la principessa Lerinda, diversamente dagli altri giorni, quel mattino si era alzata dal letto abbastanza presto, consapevole che a quell'ora il regale familiare non poteva essere sveglio. Così aveva inviato la nutrice Telda dal consigliere del fratello, con il compito d'invitarlo a raggiungerla con urgenza nel suo alloggio privato. Quando poi il gerarca le si era presentato di corsa, ella, un po’ esitante, gli aveva detto:

«Gerud, devo chiederti un favore, se con esso non ti reco alcun fastidio. Allora posso?»

«Come fai a parlarmi così, mia principessa Lerinda? Da parte tua, puoi chiedermi tutti i favori che vuoi, poiché mai e poi mai essi mi darebbero alcun disturbo! Sappi che mi sento onorato di favorirti in qualche modo e mi dispiace che un fatto del genere non accada mai. Perciò eccomi a tua completa disposizione, mia nobile principessa!»

«Grazie, comandante, per la tua disponibilità; ma adesso passo a chiarirti di cosa si tratta. In mattinata, i due figli di Croscione, che tu già conosci bene, condurranno qui a corte la mia amica Rindella e la sua tutrice. Sarai tu poi ad accompagnarle da me personalmente, raccomandandomi alla tua discrezione. Se per te non costituisce una mancanza verso il tuo re, desidererei che mio fratello, almeno per il momento, non venisse a sapere dell'ospitalità che sto offrendo alle due donne. Dunque, sei ancora disposto a farmi il favore, dopo che ti ho imposto la mia condizione?»

«Certo che lo sono, principessa Lerinda! E poi non vedo come io possa compromettermi verso il mio re, esaudendo il desiderio della sorella! Forse sarebbe il contrario a farmelo offendere! Sono sicuro che avrai i tuoi buoni motivi per volere il trasferimento delle due donne nel tuo alloggio nel modo che mi hai chiesto! Perciò ti garantisco che, oltre ad essere assai discreto, eviterò di parlare con tuo fratello della tua generosa iniziativa. Ma toglimi una curiosità: Rindella non è la fidanzata di Francide, l'amico intimo del tuo Iveonte? Se non mi sto confondendo, si tratta proprio di lei!»

«Forse intendevi dire del re Francide, Gerud, dal momento che egli adesso è diventato il sovrano della Città Santa e al più presto si farà anche vivo a Dorinda, essendo sua intenzione di condurre la propria ragazza ad Actina e di farla incoronare subito dopo sua degna regina! Ebbene, non ti sei sbagliato in merito!»

«Esatto, illustre principessa! Spero che vorrai scusarmi per l'imperdonabile errore, poiché già avevo appreso qualcosa a tale riguardo dal re tuo fratello! Sto pensando alla fortuna che ha avuto Rindella. Da donna comune quale si ritrova ad essere ora, molto presto sarà la sovrana di Actina! Perciò le auguro molta felicità insieme con il suo re!»

«Ben presto sarà proprio così, Gerud, avendolo deciso il suo fidanzato sovrano. Ad ogni modo, sei scusato per la lieve distrazione da te commessa, dal momento che tutti noi non ci siamo ancora abituati a considerare Francide con il suo nuovo titolo regale!»

«Grazie, mia nobile principessa! Ma non ti nascondo che mi è rincresciuto molto non aver incontrato ieri pomeriggio il mio amico Croscione. Come ho appreso dopo, egli è venuto a farti visita, mentr'ero a colloquio con il re tuo fratello! Devi sapere che proprio ieri avevo da comunicargli una notizia assai importante, la quale gli avrebbe fatto molto piacere, dopo averla appresa. Comunque, lo farò la prossima volta!»

«Se non sono indiscreta, gentile comandante, mi dici a cosa era dovuta l'importanza della notizia, che volevi dargli? Oppure ritieni che io non possa venirne a conoscenza, solo perché sono di sesso femminile? Allora che cosa devo attendermi da te, dopo la mia palese curiosità di venirne a conoscenza ad ogni costo?»

«Invece, principessa Lerinda, avendo tu espresso il desiderio di esserne messa al corrente, mi appresto ad esaudirlo. Volevo informarlo che abbiamo assunto nella Guardia Reale un combattente davvero molto in gamba, per cui l'ho nominato subito anche mio vice. Egli afferma di essere invincibile e che nell'Edelcadia non ci sono guerrieri che l'uguaglino. Dopo avercene dato un saggio, devo ammettere che egli si dimostra davvero fenomenale nell'uso della spada e in quelle diavolerie, le quali oggi vengono chiamate arti marziali! Ecco quanto volevo comunicare al mio ex superiore!»

«Tu gli hai creduto sul serio, comandante Gerud, quando egli ha detto che supera tutti nell'Edelcadia? Spero proprio di no, se non vuoi mancare di rispetto a coloro che davvero sono i più forti del mondo! Mi riferisco al mio fidanzato Iveonte e al suo amico, che oggi è il re Francide. Allora mi garantisci che non gli hai creduto?»

«Pur non mettendo in dubbio la sua indiscussa preparazione nelle armi, siccome me ne ha dato una dimostrazione molto eloquente, mia onorata principessa, ho voluto rinfacciargli subito che almeno due persone sono superiori a lui. Così gli ho fatto i nomi dell'insuperabile tuo Iveonte e del re Francide, ai quali doveva cedere la destra. Invece egli, mostrandosi assai scettico nei confronti della mia affermazione, non ha voluto affatto convincersene, attestandomi che un giorno, quando essi gli saranno di fronte, mi dimostrerà che era lui ad aver ragione. Alla fine, però, io l'ho lasciato perdere.»

«Comandante Gerud, è lecito conoscere il nome di questo guerriero imprevidente, che con presunzione ardisce sovrastimarsi a tal punto, da dichiararsi superiore al mio invincibile Iveonte e al suo amico fraterno re Francide? Sto aspettando che tu me lo dica, per favore! Lo voglio conoscere soltanto per curiosità!»

«Ebbene, il nome del formidabile combattente è Ernos, nobile principessa Lerinda. Egli, senza farne un segreto, mi ha anche confessato che è un fervente adepto della setta religiosa dei Tricerchiati, nella quale opera in prima persona. Adesso sei stata soddisfatta, dopo che ti ho rivelato il suo nome? Spero proprio di sì!»

«Certo che lo sono stata, comandante Gerud! Adesso ti do il permesso di congedarti da me.»

A quel nome, la principessa Lerinda, dopo essere divenuta pallida in volto, si era affrettata ad accomiatare il maturo comandante della Guardia Reale. Ella all’istante si era resa conto che i Tricerchiati, con l'assunzione del loro campione nel prestigioso corpo militare, miravano a degli scopi reconditi, i quali si lasciavano bene immaginare, siccome essi potevano solo prefiggersi il male dei ribelli. Perciò, siccome Ernos ora faceva servizio nella reggia in qualità di vice di Gerud, come provvedimento cautelativo, occorreva bloccare il trasferimento a corte dell'amica Rindella e della sua tutrice, se non si voleva andare incontro a spiacevoli conseguenze. Allora, poiché in passato la sua nutrice aveva avuto l'opportunità di conoscere l'ubicazione del palazzo di Sosimo, ella, senza perdere tempo, ce l’aveva inviata con un proprio messaggio al giovane Solcio. Ovviamente, non c'è bisogno da parte nostra di faticare per conoscere il suo contenuto! Ma in tale posto, purtroppo, la macchina del trasferimento si era già messa in moto da tempo. Per cui il convoglio dei ribelli, parte del quale operava come copertura e non era intercettabile, si trovava ormai in vista della reggia. Esso, siccome si era dato a percorrere alcune vie secondarie, non era stato incontrato ed avvistato da Telda. Per questo motivo, la premura della donna di arrestarlo e di metterlo in guardia dai recenti fatti avvenuti nella reggia era risultata del tutto vana, non essendo servita a niente.


Stando a trenta metri da loro, Solcio, Zipro e Polen precedevano le due donne. Essi, facendo da avanguardia e saggiando il terreno, studiavano la sicurezza del percorso che veniva seguito dal loro convoglio. Dieci ribelli, invece, un quintetto avanti ed un altro dietro, si mantenevano a pochi metri di distanza dalla principessa Rindella e da Madissa. Formavano la retroguardia altri venti uomini di Lucebio, i quali galoppavano pure a trenta metri dalle due nobildonne. Infine, in ordine sparso e in incognito, altri trenta militanti completavano la compagine del trasferimento, senza mai perderle d'occhio nel loro cauto avanzare. Si trattava di provetti arcieri, che erano stati scelti con grande cura dai tre giovani amici, tra coloro che si mostravano i più affidabili.

Quando infine la reggia era apparsa ai loro occhi lontana non più di un centinaio di metri, dopo una ennesima svolta, i tre amici avevano scorto Liciut davanti al suo cancello principale. Alla sua vista, Solcio si era incaricato di raggiungerlo e di domandargli il motivo della sua presenza in quel posto. C’era voluto andare il nipote di Sosimo, poiché nessun Tricerchiato lo conosceva. Da parte loro, Zipro e Polen avevano arrestato senza indugio la marcia del loro convoglio. Ma dopo essi erano rimasti in attesa di apprendere dal compagno cosa in realtà stesse succedendo in quel luogo, per esserci il loro amico Tricerchiato. Raggiunto il vice di Ernos, Solcio gli aveva domandato:

«Come mai ti trovi presso la reggia, Liciut? I Tricerchiati hanno forse deciso di vendicarsi dei soldati, per averli assaltati durante il sacrificio? Secondo me, non può essere giustificata in altro modo la tua presenza qui davanti! Oppure c'è dell'altro, che noi ribelli non conosciamo ancora? Ti prego di rispondere alle mie domande!»

«Al posto tuo, Solcio, me la scantonerei all'istante! A momenti, potrebbe uscire dalla reggia Ernos, il quale mi ha dato l'appuntamento all'esterno di essa, avvertendomi di aspettarlo qui, fintantoché non ne fosse uscito. In questo momento, si trova presso il comandante Gerud; dopo, come egli stesso mi ha spiegato ieri sera, avremo un gran daffare in città. Ma non so dirti a cosa egli alludesse.»

«Mi dici, Liciut, cosa ci fa Ernos presso Gerud? Non lo capisco!»

«Già, Solcio, tu non conosci le ultime novità, che ci sono state dopo il nostro recente incontro. Prima, però, voglio anticiparti che i tre autorevoli Tricerchiati, visto che Ciron è morto, hanno scoperto la vostra mossa tattica. Perciò hanno preso coscienza che siete stati voi ribelli a farli attaccare dai soldati, facendo intendere loro che stavano assalendo gli uomini ribelli di Lucebio.»

«Per noi non cambia proprio niente, Liciut, se essi sono pervenuti a tale consapevolezza. Ma ora m'interessa apprendere da te che cosa è andato a fare Ernos da Gerud, il consigliere del re Cotuldo. Per favore, me lo vuoi dire, senza perdere altro tempo e prima che Ernos venga fuori? La tua risposta per me è molto importante!»

«Le ultime novità, Solcio, riguardano esattamente ciò che adesso mi stai chiedendo. Egli, dopo aver dimostrato di essere un validissimo combattente, si è fatto assumere nella Guardia Reale del re Cotuldo. Colui che ne detiene il comando, inoltre, lo ha perfino nominato suo vice. Adesso ti è tutto chiaro, amico mio? Comunque, pur essendo a conoscenza che il cieco Croscione sta trescando ai danni del suo re, avendo abbracciato la vostra causa e facendo passare per suoi figli adulterini te e Zipro, Ernos ha evitato di farne un affare di stato. Sono convintissimo che egli intenderà regolare in privato i conti che ha in sospeso con te, con Zipro e con Polen. Perciò tu e i tuoi compagni cercate di non commettere errori, se ci tenete alla pelle! Del resto, devo stare attento pure io a non fare scoprire al mio capo attuale che sono un vostro simpatizzante. Altrimenti, andrò incontro a morte certa, alla quale egli mi condannerebbe, senza esitare neppure un attimo!»

«Un'ultima cosa voglio sapere da te, Liciut. Sai se Olpun e Stiriana hanno ancora preso qualche decisione sulla principessa Rindella? Cioè, sei riuscito ad avere una tua sensazione a tale proposito? Oppure, almeno per il momento, non è stato preso in considerazione il suo rapimento, per cui possiamo stare tranquilli che esso non ci sarà a breve scadenza? Ci occorrono presto queste importanti notizie, amico mio!»

«Certo che ne sono venuto a conoscenza, Solcio! Ma purtroppo esse non sono buone per la vostra principessa, perché le tre malvagie persone della setta hanno deciso d'immolarla al dio Kursut nella notte del prossimo plenilunio. Per tale ragione, aspettatevi il suo rapimento in una delle prossime serate, considerato che il plenilunio ci sarà tra pochi giorni. Provo una gran pena per lei, poiché ella non diventerà una regina, come il re Francide ha decretato. Invece finirà per essere sottoposta alla vergogna e al supplizio infernale, a cui i Tricerchiati sottopongono tutte le loro vittime!»

«Stanne sicuro, Liciut, che noi ribelli cercheremo ad ogni costo di risparmiarle lo stupro e il sacrificio, battendoci contro di loro come autentiche belve! Mi dici, amico mio, quale sarà il tuo atteggiamento, se, come accadrà, in quella occasione verremo a trovarci di fronte con le spade snudate? Io spero che non avvenga mai! Ma se dovesse succedere, come ti comporteresti?»

«Ti dico che per me sarà una situazione difficilissima, Solcio! Non me la sentirò di guerreggiare contro di te e i tuoi compagni, che siete adesso tutti e tre amici miei. Se però mi asterrò dal combattervi, senza neppure avversarvi, avrò contro Ernos e i suoi crudeli Votati alla Morte, poiché essi penseranno a porre fine alla mia esistenza. Perciò, se ne avrà l'opportunità, amico mio, suggerisco a Polen di colpirmi con una freccia ad una spalla. In questo modo, mi metterà fuori combattimento e mi farà ritirare dalla tenzone senza destare sospetti nei Tricerchiati. Anzi, fingerò un tramortimento dovuto alla sanguinante ferita. A questo punto, Solcio, conviene separarci, senza perdere altro tempo, se non vogliamo rischiare di essere colti da Ernos a parlare con te qui fuori, anche se egli non sa chi sei. Comunque, egli sarà di ritorno a momenti, amico mio!»

Dopo che i due giovani si erano lasciati con una forte stretta di mano, Solcio aveva raggiunto Zipro e Polen, invitandoli ad invertire con sollecitudine il senso di marcia, perché quella mattina non ci sarebbe stato alcun trasferimento. Mentre ritornavano al punto di partenza, il giovane aveva raccontato ai due amici tutto quanto aveva appreso da Liciut su Ernos e sui Tricerchiati, innescando in loro una catena di moti d'animo capaci di esprimere unicamente rancori e minacce. Una volta pervenuti al palazzo di Sosimo, si era deciso concordemente di mandare Polen al loro campo per mettere al corrente Lucebio e Croscione del mancato trasferimento a corte della principessa. Inoltre, li avrebbe resi edotti delle ragioni per cui essi erano stati obbligati a non dare ad esso l'esecuzione che si aspettavano. Trovandosi al suo cospetto, Polen avrebbe anche appreso dal loro capo le ulteriori disposizioni che intendeva impartire a loro tre, alla luce dei recenti avvenimenti che c'erano stati dentro e fuori la reggia.

Per Lucebio, l'arrivo del nipote di Stiriana al loro campo stava a significare che il trasferimento a corte della sua donna e della principessa Rindella aveva avuto buon esito. Al contrario, poco dopo egli aveva dovuto ricredersi, essendo venuto a sapere dal giovane che esso non c'era stato affatto e che le cose si erano messe al peggio per entrambe le nobildonne. Lo avevano preoccupato maggiormente le notizie che avevano riguardato Ernos, Stiriana e il Prediletto, le quali gli avevano esacerbato l'animo. Perciò si era lamentato con l'ex consigliere del re Cotuldo che era presente, dicendogli:

«Questo non ci voleva proprio, Croscione! I miserabili Tricerchiati non solo hanno scoperto tutto sul tuo conto, ma adesso hanno anche piazzato il loro mastino nella reggia, allo scopo di controllare le tue andate a corte. Gli scellerati sanno perfino che nella reggia hai mentito al tuo sovrano e ai tuoi amici sull'identità di Zipro e di Polen, facendoli passare per tuoi figli, mediante una dichiarazione mendace! Visto che i fatti stanno così, vuoi dirmi come ti comporterai adesso nei loro confronti? Da parte mia, non saprei cosa proporti o consigliarti in merito, considerata l'alta pericolosità in atto per te e per chi ti accompagnerebbe, se tu decidessi di rifarti vivo a corte.»

«Secondo quanto ci ha riferito Polen, Lucebio, nella reggia sono ancora all'oscuro del mio doppio gioco, non avendo Ernos svelato a Gerud la mia attività di doppiogiochista. Perciò, se trovo il modo di presentarmi a corte senza che il Tricerchiato lo venga a sapere, ossia durante la sua assenza, chi o che cosa m'impedirà di andarci? Sappi che la principessa Lerinda deve essere messa a conoscenza di come sono andate realmente le cose stamattina, rassicurandola che le sue attese ospiti sono entrambe sane e salve. Così non le intossicheremo pure le prossime giornate, dal momento che starà già vivendo in modo tremendo quella odierna. Soprattutto dopo che la sua nutrice Telda, di ritorno dal palazzo di Sosimo, l'ha messa al corrente che il convoglio dei ribelli si era già messo in cammino da molto tempo, quando lei si era presentata al padrone di casa, allo scopo di trasmettergli il suo messaggio! Mio ottimo amico, convieni anche tu che ella dovrà essere tranquillizzata?»

«Senz’altro, Croscione; però adesso bisogna pensare innanzitutto a chi sta correndo un potenziale pericolo! Siccome Liciut ha lasciato intendere che l'attacco al palazzo potrebbe avvenire in una di queste serate, non sono per niente sereno. Dunque, invito Polen a prendere con sé altri centocinquanta uomini tra quelli presenti al campo e di correre subito a dare manforte ai ribelli, che già vigilano sul palazzo del mio amico, nel caso che i Tricerchiati si facessero vivi proprio durante la nottata. Anzi, essi dovranno prestarvi servizio continuato fino alla prossima notte di luna piena, la quale è ormai imminente! Essa è quella in cui i capi dei Tricerchiati vorrebbero sacrificare la nostra principessa Rindella alla loro divinità, dopo averla stuprata! Ma noi non dobbiamo permetterglielo!»

Proprio secondo le supposizioni di Croscione, la principessa Lerinda, dopo il ritorno della sua nutrice, aveva trascorso dei momenti terribili, temendo che per le due preoccupate donne a momenti le cose si sarebbero messe molto male. Non aveva avuto neppure voglia di consumare il pasto di mezzogiorno, essendole passata completamente la fame; anzi, al posto dell'appetito, la preoccupazione le aveva fatto venire dei crampi allo stomaco. Anche il comandante Gerud non aveva saputo darle qualche notizia, circa il mancato arrivo delle sue due ospiti. Il poveretto avrebbe voluto far eseguire delle ricerche, al fine di conoscere qualcosa sulle due donne scomparse. Ma la sorella del monarca, convinta che egli le avrebbe affidate al suo vice, si era opposta con fermezza per non aggravare ulteriormente la loro situazione. A suo parere, era come consegnare alle fameliche fauci dell'affamata tigre le due prede che stava inseguendo da tempo, senza mai esserci riuscito fino allora.

Nel pomeriggio, invece, ella aveva mandato di nuovo la sua nutrice Telda al palazzo di Sosimo, affinché si sincerasse che alle due donne non era successo nulla di brutto. Così le buone notizie giunte dalla casa del possidente Dorindano l'avevano rasserenata, facendole mettere l'animo in pace. In seguito la principessa Lerinda, ad evitare che il comandante Gerud si desse ad approfondire per conto proprio il mancato arrivo a corte delle due nobildonne, lo aveva mandato a chiamare con la sua Telda e gli aveva fatto presente che il trasferimento delle sue ospiti era stato rimandato a data da destinarsi, a causa di una indisposizione che aveva colpito nella nottata l’amica più giovane.