375°-FEURA LA PRIMA VITTIMA DELLA VENDETTA TRASVERSALE DI STIRIANA

Due giorni dopo che c’erano state le uscite simultanee di Trisippo e della sorella Stiriana, delle quali abbiamo appreso anche le ragioni unitamente ai vari dettagli, la coppia di giovani, di cui ci siamo interessati poco fa, aveva fatto il suo ingresso nel campo di Lucebio. Costui, al loro arrivo, senza perdere tempo, li aveva invitati nel suo alloggio, avendo da dare ad entrambi alcune urgenti comunicazioni. Così aveva incominciato a dire all'intraprendente figlio di Feura:

«Zipro, nella mattinata di domani, è prevista una nuova uscita delle due nobildonne che conosci. Dal momento che Solcio non potrà essere con te, ci penserete tu e il tuo nuovo compagno a guardarle a vista, evitando che qualcuno, al loro ritorno, le segua fino al palazzo del mio amico Sosimo. Non mi stancherò mai di raccomandarvi la massima prudenza nel farlo, visto con quale strega di donna abbiamo a che fare!»

Subito dopo esserci state la comunicazione e l'esortazione di Lucebio, Polen, stupendo il suo venerabile capo e l'amico Zipro, gli aveva domandato con disinvoltura:

«La ragazza, che vive insieme con la tua donna, saggio Lucebio, non è mica la principessa Rindella, ossia l'ultimogenita del nostro ex re Cloronte? Secondo me, non può essere che lei, se bisogna guardarla a vista! Non è forse vero che è come ho detto?»

«Tu come fai ad esserne al corrente, Polen? Di certo non l’avrai saputo dai tuoi amici Solcio e Zipro, i quali non erano stati ancora autorizzati da me a farti una simile confidenza! Forse un giorno sarei arrivato a tanto, considerata la meritata stima che vado nutrendo sempre maggiormente verso di te! Quindi, vuoi dirmi chi è stato a riferirtelo?»

«In verità, Lucebio, non è mai trapelato qualcosa del genere dai miei due amici, riguardo alla principessa Rindella: te lo posso giurare! Invece è stata la sagacia di mio padre ad ipotizzarlo! In riferimento alla sua ipotesi, devo farti presente che egli vi è pervenuto per vie traverse, non facilmente immaginabili. Non ho altro da dirti su questo argomento!»

«Ne ero certo, Polen, che non ti era stato svelato né da Solcio né da Zipro, siccome di loro due mi fido ciecamente, come vorrei potermi fidare anche di te un giorno. Ma ora mi specifichi a che proposito il tuo genitore ha formulato tale ipotesi? Sono certo che, in quel momento, stavate parlando di qualcosa, che riguardava appunto l'ultimogenita del nostro ex sovrano! Altrimenti, tuo padre non poteva occuparsi di un fatto del genere immotivatamente. Perciò questa volta ti invito a vuotare il sacco per intero, se vuoi fare la cosa più saggia! Quanto alle altre cose, ne avrai di sicuro da raccontarci, contrariamente a ciò che hai voluto farci credere! Non è forse vero che è così?»

«Invece, per il momento, non sono in grado di riferirti nient'altro, Lucebio. Fino a quando mio padre non mi avrà raccontato l'intera vicenda, della quale si è occupato fino adesso, mi toccherà soltanto tacere. Perciò dovrò esimermi dal parteciparti quelle poche cose che conosco sulla principessa Rindella e sulla nobildonna Madissa. Sai, non vorrei che vi faceste di me e della mia famiglia un concetto errato, la qual cosa non sarebbe giusta. Nel frattempo, però, devo chiederti di rafforzare la vigilanza presso la casa del tuo amico Sosimo, se non vuoi mettere a repentaglio l’incolumità di entrambe le nobildonne!»

«Perché ti preoccupi tanto per loro due, Polen, se nessuno ne conosce l'attuale dimora? Almeno mi riferisco a quelle persone che potrebbero far loro del male! Oppure vorresti asserirci il contrario? Se sai qualcosa in merito, devi affrettarti a spifferare ogni cosa, lasciando a noi il compito di decidere ciò che è da farsi a tutela delle due illustri donne!»

«Invece non è come tu pensi, Lucebio! Per colpa mia, sono venute a saperlo delle persone molto malvagie. Le quali, a detta del mio sagace genitore, si sono proposte di fare tantissimo male alla nostra principessa Rindella. Probabilmente, mio padre ed io siamo riusciti a metterle di nuovo su una falsa pista, facendo credere alle stesse persone che le due nobildonne sono state trasferite dai ribelli in un'altra località sconosciuta. Ma il depistaggio non avrà effetto, se si darà modo ai loro persecutori di rendersi conto che esse abitano ancora presso il palazzo del nonno di Solcio. Perciò consiglio di farle restare in casa il più a lungo possibile, almeno fino a quando per loro non cesserà di esserci l'allarme di qualche pericolo! Se succedesse a loro due qualcosa di male, non riuscirei a perdonarmelo!»

«Se hai dichiarato che tali fantomatiche persone per colpa tua sono venute a conoscenza dell'attuale dimora della nostra principessa e della nobildonna Madissa, mi dici, Polen, in che modo le hai aiutate nel loro intento? Presumo che tu lo abbia fatto, senza renderti conto che esse ti stavano usando. Solo così è spiegabile il tuo atteggiamento eterodosso, direi quasi da irresponsabile! Non è forse vero che ho ragione?»

«È stato proprio come hai detto tu, Lucebio: hai adoperato il termine esatto! Esse, a mia insaputa, in pratica si sono servite di me per raggiungere il loro scopo. Invece io, per come mi hanno presentato la cosa, non ho potuto sospettare niente, essendo convinto che la principessa era la nipote della tua donna. Comunque, le cose possono essere solo due: o tali persone si sono mostrate assai furbe oppure io mi sono prestato al loro gioco da vero merlotto! Tu che ne pensi a tale riguardo, illustre Lucebio?»

«Per il momento, non so che risponderti, Polen. Se prima non mi riveli chi sono tali persone e non mi racconti come sono andati realmente i fatti, non mi è possibile pronunciarmi in alcun modo sul tuo operato. Da parte mia, ti manifesto che la cosa più illogica di quanto affermi è il gruppo di persone alle quali ti riferisci. Mi chiedo perché esse, pur non essendo dei soldati, dovrebbero avercela con la nostra principessa. Può confermartelo anche Zipro che non abbiamo mai sentito parlare di loro! Noi temiamo il solo despota Cotuldo, per quanto la riguarda, poiché egli è l’unico che possa arrecarle lo stesso male che sta facendo ai suoi genitori, trattenendoli nelle sue carceri con la massima spietatezza! Allora sei disposto a parlarci di tali persone, Polen, senza più esitare?»

«Ma io credo a mio padre e a quanto egli dice, Lucebio. È stato lui a farmi comprendere il guaio che involontariamente avevo combinato nei confronti specialmente della principessa Rindella. Egli mi ha perfino garantito che per lei sono in agguato delle minacce orribili, le quali assai presto verranno portate a effetto, se da parte nostra non si procederà a fornirle un’adeguata protezione! Quanto prima, perciò, dovrò farmi rivelare dal mio genitore tutto ciò che conosce sul misterioso gruppo. Solo dopo che ci sarà consentito di sapere con chi abbiamo realmente a che fare, potremo prevenirli nelle loro intenzioni! Adesso mi sono spiegato, nobile Lucebio?»

«Allora, Polen, oggi stesso tu e Zipro vi occuperete di tuo padre. Lo contatterete e vi farete dire da lui chi sarebbero le persone alle quali egli intendeva riferirsi, insieme con le notizie raccolte su di loro. Può anche essere che il tuo genitore abbia preso una bufala; ma per la sicurezza della nostra principessa Rindella, nulla dovrà essere tralasciato. Iveonte e Francide non ce la perdonerebbero, se per una nostra leggerezza le accadesse qualcosa di grave! Quindi, per il momento sarà annullata l’uscita di domattina, da parte della principessa e di Madissa, come tu stesso ci hai suggerito! Invece tu, Zipro, se il padre di Polen dovesse risultarti convincente, cerca di farmi trovare nel nostro campo almeno trecento validi combattenti. Così dopo mi attiverò per impiegarli adeguatamente! Adesso, però, raggiungete subito la casa di Polen!»

All’ordine del suo saggio capo, Zipro, che era anche consapevole della lotta interiore che si stava agitando nell’animo dell'amico, gli aveva immediatamente risposto:

«Sarà fatto senz’altro quanto hai ordinato, Lucebio! Ora corriamo subito dal padre di Polen, allo scopo di avere da lui le informazioni che ci necessitano. Così, dopo averlo ascoltato ed appreso ogni cosa da lui, sempre nel caso che esse ci fossero davvero bisogno, penseremo a prendere le più opportune contromisure!»

I due giovani non avevano ancora messo piede fuori della dimora del capo dei ribelli, allorché avevano visto il maniscalco Fusso precipitarsi nel suo interno tutto trafelato. Dopo essersi presentato con un volto cereo a loro tre e senza neppure salutare Lucebio, egli si era rivolto al solo figlio della fioraia e gli aveva esclamato:

«Una grandissima disgrazia è accaduta a tua madre, Zipro! Mi dispiace per te! Pare che ella si sia suicidata oppure qualcuno abbia voluto far credere che la povera donna lo abbia fatto di sua volontà. Insomma, in questo momento ella giace cadavere nella sua casa, con il corpo disteso sul pavimento! Per questo lì c'è bisogno della tua presenza!»

«Come è successo, Fusso?! Senza dubbio qualcuno l'avrà assassinata! Non è assolutamente possibile che la disperazione l’abbia spinta al suicidio, poiché mia madre aveva un carattere solare ed era innamorata della vita! Inoltre, sono convinto che ella giammai mi avrebbe dato un tale dispiacere enorme, siccome mi voleva un bene da morire! Giuro che quanti me l'hanno ammazzata me la pagheranno a caro prezzo!»

«Non so che dirti, amico mio. Anche a me è risultata assai strana la sua impiccagione volontaria! Almeno in apparenza, sembrerebbe che si sia suicidata oppure così hanno voluto far credere coloro che l’hanno fatta fuori. Io so solo che ieri non è uscita per andare a vendere i suoi fiori per le vie della città. Il suo carretto a trazione manuale è rimasto fermo nella mia mascalcia. Allora, non vedendo tua madre Feura neppure stamattina venire a ritirarlo per andare a lavoro, mi sono allarmato e mi sono precipitato presso il suo casolare. Lì mi sono accorto che la porta non era chiusa, ma solamente accostata. Così, prevedendo qualcosa di brutto per tua madre, subito l’ho sospinta e sono entrato nell’interno, dove mi sono trovato di fronte al corpo senza vita della donna, mentre penzolava dalla trave centrale. Quindi, servendomi del tavolo, ho spezzato il capestro che le cingeva il collo e ho deposto la salma sull'impiantito. Dopo sono corso ad avvisarti della sua morte. Per questo adesso dobbiamo raggiungere al più presto la tua casa!»

La ferale notizia aveva spezzato il cuore al giovane figlio della fioraia. All’inizio egli si era chiuso in un mutismo, il quale si presentava doloroso e minaccioso. Infatti, nel suo animo in quel momento infuriavano una sofferenza atroce ed una rabbia forsennata: quest'ultima pareva volesse scatenarsi contro gli assassini della madre. A tale riguardo, egli aveva una mezza idea, che però si era tenuta per sé, senza manifestarla agli altri che erano presenti. In quella luttuosa evenienza, Zipro non si era reso conto neppure delle strette di mano da parte delle tre persone a lui legate dal vincolo di amicizia, le quali avevano voluto esprimergli le loro più sentite condoglianze. Inoltre, egli a malapena aveva posto mente alle parole di Lucebio. Egli, non riuscendo a comprendere l’omicidio perpetrato ai danni di una donna innocente, aveva chiesto al maniscalco:

«Possibile, Fusso, che neppure un abitante del vicinato si sia accorto di niente? Nemmeno una persona ha sentito qualcosa oppure ha intravisto qualcuno aggirarsi nei paraggi? Mi pare tutto talmente assurdo, che non so a cosa pensare! Ma prima o poi, scopriremo la verità sulla morte della sventurata Feura. Te lo posso garantire!»

«Ad una prima ricostruzione dell’evento delittuoso perpetrato da persone ignote, Lucebio, parrebbe proprio che non ci siano testimoni oculari che abbiano visto qualcosa. Ma ci sarebbe solamente un piccolo particolare, il quale potrebbe indirizzarci verso la giusta interpretazione dell'avvenuto assassinio, a tutto discapito di Feura. Esso potrebbe anche non voler dire niente per gli inquirenti, quando verranno a conoscerlo!»

«Se hai la compiacenza di riferircelo, Fusso, dopo saremo noi a valutarlo come si deve, dando ad esso l'esatta interpretazione! Dunque, sbrìgati a rendercelo noto, per favore e non attendere oltre!»

«Mia figlia Erusia, la quale ha compiuto da poco i suoi venti anni, tornando a casa all’imbrunire, l’altro ieri ha scorto tre strani individui scendere per la scala che porta ai caseggiati, dove è ubicata pure l’abitazione di Zipro. Ebbene, ad un certo punto, essi l’hanno accerchiata e l’hanno spaventata a morte. Per fortuna, essi l’hanno lasciata andare subito, ossia pochi attimi dopo che l'hanno infastidita. Mia figlia, però, è riuscita ad intravedere sulla fronte di ciascuno di loro un piccolo tatuaggio, il quale riproduceva tre cerchi, ciascuno agganciato agli altri due. Secondo te, Lucebio, quelle persone potrebbero avere avuto a che fare con l’impiccagione della povera Feura? Oppure esse non c'entravano per niente, per essersi trovate in quel luogo per puro caso?»

«A mio avviso, sì che si potrebbe pensare che l’avessero uccisa loro, mio caro Fusso! Ma non sono in grado di vederci un nesso logico, che possa collegare la fioraia ai Tricerchiati. A tale riguardo, sono propenso a credere che si sia trattato di una vendetta trasversale. In tal caso, sono indotto a ritenere che essi conoscano Zipro, contro il quale si sono voluti vendicare apposta, non riuscendo a colpire lui. Riflettendoci bene, comincio a credere che il padre di Polen si sia riferito proprio ai Tricerchiati, quando ha parlato del gruppo di persone molto malvagie, che si sono date a tramare contro i ribelli! Sono spinto perfino ad immaginarmi qualcosa in merito, non escludendo che agisca in mezzo a loro anche una donna. La quale ha voluto così la morte della madre di Zipro per vendicarsi del figlio, dopo il torto ricevuto da lui.»

«Chi sarebbero poi questi Tricerchiati, Lucebio,» gli aveva chiesto il maniscalco «dei quali non ho mai sentito parlare in vita mia? Vuoi avere la compiacenza di dirlo a me e agli altri che sono qui presenti?»

«Fusso, un cinquantennio addietro, essi costituivano una sanguinaria setta religiosa, la quale operava oltrefrontiera, precisamente in territorio tangalo. Essa adorava il dio Kursut e gli sacrificavano giovani fanciulle, una al mese. Per l’esattezza, tale religione veniva professata, come avviene tuttora, dalla primitiva tribù dei Sungsat, la quale vive in una regione inesplorata della Tangalia. Ad ogni modo, secondo quanto mi risulta, i Tricerchiati e il loro culto non sono mai riusciti ad attecchire in Dorinda. Ma oggi alcuni episodi stanno dimostrando che essi si sono insediati anche nella nostra città con qualche successo. Per la verità, la cosa, che non riesco né a comprendere né a spiegarmi, è perché la loro attività stranamente si sia messa a prendere di mira proprio le persone che si oppongono all’usurpatore Cotuldo! Ciò mi sembra davvero strano, a meno che non ci sia in mezzo a loro qualcuno o qualcuna che ce l'abbia a morte con noi ribelli oppure con alcuni di loro!»

«Davvero dici, Lucebio, che i Tricerchiati hanno iniziato a combatterci senza un motivo apparente? Possibile che neppure tu riesca a darti una spiegazione logica a questo misterioso fenomeno? Allora qui occorre vederci chiaro prima possibile, se vogliamo difenderci da loro!»

«Purtroppo è proprio così, Fusso! Perciò, come pure tu hai consigliato, dobbiamo assolutamente avere al più presto quante più informazioni possibili su tali settari. Essi, a quanto pare, sanno parecchie cose su di noi, mentre da parte nostra non sappiamo niente che li riguarda. Bisogna venire a conoscenza del loro numero e di che tipo di addestramento combattentistico essi beneficiano. Nel frattempo, sono costretto a domandarmi quanti dei nostri attualmente sono sotto il loro mirino e rappresentano, quindi, dei loro virtuali bersagli. Adesso che ci penso, sono esattamente i Tricerchiati quelli a cui il padre di Polen voleva riferirsi, i quali intendono anche far del male alla principessa Rindella. Ciò ci deve far preoccupare moltissimo!»

«Addirittura essi hanno preso di mira perfino la nostra principessa! Ma credi, Lucebio, che i Tricerchiati siano venuti a conoscenza dell'ubicazione del nostro campo? Spero proprio di no! Altrimenti tu saresti in grande pericolo in questo posto, soprattutto quando vi rimani da solo e nessuno dei ribelli ti può difendere! Tu che ne dici?»

«Per fortuna, Fusso, i settari non sanno ancora dove è situato il nostro campo. Almeno così credo. Forse potrebbe assicurarcelo Polen. La casa del mio amico Sosimo, però, come da poco abbiamo appreso, è esposta ai loro attacchi, per cui sono da rinforzare in essa la vigilanza e la protezione. E senza indugiare altro tempo!»

«Su questo puoi stare tranquillo, Lucebio!» prontamente gli aveva garantito Polen «Le stesse persone mi avevano anche chiesto di accompagnarle al nostro campo, però io mi sono rifiutato di condurcele, adducendo ogni volta delle scuse diverse.»

Lucebio, dopo le rassicurazioni di Polen, le quali lo avevano alquanto tranquillizzato, si era rivolto al figlio della defunta fioraia. Così, assai preoccupato, gli aveva asserito:

«Anche tu, Zipro, corri il rischio di essere sopraffatto da loro, nonostante tu sia molto in gamba a difenderti. Devi sapere che ci è materialmente impossibile prevedere in anticipo se l’avversario, che ci ritroviamo ad avere contro, sia più forte o più debole di noi. Per nostra sfortuna, ce ne potremo rendere conto solo troppo tardi, quando la nostra vita è giunta drammaticamente al capolinea e non ha più scampo!»

«Al contrario, Lucebio,» gli aveva replicato il giovane, che era divenuto orfano da poco «Tricerchiati o non, sono convinto che sotto tutto questo c’è la mano di Stiriana, se hanno voluto colpire mia madre. Non appena verrò a sapere dove ella si nasconde, ti garantisco che la megera me la pagherà caramente! Così vendicherò la mia genitrice! Se tu avessi acconsentito che io l’accoppassi, quando venne a rappresentare un potenziale pericolo per la principessa Rindella e per la tua donna, ce ne saremmo liberati già da tempo. Di conseguenza, adesso mia madre non sarebbe rimasta vittima della sua malvagità vendicativa. Inoltre, non mi ritroverei a piangermela con un cuore affranto dal dolore e con un’ambascia indicibile nell’animo! Scusami, Lucebio, se ho sentito il bisogno di sfogarmi in questo modo, nei tuoi confronti!»

«Invece hai perfettamente ragione, Zipro, e non ti devi scusare con me. Ma non potevo immaginare che la sciagurata donna un giorno sarebbe entrata a far parte di una setta di scalmanati sanguinari, i quali avrebbero poi fatto propri i suoi disegni perversi. A questo punto, dobbiamo aspettarci di tutto da parte di lei, dopo che è divenuta una scheggia impazzita con un seguito di facinorosi. Chiunque abbia avuto modo di avere a che fare con lei deve vigilare su di sé e sui propri familiari, poiché presto Stiriana vorrà rivalersi su tutti loro, specialmente se crede di aver ricevuto un torto da qualcuno. Ella, nel dare sfogo alla sua sete di vendetta, non si fermerà neanche davanti ad una persona cara, fosse una cognata, un fratello oppure un nipote! Oramai la sua furia omicida continuerà ad impazzare contro i suoi nemici, me compreso!»

Le parole di Lucebio, le quali si erano riferite proprio alla sorella del padre, ossia a sua zia, avevano turbato abbastanza Polen. Perciò egli adesso aveva iniziato a temere principalmente per i suoi cari genitori. Poco dopo il giovane, tutto ad un tratto, facendo meravigliare le persone presenti, si era messo a domandarsi ad alta voce:

«Non capisco come mai questa Stiriana, anziché prendersela con i soldati di Cotuldo, abbia deciso invece di mettersi contro coloro che li combattono, essendo fedeli al re Cloronte! Come non posso giudicare illogico il suo comportamento, che non comprendo neppure un poco? Non avrei mai creduto che ella sarebbe arrivata a tanto!»

«Ma ti senti bene, Polen?» all’istante era intervenuto a contraddirlo Lucebio, credendo che Zipro gli avesse già parlato della nemica numero uno della principessa Rindella e della propria donna Madissa «Mi dici perché mai ella dovrebbe avercela con gli sbirri? Ad esserti sincero, non ti comprendo per niente! Allora vuoi parlarci di questo particolare?»

«Perché i soldati, venerabile Lucebio, le massacrarono i suoi dieci figli, essendosi essi rifiutati di rinnegare il loro ex sovrano! Questa è la pura verità su di lei, secondo quanto mi è stato riferito da alcuni! Perché, forse voi non ne eravate al corrente?»

«Chi ti ha rifilato queste grosse frottole, Polen? Sappi che chi lo ha fatto ha travisato enormemente la verità. Non mi dire che è stata proprio lei a propinarti simili menzogne! Già, solo Stiriana poteva parlartene, dando ai fatti la versione che le faceva più comodo! Perciò adesso dovrai dirci ogni cosa che conosci su quella maledetta vipera e se le hai riferito dove abitavano la principessa Rindella e la mia Madissa!»

«Ebbene, Lucebio, Stiriana è una vecchia conoscente di mia madre. Fu lei stessa a raccontarci dell’eccidio di tutti i suoi figli, da parte dei soldati di Cotuldo. Perciò essi dovevano essere ritenuti dei martiri dal popolo dorindano. Ma dal momento che la verità non è questa, desidero che tu mi dica da chi e per quale ragione fu inflitta alla sua numerosa prole la pena capitale! Ci tengo a conoscere al più presto tali fatti!»

«A dirla in breve, Polen, Stiriana era stata damigella d’onore della regina Elinnia insieme con la mia Madissa. Dopo l'occupazione di Dorinda, esse si ritrovarono a vivere nello stesso caseggiato, anzi vicine di casa. Passati alcun anni, ella, pur sapendo chi fosse Rindella, pretese che Madissa la facesse sposare con il suo ultimogenito Partros. In seguito, approfittando che i figli si trovavano tutti a casa, li spronò ad usare violenza contro le due donne. Ma per loro disgrazia, Francide ed Astoride capitarono a fagiolo dalle loro parti e li fecero pentire della prepotenza che essi stavano per usare contro le due donne. Scommetto, Polen, che è stata Stiriana a farsi indicare da te la nuova abitazione di entrambe, con la scusa di essere una loro amica desiderosa di rivederle! Le cose non sono forse andate nella maniera che ti ho appena detto?»

«Esatto, Lucebio! Ella voleva farsi indicare anche il nostro campo. Ma poi, siccome mio padre mi aveva messo in guardia da lei, ho trovato ogni volta una scusa, pur di non accompagnarcela. Secondo la mia genitrice, nei giorni scorsi mio padre è venuto a conoscenza di fatti nefandi sulla persona di Stiriana, dei quali noi ribelli dobbiamo assolutamente essere messi al corrente al più presto, se vogliamo difendere meglio possibile e salvare la nostra principessa Rindella. Ora conosci la verità!»

«Allora, Polen, subito dopo i funerali della povera Feura, tu e Zipro andrete a trovare tuo padre e vi farete dire da lui ogni cosa che ha appreso su di lei e sulla setta dei Tricerchiati. Ma il nostro amico, che è stato già colpito da una tremenda disgrazia, non potrà presenziare le esequie materne solo con pochi compagni. Dobbiamo evitare nel modo più assoluto che egli si esponga a grandi rischi, dal momento che di sicuro anche lui è nel mirino dei Tricerchiati. Per lo meno dobbiamo fare intervenire ai funerali della genitrice un centinaio dei nostri uomini più intrepidi e bene armati, se vogliamo preservarlo da brutte sorprese! Zipro conosce il modo di farli essere presenti ai funerali.»

L’accorgimento suggerito da Lucebio aveva dato i suoi frutti, perché aveva evitato un colpo di mano da parte dei Tricerchiati. Essi avevano anche deciso di assalire il figlio della defunta ed ammazzarlo addirittura all’interno delle mura del cimitero, al fine di seppellirlo nella stessa buca scavata per la madre. Ovviamente, nessuno degli intervenuti alle onoranze funebri di Feura si era accorto del più piccolo movimento da parte di una trentina di appartenenti alla setta. I Tricerchiati, infatti, dopo essersi resi conto che cento uomini armati fino ai denti erano troppi pure per loro, a malincuore avevano rinunciato alla loro missione sanguinaria punitiva. Per l’esattezza, il loro agguato prevedeva l’uccisione del figlio della fioraia, che era Zipro, e quanti fossero insieme con lui, poiché così aveva stabilito Stiriana. Ella, infatti, non era ancora paga della sua vendetta nei confronti del giovane, neppure dopo che gli aveva fatto ammazzare la madre con una esemplare impiccagione da tre dei suoi fidati Tricerchiati, facendolo apparire un autentico suicidio.