389°-MALVISTA DA LUCEBIO LA FIDUCIA DI SOLCIO E DI ZIPRO IN LICIUT

Una volta appresi i vari fatti che erano avvenuti presso i Tricerchiati, dopo il ritorno al campo di Liciut e di Polen, ci occorre informarci anche di quelli che si erano svolti sull’altopiano, dopo l’arrivo in quel posto di Solcio e di Zipro. Ebbene, quale risultato immediato, essi avevano fatto registrare un ennesimo incontro dei due giovani con le due persone mature. Così, alla fine del resoconto dettagliato del nipote di Sosimo, che era stato attinente all’uccisione dei due Tricerchiati e alla discussione che c’era stata in casa di Polen, il primo ad entrare nel merito era stato il saggio vegliardo. Con un proprio commento chiarificatore sull'intera vicenda, egli, mostrandosi preoccupato, si era sentito in dovere di esprimere il proprio pensiero sull’operato dei due giovani amici, dicendo:

«In verità, penso che voi due non abbiate fatto bene a risparmiare Liciut. Secondo me, non avete soppesato abbastanza la pericolosità che costui, da oggi in poi, potrà rappresentare per il vostro amico. Lo sapete anche voi che il pericolo permarrà per tutto il tempo che egli fingerà di far parte della setta! Per il bene di Polen, spero tanto che non vi siate sbagliati sul conto del Tricerchiato!»

«Lucebio non ha tutti i torti, ragazzi.» aveva approvato Croscione «Anch’io sono d’accordo con lui, quando afferma che avete preso le cose sotto gamba, avendo considerato la questione esclusivamente dal punto di vista umanitario, senza soffermarvi anche su quello della sicurezza. Eppure c’era di mezzo la giovane vita di uno dei nostri ottimi campioni, il quale è pure un vostro grandissimo amico!»

«Per voi due, insomma,» prendendosela a male, il risentito Solcio era intervenuto a difendere il loro provvedimento «il fatto che Liciut abbia salvato il nostro Zipro con il suo cambio di punta alla freccia di Ernos non ha significato proprio niente! Così, anziché ringraziarlo ed essergli immensamente grato, state perfino mettendo in dubbio la sua parola data a Polen. Secondo la quale, com'egli ci ha rivelato con molta schiettezza, lo stima quasi fosse un suo fratello minore! Perciò, da oggi in avanti, com'egli ci ha assicurato, il Tricerchiato baderà che mai niente di male gli accada in seno alla loro setta.»

«Anch’io mi sento in qualche modo contrariato,» si era espresso parimenti Zipro «nel vedervi darci addosso, per non aver saputo valutare la situazione con oculatezza nei confronti di Liciut. Invece sono dell’idea che abbiamo fatto bene ad affidarci al sentimento di Polen, il quale vede in Liciut soltanto un uomo d’onore e di coraggio. In verità, il Tricerchiato ha fatto un’ottima impressione pure a noi due e siamo sicuri che adesso possiamo contare su un’altra persona fidata nella setta dei fanatici! In due, essi potranno meglio guardarsi le spalle a vicenda e far fronte ad evenienze negative di ogni tipo, nel caso che ne dovessero sorgere durante la loro attività spionistica fra i settari del Prediletto. Voi due comprendete adesso che abbiamo preso la decisione giusta, essendo essa l'unica che deve essere considerata da noi valida in ogni senso?»

«Va bene, Zipro! Se hai voluto impartirci una lezione di generosità, ci sei riuscito a meraviglia! Dopo le vostre calde difese a favore di Liciut, sono convinto che anche Croscione ne ha preso atto. Ma entrambi ci auguriamo che la vostra scelta del momento risulti alla fine la cosa migliore che bisognava fare. Può darsi che la forza del sentimento, almeno in questo particolare caso, abbia visto più giusto della logica della ragione. Lo spero proprio per il nostro Polen!»

«Può essere solo così, Lucebio! Solcio ed io ne siamo convinti. Lo rifaremmo ancora, se ci trovassimo nella medesima situazione!»

«Forse hai ragione tu, Zipro. Certe volte, pur lasciandoci guidare dalla sfera sentimentale, veniamo indirizzati verso scelte azzeccate, capaci di farci conseguire dei risultati positivi inopinabili. Com'è altrettanto vero che il rigoroso senso logico sovente può avviarci per i gelidi sentieri dell’indifferenza e della messa al bando di alcuni nobili valori. I quali, al contrario, andrebbero coltivati e rinsaldati nella vita dell’uomo ed in seno alla collettività. Mi riferisco alla fiducia nel prossimo, all’amore e al rispetto per esso, alla sacralità e alla dignità dell’essere umano. A rifletterci bene, si tratta di sacri valori che non di rado la ragione, basandosi sul suo rigore, vorrebbe farci calpestare ed annientare. Ma noi riconosciamo che, se nell’uomo viene a mancare il sentimento, con esso finiscono per morire le sublimi idealità. Le quali sono costituite dall’eroismo, dal patriottismo, dalla passione, dalla poesia, dalla forza del sacrificio supremo, dal mutuo soccorso e dalla rinuncia ai propri interessi privati per garantire il benessere collettivo.»

«Ecco, adesso ci siamo, Lucebio!» aveva approvato Solcio «Finalmente anche tu hai compreso che certe volte bisogna lasciarsi guidare dal sentimento e concedere al nostro prossimo una maggiore fiducia. Altrimenti, la nostra diventa un’esistenza d’inferno, priva dei valori più belli della vita e senza più i dolci ideali. Questi ultimi la fanno sognare e le permettono di volare verso le aspirazioni più sublimi e più nobili!»

«A questo punto, Solcio,» Lucebio aveva teso a chiudere l’argomento in corso «considerato che si sono appianate talune nostre divergenze, cerchiamo d’interessarci ad altro. Intanto faccio presente a te e a Zipro che le opere di difesa del campo sono quasi totalmente terminate, come pure c’è stato il completo trasferimento delle famiglie di quegli uomini, che si sono offerti di presidiarlo giorno e notte. Lo stradone, il quale porta fin quassù, oramai è sotto il pieno controllo di una decina di loro. In caso di attacco, essi avviseranno gli altri con ripetuti suoni di corno, facendoli accorrere subito al terrapieno, che è stato costruito all’inizio della discesa. Così essi, ad un eventuale attacco nemico, prima con macigni, poi con gli archi ed altri tipi di armi da lancio, gli opporranno una difesa efficiente, oltre che accanita, dura e decimante.»

«Allora, Lucebio, se le cose stanno come ce le hai presentate, non sarebbe la cosa migliore far trasferire quassù anche la principessa Rindella e la nobildonna Madissa? Sono sicuro che sopra quest'altopiano esse starebbero protette più che non nel palazzo di mio nonno. Nel quale il pericolo di un'incursione dei Tricerchiati capeggiati da Ernos resta sempre in agguato! Per cui, se esso dovesse verificarsi, non temi che le due donne sarebbero alla mercé dei fanatici e crudeli Tricerchiati?»

«Purtroppo, Solcio, la sicurezza per loro non ce la può garantire nessun luogo. Per questo, in base a tale logica, preferisco farle vivere in un posto nel quale si trovano più a loro agio. Ovviamente, sono convinto che la mia Madissa, pur di vivere al mio fianco, non avrebbe difficoltà a tollerare i disagi che le deriverebbero dalla sua permanenza nel nostro campo. Per la principessa Rindella, invece, essi potrebbero risultare duri da accettarsi, fino a causarle fastidi fisici e malesseri psichici. Adesso sapete tutti perché sono contrario al trasferimento delle due donne sul nostro protetto altopiano!»

«In tal caso, Lucebio, allora potevi prendere in considerazione l'intelligente proposta della sorella del tiranno. Accettandola, avresti assicurato alla nostra principessa Rindella entrambe le cose, cioè sia la sicurezza che l’agiatezza! Non ti sembra?»

«Invece, Solcio, come ho già ribadito altre volte, prenderò in considerazione l’offerta della ragazza di Iveonte soltanto in caso estremo, ossia quando la vita della nostra principessa si presenterà fortemente a rischio in altro luogo. Adesso tu e Zipro, se vi fa piacere, potete andare a dare una controllata alle varie fortificazioni difensive, che sono state erette sull’altopiano. Se doveste trovare delle deficienze strutturali oppure di altro tipo, mi farete la cortesia di comunicarmelo al più presto possibile, insieme con l’elenco di tutte le modifiche da apportarsi ad esse. Così dopo, se la vostra ispezione ne dovesse rilevare alcune, provvederò a farle eseguire alla svelta dalle stesse persone, che vi hanno lavorato con fatica e con zelo davvero encomiabili.»

«Se è di tuo gradimento, Lucebio, lo faremo senz’altro; ma soltanto dopo esserci dati al nostro pisolo pomeridiano. Comunque, prima del tramonto, ti faremo recapitare un rapporto circostanziato di ogni singola opera realizzata dai nostri uomini a difesa del nostro nuovo campo. Ad esso saranno allegate le eventuali modifiche che si potrebbero effettuare a tali opere. Mi riferisco a quelle che andrebbero fatte senza meno.»

Nei cinque giorni che erano seguiti, non era successo alcun fatto notevole. Solcio e Zipro avevano continuato a sentirsi con il loro amico alla stessa maniera, intanto che Liciut sorvegliava l’ingresso di casa. Nei loro vari incontri, però, Polen non aveva smesso di ripetere ogni giorno ai due compagni che i Tricerchiati si stavano preparando a rapire un’altra ragazza, allo scopo di sacrificarla al loro divino Kursut. Secondo lui, almeno per ora, essa sarebbe stata una giovane dorindana presa a caso e non la principessa Rindella. Ciò, perché gli adepti della setta non avevano ancora raggiunto una quantità pari al migliaio. Ma conoscendo la zia Stiriana, era immaginabile che ella avesse preso di mira la figlia o la sorella di qualche ribelle, allo scopo di vendicarsi di un’offesa da lui ricevuta. Li invitava, perciò, a valutare la situazione a tutto campo per scoprire quale dei ribelli avesse avuto in passato a che fare con lei e che fosse padre o fratello di una ragazza intorno ai venti anni. Una volta che lo avessero individuato, essi avrebbero potuto prevedere quale sarebbe stata la prossima vittima dei Tricerchiati. Così si sarebbero adoperati per risparmiarle il tremendo sacrificio che essi le avevano assegnato.

Durante l’incontro del terzo giorno, avvenuto sempre a casa di Polen, c’era stata anche l’imprevista visita di Ernos. In verità, non si sa se essa era avvenuta per caso oppure era stata intenzionale, al fine di controllarli di persona. Egli si era presentato all’improvviso a Liciut, che faceva da sorvegliante fuori la porta, e gli aveva domandato:

«Perché tu sei fuori e Polen è dentro, Liciut? Ti era stato detto che non avresti dovuto mai lasciarlo solo, ovviamente per motivi di sicurezza! Ma almeno, prima del suo ingresso in casa, voi due avete controllato per bene se l'abitazione era totalmente vuota?»

«Certo che lo abbiamo fatto, Ernos! Altrimenti adesso non starei di guardia sulla soglia di casa! Sorvegliando l'abitazione dall'esterno, mentre Polen si trova dentro, non corriamo il rischio di essere sorpresi ed assaliti dai ribelli, senza neppure accorgercene! Non pare anche a te giusto il nostro comportamento in questo caso, mio maestro?»

«Allora mi dici, Liciut, cosa ci fa adesso Polen tutto solo in casa? Non metti in conto che potrebbero anche averlo ammazzato nel suo interno a tua insaputa? Perciò non bisogna mai prendere le cose troppo alla leggera, se si vogliono evitare delle brutte sorprese. Lo dovresti rammentare ogni volta, mio caro Tricerchiato!»

«Ma se in casa non c’è nessuno, Ernos, mi dici chi dovrebbe accopparlo? Di certo non il suo canarino, il quale è l’unico essere vivente che si trova insieme con lui adesso! Polen sta appunto nel cortile di casa sua a prendersi cura del suo piccolo volatile, dandogli da mangiare e da bere. Puoi andare tu stesso a rendertene conto di persona; ma non meravigliarti, se lo sentirai parlare con il suo amico pennuto, poiché egli è abituato a farlo spesso! Un giorno mi ha confidato che non può esimersi da quel suo modo di fare verso l'uccellino, perché così si rasserena.»

«Chi si rasserena, Liciut: lui o il volatile?» Ernos aveva voluto fare la sua battuta su quanto gli aveva fatto presente il suo ex aiutante.

«Naturalmente, il nostro Polen, capo! Né potrebbe essere altrimenti!»

Quando il maestro d’armi dei Tricerchiati si era presentato al nipote di Stiriana, il giovane, non appena egli era apparso sull’uscio interno dell’abitazione, aveva incominciato a dire al suo volatile canterino: "Ti raccomando, bricconcello mio, mangia e bevi a sufficienza! Ti prego di non farti venire il ghiribizzo di fare lo sciopero della fame, poiché non voglio perdere un amico prezioso, quale tu rappresenti per me! Intesi?"

Quelle sue ultime parole, che egli pronunciava non appena qualcuno veniva ad essere d’aggravio al loro discorso, costituivano anche il messaggio ai suoi amici che la conversazione andava chiusa all'istante e di restarsene fermi e zitti come due statue. Ma esse erano valse altresì a tranquillizzare Ernos, il quale non si era accorto che dall’altra parte della palizzata c’erano gli amici di Polen ad ascoltarlo. Perciò, dopo averlo salutato con la sua abituale freddezza, il maestro d'armi dei Tricerchiati aveva raggiunto con lui Liciut e se n’erano ritornati tutti e tre insieme presso il loro campo, essendo giunta già l'ora di pranzarvi.


La mattina del sesto giorno, Lucebio, Croscione e i due giovani amici erano intenti a consumare il loro parco pasto del mattino, restandosene tutti assai silenziosi. Ma poi si era voluto ancora aprire il loro discorso sul fatto che Polen continuava ad insistere che essi avrebbero dovuto far presto ad individuare la persona, la cui figlia stava per essere rapita dai Tricerchiati, essendo essi intenzionati ad immolarla al loro dio Kursut. Invece le loro ricerche mentali arrivavano ogni volta ad un nulla di fatto, infondendo in tutti loro una grande prostrazione. Ad un certo momento, Zipro si era dato a dire agli altri:

«Ma sì che noi abbiamo un amico ribelle, il quale, oltre ad avere avuto a che fare con Stiriana, ha anche una figlia avente un'età che dovrebbe interessare ai Tricerchiati! Si tratta del maniscalco Fusso, la cui unigenita Erusia ha appena compiuto i venti anni. La zia di Polen potrebbe avercela con lui, per avermi condotto alla sua nuova casa. Quindi, è probabile che ella ci voglia punire, facendo sacrificare la poveretta nella prossima notte di plenilunio. E noi sappiamo che la luna piena non è lontana! Cosa ne dite, amici miei: potrebbe davvero essere lei la ragazza, addosso alla quale i Tricerchiati hanno già messo i loro occhi, per cui sono pronti a farla diventare la loro prossima vittima sacrificale?»

«Se tu avessi ragione, Zipro,» aveva osservato Solcio «la tua intuizione risulterebbe veramente sorprendente! Ma speriamo che tu ti sia sbagliato sulla nuova scelta che sarà operata dai Tricerchiati. Altrimenti, mi dispiacerebbe vedere il nostro Fusso costretto ad un’amara costernazione, per colpa della malvagia sua ex vicina di casa!»

«Ehi, ragazzi,» anche Lucebio era intervenuto sull’argomento «cercate di non fare gli uccelli di malaugurio sul maniscalco! Egli ha già una moglie affetta da un male incurabile, la qual cosa, come mi risulta, gli procura una sofferenza indicibile! Se poi venisse colpito pure da una disgrazia così immane, la sua vita di sicuro si ridurrebbe in qualcosa d’infernale, che non auguro a nessuno! Ci siamo intesi?»

«Hai ragione, Lucebio, a parlarci in questo modo! Ma io e Zipro ci stavamo riferendo unicamente alle sensazioni che ogni giorno Polen ha continuato a manifestarci durante i nostri colloqui quotidiani. Comunque, pur senza far menzione del povero Fusso e della figlia Erusia, c’è di fatto che in Dorinda è già avvenuto oppure sta per effettuarsi un nuovo rapimento da parte dei Tricerchiati. Esso, quindi, comporterà, a danno della disgraziata che è stata o sta per essere rapita, una pena non indifferente, senza che nessuno possa intervenire e fare qualcosa in suo aiuto! Per la quale ragione, un fatto così crudele non mi va giù, specialmente se capiterà proprio alla bella Erusia!»

«Questo è vero, mio caro Solcio; ma nessuno di noi deve sentirsi in colpa per gli efferati crimini commessi da altri. Se ci trovassimo in presenza di un rapimento e non intervenissimo a prendere le difese della vittima, solo in quel caso dovremmo provare vergogna di noi stessi. Ma i rapitori, come sappiamo, sono soliti sequestrare le ragazze, quando sono indifese e vengono pure a trovarsi in luoghi solitari. Io vi suggerisco di condurvi subito alla casa di Fusso ed accertarvi che alla giovane sua figlia Erusia non sia successa ancora una disgrazia così orribile. Perciò, senza perdere altro tempo, volate immediatamente all'abitazione del nostro bravissimo maniscalco e andate a controllare quanto sapete!»

Lucebio aveva appena finito di fare le sue osservazioni al nipote dell’amico Sosimo, quando avevano visto un uomo a cavallo dirigersi di corsa verso di loro. Solo quando egli si era avvicinato a loro, essi avevano riconosciuto il padre di Erusia. Egli, dopo averli raggiunti, era sceso subito dal suo animale e si era accostato al più autorevole del gruppo. Mostrandosi poi con un volto terreo ed angosciato nell'animo, lo sfortunato uomo si era affrettato a dichiarargli con voce tremante:

«Illustre Lucebio, la mia Erusia ieri sera non è rientrata. Adesso, nella nostra dimora, mia moglie ed io siamo molto preoccupati. Specialmente la mia Attunia, trepidando e tremando come una foglia, non riesce a darsi pace. Alla poveretta, la quale ha già da far fronte ai suoi gravi problemi di salute, mancava questo nuovo e più straziante dolore! Perciò dimmi qualcosa che possa rassicurami, asserendomi che non le è successo niente e che sei in grado di farla ritornare a casa assai presto! Sappi che tu rappresenti la nostra unica àncora di speranza, poiché sei in grado di recuperare la nostra figliola!»

«Fusso, la sventura che ha colpito la tua povera figlia, come dovresti sapere, ci addolora immensamente. Ti promettiamo che la cercheremo con ogni mezzo a nostra disposizione, pur di trovarla prima che le facciano del male. Tu, però, dovrai rientrare subito nella tua casa, dal momento che la tua consorte, soprattutto in questo momento particolare, ha bisogno della tua indispensabile compagnia. Non puoi lasciarla a vivere il suo dramma da sola, poiché esso potrebbe anche risultarle fatale! Invece la tua presenza, se non altro, le sarà di grande conforto e le farà sopportare meno tragicamente il suo patema interiore. Dunque, precìpitati da lei e dille che penseremo noi a ritrovarle la sua diletta Erusia, adoperandoci al più presto con ogni mezzo a nostra disposizione!»

Allora il maniscalco aveva dato ascolto alle parole di Lucebio, per cui lo si era visto rimontare a cavallo ed incitare la propria bestia a spron battuto verso la città. Mentre si accingeva a compiere tali manovre, egli aveva fatto trasparire dall’espressione del volto uno sconforto inesprimibile, il quale si andava agitando nel suo animo in modo tremendo. Anzi, accrescendovi di minuto in minuto in modo spaventoso, esso vi dava origine a delle piaghe inguaribili ed inconsolabili, costringendo il poveruomo ad una sofferenza atroce. Egli, con la sua partenza, aveva lasciato nel campo dei ribelli una immensa angoscia. La quale era andata dilagando negli animi di coloro che avevano appreso la sua disgrazia, essendo convinti che la giovane Erusia immancabilmente era stata rapita dai Tricerchiati.