398-SI VALUTA LA MIGLIORE PROTEZIONE PER LA PRINCIPESSA RINDELLA
Nella riunione serale, che c'era stata al termine della cena e si era svolta alla luce dei recenti fatti riportati da Zipro e Polen, l'argomento preminente aveva riguardato la sicurezza della principessa Rindella. Volendo venire subito al sodo, senza tanti inconsistenti preamboli, con un tono piuttosto abbacchiato, Lucebio aveva incominciato a dire:
«Colui che rimandò di continuo le faccende che aveva da sbrigare, affermando ogni volta che poteva ancora aspettare per dedicarsi ad esse, alla fine morì senza avere avuto il tempo di portarle a compimento. Ebbene, amici miei, non voglio che una cosa del genere accada anche a me. Perciò faccio ammenda dei miei errori e dichiaro di aver sgarrato, ogni volta che non ho cercato di proteggere nel miglior modo possibile la nostra principessa. Da parte vostra, in passato mi sono state avanzate varie proposte; ma io, a causa della mia testardaggine, mi sono sempre opposto a ciascuna di esse, rispondendovi che per il momento la figlia del nostro sovrano stava bene nel luogo in cui si trovava. Adesso, però, vi dico che è giunto il momento di prendere la giusta decisione in merito a lei. Essa dovrà garantirle la massima sicurezza possibile, oltre che salvaguardarla dai tanti rischi che potrebbero derivarle dai Tricerchiati, a cominciare dal loro maestro d'armi, che è il temibile Ernos. Dunque, da questo istante in poi, ognuno di voi potrà dire la sua, invitandolo a non uscire dal seminato, senza una ragione importante. Inoltre, egli è pregato di essere conciso e chiaro nell'esporci la sua proposta! Quindi, c'è ora qualcuno che intende proporci la sua?»
Il primo a prendere la parola era stato Solcio e il suo intervento c'era stato esclusivamente per avallare la tesi che il loro capo carismatico aveva sempre propugnato fino a quel giorno. Perciò, mostrandosi molto sicuro di sé e fiducioso che gli altri lo avrebbero compreso senza dare luogo a discussioni, egli, come nel passato, gli aveva ancora asserito:
«A mio avviso, Lucebio, non sei stato mai in errore, quando hai sostenuto che la nostra illustre principessa era più al sicuro nel palazzo del tuo amico, dove l'accesso agli estranei è pressoché impossibile. Perciò hai fatto bene a difendere la tua tesi e ad insistere ogni volta, perché ella e la tua nobildonna compagna continuassero a restarvi. Adesso la casa di mio nonno, specialmente dopo che vi è stata distaccata una guarnigione dei nostri uomini più valorosi, dal punto di vista della sicurezza, si presenta il luogo più affidabile per le due rispettabili donne. Se poi anch'io e i miei due amici andremo a prendervi stabile dimora, non credi che essa risulterà davvero inespugnabile ed una valida difesa per tutti coloro che l'abitano? Io credo fermamente di sì!»
«Con un Ernos in agguato, Solcio, non si può mai dire quale posto è il più imprendibile e il più idoneo a salvaguardare l'incolumità della principessa Rindella. Perciò, prima di scegliere un luogo da noi considerato sicuro, occorre avere una rosa di opzioni, che ci assicuri una scelta più oculata e priva di dubbi. Ti ringrazio per aver parteggiato per quanto di cui sono stato sempre convinto; ma devi capacitarti anche tu che, per come si sono messe le cose, neppure io me la sento di aver fede in ciò che ho sempre ritenuto giusto fino ad oggi. Qui non ci stiamo occupando di fichi secchi, né tanto meno di nocciole, per mostrarci così irresponsabili da prendere alla leggera ogni nostra decisione. Esse riguardano la quartogenita del nostro re Cloronte, la quale sta per diventare pure la regina di Actina, poiché il re Francide ha stabilito che sarà la sua sposa! Quindi, attendiamo cosa hanno da proporci gli altri nostri amici, in merito al delicato problema, che ci troviamo a risolvere con scarsità di mezzi e con dubbie convinzioni. Perciò ora passo a chiedere se c'è qualcun altro tra i presenti che desidera proporci una soluzione alternativa.»
«Mi dispiace contraddire il mio intimo amico Solcio;» Zipro era intervenuto a dire la sua con una certa foga «ma io, Lucebio, come non mi sono mai stancato di fartelo presente, sono persuaso che sarebbe meglio trasferire le due nobildonne qui nel nostro campo, dove entrambe sarebbero più protette che altrove. Con tutti i meccanismi e le strategie di difesa che attualmente vi vengono adottati, nonché con la vigilanza permanente che vi viene esercitata giorno e notte, alla quale nessuno può sfuggire, neppure un esercito riuscirebbe mai ad espugnarlo! Inoltre, se non dovessimo sentirci ancora pienamente tranquilli e temessimo per la loro sicurezza, potremmo sempre costruire per loro un rifugio riparato e nascosto. In questo modo, dopo un attacco condotto con successo da parte dell'acerrimo nostro nemico, esso sottrarrebbe ai Tricerchiati almeno loro due, nel caso che costoro malauguratamente risultassero vincitori nel loro assalto al nostro accampamento.»
«Se mi si consente di esprimere il mio parere, anch'io continuo a condividere le asserzioni di Zipro e le sue argomentazioni atte a giustificarle.» Polen era entrato anch'egli nel vivo della discussione, allo scopo di perorare la tesi esposta dal figlio della defunta fioraia «Questo luogo, oltre a garantire una ferrea difesa a oltranza alla principessa Rindella e alla nobildonna Madissa, il clima salubre che vi domina procurerebbe ad ambedue una indubbia sanità fisica. Inoltre, includeremmo anche il nostro illustre Lucebio fra le persone da preservare contro i Tricerchiati, essendo egli il nostro capo e l'uomo più saggio di tutta l'Edelcadia. Sono convinto che le due nobildonne, vivendo su questo pianoro, potrebbero respirarvi aria pura e dedicarsi a lunghe e salutari passeggiate, le quali risulterebbero giovevoli al loro spirito. Ecco: questa è la mia idea in proposito, illustre Lucebio! Sono certo che il mio amico Solcio non me ne vorrà, per averla espressa convintamente, dato che qui ci ritroviamo ad esprimere ognuno la propria idea in modo sincero e democratico. Non è forse vero che è come ho asserito, amico mio? Non ne dubito!»
«Questo è fuori discussione, Polen!» gli aveva confermato il nipote di Sosimo «Qui si sta solo valutando la possibilità di garantire alle due illustri nobildonne la massima sicurezza e a nessuno di noi verrebbe in mente di fare dell'accademia in una circostanza simile. Perciò ben vengano altre idee nuove, diverse dalla mia e da quella esposta per seconda da te e da Zipro. Se esse risultassero del tutto identiche, mi sai dire come faremmo ad individuare la migliore e ad operare una scelta oculata? A questo punto, ci conviene attendere il saggio responso del nostro Lucebio anche sulla vostra proposta, affinché ne apprendiamo i pregi e i difetti, quelli che egli tra breve vorrà farci conoscere attraverso la sua innegabile saggezza.»
«Eccomi a farlo, mio caro Solcio!» gli aveva fatto presente Lucebio «Come abbiamo potuto renderci conto, la comune proposta dei tuoi amici, la quale ci è stata proposta anche in altre circostanze, è senza dubbio allettante, avendo dalla sua parte vari fattori positivi; però mi risulta impossibile non muovere dei rilievi anche ad essa. Sono convinto anch'io che quassù la principessa Rindella e la mia donna troverebbero la migliore difesa possibile. D'altra parte, sono del parere che esse non accetterebbero volentieri di vivere nel loro nuovo ambiente, che dovrebbe essere quello nostro. Il motivo? Esso si presenta inidoneo ad accogliere tutte e due degnamente, non essendo dotato di luoghi di decenza e di altre strutture domestiche alla loro portata. Sono certo che anche voi due, miei baldi Zipro e Polen, convenite che le mie osservazioni sono giuste! A questo punto, a quanto pare, ci resta da apprendere cosa da parte sua ci vuole proporre il nostro Croscione, riguardo all'argomento che stiamo trattando in questa nostra riunione.»
«Ebbene, amici miei,» aveva iniziato a dire l'ex braccio destro del re Cotuldo «anche la tesi da me sempre sostenuta continua a restare quella che gode di maggior credito, anche se Lucebio non ha mai voluto accoglierla con la giusta considerazione. Per chi non ne fosse ancora al corrente, all'inizio del nostro conflitto con i Tricerchiati, gli avevo proposto di accettare l'ospitalità che la sorella del re Cotuldo aveva offerto alla principessa Rindella presso il suo alloggio personale. Ma il nostro cocciuto sapientone, inspiegabilmente, non ha mai permesso che ciò avvenisse a causa dei suoi infondati timori, secondo i quali a corte si sarebbe potuta scoprire la sua identità. A dire il vero, io non sono mai riuscito a comprendere in che modo ciò sarebbe potuto accadere a corte, se ella vi doveva risultare un'amica della ragazza di Iveonte. Forse ella giammai si ritroverebbe ad incontrare il sovrano, grazie all'accortezza della sorella, che è la principessa Lerinda!»
«Adesso che ci rifletto bene, Lucebio,» aveva commentato Solcio «questa è l'unica soluzione giusta nella vicenda della figlia del re Cloronte. Nella reggia, ella non potrebbe essere raggiunta da nessun Tricerchiato, compreso Ernos! Anzi, i fanatici settari non penserebbero mai che la figlia del nostro sovrano Cloronte si fosse rifugiata addirittura nella reggia, che per loro rappresenterebbe l'ultimo posto in cui cercarla. Perciò non la troverebbero mai. Quindi, non si perda altro tempo e si concretizzi immediatamente la proposta di Croscione! Così facendo, libereremo anche noi stessi dagli assilli che ci provengono giorno e notte da questa incresciosa situazione. La quale, da quest'oggi in avanti, sono certo che non ci regalerà più neppure un attimo di serenità!»
Alla fine anche Zipro, Polen e Fusso erano stati dello stesso parere del nipote di Sosimo, per cui avevano pressato l'ex pupillo del re Kodrun perché anch'egli accogliesse la proposta di Croscione, facendo dare ad essa una immediata attuazione. Allora Lucebio, cedendo all'opinione prevalente del consesso, aveva fatto un passo indietro rispetto al passato e si era allineato alla decisione delle altre persone, esprimendosi nel modo seguente:
«Amici, se tutti e cinque vi trovate d'accordo nel ritenere che questa sia la migliore soluzione, poiché non farà correre dei grossi rischi alla quartogenita del nostro vero sovrano, pur avendo sempre osteggiato tale idea, non mi resta che uniformarmi al vostro pensiero. Ad ogni modo, il trasferimento della nostra principessa a corte non potrà esserci in fretta e furia. Prima bisogna ponderare come farlo avvenire, se non si vuole andare incontro ad inconvenienti di sorta e non si desidera imbattersi in beghe di qualsiasi genere. In più, occorre avvisare preventivamente la principessa Lerinda dell'iniziativa da noi presa, visto che dovrà essere lei a suggerirci quando e come farla arrivare a corte e al suo alloggio personale. Invece al modo di condurla alla reggia dovremo pensarci noi. Perciò, da quest'oggi, se ne incaricherà il nostro Croscione.»
«Hai perfettamente ragione, Lucebio, a pensarla in questa maniera!» aveva approvato l'anziano cieco «Le tue considerazioni sono figlie della saggezza, le quali, avendoti preferito, hanno preso stabile dimora in te. Nella mattinata di domani, quindi, mi farò accompagnare da Solcio alla reggia, essendo ancora presto perché Zipro e Polen vi si facciano rivedere, risultando essi ancora in convalescenza per il mio amico Gerud. A corte, con una scusa qualsiasi, mi farò ricevere dalla fidanzata di Iveonte e prenderò con lei gli accordi sulle modalità di trasferimento della sua amica nel proprio alloggio. Soltanto in seguito vedremo quali altri passi muovere per conseguire il nostro importante obiettivo!»
Con l'intervento di Croscione, aveva avuto termine la discussione tra i sei uomini a noi noti, i quali vi si erano impegnati abbastanza seriamente. Infine, mostrandosi tutti parecchio assonnati, essi avevano deciso di darsi al sonno ristoratore. Quando poi il sole al mattino aveva ripreso ovunque il suo predominio sulla natura, l'ex consigliere del despota Cotuldo e il suo accompagnatore Solcio, consumata rapidamente la frugale colazione preparata da Lucebio, si erano già messi in cammino per raggiungere al più presto la città.
Si era oramai a metà mattinata, quando Croscione e Solcio erano entrati in Dorinda ed avevano raggiunto la reggia, dove erano stati ricevuti cordialmente dal gerarca Gerud. Costui, da parte sua, pur provandone molto piacere nel vederseli davanti di nuovo, ma soltanto per scherzo, non si era astenuto dall'esclamare al suo ex superiore:
«Possibile, Croscione, che sei ancora qui?! Sai che ieri sera, quando l'ho messo al corrente della tua visita pomeridiana, il nostro sovrano si è quasi offeso, per non esserti fatto vivo presso di lui? Egli avrebbe voluto incontrarti, poiché era desideroso di scambiare quattro chiacchiere con te su ciò che sai. Come posso constatare, nonostante il tuo stato di cecità, hai ancora conservato intatto il tuo ascendente su di lui!»
«La cosa ti dà forse fastidio, Gerud? Non mi dire che provi anche una punta di invidia, a causa di questo mio privilegio, il quale è rimasto in piedi come un tempo! Se tu fossi invidioso di me per un fatto del genere, saresti davvero uno sciocco, dal momento che sai anche tu che, come non vedente, non potrei mai rientrare nei ranghi! Riguardo poi a ciò che mi hai detto prima, ti faccio presente che il nostro sovrano aveva tutte le sue buone ragioni per diventare permaloso ed offendersi. Stamattina sono ritornato alla reggia, appunto per porre riparo all'errore da me commesso ieri e farmi perdonare da lui l'affronto che gli ho arrecato. In pari tempo, ne approfitterò per fare pure una breve visita alla principessa Rindella, poiché è da parecchio che non ho il piacere e l'onore di incontrarla! Ma ora mi tocca andare dall'uno e dall'altra. Allora da chi mi fai accompagnare questa volta a corte a sbrigare le mie faccende?»
Solcio, al nome di Rindella da parte di Croscione, era stato preso da un brusco sobbalzo, per cui era immediatamente trasalito. Invece Gerud si era dato a ridacchiarsela con allegria. Perciò subito dopo aveva rinfacciato al suo ex superiore:
«Possibile, amico mio, che non ricordi più il nome di colei con la quale in passato hai avuto una lunga sfilza di battibecchi? Non mi dire che stai già rimbecillendo! Se davvero fosse così, dovresti dire addio alla tua influenza sul nostro esigente re Cotuldo! Se poi venisse a saperlo pure la principessa Lerinda, non so come potresti scusarti con lei e cavartela. Ella, se non sbaglio, soltanto adesso ha iniziato a sopportarti un tantino, concedendoti perfino la parola!»
«Ehi, Gerud, non parlare in questa maniera a chi un tempo è stato il tuo diretto superiore! Potrei adirarmi e decidere di ritornare ad essere la persona rispettabile di un tempo! Allora ti farei ingoiare rospi amari, come mio subalterno! Sappi che a tutti può capitare di pronunciare un nome per un altro. A te forse non è mai successo? Inoltre, devi sapere che non so neppure chi sia questa Rindella, non avendo avuto mai a che fare con una donna, che avesse un nome simile! Adesso, scherzi a parte, vuoi essere così gentile da mettere a mia disposizione la guardia, che dovrà farmi da guida nelle mie visite alle due illustri persone, come ti avevo già informato prima?»
Allora il comandante Gerud non aveva perso tempo ad esaudire il desiderio dell'autorevole suo ex commilitone, il quale così aveva potuto fare la sua prima visita al re Cotuldo. Quando si erano trovati l'uno di fronte all'altro nel solito salottino rosso, essi non avevano esitato a scambiarsi una salda stretta di mano. Dopo la quale, il sovrano, mostrandosi soddisfatto della presenza del suo ex consigliere, aveva cominciato a parlargli per primo:
«Riecco un vecchio amico, che fa sempre piacere rivedere, poiché egli riesce ogni volta ad infondermi del buonumore nell'animo, sebbene in questo momento la circostanza non sia delle migliori per permettermelo! Comunque, almeno mentre mi dedicherò a te, cercherò di dimenticare le cose cattive, ad evitare di seguitare ad agitarmi!»
«Pure a me, sire, capita la stessa cosa, quando la bella occasione ci consente di incontrarci. Come vedi, la simpatia è reciproca! Quanto poi alla tua dichiarazione che non è il momento adatto per gioire di un lieto incontro, non mi sembra proprio il caso di esagerare. Lo so che ti sei voluto riferire allo smacco e alle perdite dell'altra notte; ma sai meglio di me che ci vuole poco tempo per rimpiazzare le milizie perite nello scontro. A Casunna, ne puoi trovare quante ne vuoi, poiché nel vicereame di tuo fratello sono sempre in molti i giovani che aspirano ad arruolarsi nel tuo esercito. Essi sanno benissimo che, unicamente con la vita militare, possono assicurarsi l'unico cespite di entrata con cui potere oggi sfamare la propria famigliola. Quindi, non occorre amareggiarti tanto per così poco, quando invece ad esso c'è un indubbio rimedio!»
«Visto che hai messo il dito sulla piaga, Croscione, mi obblighi a soffermarmi sull'argomento, siccome vengo stimolato a conoscere il tuo punto di vista in relazione a quanto è successo in quella maledetta notte. Intanto mi rammarico del fatto che anche i tuoi figli se la sono vista brutta, avendole prese di santa ragione. I poveretti non c'entravano per niente nello scontro, che c'è stato tra i miei soldati e i settari. Il quale, contro ogni previsione, si è dimostrato davvero molto terribile!»
«Ne sono convinto anch'io, mio nobile re! Zipro e Polen ne sono rimasti coinvolti, solo perché hanno voluto esserti servitori fedeli e dimostrarsi degni figli del loro padre. Ma adesso, come da tuo espresso desiderio, cerchiamo di soppesare quanto è avvenuto nella notte a cavallo dei due giorni precedenti quello attuale. Secondo me, se analizziamo i fatti nel modo giusto, saremo in grado di capirci almeno qualcosa.»
«Hai proprio ragione, Croscione! Prima che tu cominci a farlo, però, voglio garantirti che i tuoi figli saranno da me risarciti dei danni da loro subiti, avendo deciso di devolvere una cospicua somma a loro favore. Sono certo che renderò molto contenti loro due e vedrò soddisfatto il loro genitore, che saresti tu! Non è forse vero, mio grande amico?»
«Grazie, mio sovrano; ma potevi farne a meno, siccome i miei figli si sono prestati per scopi patriottici e non venali. Comunque, visto che hai stabilito di ricompensarli come hai detto, di certo non sarò io ad oppormi alla tua lauta beneficenza. Essa, come anche tu hai affermato, risulterà ad entrambi molto gradita. Chi non è al corrente che i problemi dei giovani oggi sono tantissimi e, per loro, disporre di un po' di denaro in più fa sempre comodo. Ti prometto che, non appena il loro stato di salute lo permetterà, essi verranno a ringraziarti di persona del pensiero gentile che hai avuto nei loro confronti. Ma adesso cerchiamo di riallacciarci all'argomento intrapreso un attimo fa, allo scopo di riprendere il nostro discorso interrotto dalla tua nobile e filantropica digressione.»
«Ben detto, Croscione! Ci conviene ridarci al precedente argomento riguardante i Tricerchiati, essendo essi, come ho appreso, degli strani settari. Ebbene, come già hai saputo, costoro l'altra notte hanno causato ingenti perdite ai miei soldati, sebbene essi fossero un migliaio ad assalirli! Ciò che mi ha reso più rabbioso è stato il fatto che ho perso un sacco di uomini per niente, siccome non erano i Tricerchiati nel nostro mirino, ma i ribelli, i quali invece non ci sono stati, come si credeva!»
«Secondo il mio pensiero, mio re, l'esperienza negativa fatta allora dai tuoi soldati, se non era proprio da aspettarsela, era almeno da metterla in conto. Infatti, poteva esserci la possibilità che qualcuno la stesse pilotando dall'esterno a vostra insaputa, per fini che forse solamente oggi si conoscono in parte. Invece, si è voluto partire in quarta e con un'aria trionfante, assaporando la vittoria già prima di conseguirla. Avete sbagliato a convincervi che finalmente avreste raggiunto in una sola notte i risultati positivi, che avevamo perseguiti invano in tanti anni! Io sono stato sempre della convinzione che la faciloneria è una pessima consigliera e chi si affida ad essa finisce sempre per pentirsene, come è successo al mio successore Gerud e a te. Infatti, hai voluto avallare il suo piano, senza prima ponderarlo con discernimento. Puoi affermare che non è vero quanto ti sto facendo presente, mio sovrano? Non lo credo affatto, siccome ti conosco molto bene, per sentirtelo negare! Peccato che non mi sono trovato io a corte, quando la mia presenza avrebbe potuto consigliarvi!»
«Certo che non posso darti torto, Croscione! Ho sbagliato a non invitarti presso di me e a non chiedere anche il tuo parere in merito alla nostra missione contro i ribelli. Ma adesso, essendo entrambi consapevoli che l'acqua passata non può più macinare il grano, non serve rivangare lo smacco subito dai miei soldati. Invece vorrei cercare di comprendere cosa sta succedendo in Dorinda e chi sono questi strani Tricerchiati. I quali, incredibilmente, si sono pure rivelati degli ottimi guerrieri, se hanno ridotto così malconcio il mio contingente di armati! Tu quale aiuto puoi darmi, in merito a tali settari?»
«In verità, sire, ne so poco anch'io su questi misteriosi Tricerchiati. Ma ho sentito dire che essi sono adoratori del dio Kursut e praticano dei sacrifici cruenti, immolando delle giovani vergini alla loro divinità. La quale è stata esportata dal fondatore della setta dalla parte più interna della Tangalia, dove viene adorata.»
«Non capisco però, mio Croscione, perché sono sorti dei dissapori tra loro e i ribelli di Lucebio, dal momento che questi hanno voluto che intervenissimo contro tale setta. E poi non credi pure tu che essi, essendo molto numerosi, sarebbero potuti intervenire direttamente contro di loro per vendicare un'onta ricevuta dagli scalmanati affiliati della setta religiosa? Anche questo particolare non mi quadra e vorrei approfondirlo meglio, parlandone con te!»
«Riguardo ai due quesiti che mi hai posti, mio re, posso azzardare due ipotesi. Secondo la prima, probabilmente i Tricerchiati stavano per sacrificare una ragazza appartenente a qualche famiglia dei ribelli. Per quanto riguarda la seconda, essendoci adesso tra i Tricerchiati un guerriero imbattibile, di nome Ernos, i ribelli scaltramente hanno voluto risparmiarsi il grosso rischio, passando la patata bollente ai tuoi soldati. In che modo? Facendo credere loro che essi stessero avendo a che fare con i loro nemici di sempre. Ma questo già lo sai, dopo che i tuoi soldati sono caduti incautamente nel loro raggiro!»
«A questo punto, mi è tutto chiaro, Croscione, perché il tuo ragionamento non fa una grinza! Ti ringrazio, per avermi dilucidato i due aspetti oscuri della vicenda. Essi già mi stavano assillando l'esistenza, poiché non ci vedevo un nesso logico tra le due cose, vedendole tra loro assai diverse e distanti mille miglia!»
«Sono contento, mio sovrano, di esserti stato utile con la mia visita. Ma adesso, prima di lasciare la reggia, non mi dispiacerebbe fare una capatina pure dalla principessa Lerinda, essendo desideroso di porgerle i miei ossequiosi saluti. Sono sicuro che, anche se non avviene come alla tua persona, le farà piacere ricevere la mia visita! Sai che ella ha incominciato a digerirmi un poco di più e gradisce volentieri una mia visita ogni tanto? Me lo ha dichiarato lei.»
«Ne sono convinto anch'io, Croscione. A volte mi chiedo come mai ella, tutto ad un tratto, ha smesso di esserti ostile e si mostra nei tuoi confronti più accondiscendente. Ma riesco solo a spiegarmelo con il fatto che ora vivi nel campo, che è stato anche la dimora del suo Iveonte. Quasi volesse apprendere da te, ogni volta che vieni a corte, che il suo amato vi ha fatto ritorno! Invece, secondo me, dovrà ancora scorrere parecchia acqua nei fiumi, prima che egli si rifaccia vivo a Dorinda, visto che ha intrapreso un viaggio che non avrà una celere fine! Ne sono abbastanza convinto!»
Terminato il colloquio con il suo sovrano, subito dopo Croscione si era fatto accompagnare dalla guardia a lui affidata nel reparto abitato dalla nobile sorella di lui. Allora la principessa Lerinda era stata molto lieta di ricevere la sua visita e all'istante lo aveva invitato ad entrare, essendo persuasa che egli aveva qualche importante notizia da comunicarle. In cuor suo, sperava che essa non fosse tale da rattristarle l'animo, a causa di qualche disgrazia accaduta alla sua amica Rindella.
Poco dopo, essi avevano preso posto su due comode poltroncine, mettendosi completamente a loro agio. Mentre veniva sorseggiata di tanto in tanto da loro una bevanda, che era costituita dal succo di un frutto esotico con essenza di tamarindo, per prima era stata la ragazza a rompere il silenzio, chiedendo al suo gradito ospite:
«Mi dici, Croscione, i motivi della tua visita di cortesia? C'è forse nel vostro campo qualcosa che non quadra? Se Lucebio ti manda da me, significa che avete un serio problema da risolvere! Probabilmente, la vita di Rindella è ancora minacciata e c'è bisogno che io la ospiti presso di me! Di sicuro sarà così! La tua presenza qui da me mi fa anche ritenere che il savio uomo ci abbia finalmente ripensato e che, vedendola in serio pericolo, adesso ha molta premura di farla trasferire a corte e farla vivere presso il mio reparto!»
«Infatti, nobile Lerinda, non ti è sfuggito proprio nulla della vicenda. Devo confermarti che la principessa Rindella sta correndo sul serio un brutto pericolo, poiché i Tricerchiati hanno deciso di immolarla al loro dio Kursut. Perciò presto tenteranno di rapirla e i ribelli potranno fare ben poco per impedirlo, essendoci dalla parte dei nemici l'imbattibile Ernos. Anche se abbiamo dei validi combattenti, come Solcio, Zipro e Polen, temiamo che essi, pur affrontandolo insieme, non riuscirebbero ad avere la meglio su di lui. Per questo Lucebio ha finalmente preso coscienza che, fino a quando il re Francide non ritornerà tra noi per condurla via con lui e sposarla, la futura regina di Actina potrà avere un sicuro ricetto esclusivamente qui a corte, presso il tuo reparto.»
«Croscione, mi dispiace tantissimo per la mia amica Rindella, considerato che la situazione sta precipitando nei suoi confronti. Se vogliamo salvarla, occorre che ella venga condotta quanto prima nella reggia, presso il mio alloggio personale. Sai almeno dirmi per quale data Lucebio ne ha deciso il trasferimento a corte? Ho bisogno di saperlo per tempo, se non volete trovarmi impreparata a riceverla! Perciò vorrei essere avvisata immediatamente, non appena sarete pronti a condurla da me! È tutto ciò che vi chiedo!»
«Nobile Lerinda, abbiamo concordato di trasferirla, non appena sarai tu disponibile a riceverla. Quindi, si attende che, da parte tua, ci faccia sapere quando alcuni nostri uomini potranno accompagnarla da te. Devi sapere che sono stato inviato alla reggia, appunto per prendere accordi con la tua persona su quando poterla trasferire a corte ed avere anche qualche tuo suggerimento su come comportarci in merito. A ogni modo, una volta stabilito il giorno del suo trasferimento, dovrai essere tu ad avvertire il comandante Gerud dell'arrivo della principessa, presentandogliela come una tua cara amica. Inoltre, dovrai invitarlo a farla accompagnare nel tuo alloggio da una sua guardia, dopo che ella avrà messo piede nella reggia. Questo puoi farlo benissimo, non vedendoci alcuna difficoltà che possa crearti dei problemi!»
«Certo che posso farlo, Croscione! Gli invierò la mia Telda a metterlo al corrente di ogni cosa. Voglio però evitare che mio fratello venga a conoscenza dell'ospitalità, che ho deciso di concedere alla mia amica Rindella. Lo sai anche tu che è difficile prevedere come egli la prenderebbe, se mi azzardassi a comunicarglielo. Comunque, non sarà facile tenerlo all'oscuro della sua presenza a corte; ma ci proverò lo stesso!»
«Allora, principessa, vuoi chiarirmi meglio come intendi regolarti in questa triste vicenda, che travaglia la ragazza del re Francide? Una decisione dovrai pur prenderla. E alla svelta! Altrimenti i miei amici dovranno optare per un'altra soluzione del caso, che lo stesso garantisca alla principessa Rindella la massima protezione. Se lo desideri, posso ritornare domani a prendermi la tua risposta.»
«Non c'è bisogno che io vi faccia attendere un altro giorno per rispondervi, Croscione! In un modo o in un altro, Rindella dovrà essere trasferita nel mio alloggio al più presto. Anzi, stavo pensando che fra tre giorni mio fratello partirà per Casunna per incontrarsi con Raco e, se per voi non ci fossero problemi, si potrebbe fissare il suo trasferimento a dopo la sua partenza. Siccome poi è previsto che essa avverrà in mattinata, potrò ospitare la mia amica già da mezzogiorno in avanti dello stesso giorno. Così ella potrà pranzare insieme con me. Per questo riferisci a Lucebio anche questa mia ultima pensata!»
«Salvo il suo parere contrario, principessa Lerinda, la tua idea mi sembra ottima. Perciò adesso corro dai miei amici e li renderò edotti di quanto proponi. Se nel frattempo non ti sarà pervenuta alcuna nostra notizia, vorrà dire che la tua proposta è stata accettata da lui. Per tale giorno, perciò, dovrai prepararti a ricevere la principessa Rindella a mezzogiorno, mettendone al corrente Gerud, come abbiamo stabilito.»
Era stato a quel punto che i due colloquianti avevano smesso di parlare, per cui a Croscione non era restato altro da fare che ritornarsene dal suo amico Lucebio insieme con il suo accompagnatore Solcio, ansioso di comunicargli quanto aveva proposto la principessa Lerinda. Ma lungo la via del ritorno, il nipote di Sosimo, il quale ci stava ancora pensando, non aveva potuto fare a meno di muovergli il seguente appunto:
«Vuoi spiegarmi, Croscione, perché mai ti sei fatto sfuggire il nome della nostra principessa, mentre parlavi con il comandante Gerud? Non ti pare che la tua sia stata una imperdonabile imprudenza? Per il futuro, ad ogni modo, ti prego di evitare un altro errore di questo tipo! Intesi? Per questa volta non lo dirò neppure a Lucebio.»
«Adesso non esagerare, Solcio! A chiunque poteva succedere di commettere un lapsus linguae, perfino a te che sei un giovane. Se Rindella non fosse stata una principessa, il suo nome non mi sarebbe mai sfuggito. Infatti, è stato il suo titolo nobiliare a confondermi e a scambiare il suo nome con quello della principessa Lerinda. Se ci rifletti un poco, amico mio, è stato proprio come ti ho spiegato adesso. Per questo non ci conviene soffermarci più a lungo su un episodio simile! Pensaci bene!»
«Sì, hai ragione tu, Croscione, che hai giustificato il tuo errore in modo comprensibile. Infatti, se le tue nobildonne non fossero state entrambe principesse, sono convinto anch'io che non ti saresti mai confuso, come è avvenuto nella reggia un paio di ore fa. Perciò ti chiedo di scusarmi, per avere esagerato più del normale nel riprenderti, come ho appena fatto! Prendermela con te, che ti stai adoperando tantissimo per il bene della nostra principessa, è stato un errore madornale, per cui torno a chiederti scusa.»
«Stai tranquillo, Solcio! Non essendomi risentito per le tue parole da giovane inesperto, non mi devi nessuna scusa. Piuttosto cerca di fare andare più velocemente i nostri cavalli, poiché non vedo l'ora di incontrarmi con il mio amico Lucebio. Siccome egli mi sta aspettando con molta ansia, non voglio farlo attendere un minuto di più!»
«Ti capisco, Croscione. Ti si legge bene in volto che muori dalla voglia di metterlo a conoscenza di quanto tu e la sorella del tiranno avete concordato, circa la questione della principessa Rindella! Perciò facciamo presto a raggiungerlo e a riferirgli ogni cosa sulla vostra conversazione privata, perché egli ne venga tranquillizzato!»
«Esatto, Solcio: hai compreso il mio stato d'animo! Non so nemmeno se Lucebio vorrà accettare la proposta della principessa Lerinda oppure deciderà di scartare la sua ipotesi di procrastinare il trasferimento della figlia del re Cloronte, al fine di evitare che il fratello lo possa apprendere a corte. Ma si tratterà soltanto di qualche giorno, a dire la verità!»
«Se vuoi conoscere la mia opinione, Croscione, sarei più propenso ad accettare il suggerimento della ragazza di Iveonte. Così si eviterà che l'usurpatore venga a conoscenza dell'intento ospitale della sorella nei confronti della ragazza dell'amico fraterno di Iveonte, il quale adesso è diventato re della Città Santa. Vedrai che anche Lucebio, essendo una persona dalla mentalità elastica e calcolatrice, si capaciterà della situazione ed accetterà la dilazione giustamente prospettata dalla saggia sorella del despota!»
«Auguriamoci che sia proprio come affermi tu, Solcio! Così ci verrà risparmiata una nuova andata alla reggia. Inoltre, ovviamente per me soltanto, non ci sarà un ulteriore approccio con la nobile principessa Lerinda! Perciò speriamo in bene, giovanotto!»
Come aveva previsto il nipote di Sosimo, Lucebio non aveva mosso alcuna obiezione, al fine di contestare quanto proponeva la deliziosa fidanzata del loro campione assente. In cambio, però, aveva voluto impartire a Solcio, a Zipro e a Polen l'ordine tassativo di trasferire la loro dimora nel palazzo del vecchio amico. Da quel luogo essi non si sarebbero dovuti mai più allontanare per nessun motivo, né di giorno né di notte, anche se gli fosse giunta voce che egli si trovava in grave pericolo, potendo la falsa notizia nascondere un inganno per costringerli a fare delle mosse avventate!