378°-I RIBELLI E I TRICERCHIATI SI PREPARANO A DARSI BATTAGLIA

Cerchiamo ora di renderci conto di cosa si erano detti Lucebio, Zipro e Polen, dopo essersi appartati nell’alloggio del primo, considerato che il contenuto del loro discorso ci risulterà alquanto utile nel proseguire nella lettura del nostro racconto. Ebbene, all’interno di esso, dopo essersi messi a sedere comodamente, il savio vegliardo aveva preceduto i due giovani nel prendere la parola. Così si era dato ad esprimersi all’uno e all’altro con queste parole:

«A quanto pare, ragazzi, non possiamo permetterci di agire con troppa leggerezza, come pure bisogna evitare che i nostri nemici prendano per primi l’iniziativa contro di noi. Per ottenere ciò, occorre prima individuarli e poi essere in grado di rintracciarli, qualora decidessimo di intervenire contro ciascuno di loro oppure contro una parte degli stessi. Ma un fatto del genere potrà esserci consentito, solo se avremo a disposizione una mappa delle loro abitazioni oppure della maggior parte di esse. Quindi, bisogna averla al più presto, se in avvenire, nel nostro confronto con i Tricerchiati, vogliamo inseguire successi e non andare incontro a sgraditi smacchi! Ecco cosa bisogna ottenere al più presto!»

«Vuoi spiegarci, ingegnoso Lucebio,» aveva chiesto il figlio della defunta Feura «in quale maniera potremo procurarcela? Secondo il mio modesto parere, di sicuro non sarà una cosa abbastanza semplice portare avanti una operazione di questo tipo nella nostra Dorinda, non essendo una città di piccole dimensioni! Almeno così la penso io!»

«Zipro, ho forse detto che la cosa è fattibile in breve tempo? Affatto! Senz'altro essa ci costringerà a svolgere un lavoro capillare, che dovrà operare sull’intera rete urbana. Ma se ci attiveremo in massa ed ognuno farà la propria parte con coscienziosità, vedrai che per effettuarla ci vorrà meno fatica di quanta ne pronostichiamo. La cosa importante è mettersi a lavorare con criterio e con impegno, mentre ci diamo da fare!»

«Come vedo, Lucebio,» gli aveva fatto osservare il figlio di Trisippo «non ci hai ancora detto come intendi portare avanti la complessa operazione di mappatura da te proposta. Se invece passi ad illuminarci sull’argomento, possiamo anche iniziare subito ad effettuare l’intero lavoro, che è da farsi da parte nostra. Prima di ogni cosa, a dire il vero, mi preme sapere da te come dovrò comportarmi, se mi capiterà di imbattermi in mia zia Stiriana. Sono sicuro che anche Zipro è interessato a conoscere il tuo giudizio in merito. Se interpreto bene il suo pensiero, mi rendo conto che nella sua mente, come nella mia, ribollono intenti solamente di vendetta. Perciò, nel caso che ci capitasse di incappare in lei, non esiteremmo a farla fuori, sebbene si tratti di una donna! Allora qual è la tua risposta al mio quesito, considerato che il mio amico ed io desideriamo averla e non vogliamo rinunciare ad essa?»

«Invece, Polen, tu e Zipro vi asterrete dal compiere una cosa del genere, se per caso doveste incontrarla. Se il tuo amico dovrà ignorarla, qualora ella dovesse venire a trovarsi sulla sua strada; tu, che sei suo nipote, ti toccherà giocare di astuzia. Sono convinto che, appena le sarà possibile, ella cercherà di contattarti. Così, scusandosi con te per ciò che è accaduto ai tuoi genitori senza che lei ne sapesse nulla, ti proporrà di diventare uno di loro. Allora tu, dopo una finta opposizione iniziale alla sua proposta, in seguito l’asseconderai in tutto, fino a diventare un Tricerchiato, ovviamente di quelli falsi.»

«Questo non potrà mai succedere, Lucebio! Piuttosto preferirò darmi la morte con le mie stesse mani, se vuoi saperlo! Una cosa simile mi farebbe soffrire in modo eccessivo!»

«Invece lo farai, Polen. Così facendo, potrai metterci al corrente in anticipo delle loro mosse e di ogni loro iniziativa finalizzata ad essere di nocumento ai tuoi amici ribelli. Da quel momento, dovrai riprendere ad abitare nella tua casa paterna, dove avverranno i contatti notturni con il tuo amico Zipro. Il quale così mi riferirà ogni notizia che avrà ricevuta da te. Nei dettagli entreremo più avanti, quando la tua parente, dopo un’assidua opera di persuasione, si sarà convinta di essere riuscita a farti diventare un proselito della loro setta. Sono stato esaustivo sull’argomento, benedetto ragazzo?»

«Mi complimento con te, Lucebio!» gli aveva dichiarato Zipro «Trovo il tuo piano davvero geniale. Esso ci farà avere all’interno della setta dei Tricerchiati una nostra persona di fiducia, la quale sarà sempre pronta a ragguagliarci su ogni loro iniziativa intenta a procurarci dei danni. Il mio amico Polen, però, in qualità di spia, dovrà stare molto attento a non fare alcun passo falso, siccome si ritroverà a muoversi sul filo del rasoio, nella maggior parte del tempo che resterà nella setta. Per lui, sarà come trovarsi in una gabbia di tigri addormentate, che si possono svegliare da un momento all’altro e ad ogni suo minimo rumore!»

«A questo c'ero arrivato anch’io, Zipro.» Polen aveva fatto presente all’amico «Ma adesso che Lucebio è riuscito a persuadermi, sono disposto ad accettare il gravoso incarico, anche se esso comporterà dei grossi rischi per la mia incolumità. Comunque, sono pronto a sacrificarmi per la nostra nobile causa. Se poi il mio impegno e i miei sforzi approderanno a dei risultati concreti, potrò essere certo che alla fine della mia opera avrò vendicato anche i miei genitori! Approfitto per chiedere ad entrambi un favore, cari Lucebio e Zipro. Da oggi in avanti, vorrei che voi smetteste di considerare Stiriana una mia parente stretta. Perciò mi fareste un grave torto, se voi continuaste a ritenerla mia zia. Quando mi parlate di lei, fatelo come se non mi fosse neppure una parente alla lontana; anzi, reputatela una mia sconosciuta, che mi ha fatto tanto male. Il quale continua ad angustiare il mio animo e ad angosciare il mio spirito! Allora ve ne rammenterete?»

«Stai tranquillo, Polen! Io e Zipro faremo come ci hai chiesto, perché stimiamo la tua richiesta legittima e sensata. Per cui considereremo tua zia soltanto una pericolosa strega indegna di essere una donna!»

«Amici, dopo questa mia premessa,» aveva ripreso a dire Polen «la quale per me era indispensabile farvi, suggerisco di chiudere le varie parentesi digressive, le quali sono state da noi aperte a scopo di chiarimenti. Così potremo ritornare all'argomento di prima.»

Rivolgendosi poi all’anziano del gruppo, egli gli aveva chiarito:

«Lucebio, se per caso ti fosse sfuggita la mia precedente domanda, te la rammento io. Ti avevo domandato come potremo procurarci una mappa delle abitazioni dei Tricerchiati. Quindi, attendo che ci indichi il modo di ottenerla senza svolgere alcun lavoro complicato, poiché è così che in precedenza ce l'hai lasciata intendere.»

«Ti accontento subito, Polen, sicuro che la mia risposta interessa anche a Zipro! Il mio progetto è il seguente. Nella giornata successiva a dopodomani, quando sarà tra di noi anche Solcio, dovrà avere inizio l’operazione di mappatura. Quel giorno la totalità dei ribelli, compresi i loro figli maggiorenni e le loro mogli, fin dal mattino, dovranno lasciare le loro case e mettersi alla ricerca dei Tricerchiati. I quali sono facilmente riconoscibili, grazie all’emblema che essi portano tatuato sulla fronte. Quando uno dei nostri verrà ad incontrarne qualcuno, egli non dovrà più mollarlo, fino a quando il Tricerchiato non sarà rientrato nella propria abitazione. A quel punto, egli dovrà prendere nota della via in cui essa è ubicata e del suo numero civico. Inoltre, servendosi di un carboncino, dovrà apporvi un cerchietto in basso, sul lato destro dello stipite. Esso dovrà essere di grandezza tale, da passare inosservato e da non destare sospetti perfino in chi vi abita. Alla fine dovrà avvenire la registrazione dei dati raccolti, la quale sarà eseguita da voi due e da Solcio. In seguito il vostro lavoro verrà consegnato al nostro provetto topografo Albuz, perché ne ricavi una mappa efficiente nel disegno ed agevole nella lettura. Questo è il lavoro che è da eseguirsi, non appena il nipote del mio amico Sosimo sarà di nuovo attivamente tra di noi!»

«La tua è una idea eccellente, Lucebio!» aveva approvato Zipro «Se prima ero perplesso, adesso sono convinto che essa potrà essere messa in pratica in poco tempo!»

«Come vedete, la mole di lavoro, la quale vi era apparsa non indifferente, potrà essere portata a termine da voi in una sola giornata. Un altro giorno, invece, occorrerà al nostro esperto di cartografia, il quale dovrà riportare i dati da voi raccolti sulla planimetria della città, quella che già da domani egli si darà a preparare con molta precisione. Come vedete, l’unione non soltanto fa la forza, ma ci permette anche di compiere dei passi da gigante in brevissimo tempo. Giovanotti, abbiatelo sempre in mente per il futuro!»

Relativamente alla denominazione delle strade dorindane, bisogna tener presente il chiarimento che adesso viene fatto al lettore. Dopo la costruzione di Dorinda, il giovane Lucebio aveva suggerito al re Kodrun di dare ad ognuna delle vie il nome di un’astrazione positiva. Così erano venuti fuori dei nomi delle strade, come i seguenti: Via della Bontà, Via della Gloria, Via della Vittoria, Via della Rinascita, Via del Successo ed altri similari. Anche l'individuazione del singolo fabbricato, mediante l'apposizione di un numero civico sopra ogni porta, era stata una idea del geniale pupillo del re Kodrun. Zipro e Polen avevano ammirato assai l'ingegnoso progetto di Lucebio e gli avevano promesso che essi si sarebbero prodigati anima e corpo nel predisporre l’ingente lavoro nei due giorni precedenti alla grande operazione. Anche perché, dopo l’ultimazione di tale opera, sarebbero dovuti seguire lo smantellamento del loro campo e il suo trasferimento nella nuova località, la quale era stata già designata dal loro capo. In riferimento al nuovo campo, si trattava di un luogo già a noi noto, poiché dal suo pianoro l’adolescente Lucebio aveva fatto scagliare l’ombrosa mandria del padre contro l’esercito tangalo. Esso, essendo accampato alle sue falde, ne era stato così letteralmente distrutto. Lucebio aveva deciso di trasferire la sua nuova dimora su tale altopiano, essendo esso di sua proprietà, da quando Dorinda non era stata ancora edificata. Vi si sarebbe stabilito con un nutrito stuolo dei suoi combattenti migliori, comprese le loro famiglie. Nel frattempo sarebbe stato giocoforza costruirvi anche delle abitazioni nella parte centrale e delle opere fortificatorie davanti allo stradone, prima che esso iniziasse a declinare verso la valle sottostante.

Nel medesimo incontro a tre, si era anche discusso del personaggio di Ernos, il quale nella setta dei Tricerchiati addestrava i Votati alla Morte. Secondo Zipro e Polen, nonostante non se ne conoscessero ancora le reali potenzialità, egli doveva essere senza dubbio un elemento in gamba. Lo dimostravano la preparazione dei suoi guerrieri e il suo infallibile tiro operato con l’arco contro la povera Auleda. Comunque, solo vedendolo in azione, essi avrebbero potuto valutarlo senza errori e desumerne il reale pericolo, che egli avrebbe rappresentato per loro e per gli altri ribelli. Infine i due giovani avevano concluso che, indipendentemente dal valore indiscusso del maestro d’armi dei Tricerchiati, la loro lotta andava portata avanti senza ripensamenti e senza timori. Essa, infatti, era giusta e nobile nei suoi fini primari, visto che essi erano da considerarsi imprescindibili. Lucebio, pur essendo dello stesso avviso, li aveva consigliati di evitare uno scontro diretto con il forte avversario, a causa delle imprevedibili conseguenze. Essi, invece, avrebbero dovuto impegnarsi unicamente contro i Votati alla Morte, che Ernos seguitava ad addestrare nelle armi, allo scopo di farne fuori il più possibile. Insomma, Zipro e Polen, anziché affrontare direttamente il maestro dei Tricerchiati, dovevano badare a scardinare e a demolire il suo operato. Egli, con il suo addestramento, andava sfornando sempre nuovi guerrieri in seno alla setta religiosa. Entrambi dovevano adoperarsi per non fare essere questi ultimi delle incombenti minacce sia per i loro camerati e i rispettivi familiari sia per altra gente innocente. La quale veniva da loro presa di mira, con l’obiettivo di arrecarle le più crudeli torture.

Durante la cena, Croscione aveva espresso il desiderio di essere accompagnato alla reggia, alla prima andata dei due amici in città. Egli non aveva voluto manifestare lo scopo che lo spingeva ad andarci; invece aveva motivato quel suo grillo improvviso, facendo presente che desiderava scambiare quattro chiacchiere con i suoi vecchi amici. Ovviamente, se Zipro e Polen facilmente gli avevano creduto, Lucebio era stato convinto che egli vi si conduceva per una ragione ben diversa; comunque, per fini prettamente umanitari. Per questo ci converrà seguire l’ex braccio destro del re Cotuldo nella sua nuova andata alla reggia di Dorinda, se intendiamo renderci conto del vero scopo della sua visita a corte. Così, dopo avervi conosciuto il suo obiettivo principale, sapremo se il fiuto dell’esimio educatore aveva visto giusto in merito al desiderio del cieco Croscione.



Il giorno dopo, anche perché avevano tante altre cose da sbrigare in città, a Zipro e al suo amico Polen non era rincresciuto fare il favore a Croscione. Ma una volta in Dorinda, essi lo avevano lasciato presso il palazzo reale e se ne erano andati per la loro strada. Invece il loro uomo era stato preso in consegna dalle guardie reali, che facevano i piantoni all’ingresso del sontuoso edificio. Siccome lo conoscevano, per essere stato egli il loro illustre superiore, quando si faceva vivo nella reggia, gli si mettevano sempre a disposizione. Per ovvie ragioni, soltanto una di loro, dopo averlo preso in carico, si era prestata ad accompagnarlo dalla principessa Lerinda, essendo stata quella l'espressa richiesta di Croscione. La guardia, però, non aveva potuto svolgere per intero il suo incarico, poiché, ad un certo punto, si erano imbattuti nel sovrano Cotuldo. Costui, nello scorgere il suo ex consigliere, rallegrandosene, gli era andato incontro. Dopo averlo raggiunto, si era dato ad esclamargli:

«Chi non muore si rivede, mio caro Croscione! Fa sempre piacere incontrare un vecchio amico nella mia reggia! Mi dici quale buon vento ti ha spinto da queste parti, mio ex consigliere? Oramai sei diventato un estraneo per noi tutti, che viviamo a corte. Inoltre, ti fai anche desiderare tantissimo, dimenticandoci a vicenda quasi totalmente!»

Subito dopo, con un cenno della mano, il re Cotuldo aveva rimandato il piantone al posto di guardia e si era preso sotto il braccio il suo vecchio amico, che in un certo senso ancora rimpiangeva. Infine egli aveva voluto abboccarsi con lui in privato nel solito salottino rosso, all'interno del quale Croscione gli aveva risposto con ritardo:

«Se lo vuoi sapere, sire, avevo voglia di ascoltare la voce dei miei amici di una volta, prima fra tutte quella del mio illustre sovrano! Come vedi, anche a me ha fatto un sacco di piacere risentirti! Spero che la principessa Lerinda sia a corte, poiché gradirei avvertire nel mio orecchio anche il tono soave della sua voce! Con il tuo permesso, naturalmente, mio re! Non mi dire che voi due continuate a litigare come prima! Oppure è venuta meno l’aria di burrasca, che c'era un tempo fra voi due? Per il vostro bene, spero proprio di sì»

«Per fortuna, Croscione, le nostre liti sono diventate infrequenti. Ma non dimenticare che anche tu e mia sorella non scherzavate nell’abbaruffarvi in continuazione! Perciò ti consento di vederla, solo se mi prometti che non vi darete ad una delle vostre solite baruffe! Ti avverto che non la troverai attiva e serena come una volta. La lontananza del suo amato Iveonte la incupisce e la rende intrattabile. A proposito, si è più saputo niente del mio futuro cognato presso il campo di Celubio? Vorrei tanto avere sue notizie! Che giovane straordinario quel fidanzato di mia sorella! Sono sicuro che un altro guerriero come lui non può esistere al mondo! Sei pure tu della stessa mia idea, Croscione, oppure non ne sei convinto e la pensi diversamente da me?»

«Invece ne sono certissimo anch'io, re Cotuldo! Ma credo che sia ancora presto per avere sue nuove. Il viaggio, che egli sta affrontando, è sterminato; per giunta, esso si sta svolgendo attraverso territori infidi e sentieri malagevoli. Ci sarà poi il grande pericolo rappresentato dall’Isola della Morte! Riguardo al mio incontro con la tua sorellina, hai la mia parola che eviteremo di accapigliarci come avveniva un tempo!»

«Sei sicuro, Croscione, che Iveonte supererà alla fine l'ardua prova a cui si è volontariamente sottoposto, pur di conoscere le sue origini? Per il momento, non riesco a darmi una risposta confortevole in merito. Ad ogni modo, sarà il futuro a darmela con certezza, buona o cattiva che sarà! Nel frattempo, non ci tocca fare altro che sperare!»

«Egli la supererà senza meno, mio sovrano! Chi è stato capace di uccidere il semidio Korup e di sconfiggere il mostro Talpok sarà pure in grado di vincere ogni avversità esistente in questo mondo. Iveonte, oltre ad essere il migliore degli esseri umani nell’uso delle armi e nelle arti marziali, è protetto anche dalle più potenti divinità benefiche. Perciò egli ritornerà vincitore dal viaggio che ha intrapreso impavidamente, pur di conoscere i suoi genitori e la sua famiglia! Stanne certo che avverrà ciò che ti ho detto!»

«Secondo te, Croscione, chi potrebbero essere gli sconosciuti genitori di Iveonte? E come mai, durante la sua infanzia, essi sono sfuggiti del tutto alla sua memoria? Ad esserti sincero, non riesco proprio a spiegarmi la sua amnesia, la quale dura da una caterva di anni! La cosa non mi risulta del tutto normale. Tu invece cosa ne pensi?»

«Come potrei farmene una idea, re Cotuldo? Dimentichi che, come te, sono oriundo della città di Casunna? Perciò non puoi pretendere che io conosca le cause che cagionarono all'inimitabile Iveonte la grave forma amnesica! Prima o poi, sono convinto che la verità salterà fuori e noi tutti sapremo chi sono i suoi veri genitori!»

«Già, hai ragione, Croscione. Non dovevo proprio rivolgerti tali domande, che ora soltanto mi accorgo di averti fatto a sproposito! Per la verità, era di ben altro che ti volevo parlare, prima di addentrarmi in questo argomento. L’altro giorno il tuo successore Gerud mi ha riferito che in Dorinda stanno avvenendo parecchie strane uccisioni, senza un motivo apparente. Per fortuna, esse non coinvolgono i miei soldati; ma non si riesce a comprendere se siano gli oppositori al mio regime ad uccidere i loro fantomatici nemici oppure siano questi ultimi ad uccidere loro. Tu hai una tua teoria, a tale proposito?»

«Come potrei averla, sire, se sono perfino all’oscuro dell’esistenza di tali morti? Soltanto adesso ne sto venendo a conoscenza dalle tue labbra! Hai dimenticato che vivo isolato, dopo che mi sono appartato dalla vita di corte e da quella di città? Quindi, non devi stupirti della mia completa ignoranza attuale circa i diversi fatti che avvengono in Dorinda, le cui cause possono essere cento e nessuna!»

«Te ne do atto, Croscione! Ma dopo averlo appreso da me, vorrei che tu, avvalendoti della tua veterana esperienza, mi dessi il tuo parere personale su simili uccisioni misteriose. Magari potresti avanzarmi qualche tua ipotesi su chi o su che cosa le stia provocando. Su ciò vorrei contarci senza meno, se proprio non ti dispiace!»

«In questo momento, re Cotuldo, non so cosa risponderti in merito. Dovrò prima approfondire l’arcano fenomeno e poi ti darò una risposta appropriata. Comunque, potrebbe trattarsi di una semplice faida tra due o più famiglie rivali. Lotte del genere ogni tanto saltano fuori ed allora iniziano ad esserci una catena di uccisioni e una sfilza di morti lungo le strade, le quali finiscono per essere seminate di decine di cadaveri!»

«Bene, Croscione, può darsi che sia davvero come mi hai fatto presente. In tal caso, posso anche ignorare le loro morti, essendo esse di gente comune, senza un briciolo di cervello! Hai visto che la tua esperienza mi è stata ancora utile? Adesso ti accompagno da mia sorella; così approfitto per salutarla anch'io, poiché ci vediamo pochissimo. Subito dopo, però, mi toccherà lasciarvi soli, dovendo scappare per affari di stato. Mi attendono gli ambasciatori di Terdiba e non so ancora a che proposito essi mi hanno chiesto udienza!»


Dopo avere accompagnato il suo ex consigliere dalla sorella, il re Cotuldo si era affrettato a salutarsi con lei e a lasciarla con molta fretta. Così Lerinda e Croscione erano rimasti soli, senza che ci fosse neppure Telda con loro. Nel loro incontro, all'inizio la principessa si era sentita un po' a disagio; ma in seguito, prendendo la parola, gli aveva chiesto:

«Tutto bene al vostro campo, Croscione? Hai avuto più notizie della mia amica Rindella? Chissà quanti salti di gioia ella starà facendo, visto che tra breve verrà a prenderla il suo Francide, avendo egli deciso di condurla ad Actina e di farla diventare sua regina! In un certo senso, la invidio, per la grande fortuna che ella ha avuto!»

«In verità, principessa Lerinda, le cose non sono affatto floride per lei, come le vedi tu! Se il re Francide non si farà vivo al più presto in Dorinda, la povera principessa Rindella potrebbe fare una brutta fine! Come lei, pure tutti i ribelli stanno correndo dei grossi rischi! Infatti, Lucebio ha perfino stabilito che l’attuale campo verrà smantellato e trasferito in una località più protetta e sicura. Ecco come stanno esattamente le cose per lei!»

«Ma che mi dici mai, Croscione?! Mio fratello è forse venuto a sapere chi sono realmente Lucebio e Rindella, per cui adesso ha cominciato a fargli dare una caccia spietata? Spero proprio di essermi sbagliata a tale riguardo, per il bene loro e di tutti i ribelli! Su, raccontami ogni cosa su di lei, visto che hai iniziato a parlarmene!»

«Non si tratta di tuo fratello, principessa; altrimenti, non starei qui. Contro i ribelli si è messa una setta di sanguinari, i quali si sono messi in testa di farli fuori tutti. Essi sanno chi è la principessa Rindella e hanno deciso di immolarla al loro dio Kursut, non appena il numero dei loro proseliti raggiungerà il migliaio. Ma non oso dirti in che modo i Tricerchiati sacrificano le giovani vergini dorindane alla loro divinità! Sarebbe molto sconveniente, da parte mia, parlartene in modo approfondito!»

«Lucebio non sta facendo niente per contrastare i loro intenti malvagi? Mi dici qualcosa in merito, Croscione? So che alcuni giovani ribelli hanno raggiunto una preparazione alquanto solida nelle armi e nelle arti marziali, dopo che Iveonte e Francide li hanno bene addestrati per alcuni mesi. Sono pure al corrente che essi, dopo la partenza dei loro inimitabili maestri, stanno esercitando un numeroso gruppo dei loro commilitoni! Non dirmi che sono stata male informata su di loro!»

«Questo è tutto vero, principessa Lerinda; ma nella setta dei Tricerchiati pare che ci sia un maestro molto in gamba e temibile, di nome Ernos, contro il quale non si sa se riuscirebbero a cavarsela i nostri tre migliori combattenti, che sono Solcio, Zipro e Polen, pur affrontandolo insieme! Solo il tuo Iveonte oppure il re Francide, che sono entrambi imbattibili nelle armi e nelle arti marziali, potrebbero darci la garanzia di non fallire contro di lui! Ma poiché essi si trovano altrove, come sai benissimo, la situazione è divenuta assai insostenibile tra i ribelli, a cominciare dalla principessa tua amica. Perciò si sta facendo di tutto per evitarle il rapimento da parte loro.»

«Allora, riguardo a tale vicenda, Croscione, avrei una mia importante proposta da fare a Lucebio, la quale potrebbe risolvere positivamente almeno la questione di Rindella. Una volta che te l'avrò comunicata per com'è, vuoi essere così cortese da fargliela recapitare, quando farai ritorno al vostro campo? Te ne sarei molto grata!»

«Certo che sì, principessa! Se me ne rendi partecipe, ti darò anche il mio giudizio in merito, fermo restando che la sottoporrò comunque al vaglio del saggio Lucebio. Egli, come sappiamo, tra i ribelli è la sola persona a decidere su ogni cosa da farsi e su ogni provvedimento da adottarsi! Intanto tu comincia pure a riferirmela!»

«Voglio proporgli di tenere nascosta Rindella qui a corte, presso il mio alloggio personale. Non se ne accorgerà neppure mio fratello Cotuldo. Sono disposta ad ospitarla per tutto il tempo che occorrerà, cioè fino a quando non arriverà il re Francide da Actina a prelevarla e a condurla via con sé. Trovandosi così in città, egli darebbe anche una mano agli uomini di Lucebio, aiutandoli a sgominare la setta dei feroci Tricerchiati, dando innanzitutto battaglia al loro capo Ernos ed uccidendolo facilmente. Allora che ne dici?»

«Ciò che proponi, principessa Lerinda, lo trovo meraviglioso. Solamente in questo modo, si riuscirà a salvaguardare la ragazza del re Francide da ogni pericolo. Il palazzo di Sosimo, anche se Lucebio ha disposto che venga protetto giorno e notte da cinquanta dei suoi uomini, non potrà mai essere sicuro quanto la reggia di tuo fratello. Perciò approvo la tua proposta e corro all’istante a farla conoscere all’intellettuale vegliardo. Egli ne sarà di sicuro felicissimo, dopo che gliel'avrò riferita!»

«Grazie, Croscione, per la tua gentile opera di intermediario! Inoltre, quando metterai il saggio Lucebio al corrente della mia proposta, fagli pure sapere che Iveonte sta bene e che il suo viaggio procede a gonfie vele! Per favore, non scordarti di dirglielo, poiché egli sarà lieto di apprenderlo! Né potrebbe essere altrimenti!»

«Hanno udito bene le mie orecchie ciò che hai affermato poco fa, principessa Lerinda? Non è possibile che io mi sia sbagliato? Sai, non voglio essere preso per un mentecatto da un uomo come il vegliardo Lucebio! Allora sul serio devo trasmettergli la notizia che mi hai dato poco fa, a proposito di Iveonte, sperando che non ne venga deriso?»

«Non preoccuparti, Croscione! Puoi recapitargli il messaggio che ti ho dato, senza aver timore di essere canzonato da Lucebio. Vedrai che egli lo comprenderà senza difficoltà e non se ne stupirà affatto. Perciò non ti prenderà per un matto, come stai sospettando in questo momento! Adesso puoi congedarti da me ed andartene!»

Dopo il suo incontro con la sorella del re Cotuldo, Croscione si era trattenuto nel palazzo reale ancora alcune ore, trascorrendo il tempo ad incontrare alcune sue vecchie conoscenze, primo fra tutti Gerud, l’attuale braccio destro del re Cotuldo. Al suo ex vice egli aveva voluto fare una strana confessione, il cui contenuto non poteva essere che falso. Per la precisione, gli aveva dichiarato che in gioventù gli era capitato di invaghirsi di una giovane vedova dorindana, dalla quale aveva avuto due figli adulterini, di nome Zipro e Polen. Adesso essi, pur badando alla sua vita e servendolo in ogni sua necessità, non erano ancora al corrente che egli era il loro genitore naturale. Si era avvicinato ai suoi due figli, dopo la tragica morte della loro madre, cercando di aiutarli il più possibile. Quando poi i due giovani avevano appreso la disgrazia che era toccata al loro benefattore, ossia il suo stato di cecità, non avevano più voluto distaccarsi da lui, cominciando ad essergli utili come ad un padre.

Al termine del suo racconto, Croscione aveva chiesto a Gerud se avrebbe fatto una cosa giusta a palesargli la sua paternità. Il vecchio amico, da parte sua, incoraggiandolo a farlo, gli aveva anche espresso il suo parere favorevole. Anzi, egli aveva altresì preteso che il suo ex diretto superiore glieli presentasse, quando entrambi erano ritornati alla reggia per prenderlo e per riaccompagnarlo al campo di Lucebio, il quale li stava aspettando.