384-L'ARTIGIANO SELIOT RISOLVE IL PROBLEMA DEI RIBELLI

A pranzo avvenuto, Solcio e Zipro si erano precipitati al campo di Lucebio, avendo premura di riferirgli quanto i Tricerchiati avevano ordinato a Polen di fare contro uno di loro due. Lo avevano trovato nel suo alloggio, mentre faceva ancora la sua pennichella. Allora essi, considerata l'eccezionalità della notizia da dargli, lo avevano destato senza perdere tempo. Al suo risveglio, intanto che si stropicciava gli occhi, il vegliardo aveva compreso che il messaggio di Polen non prometteva nulla di buono, se i due amici si accingevano a trasmetterglielo con un certo allarmismo. Perciò li aveva sollecitati a vuotare subito il sacco, volendo venirne anch'egli a conoscenza. Quando poi Solcio e Zipro avevano finito di raccontargli ogni cosa appresa dal compagno, Lucebio, prima di iniziare a discuterne con loro, aveva mandato a chiamare Croscione nel suo alloggio, inviando da lui il figlio della defunta fioraia. Egli aveva ritenuto opportuno che fosse presente anche l'ex consigliere del re Cotuldo, quando si sarebbe parlato di quella delicata questione. A suo avviso, la sua esperienza di veterano sarebbe potuta risultare di una certa utilità. Così, dopo che pure il non vedente era stato messo al corrente degli ultimi sviluppi del giorno, si era aperta la discussione tra loro quattro. Il primo ad intervenire in essa per dare il suo valido contributo era stato l'ultimo arrivato. Il quale, prima di ogni altra cosa, aveva voluto fare il seguente commento:

«Nessuno mi toglie dalla testa che la freccia che Polen dovrà ricevere dal suo commilitone per uccidere Zipro, senza meno risulterà avvelenata. Ernos, che vorrà essere certo che essa rechi la morte a chi dovrà esserne il bersaglio, farà in modo che la sua punta venga trattata con una sostanza tossica, la quale non potrà essere che esiziale! Io non riesco a pensarla in maniera diversa, visto che avete voluto avere il mio parere ad ogni costo! Perciò tenetelo presente!»

«Sarà senz'altro come hai detto, Croscione!» aveva approvato Lucebio «Ma adesso siamo qui riuniti per accertarci principalmente se esiste una scappatoia, al fine di sbarazzarci di quello che per noi si presenta un autentico grattacapo. In caso contrario, dovremo invitare Polen ad affrancarsi dal vincolo di appartenenza alla setta dei Tricerchiati e a fare ritorno alla base. Così facendo, anche se saremo costretti a fare a meno della sua azione di spionaggio in seno ad essa, almeno non metteremo a repentaglio la vita di uno dei due nostri strenui campioni. Egli, per forza di cose ne verrebbe coinvolto. Infatti, basterà una scalfittura anche insignificante a provocare la morte nel corpo del nostro Zipro, la quale tragica evenienza dovrà essere assolutamente evitata da parte nostra!»

«Allora, Lucebio,» aveva concluso Croscione «il solo modo di evitare di mettere a rischio la sua vita è quello di richiamare Polen al nostro campo, ordinandogli di abbandonare i Tricerchiati e di ritornarsene tra noi. Ma occorre farlo, prima che per lui verrà meno ogni via di scampo! Ecco: questo è il prezioso consiglio che posso darvi, per il suo bene!»

«Se non vado errato, ci sarebbe qualcuno che potrebbe risolvere il nostro problema.» Solcio era intervenuto a dire la sua «Se mi lasciate parlare, non ci metterò molto a spiegarvi di cosa si tratta, poiché dovrò riferirvi un fatto semplice e veloce! Allora mi consentite di raccontarvelo, visto che esso potrebbe essere la chiave di volta della questione di cui ci stiamo interessando?»

«Non aspettiamo altro, Solcio!» gli aveva risposto Lucebio «Che ben venga pure il tuo suggerimento, in special modo se esso potrà rivelarsi risolutore del nostro attuale problema, senza privarci della nostra spia fra i Tricerchiati! Allora ci riferisci chi potrebbe aiutarci ad ottenere quanto hai detto, nipote del mio grande amico Sosimo?»

«Tempo addietro, quando avevo una decina d'anni, mio nonno volle festeggiare il suo mezzo secolo di vita. A quel tempo, Lucebio, ti trovavi presso la corte di Actina, come ambasciatore del re Cloronte. Alla festa fu invitato anche Seliot, il quale era una vecchia conoscenza di famiglia. Egli vi intervenne con un arciere provetto, il quale, siccome era riuscito a centrare qualunque bersaglio situato pure ad una considerevole distanza, si guadagnò la stima di tutti i presenti. Ad un certo punto, Seliot, che era già d'accordo con lui, dopo essersene allontanato una ventina di metri, lo sfidò a colpire il suo cuore. Allora lo sfidato arciere, senza pensarci due volte e noncurante dei trepidanti astanti che lo invitavano a non dargli retta, si diede a prendere la mira. Quando fu certo di non fallire il colpo, egli fece partire la sibilante saetta, la quale poco dopo si ritrovò conficcata nel petto dello sfidante. Seliot allora, dopo essere stato colpito, si lasciò cadere per terra come morto. Nello stesso tempo, egli, dopo aver schiacciato un pomodoro che teneva nascosto in una mano, mentre si rovesciava al suolo, fu lesto a sporcarsi con il suo succo la casacca proprio nella zona circostante all'asticciola, facendo credere agli astanti che il rosso ortaggio fosse il sangue uscito dalla ferita.»

«Possibile, Solcio,» Lucebio gli aveva chiesto «che nessuno dei presenti se ne accorse? Mi dici anche cosa aveva colpito la freccia, per cui Seliot, oltre a fare la parte del morto, furbescamente aveva seguitato a darsi alla sua azione ingannevole?»

«Saggio Lucebio, lo saprai, dopo che avrai ascoltato fino alla fine lo scherzo messo in atto da Seliot, che era d'accordo con l'arciere. Perciò fammi proseguire nel racconto. Ebbene, l'episodio impressionò a non dirsi la moltitudine dei convenuti, i quali subito corsero presso di lui e lo circondarono. Alla vista del suo corpo che appariva sanguinante ed esanime, intanto che egli faceva il finto morto, alcuni si mostravano afflitti, altri lacrimavano, altri se la prendevano con il tiratore d'arco, che sconsideratamente gli aveva dato ascolto. Di lì a poco, mentre il cordoglio imperava sui loro volti e la disperazione dilagava ovunque, Seliot, tra lo stupore generale, si estrasse la saetta dal petto. Infine, dopo essersi alzato in piedi, cominciò a gridare: "È ora di smetterla di piangermi, come se fossi morto, poiché, se non vi dispiace, desidero essere considerato ancora vivo!" Volete sapere ora come finì poi lo scherzo e conoscere perché vi ho narrato questo episodio? Adesso ve lo dico subito. I pianti diventarono risate e l'afflizione si trasformò in gaudio. Quanto al motivo, che mi ha spinto a raccontarvi l'episodio, sono convinto che saprete darvi la risposta anche da soli! Non è forse così, amici miei?»

«Solcio ha proprio ragione.» aveva concluso Lucebio «Se Seliot è ancora vivo, bisognerà cercarlo senza perdere tempo e farci aiutare da lui a risolvere il nostro problema! Perciò lui e Zipro oggi stesso andranno a fargli visita e gli esporranno il nostro caso! Se l'artigiano non dovesse trovarsi in città, lo cercheranno fino in capo al mondo!»

«Seliot è ancora vivo e vegeto, Lucebio,» Solcio gli aveva fatto presente «per cui non ci toccherà andare neppure tanto lontano per rintracciarlo e parlargli. Basterà farci dire dal mio avo dove egli abita attualmente! Ogni tanto il provetto artigiano viene ancora a trovare il nonno. Così, ogni volta che si incontrano, rammentando il vecchio scherzo di quel lontano giorno, essi non smettono di ridersela a crepapelle, a guisa di due fanciulloni divertiti!»

«Allora cosa aspettate, tu e Zipro, a raggiungere il mio caro amico Sosimo e vi fate dare da lui il suo indirizzo? Fatto ciò, dopo andrete a chiedere a Seliot se sarebbe disposto a ripetere lo stesso espediente di quella volta, in cambio di una lauta buonamano. Sono convinto che egli forse accetterà di aiutarci perfino senza compenso!»

«Adesso corriamo immediatamente in città, Lucebio! Pervenuti alla casa del nonno e chiestogli dove è situata l'abitazione dell'artigiano, ci condurremo da lui in gran fretta. Quando infine lo avremo raggiunto, gli chiederemo di fare la stessa cosa di allora per noi, in cambio di un'ottima ricompensa, dovendo risultare la sua opera un autentico salvavita!»


Quando Solcio e Zipro si erano presentati all'anziano Seliot, il quale era da considerarsi un esperto nella lavorazione dello stagno e del sughero, egli si trovava nella sua bottega a lavorare. Il bravo artigiano stava ultimando una stagnina, la quale gli era stata commissionata una settimana prima da uno dei suoi assidui clienti. Alla vista dei due aitanti giovanotti, i quali ispiravano fiducia e simpatia, non avendo egli delle nipoti signorine, l'affaccendato uomo aveva pensato che essi non fossero entrati nella casa giusta. A causa di tale sua impressione, perciò, egli era trasalito non poco. Ma dopo, mettendosi in soggezione, gli si era rivolto per fargli comprendere che avevano sbagliato porta.

«Non credo, giovani galanti, che con il mio lavoro potrei essere utile a voi due! Neppure ho delle nipoti femmine della vostra età, le quali potrebbero essere le vostre fidanzate! Allora mi dite perché mai siete entrati nella mia bottega, se non posso esservi utile in nessuna maniera? Spero per non rapinarmi! Se così fosse, non trovereste il becco di un quattrino in nessun angolo del mio negozio! Anzi, non uscirebbero dalle mie saccocce, nemmeno se voi mi metteste con la testa in giù e le gambe per aria. Vi ho avvisati, soltanto perché desidero che non perdiate il vostro tempo nel luogo sbagliato!»

Alle sue divertenti avvertenze, che li aveva fatti sorridere entrambi, Solcio gli aveva risposto senza perdere tempo, dicendogli:

«Invece siamo qui, maestro, perché abbiamo bisogno della tua pregevole opera artigianale. Almeno così crediamo! Non sei forse l'artigiano Seliot, il migliore nella lavorazione dello stagno e del sughero? Perciò, nel caso che tu lo sia come un tempo, avremmo bisogno esattamente del tuo lodevole lavoro! Dunque, te la senti di lavorare per noi e guadagnarti una bella sommetta?»

«Certo che sono io, giovanotto, ad avere il primato in entrambe le tecniche di lavorazione! Ma mi dite chi è stato a parlarvi bene di me e del mio lavoro? Spero che sia stata qualche persona di rispetto! Se così dovesse essere, ne sarei assai lusingato ed onorato! Quindi, mi riferite il suo nome, se per voi non è affatto un problema?»

«Ritieni che mio nonno Sosimo sia un uomo rispettabile, Seliot? Ebbene, è stato lui a mandarci da te, poiché sono suo nipote Solcio, figlio del suo primogenito Pilco e di sua moglie Clisa. Tra poco, conoscerai pure il motivo che ci ha spinti a rivolgerci a te. Ora che hai appreso il nome della persona che ci manda, ci ricevi nella tua bottega come clienti benvenuti, nonché bendisposto ad accogliere la nostra richiesta?»

«In tutta Dorinda, giovanotto, nessuno può avere una rispettabilità maggiore di tuo nonno! Naturalmente, se teniamo da parte i nostri ex regnanti e l'illustre Lucebio! Adesso che mi hai detto chi sei, certo che siete i miei benvenuti! Conosco tuo nonno da più di un cinquantennio e mio padre già allora prestava servizio presso la sua casa, in qualità di stalliere. A questo punto, però, baldi giovanotti, vorrei conoscere il motivo che vi ha spinti da me, se non vi dispiace, non riuscendo a capacitarmi in cosa io possa servirvi utilmente!»

«Prima di risponderti, Seliot, voglio che tu sappia che noi due siamo venuti da te per conto dell'esimio Lucebio, il grande amico di mio nonno. Sono sicuro che la cosa ti farà doppio piacere, visto che lo tieni in grandissima considerazione. Perfino più di mio nonno, come tu stesso ci hai asserito appena un attimo fa! Non è forse vero?»

«Come potrebbe essere altrimenti, Solcio? Nella nostra città, tutti i Dorindani stimano moltissimo il pupillo del re Kodrun. Forse anche più del re Cloronte, che oggi alcuni considerano colpevole di aver ridotto nello stato attuale la nostra Dorinda! Ma adesso sbrìgati a dirmi cosa io posso fare di utile per una persona così importante, qual è appunto l'illustre Lucebio! Mettermi a sua disposizione per me è un privilegio e un grande onore! Allora sto aspettando, giovanotto!»

«Ti ricordi, Seliot, della beffa da te organizzata con l'arciere tuo complice, in occasione della festa del cinquantesimo anniversario di mio nonno, con la quale dileggiaste tutti gli ingenui festaioli? Lucebio desidera che tu rifaccia lo stesso lavoretto di quella volta. Per tale lavoro, egli è disposto a pagarti una cospicua somma di denaro!»

«Di sicuro, nipote di Sosimo, ti riferisci senz'altro alla burla dell'arco! In quell'occasione, io e il mio amico Lancis, il quale era un infallibile arciere, davvero ci divertimmo un mondo! Tutte le volte che tuo nonno ed io ci incontriamo, ne parliamo sempre. Allora le risate, che seguitiamo a farci sopra, non finiscono più. Esse, mentre ridiamo, ci fanno ridiventare due ragazzi divertiti e spensierati!»

«Mi fa piacere, Seliot, apprendere da te che tu e mio nonno non smettete mai di scordare la vostra burla! Con il tuo aiuto, oggi noi vorremmo organizzare qualcosa di simile, stavolta però non per un banale scherzo. Il tuo marchingegno, al contrario, dovrà risolvere per noi una questione di vitale importanza! Riesci a comprendere, Seliot?»

«Fino a quando non me ne avrai parlato, Solcio, non saprò dirvi se e come potrò aiutarvi. Ma vi anticipo che il mio ex complice di allora è morto l'anno scorso, essendo stato colpito da un male incurabile. Perciò, ammesso che decidessi di rifare per voi l'arnese di allora, sappiate già che non potreste contare sull'indispensabile collaborazione del poveretto deceduto! Ho voluto anticiparvelo, prima di andare avanti a parlarmi del lavoro che dovrei fare per voi.»

«Ti ripeto, Seliot, che qui lo scherzo non c'entra, poiché si tratta di una questione molto seria. E non dovrai essere tu la parte attiva nella nostra vicenda! Ci interessa solo sapere come mettere in atto sul mio amico Zipro la tua diavoleria, dopo che ci avrai fornito lo strumento adatto per compierla. Quanto all'infallibile arciere, noi quello lo abbiamo già a disposizione. Ora passo a spiegarmi meglio, riferendoti ogni cosa.»

Un attimo dopo, Solcio si era messo a raccontare succintamente all'artigiano come stavano realmente i fatti nella loro faccenda, facendogli comprendere di quale lavoretto essi avevano bisogno, servendosi della sua arte. Allora l'uomo, dopo essersi reso conto della situazione, aggrottando le ciglia, si era espresso così ai due giovani:

«Come vedo, Solcio, si tratta di una questione di vita o di morte! Poiché è previsto il lancio di una freccia che potrebbe essere anche avvelenata, come sospettate, va ideato un manufatto molto più sofisticato di quello di dieci anni fa. Esso dovrà permetterci di escludere il benché minimo errore, dal momento che basterà la più lieve escoriazione per spegnere l'esistenza del tuo amico qui presente. Ma se avete l'arciere su cui potete contare, immancabilmente riuscirete nel vostro intento!»

«Certo che lo abbiamo, Seliot! Dal nostro amico potremo attenderci solo un tiro infallibile, avendo egli già dato prova di essere un eccellente tiratore d'arco! Vorremmo però poterci fidare altrettanto del tuo pregevole lavoro! Ti sono stato abbastanza chiaro?»

«Vi garantisco, giovanotti dal cuore d'oro, che da parte mia mi applicherò con grande diligenza, pur di fornirvi un lavoro che dia la massima garanzia. Si tratterà di ricavare da uno strato di sughero, che dovrà avere uno spessore di almeno quattro centimetri, la sagoma di un cerchio avente il diametro di venticinque centimetri. Essa poi dovrà essere rivestita, nella sua parte sottostante e lungo il suo bordo laterale, con una lamina di stagno spessa mezzo centimetro. Se non vi dispiace, quando arriverà il giorno dell'evento, vorrei essere io stesso ad aggiustare la sagoma sul petto di Zipro, precisamente in corrispondenza del cuore. Conosco il modo come fermare saldamente l'oggetto circolare da me costruito sulla parte del corpo interessata. Riguardo agli altri particolari, come la scelta del luogo in cui dovrà esserci il tiro e il momento in cui esso dovrà essere effettuato, vi accorderete con il vostro amico. Così eviterete quegli errori e quei fraintendimenti, che potrebbero dar luogo ad una tragedia imprevista. Quanto al mio compenso per effettuare un'opera del genere, esso è nullo, essendomi stato richiesto dall'illustre Lucebio. Ora potete andare, poiché io comincio subito ad interessarmi al vostro lavoro. Ci rivedremo nel giorno che esso dovrà servirvi.»

Avuta la conferma dall'artefice Seliot che il lavoro sarebbe stato eseguito a regola d'arte, oltre che gratuitamente, entro il mezzodì successivo, i due giovani amici si erano congedati dal simpatico artigiano. Ma prima di ripartire per il campo dei ribelli e raggiungere il saggio Lucebio, Solcio aveva voluto avvertire il nonno di come erano andate le cose presso la bottega dell'esperto maestro. Infatti, egli aveva promesso all'anziano ascendente che dopo l'incontro avuto con lui sarebbero ritornati a riferirgli il risultato ottenuto, riguardo alla loro seria faccenda.