376°-STIRIANA CONTINUA A FAR MIETERE CADAVERI FRA I RIBELLI

Intanto che in un altro angolo della città si svolgevano i funerali della sventurata Feura, uccisa selvaggiamente senza essere colpevole di alcun reato, Stiriana era rientrata soltanto per poco tempo. Ma nelle prime ore pomeridiane, ella già se ne stava uscendo di nuovo. Allora il fratello l’aveva bloccata sulla soglia di casa e le aveva parlato così:

«Sorella, se non ti dispiace, avrei intenzione di fare un tratto di strada con te, siccome ho bisogno di parlarti con estrema impellenza di una cosa alquanto seria! Voglio sapere se anche tu sei d’accordo con l'intenzione che ti ho appena manifestata. Dunque, cosa mi rispondi, a tale proposito? Posso avere anche la tua approvazione, per favore?»

«Fai pure come ti pare, Trisippo! Se vuoi accompagnarmi con l’intento di farmi una paternale, accòmodati pure, poiché sono a tua completa disposizione! Ma ti ammonisco a stare attento a non esagerare nello scagliarti contro di me, se dopo non vorrai pentirtene! Mi sono spiegata oppure devo esserti più esplicita di come lo sono stata?»

«Non si tratta di un predicozzo, Stiriana, visto che non intendo convincerti a ravvederti dei tuoi gravi errori e spingerti verso la resipiscenza. Anche se essa, in fin dei conti, ti farebbe molto bene! Sento invece solo la necessità di farti presente ben altro. Comunque, lungo il percorso, avrò modo di chiarirmi bene senza perdere la calma!»

Dopo aver fatto i primi passi, Trisippo aveva cominciato a dirle:

«Stiriana, adesso so tutto di te e della setta di cui fai parte. Avendo assistito anche ad un vostro rito sacrificale, in esso mi sono reso conto che voi rappresentate un grande pericolo pubblico per la nostra Dorinda e per i suoi abitanti. Da quel giorno, perciò, ho smesso di considerarti una sorella, poiché non ne sei più degna. Anzi, non voglio avere più niente a che fare con te in nessuna maniera; né tantomeno desidero averti tra i piedi, siccome il solo guardarti in faccia mi fa venire il voltastomaco! Tu hai compreso quello che ho voluto esprimerti: vero?»

«Allora, Trisippo, cosa vorresti da me, visto che ti faccio tanto schifo? Prima, però, sappi che solamente io posso disporre della mia vita e posso farne quello che mi pare e piace. Nessuno deve sentirsi in obbligo di suggerirmi, mediante pistolotti da strapazzo, quello che devo e non devo fare! Adesso che ti ho chiarito bene questo particolare della mia vita privata, puoi venire al sodo, facendomi le tue desiderate richieste!»

«Non credere che ce ne siano tante da parte mia, Stiriana! Io desidero fartene una sola, sperando che tu non opporrai alcuna obiezione a soddisfarla. Contestandola da parte tua, mi vedrei costretto a ricorrere a rimedi estremi. Dunque, il mio comportamento futuro dipenderà dalla scelta che farai in questo momento!»

«Insomma, Trisippo, quando la smetti di girare intorno a ciò che intendi chiedermi e passi così ad esprimermi esplicitamente la tua richiesta? Altrimenti, farai giungere la sera, senza venire a capo di niente. Io non ho tempo da perdere dietro le tue stupidaggini! Perciò sbrìgati e facciamola finita, una buona volta per sempre! Intesi?»

«Ebbene, Stiriana, in casa mia non ci potrà essere più posto per te. Mi auguro che non avrai nulla in contrario a tale riguardo e che intelligentemente comprenderai la mia decisione. Altrimenti, mi vedrò obbligato a svelare a mio figlio Polen l’altra faccia della tua vita, della quale egli è ancora del tutto all’oscuro! Allora che piega vuoi far prendere alla nostra faccenda di casa? Lo lascio decidere a te.»

«Non ho alcuna difficoltà ad accogliere la tua richiesta, Trisippo, a patto che tu continui a non dire nulla di me a mio nipote! Lo sai anche tu che, andandomene da casa tua, avrei poche possibilità di incontrarlo e di rivederlo ancora. Ad ogni modo, pretendo che per lui io resti la buona e generosa zia di sempre. Mi sono spiegata? Se un domani dovessi venire a sapere che non hai rispettato i patti da noi stretti in data odierna, l’intera tua famiglia non avrebbe più scampo. Ti esorto a tenerlo bene a mente, per il bene del tuo nucleo familiare!»

«D’accordo, Stiriana: te lo prometto! Polen, almeno da parte mia, non verrà mai a conoscenza della setta dei Tricerchiati e del ruolo che hai in essa. Parola mia! Invece tu non dovrai meditare vendette nei miei confronti e di quelli della mia Auleda. Comunque, anch'io, in contraccambio, pretendo da te la promessa che in un prossimo futuro non ti rimangerai quanto mi hai garantito quest'oggi!»

«Che vuoi che ti dica, Trisippo? State pure in pace, tu e la tua Auleda! Sappi che chi ha la coscienza pulita non deve mai temere cose brutte dalla vita! La conoscono tutti questa grande verità! Perfino le bestie cercano di rispettarla in ogni circostanza! Allora addio, fratello, anche se da parte tua hai smesso di considerarmi sorella!»

Essendosi trattenuto ancora per un paio di ore fuori casa, avendo da sbrigare alcune sue faccende in città, l’uomo era rientrato nel tardo pomeriggio. La moglie allora gli aveva riferito che, durante la sua assenza, c’erano stati a casa loro Polen e l’amico Zipro. Essi le avevano lasciato detto che avevano assolutamente bisogno di parlare con lui con urgenza. Comunque, sarebbero ritornati il giorno dopo intorno a mezzogiorno. Per l’occasione, il figlio aveva invitato a pranzo il compagno, al quale Stiriana aveva da poco fatto assassinare la madre in modo brutale da tre sicari della setta. Da parte sua, Trisippo aveva riferito alla moglie il motivo per cui dopo pranzo era voluto uscire insieme con la sorella, mettendola al corrente di quanto essi si erano detto e promesso lungo il tratto di strada percorso in compagnia. Auleda aveva accolto con favore la decisione del marito di allontanare Stiriana dalla loro abitazione e dalla loro famiglia; ma aveva espresso qualche perplessità circa la parola che egli aveva ricevuta dall’arpia sorella. Specialmente dopo avere appreso dall’amico del figlio tante cose terribili sulla cognata. Inoltre, ella rimaneva sempre del parere che, essendo la sorella del marito una donna malvagia, pervertita ed inaffidabile, bisognava evitare che ella potesse fare del male all’intera loro famiglia. Il quale obiettivo andava perseguito, unicamente cercandosi un nascondiglio sicuro, dove i Votati alla Morte della setta avrebbero avuto una grande difficoltà a ritrovarli. Magari andandosene a vivere presso il campo dei ribelli, dove sarebbero stati più al sicuro dalla vendetta di Stiriana!

La serata era trascorsa serena per Trisippo ed Auleda. Ma prima di andare a letto, la donna, considerato pure che il figlio avrebbe pernottato fuori, aveva voluto sprangare la porta di casa, cosa che non aveva mai fatto le altre notti. Quel suo eccesso di prudenza aveva fatto perfino sorridere il consorte, il quale lo aveva considerato una vera esagerazione. Comunque, anche la notte aveva avuto perlopiù un decorso che poteva definirsi tranquillo, salvo qualche ora in bianco da parte della donna, per essersi sentita minacciata da un pericolo imminente. Anzi, nella prima parte di essa, i due consorti si erano voluti perfino abbandonare a dolci effusioni amorose. Difatti era da diversi giorni che i due coniugi non avevano avuto l’opportunità di concedersele, al fine di ricavarne il massimo godimento possibile, oltre che dei momenti felici e distensivi. Così tutti quanti erano stati recuperati in quella stessa notte, a dispetto delle cose brutte che avrebbero potuto attenderli.


La mattina dopo, quando i due coniugi si erano svegliati, il sole, facendosi scorgere già alto nel cielo, li aveva resi consapevoli che era molto tardi. Allora Auleda, siccome quel giorno avevano un ospite a pranzo, si era affrettata a rassettare la loro camera e a mettere un po’ di ordine in casa. Subito dopo, ella era volata a fare delle compere, appunto per preparare delle squisite pietanze per il pranzo di mezzogiorno, non volendo sfigurare con l’amico del figlio, che quel giorno avevano a pranzo. Invece il marito era rimasto in casa ad eseguire qualche lavoretto che era ancora da ultimarsi, avendolo trascurato per alcuni giorni di seguito. In precedenza, egli aveva impegnato il suo tempo soltanto ad indagare sull'equivoca persona della sorella, pervenendo alle bruttissime scoperte che abbiamo appreso. Un paio di ore più tardi, però, dopo aver fatto ritorno a casa sua, la moglie lo aveva trovato ammazzato mediante decapitazione. Il capo mozzo del poveretto adesso poggiava sopra il tavolo, il cui piano risultava tutto insanguinato; mentre il suo tronco si presentava riverso per terra, senza vita e in una gran pozza di sangue. A quello spettacolo truculento, in un primo tempo, la povera Auleda era rimasta come inebetita e non aveva avuto la forza di reagire in alcun modo, neppure con un pianto disperato. Ma poco dopo, senza avere il tempo di emettere perfino il più lieve urlo, ella si era sentita mancare ed era caduta in deliquio, restando in quello stato almeno per una buona mezzoretta.

Quando il figlio aveva fatto il suo ingresso nell’abitazione paterna con l'amico, aveva trovato la madre in una situazione, la quale poteva destare soltanto preoccupazione. Allora entrambi erano rimasti allibiti, a causa della barbara uccisione di Trisippo, che li aveva praticamente scioccati. La ferocia dimostrata dai suoi carnefici si manifestava crudele al massimo e li convinceva che si era di fronte a gente che uccideva senza pietà e unicamente con il gusto di farlo. All'inizio, Polen e Zipro avevano creduto morta anche Auleda, la quale invece era soltanto svenuta sul pavimento. In seguito, non scorgendo sul suo corpo alcuna ferita prodotta da qualche tipo di arma, essi si erano resi conto che ella aveva solo perso i sensi. Allora i due giovani si erano dati da fare per farla rinvenire con continui getti d’acqua sul viso, fino a quando non avevano visto l'l’infelice donna rianimarsi completamente. Prima, però, essi avevano badato a nascondere il corpo del marito in un telo, dal momento che esso si presentava orribilmente deturpato. Inoltre, avevano provveduto a far sparire ogni chiazza di sangue tanto dal pavimento quanto dal tavolo, per non farla impressionare ulteriormente. Quando infine aveva ripreso conoscenza, restando ancora parzialmente sotto shock, Auleda si era data a dire al figlio:

«Polen, hai visto di cosa è stata capace tua zia Stiriana? Unicamente da lei è potuta provenirci questa ondata di crudeltà. Eppure ella aveva dato la parola a tuo padre che non avrebbe reagito contro di noi, se avessimo mantenuto il silenzio con te sui suoi traffici illeciti e sulle sue orrende mansioni in seno alla setta dei Tricerchiati! Ma adesso, prima ancora di onorare il tuo genitore con degni funerali, voglio raccontarti l’intera verità su tua zia. Ella potrebbe anche non darmi il tempo di farlo, come si è comportata con tuo padre. Perciò adesso tu e il tuo amico ascolterete per intero quanto ho da narrarvi, poiché è molto importante che ne venga a conoscenza al più presto l’illustre e saggio Lucebio attraverso voi due! Mi sono spiegata: vero?»

«Va bene, madre, voglio darti retta. Prima di piangermi la morte dello sventurato babbo insieme con te, farò uno sforzo grandissimo e porrò orecchio al tuo truce racconto, poiché sono sicuro che anch’egli vorrebbe così dall'altro mondo. Me lo sento nell’animo! Quindi, comincia pure a raccontare ogni cosa che conosci sulla mia ex zia.»

Dopo aver terminato la sua raccapricciante narrazione, la quale aveva messo a nudo la verità sulla sporca esistenza della cognata, Auleda aveva avvertito il figlio:

«Stai attento, Polen, perché anche la tua vita, insieme con la mia, è in pericolo! Oggi l’ho scampata per puro miracolo, solamente perché non mi hanno trovata in casa con il mio Trisippo. Ma presto i Tricerchiati ci riproveranno, essendo desiderosi di completare l’opera iniziata. Non si fermeranno, fino a quando la medesima non avrà avuto esito positivo! Anche se essi dovessero riuscirci con me, la cosa non sarebbe affatto grave, figlio mio. Invece ciò che conta è che tu non ti faccia sorprendere dai settari alla sprovvista e non diventi una loro vittima! Proprio a questo tendeva il povero tuo genitore!»

«Non preoccuparti, madre! Ti prometto che io e Zipro difenderemo la nostra pelle con le unghie e con i denti. Perciò chi vorrà attentare alla nostra vita ben presto si accorgerà che siamo due ossi duri non facili da spolpare! Riguardo alla zia Stiriana, vedrai che la pagherà sia a me che a Zipro, avendoci ella gettati in un lutto straziante. Ora dovrò occuparmi delle esequie del babbo, perché il poveretto riceva dalla sua famiglia una sepoltura dignitosa, quale noi ci possiamo permettere!»

Polen aveva appena finito di parlare alla madre, allorché si era udito prima un leggero cigolio di porta e poi il sibilo di un dardo. Esso era andato a conficcarsi nel collo della povera Auleda, la quale all’istante si era accasciata al suolo senza vita. Al lancio della freccia, era seguita la voce di un uomo, il quale gridava: "La mia parte l’ho fatta! Adesso tocca a voi fare il resto, miei prodi guerrieri! Entrate e mettete a tacere quanti vi si trovano! Nel frattempo, mi avvio nel luogo che sapete. Mi raggiungerete ad opera terminata per riferirmi che non avete fallito nella vostra importante missione!"

Il nuovo ignobile fatto di sangue era venuto ad imbestialire di più i due amici. Essi, all’ascolto delle parole giunte dall’esterno da parte dell’uccisore della povera Auleda, subito avevano sguainato le loro spade e si erano preparati a fronteggiare quelli che stavano giungendo con l'intenzione di eliminarli. Polen e Zipro, non conoscendo il numero dei loro avversari, avevano deciso di attenderli sull’uscio di casa, siccome volevano evitare un loro accerchiamento, nel caso che i loro assalitori fossero risultati di un numero soverchiante. Così, sebbene gli avversari dimostrassero di possedere una buona preparazione nell’uso delle armi, i due giovani, a mano a mano che quelli avevano cercato di accedervi, li avevano assaliti come due demoni infuriati, facendoli pentire dei loro propositi affatto pacifici. Con colpi tremendi, dati con perizia e con una particolare abilità, li avevano trafitti senza pietà, facendoli rovesciare per terra sanguinanti ed agonizzanti. Come era stato previsto da loro, il ristretto spazio aveva giocato a loro favore, anche se non aveva permesso a loro e ai Tricerchiati di esprimersi in quel combattimento al meglio delle loro possibilità. Dopo avere infilzato ed ammazzato il decimo assalitore, la cui uccisione era avvenuta per mano di Polen, i due compagni non ne avevano visti altri entrare ed avventarglisi contro. Perciò ne avevano dedotto che l’intero commando dei Votati alla Morte, essendo costituito soltanto da dieci combattenti, si era esaurito alla svelta. Per cui adesso i suoi componenti restavano tutti trucidati nell'abitazione dei defunti coniugi. A quel punto, i due amici, una volta trasportati all’esterno i cadaveri dei dieci Tricerchiati, si erano resi conto che non era possibile far celebrare delle regolari esequie a Trisippo e ad Auleda. Allora, dopo aver rinchiuso le loro salme in due sacchi ed averle caricate sopra un cavallo, le avevano traslate direttamente al cimitero. Dove le avevano inumate entrambe nella medesima buca sepolcrale; ma prima avevano anche recitato per loro due una prece in suffragio delle loro anime partite per l'altro mondo, che era quello spirituale.

Effettuata la loro sepoltura in modo alquanto sbrigativo, i due giovani, come da ordine di Lucebio, si erano dati ad avvisare i trecento ribelli da lui richiesti, invitandoli a trasferirsi al più presto presso il loro campo. Logicamente, essi avevano comunicato l’ordine del loro capo carismatico ai soli capistrada delle vie interessate, poiché ciascuno di loro avrebbe poi badato a fare pervenire l’avviso ai ribelli della propria zona. A tale riguardo, va fatto presente che Zipro e Polen non avevano contattato direttamente neppure tali persone, ad evitare di farle individuare dai soldati o da altre persone, nel caso che essi fossero stati spiati. Lucebio, per motivi di sicurezza, aveva ideato un espediente per non farsi scoprire, quando veniva recata una comunicazione ai vari capistrada. Il suo incaricato, servendosi di un gessetto, disegnava sul muro di casa di ogni capostrada un cerchio con dentro un piccolo numero. Quest’ultimo indicava la quantità di ribelli con cui egli doveva presentarsi al campo del loro capo. Se al posto del numero c’era un cerchio più piccolo, esso voleva dire che il capostrada doveva condurvi con sé tutti i ribelli domiciliati in quella via. Durante l’assenza da casa del capozona, facendolo quanto prima, doveva essere sua moglie a cancellare il disegno fatto da colui che era stato incaricato di dare l’avviso al marito.

Prima di trasferirsi definitivamente al campo di Lucebio, Zipro aveva ritenuto opportuno presentarsi a Gerud, il braccio destro del re Cotuldo, che ora conosceva molto bene. Infatti, Croscione glielo aveva presentato nel loro precedente tentativo di fare catturare Stiriana dalle guardie regie. A lui aveva riferito di essere stati assaliti in casa dell’amico Polen da una decina di ribelli, i quali però erano rimasti uccisi per mano loro. Lo aveva pregato perciò d'inviare prima possibile dei soldati a sgomberare la strada dei loro freschi cadaveri.

Una volta presso il loro capo, Zipro subito gli aveva riferito quanto loro due avevano appreso dalla madre di Polen sulla setta dei Tricerchiati e il ruolo ricoperto da Stiriana nella loro organizzazione. Con un nodo alla gola, gli aveva parlato poi della miserabile fine che i Votati alla Morte avevano assegnato anche ai genitori dell'amico. I quali, però, erano stati vendicati poco dopo da loro, uccidendo i loro feroci assassini. Da parte sua, il figlio di Trisippo si era scusato con Lucebio, per non avergli rivelato, fin dal primo momento, che Stiriana era la sorella del padre. Comunque, aveva giustificato la sua reticenza, facendogli presente che egli si vergognava grandemente a far sapere agli altri ribelli di avere una zia disonesta come lei. Secondo la sua convinzione, ella era da reputarsi l’incarnazione del male e della perfidia. Lucebio, oltre a manifestare la propria comprensione per l’afflitto giovane e ad esprimergli nel contempo le sue più sentite condoglianze, per il momento non aveva voluto pronunciarsi per niente sulla vicenda di Stiriana e dei Tricerchiati. Invece aveva anticipato ai due giovani che molto presto essi avrebbero conosciuto le sue successive direttive, precisamente quando ci sarebbe stato nel campo il raduno dei trecento ribelli convocati, il quale era previsto nella tarda mattinata del giorno seguente.

Quando poi esso aveva avuto luogo nel campo, al quale aveva voluto partecipare anche il cieco Croscione, Lucebio, apparendo visibilmente provato ed abbastanza preoccupato, aveva fatto a tutti i convenuti il discorso qui appresso riportato.

"Miei fidi e coraggiosi, che non avete mai smesso di rimanere fedeli al nostro re Cloronte, ho radunato una parte di voi, affinché dopo possiate riferire quanto sto per dirvi agli altri che adesso sono assenti. Comincio col comunicarvi che ci minaccia un grave pericolo. Esso, però, non è rappresentato dai soldati dell’usurpatore Cotuldo, bensì da una setta di fanatici, i quali si fanno chiamare Tricerchiati. Essi sono ben riconoscibili, poiché portano tatuato sulla fronte il loro emblema, che è costituito da tre cerchi azzurrognoli congiunti. Ebbene, il loro capo, spacciandosi come il Prediletto del dio Kursut, si è dichiarato nostro nemico giurato e ha intenzione di darci battaglia fino alla nostra totale distruzione. Dovete sapere, a tale riguardo, che egli è un impostore che approfitta della buonafede dei suoi adepti, allo scopo di estorcere ad ognuno di loro più denaro possibile e di ottenere dagli stessi l'esecuzione di ogni suo comando. Pensate che arriva perfino a commissionare ad alcuni di loro degli orrendi delitti! Infatti, spesso Olpun, che è il nome del Prediletto, ricorre a vendette trasversali ed ordina ai suoi devoti l'uccisione dei parenti dei loro nemici, quando questi fanno perdere le loro tracce e non si lasciano rintracciare in alcun modo. Già ne hanno fatto le spese il nostro Zipro, al quale i Tricerchiati hanno ucciso la madre mediante impiccagione, e il nostro Polen. Di lui ieri essi hanno ammazzato entrambi i genitori, decapitando il padre e trafiggendo a morte la madre con una freccia.

I Tricerchiati, inoltre, praticano dei sacrifici umani, cioè immolano delle giovani ragazze vergini al loro dio, sottoponendole ad una tortura di inaudita ferocia. Per questa ragione, indipendentemente dal fatto che essi abbiano stabilito di darci battaglia a oltranza, noi dobbiamo debellare ed estirpare alla radice la loro setta, dimodoché in Dorinda cessino le loro torture contro le giovani vittime innocenti. Un’ultima cosa devo dirvi sui famigerati Tricerchiati. Essi si sono dotati di un corpo di guerrieri, chiamati Votati alla Morte, i quali pare siano molto bene addestrati nell’uso delle armi, come si sono resi conto i vostri commilitoni Zipro e Polen. La qual cosa dimostra che tali guerrieri hanno un ottimo maestro ad esercitarli nelle armi e in qualcos’altro. Di lui non sappiamo ancora niente; ma presto conosceremo tutto, grazie ai nostri servizi segreti, che agiscono in città.

Non c’è dubbio che la preparazione di Solcio, di Zipro e di Polen abbia raggiunto un buon livello, per cui possiamo contare molto su di essa. In verità, non possiamo ignorare che ci saremmo sentiti assolutamente sicuri, solo se fra di noi ci fossero stati i nostri campioni Iveonte e Francide. I quali, in tutta l’Edelcadia, possono considerarsi i migliori guerrieri in assoluto nelle armi e nelle arti marziali. Ma non potendo attualmente avvalerci del loro aiuto e della loro protezione, come pure, non potendo conoscere per il momento le forze di cui dispongono i nostri nemici, sarà opportuno prendere alcune valide precauzioni a nostra difesa. La prima delle quali dovrà essere la rimozione del nostro campo e il suo trasferimento in un'altra località, la quale ci offra più garanzie di sorveglianza e di difesa, in caso di un loro attacco. Il campo attuale, anche se si trova in un posto appartato, si presenta comunque aperto su tutti i lati, per cui si presta ad un facile attacco dei nemici e ad una loro invasione. Io avrei già in mente un luogo sicuro ed inattaccabile, soprattutto se lo si fa sorvegliare giorno e notte sull’unico suo lato accessibile, che è costituito da un'erta.

Stando così le cose, veniamo al fatto che ci deve fare preoccupare maggiormente nella nostra complicata vicenda. Lo so che non ne siete ancora al corrente; ma è tempo che voi sappiate che Rindella, l’ultimogenita del re Cloronte, è viva e da poco gode della nostra protezione. Dovete sapere che il Prediletto ha promesso ai suoi Tricerchiati che, non appena il loro numero raggiungerà il migliaio, festeggeranno l’avvenimento con l’immolazione della nostra principessa alla loro divinità. Ma l'ultimogenita del re Cloronte, come molti sanno, è anche la ragazza di Francide, il quale adesso è il sovrano di Actina. Presto egli verrà a Dorinda per condurla nella sua città, dove la sposerà e la farà diventare sua regina. Perciò, fino a quel momento, sarà nostro dovere non permettere ai fanatici Tricerchiati di rapirla e di sacrificarla al loro dio, difendendola con tutte le nostre forze. Voi comprenderete questa mia preoccupazione, sperando anche che la condividiate.

Attualmente ella è ospitata dal possidente Sosimo, fino a quando non le si troverà un posto più sicuro oppure non ci sarà l’arrivo del re Francide. Quindi, occorrerà che almeno una cinquantina di voi restino stanziati permanentemente nella sua casa a vegliare su di lei. Saranno richiesti tre turni di otto ore ciascuno, per cui centocinquanta di voi dovranno alternarsi ogni giorno nella turnazione, dando il meno possibile nell'occhio. Infatti, essi si stabiliranno nella casa del mio amico, come se fossero parte effettiva della sua servitù. I centocinquanta volontari sono pregati di dare il loro nominativo a Zipro, il quale ne prenderà nota e predisporrà insieme con Solcio i turni giornalieri, che dovranno essere effettuati in quel palazzo. Il nipote del possidente Sosimo, però, per sopravvenuti motivi familiari, fino a dopodomani, sarà impossibilitato ad essere presente e non potrà prestarsi alla nostra causa. Occorreranno, comunque, altri centocinquanta volontari a cui dovranno essere affidate altre mansioni. Ad esse, per la loro delicatezza, vedrei più adatte delle persone mature. Anche costoro dovranno lasciare il loro nominativo a Polen, che è la persona da me incaricata. Ma se tra i presenti dovessero esserci degli uomini indisponibili per varie ragioni familiari, essi potranno farsi sostituire da altri rivoltosi assenti, che siano disposti a prendere il loro posto. Con queste ultime parole, avrei finito, miei devoti, per cui possiamo ritenere la nostra adunata sciolta, a meno che qualcuno non abbia da pormi una propria domanda."


Nel pomeriggio di quello stesso giorno, Lucebio si era fatto accompagnare da Zipro e da Polen alla casa dell’amico Sosimo. Così lo aveva informato del pericolo che era rappresentato dalla setta dei Tricerchiati nei confronti sia della principessa Rindella che di tutti i ribelli. Gli aveva parlato anche di come stava preparando la difesa ed organizzando la fitta rete di spionaggio, allo scopo di prevenire le incursioni dei Tricerchiati, agendo contro di loro con tempestività e con la massima segretezza. Infine gli aveva fatto presente che, visto che la sua casa poteva diventare un probabile obiettivo da parte dei fanatici settari, aveva disposto perché almeno una cinquantina di rivoltosi facessero la guardia giorno e notte nel suo palazzo; però egli si doveva accollare tutte le spese. Dal canto suo, Sosimo, reputando sagaci le tempestive misure precauzionali che l’amico stava per porre in atto, non si era opposto alla permanenza nella sua casa di tanti uomini, dovendo essi difendere la principessa Rindella. Inoltre, mostrandosi assai generoso, non aveva mosso alcuna obiezione sul fatto che egli si sarebbe dovuto accollare le spese relative ai pasti e alle cene per cinquanta persone in più.

Lucebio, inoltre, aveva chiesto al vecchio amico quando il nipote Solcio più o meno sarebbe stato di nuovo in mezzo a loro a prestare servizio attivo. Egli era convinto che la sua ottima preparazione combattentistica ricevuta dall'eroico Iveonte, specialmente in quel momento, risultava indispensabile ai ribelli. Di risposta, Sosimo gli aveva riconfermato che il ritorno del nipote da Terdiba era previsto entro la successiva giornata. Quindi, già da tale giorno, egli si sarebbe messo a loro disposizione, ritornando ad impegnarsi tra le file dei ribelli, al fianco del suo amico Zipro e del prode ribelle Polen. Il rientro di Lucebio al campo era avvenuto, quando il tramonto aveva appena iniziato ad arrossare ogni paesaggio della natura. Ma le rare nuvole, che si davano a solcare il cielo, ne esprimevano meglio le sue caratteristiche rosseggianti, presentandosi esse colorate con diverse tonalità di rosso. In alcuni ambienti, invece, predominava il colore arancione, poiché esso investiva le cose e alcuni elementi vegetativi con la sua luce fantasticamente surreale.

La presenza in quel luogo del saggio uomo e dei suoi due giovani accompagnatori immediatamente aveva fatto uscire dal proprio abitacolo il cieco Croscione, il quale fino allora si era ritrovato ad essere del tutto solo nel ritrovo dei ribelli. Egli, avanzando poi brancicando nella direzione da dove provenivano i vari scalpiti dei cavalli in avvicinamento, senza affatto temere di inciampare e di cadere per terra, si era dato a gridare a gran voce in quella direzione:

«Lucebio, se non ti dispiace, avrei da parlarti con urgenza! Non l’ho fatto prima, cioè quando eravamo a pranzo, per il semplice fatto che in quel lasso di tempo non mi era ancora balenata l’idea che voglio farti conoscere. Ma adesso te la voglio rendere manifesta senza perdere altro tempo, siccome la considero abbastanza importante!»

Dopo che i suoi ascoltatori gli si erano avvicinati ed erano scesi da cavallo, l’ex braccio destro del re Cotuldo, il quale sapeva per certo che in quel momento i due accompagnatori del saggio uomo erano Zipro e Polen, aveva cominciato a dirgli:

«Sai, Lucebio, stamani ho ascoltato con attenzione l’intero discorso che hai fatto ai tuoi seguaci presenti al campo. Poiché esso mi ha fatto rendere conto che la vostra situazione si è fatta un po’ critica, se non proprio rovente, ho deciso di darvi una mano. Mi ha allarmato soprattutto l'apprendere che i Tricerchiati hanno preso di mira la principessa Rindella. Per cui potrebbero arrecarle del male da un momento all’altro, se non la si protegge come si deve. Perciò voglio fare qualcosa per lei.»

«Allora mi dici, Croscione, come intenderesti aiutarci, al fine di garantire l’incolumità della nostra principessa? In che modo potrà un uomo orbo come te risultarci utile nella nostra lotta contro i Tricerchiati, se noi, che abbiamo entrambi gli occhi aperti, troviamo difficoltà a gestire la situazione? Avanti, rispondimi, per favore!»

«Ricorrendo allo stesso espediente usato l’altra volta contro Stiriana, Lucebio, anche se esso allora non andò in porto! Siccome ci è possibile conoscere l’ubicazione del loro tempio, faremo intervenire la milizia regia contro i Tricerchiati, dopo averli additati al mio ex subalterno Gerud come tuoi seguaci. Lo sai che adesso egli è l’attuale braccio destro del re Cotuldo. Così facendo, ci risparmieremo senza meno una grossa fatica e permetteremo ad essa di privarci di una buona fetta dei nostri problemi odierni! Allora cosa ti sembra la mia nuova idea?»

«Croscione, la tua proposta è alquanto allettante, come in passato; perciò, una volta portata ad effetto, potrebbe anche dare degli ottimi risultati. Comunque, la valuteremo con più oculatezza e, se sarà ritenuta accettabile da noi come ultimo nostro ripiego, l’accoglieremo senza dubbio. Così ti daremo mandato perché tu la renda effettiva alla prima occasione. Adesso c’è qualcos’altro che vorresti suggerirmi?»

«Vorrei solo fare una raccomandazione a te e ai tuoi uomini, Lucebio. Non permettete ai Tricerchiati di essere loro a darvi la caccia; ma siate voi ad anticiparli in tale azione. Non dovete dargli tregua, ricorrete ad espedienti che vi permettano di stanarli facilmente, anche perché l’emblema sulla loro fronte li rende riconoscibili senza difficoltà. Ma è molto importante conoscere bene le loro forze e la loro preparazione in fatti d’armi, se non si vogliono avere brutte sorprese. Di tali accorgimenti non ci sarebbe stato bisogno, se aveste avuto con voi gli imbattibili Iveonte e Francide. Pensa un poco se essi fossero stati qui ed avessero saputo che la setta dei Tricerchiati stava per arrecare molto male a colei che per entrambi rappresentava la persona più cara, all’uno come sorella e all’altro come futura sposa! È un vero peccato che gli imbattibili due campioni siano assenti proprio in questa circostanza!»

«Di sicuro, Croscione, li avremmo visti scatenarsi come cicloni dirompenti contro la masnada dei fanatici del mistificatore Olpun, schiacciandoli tutti come scarafaggi!»

«Lo credo anch'io, caro Lucebio! Ma ora che ho espresso la mia opinione in questa spiacevole vicenda che ci tocca da vicino, posso lasciarvi con una certa serenità. Oramai non ho nulla da rimproverarmi, per non aver fatto o detto qualcosa che potesse tornare di una certa utilità alla principessa Rindella. Con permesso, amici!»

«Grazie, Croscione, per il tuo interessamento ai nostri problemi, per la buona proposta che hai voluto farci e per i suggerimenti che gentilmente ci hai dati. Ma prima di cena, vorrei consultarmi con i miei guardaspalle Zipro e Polen su alcune decisioni della massima importanza da prendersi al più presto. Approfitto per metterti al corrente che essi, dopo il brutale assassinio dei loro genitori, a partire da stanotte, pernotteranno sempre al campo, occupando i casolari che un tempo furono di Francide e di Astoride. Solcio, invece, dopo che sarà ritornato tra noi, occuperà quello d’Iveonte.»

Una volta ricevuto il messaggio di Lucebio, Croscione, mostrandosi molto soddisfatto, era rientrato nel proprio alloggio. Invece i due giovani avevano accompagnato il vegliardo in quello suo. All’interno di esso, tutti e tre avevano incominciato a fare i conti con una realtà, la quale non si presentava affatto semplice e spensierata. Al contrario, andava ponendo sul tavolo dei tre interlocutori parecchi ardui problemi, la cui soluzione non poteva essere data per scontata. Essa, per una sua riuscita ottimale, richiedeva sforzi e sacrifici non comuni, se non si voleva andare incontro ad insuccessi deludenti e mortificanti, nella loro lotta contro la nascente setta dei Tricerchiati.