373°-STIRIANA SI D AD INDAGARE SUL FRATELLO TRISIPPO

Pur vivendo presso la casa del fratello Trisippo, dove ella si era insediata per maggiore sicurezza, ad un certo punto, Stiriana aveva cominciato a non sentirsi più sicura, poiché aveva la sensazione di venirvi spiata. Possibile che chi la teneva sott’occhio di nascosto stesse proprio all’interno di essa e fosse un suo parente? Qualcuno di loro aveva forse scoperto la verità su di lei? In caso affermativo, quando e come ciò era avvenuto? Inoltre, quel qualcuno cosa era riuscito a scoprire sulla sua appartenenza alla setta dei Tricerchiati? Ne aveva anche parlato con gli altri membri della famiglia? Ad ogni modo, prima di cercare di dare alle sue domande delle risposte certe, ella aveva stabilito di rendersi conto se le impressioni da lei avute fossero fondate o meno. Nel caso poi che esse fossero risultate dei falsi allarmi, ossia non giustificate da nessun fatto concreto, allora se ne sarebbe liberata per sempre ed avrebbe ripreso a vivere la sua vita tranquilla tra i suoi familiari. Il primo quesito della donna era stato quello che le aveva fatto chiedere da dove sarebbe stato meglio partire per iniziare a svolgere le sue indagini. A suo parere, se per ipotesi un suo familiare l’avesse seguita a piedi, con ogni probabilità aveva conosciuto il loro ritrovo della palestra. In quel caso, doveva ipotizzare che fosse stato il fratello a pedinarla e non il nipote, il quale, secondo lei, assolutamente non dava adito a sospetti.

Per il momento, però, conviene smettere di addentrarci nelle varie congetture di Stiriana, per comprendere meglio la funzione che aveva l’edificio per lei e per la sua compagnia. Ebbene, ogni volta che mancavano una decina di giorni al plenilunio, la ragazza che doveva essere immolata al dio Kursut veniva prima rapita e poi condotta con la forza nella palestra dismessa, di cui già abbiamo sentito parlare, in attesa di farla diventare la loro vittima sacrificale. In essa, ogni sera le cinque persone più rappresentative della setta, dopo averla denudata, la sottoponevano ai loro abusi sessuali. Della loro combriccola, il più autorevole di loro era Olpun. Costui, in qualità di Prediletto, aveva il privilegio di deflorarla. Dopo si davano a stuprarla in successione Ernos, Ciron, Mesuop e Licisto. Anche Stiriana era presente agli amplessi forzati dei cinque maschi con la giovane vittima, la quale invano opponeva resistenza e si dava ad urlare. Ella non si mostrava gelosa del suo uomo, mentre sverginava e possedeva la sventurata; al contrario, compiacendosene, finiva per eccitarsi anche lei. Perciò, in quell'istante desiderava tanto essere posseduta da lui, al pari della vittima. Dopo, mentre gli altri quattro furfanti lo sostituivano nell'abusare della ragazza rapita, la quale non superava mai i venticinque anni di età, Olpun doveva sobbarcarsi ad un ulteriore coito con la compagna. Esso doveva appagare la voluttuosa brama sorta in lei, durante le altre quattro violenze fatte subire alla vittima dai restanti maschi presenti in quel luogo.

Alla fine, soddisfatta la loro foia, gli assatanati della famigerata cricca se ne ritornavano alle loro case, lasciando la ragazza in quel posto tutta sola ed atterrita per quanto le stava succedendo; ma non si dimenticavano di imbavagliarla e di legarle mani e piedi, volendo evitarle di scappare. Ma prima della sua immolazione, una volta al giorno e in orari diversi, i farabutti le facevano portare da un adepto della setta da mangiare e da bere, siccome temevano per la sua salute e per la sua sopravvivenza. Trovandosi poi in quel luogo, la stessa persona permetteva alla ragazza anche di soddisfare i suoi bisogni corporali.

Ritornando adesso alle indagini della zia di Polen, un pomeriggio di un giorno ventoso la sospettosa donna aveva voluto indagare a fondo sulle proprie vaghe supposizioni. Così, dopo essersi travestita da mendicante, come già aveva fatto il fratello qualche giorno prima, era uscita di casa. Ella teneva nascosto un trinciante sotto il suo ampio camice di panno follato, essendo intenzionata a farne uso, qualora ce ne fosse stato bisogno. Dopo si era condotta a perlustrare la poco frequentata stradina cittadina, dove si trovava la palestra nella quale venivano soddisfatti i propri ingordi piaceri sessuali e quelli dei suoi amici. Giunta poi in quel luogo deserto, aveva iniziato a gridare forte: "Fate la carità ad una povera donna affamata!" Stando alla sua teoria, ricorrendo a quell'espediente, ella si sarebbe resa conto se vi abitavano o meno altre persone in quel tratto di strada. Le quali potevano essere sfuggite a coloro che erano stati da lei incaricati di effettuare un rigoroso controllo nelle case adiacenti e in quelle situate sul lato opposto. Essi, inoltre, avrebbero dovuto uccidere quanti vi vivessero, senza avere scrupoli.

Stiriana era convinta che, se un abitante ci fosse stato in una delle case del vicinato, probabilmente sarebbe venuto fuori per darle il suo obolo. Infatti, non aveva avuto torto. Ma c’era stata in lei molta stizza, quando aveva scorto una donna uscire proprio dall’abitazione, che si trovava di fronte al loro edificio. Eppure Mesuop e Licisto le avevano assicurato di averla trovata disabitata e in uno stato di completo abbandono! Naturalmente, si era trattato di Sedria, la nostra conoscenza che aveva già dato ospitalità a Trisippo, fornendogli le prime notizie sui Tricerchiati. Subito dopo, però, mettendo da parte la sua rabbia momentanea, l’infame zia di Polen si era dedicata alla generosa donna, allo scopo di portare a termine il lavoro non eseguito dai suoi uomini incapaci. Prima le avrebbe cavato di bocca tutto ciò che sapeva sulla loro setta e l'avrebbe costretta, in caso affermativo, a confessare se ne avesse parlato anche con qualcun altro. Così, quando la caritatevole Sedria era venuta fuori con il suo tozzo di pane, la malvagia megera, dopo averlo ritirato dalle sue mani, lo aveva messo subito in saccoccia. Eseguite tali sue azioni controvoglia, ella le si era rivolta, dicendo:

«Per favore, pia donna, potrei approfittare della tua generosità e chiederti anche un goccio di acqua? Poiché oggi la sete mi perseguita, mi faresti un bel dono, se tu mi dessi da bere! È da stamani che non mi disseto, per cui mi sento la gola molto arsa. Probabilmente, sarà questo ventaccio odierno a rendermela secca! Vedrai che, dopo aver bevuto, mi passerà tutta l’arsura che sto avvertendo nel cavo orale.»

«Ti comprendo, vecchia mendica; ma devi fare a meno di preoccuparti! Adesso te ne vado a prendere una ciotola piena dalla brocca, che mezzora fa ho riempita di acqua fresca dalla fontana qui vicina. Essa si trova all’inizio della strada, però partendo dal lato opposto a quello dal quale sei venuta tu. Perciò, procedendo nella direzione che stavi seguendo poco prima, ti capiterà di incontrarla senza meno, al termine di questa lunga ed angusta strada!»

Prima che Sedria ritornasse con l'acqua dall'angolo in cui stava la brocca, appunto per servirla alla mendicante, costei si era già intrufolata nell’unico vano dell'abitazione e vi aveva trovato anche da sedere. La padrona di casa era ignara che stava avendo a che fare con un’autentica simulatrice, la quale aveva dei progetti sanguinari nei suoi confronti. Comunque, sia mentre ritirava la sua acqua sia dopo che si era data a sorseggiarla, Stiriana non aveva smesso di scusarsi con lei per finta, intanto che seguitava a parlarle, come appresso:

«Chiedo venia, gentile signora, se mi sono lasciata tentare ed istintivamente sono entrata, al fine di trovare un po’ di riposo sopra una delle tue comode sedie! Lo so che non avrei dovuto approfittare, senza averti prima chiesto il permesso; ma la troppa stanchezza mi ha fatto dimenticare le regole della buona educazione. Per questo mi tocca per lo meno chiederti scusa, pur di riparare alla mia intrusione! Non ci posso credere che tu viva tutta sola in questa tua casa, la cui ubicazione si trova in questa via solitaria, dove non si scorge anima viva, mentre vi si cammina. A proposito, il mio nome è Smia, se ti va di conoscerlo!»

«Non ti devi scusare, Smia. Anzi, hai fatto benissimo ad accomodarti in casa mia, anche se non c'è stata una tua esplicita richiesta in tal senso! Lo sai perché? Non avendo parenti ed amici, io frequento poca gente. Se poi qualche persona mi permette di farmi una bella chiacchierata insieme con lei, non immagini il piacere che provo! Penso che anche tu, allo stesso modo mio, debba soffrire tremendamente la solitudine. Ma non ci possiamo fare niente, se il destino ha stabilito che noi due finissimo così miseramente! Riguardo poi al mio nome, poiché non te l'ho ancora riferito, esso è Sedria, sperando che esso ti piaccia.»

«Invece mi piace molto, brava donna! Comunque, le tue sono state sagge parole. Esse mi fanno ritenere che in te lo spirito di rassegnazione sia grande e forte, simile ad una grossa quercia, che non si lascia abbattere da nessun ciclone! Adesso vuoi dirmi da quanto tempo abiti in questa casa? Oppure ti rincresce metterti a rispondere alle mie varie domande? Sappi che lo faccio unicamente per farti chiacchierare e compiacerti alla meglio, appunto come tu mi hai fatto intendere!»

«Hai ragione, Smia, ad affermare che sono stata io poco fa a dirti che il conversare con altre persone mi rincuora e mi risolleva. Devi sapere che le domande e le relative risposte sono i veri pilastri della conversazione. Esse, dopo averla fatta nascere, la promuovono e la ravvivano. Rispondendo poi a ciò che mi hai chiesto circa la mia permanenza in questa casa, ebbene, essa risale a molti anni fa, cioè da quando ereditai l’immobile da un mio parente, il quale sono anni che è passato a miglior vita. Egli me lo intestò pochi giorni prima di andarsene all'altro mondo. Ma adesso, brava Smia, vuoi farmi il favore di liberarti la testa da quei panni fascianti, che quasi te la infagottano? Non mi piace discorrere del più e del meno con una donna, la quale non mi si mostra con il volto interamente scoperto, come se avesse la lebbra! Per favore, abbi la compiacenza di darmi retta e di farti guardare bene negli occhi, mentre ti parlo! Ti prego di non considerare una offesa la mia franchezza, essendo abituata ad essere assai schietta anche con tutti coloro con i quali intrattengo degli ottimi rapporti di amicizia!»

«Ti accontento subito, Sedria, e ti chiedo pure scusa, se prima non ho badato a rendermi presentabile. Devi sapere che, se mi copro nel modo che vedi, è solo per evitare le correnti d’aria, essendo soggetta a facili torcicolli. Essi, quando ne resto vittima, si danno poi a tormentarmi l’esistenza per delle intere giornate! Allora non riesco a muovere il collo in un modo qualsiasi, senza provare un tremendo dolore alla nuca e lungo le sue due parti laterali! Mi riesce perfino impossibile percorrere le vie della città, quando esso mi fa molto male! Ma avverto che qui posso scoprirmi, non essendoci correnti che possano riacutizzare i dolori dovuti alla mia artrosi cervicale.»

Dopo che la mendicante ospitata aveva liberato la testa di ogni panno e il volto le era apparso come la luce del giorno, Sedria era rimasta alquanto confusa. Le era parso di rivedere in lei una persona conosciuta; però non le veniva ancora in mente dove l’avesse incontrata. Infine ella era riuscita ad acciuffare un barlume di memoria, il quale subito l’aveva ricondotta alla donna che si presentava periodicamente alla palestra con il suo compagno pelato. La somiglianza tra di loro era tale, da non potere affatto equivocare su di lei. Al suo improvviso recupero mnemonico, la povera Sedria, mostrandosi assai impacciata, aveva deciso di non tradirsi nel rispondere alle domande della mendicante. La quale adesso per lei doveva risultare solo posticcia, se non voleva ritrovarsi in cattive acque. Ma oramai ella scorgeva davanti a sé il brutto tempo, pronto a trasformarsi per lei in un temporale distruttivo!

Allora, accortasi del nuovo atteggiamento della donna, la quale adesso appariva palesemente timorosa e dimostrava di volersi mettere sulla difensiva nei suoi confronti, Stiriana aveva compreso che Sedria l’aveva riconosciuta. Ciò faceva intendere altresì che la sua ospite sapeva parecchio sulla loro setta e che perciò andava eliminata. Prima, però, doveva tirarle di bocca ciò che sapeva sul loro conto e farle dichiarare se lo avesse confidato a qualche conoscente occasionale. Perciò, fin dall’inizio, aveva deciso di intervenire contro la donna con le maniere forti, essendo convinta che solo in quel modo avrebbe ottenuto da lei dei risultati celeri ed ottimi. Così, tirato fuori il trinciante, che teneva nascosto in una profonda sacca applicata sul lato destro dell’interno del camice, di punto in bianco, Stiriana si era avventata contro la poveretta. Dopo, prendendola da dietro e tenendole il capo ben fermo, si era messa a rasentarle la gola con la lama affilata dell’utensile. Giocando in quella maniera sadica con chi era stata ospitale con lei e minacciandola di morte, si era data a rivolgerle una batteria di domande.

«Adesso, Sedria, mi dirai tutto quello che sei venuta a sapere sulla nostra setta, se non vuoi essere sgozzata.» aveva cominciato ad intimidirla «Perciò riferiscimi quanto hai appreso di nascosto su di noi! Bada che non sto scherzando, vecchia della malora! Ti garantisco che un tuo diniego a qualche mia domanda che ci riguarda ti porterebbe direttamente alla tomba. Quindi, sta a te decidere se vuoi vivere ancora a lungo oppure preferisci morire all'istante!»

Alle parole della finta questuante, le quali si erano rivelate minatorie e cariche di burbanza, Sedria si era messa a tremare come una canna, avendo ormai perduto l'intera sua calma. Dopo, in preda allo spavento com’era, aveva iniziato a svuotare il sacco, narrandole fin nei dettagli le medesime cose che aveva già raccontato a Trisippo qualche tempo prima. Quando poi la tremebonda sventurata aveva terminato il suo analitico racconto, Stiriana, senza darle tregua, le aveva ancora chiesto:

«Come facesti a nasconderti ai miei due amici, Sedria, quando ti fecero la loro visita? In questa casa deve esserci di sicuro un rifugio segreto, se essi non ti ci trovarono! Su, sbrìgati a mostrarmelo, se non vuoi morire scannata! Allora, approfittando dell’arrivo di un passante, fosti brava anche a trasformare l’interno dell'abitazione, mettendola in gran soqquadro e facendola apparire un luogo abbandonato da anni! Che brava furbetta che fosti quel giorno, nel gabbarli tutti e due!»

Neppure alla nuova domanda Sedria si era rifiutata di rispondere ed aveva mostrato alla sua minacciatrice lo spazio situato dietro l’arazzo. Così, dopo aver dato un’occhiata al nascondiglio, Stiriana si era resa conto che esso era sufficiente ad accogliere una persona, a patto però che vi restasse in posizione eretta. Ma una volta ritornata dalla sua succube, la sorella di Trisippo non si era astenuta dall’esclamarle con astio:

«È davvero scaltra la nostra Sedria, a quanto pare! Soltanto adesso mi rendo conto del perché i miei due amici furono tratti in inganno quel giorno! Come potevano immaginare una cosa simile? Da questo momento, però, amica mia, prepàrati a darmi altre risposte esatte, se non vuoi fare l’identica fine alla quale vanno incontro i buoi nei mattatoi! Te lo dico unicamente per il tuo bene, poiché mi dispiacerebbe uccidere una povera vecchia come te.»

«Invece non ti deluderò, Smia, perché voglio seguitare a vivere, nonostante la mia età avanzata! Comincia a farmi le altre tue domande, poiché collaborerò con te in ogni cosa!»

«Voglio sapere, Sedria, se hai avuto modo nei giorni scorsi di parlare della nostra setta con qualcuno, che ti si è presentato a casa per un motivo qualsiasi. Ma pensaci bene, prima di darmi la tua risposta, se non vuoi farmi arrabbiare e costringermi a farti il male che non potresti immaginare! Inoltre, non dimenticare che è sempre in gioco la tua vita!»

«Smia, sono disposta a ragguagliarti su ogni cosa che vuoi conoscere, soltanto se mi giuri che non mi farai del male e mi lascerai libera, dopo che ti avrò riferito quanto desideri sapere. Io ho una gran fifa della morte e vorrei evitarla il più a lungo possibile! Dunque, mi fai giuramento che, dopo averti ubbidito, non mi ucciderai?»

«Sedria, ti assicuro che, se non ti farai sfuggire niente sul tuo incontro, non ti torcerò neppure un capello! Ti prometto che dopo ti darò perfino un bacio sulla fronte! Sei contenta del fatto che dopo mi comporterò, proprio come ti ho appena specificato?»

«Certo che sì, Smia! Adesso ti do le notizie che desideri sull’uomo che, travestito da mendicante come hai fatto tu, si è presentato a bussare al portone della vostra palestra. Invece, quando mi sono affacciata per dirgli che non vi abitava nessuno, egli mi ha dichiarato subito che non era l'accattone che sembrava. Così siamo rimasti a discorrere un poco insieme, scambiandoci qualche nostro fatto personale. Egli è stato il primo a farmi domande sulla vostra setta, poiché anche suo figlio era diventato uno dei vostri e questa sua decisione non gli garbava per niente. A quel punto, mossa a pietà di lui, gli ho riferito le cose che sapevo su di voi, ossia quelle che ho dichiarato pure a te. Gli ho accennato perfino la morte del povero Respio, il vecchio che abitava più avanti, facendogli presente che di sicuro lo avevate ucciso voi della setta.»

«A questo punto, cara Sedria, mi occorre avere da te soltanto due altre notizie. Voglio apprendere il nome dello sconosciuto che ti ha visitata e se c’è stata, da parte sua, una ulteriore visita alla tua casa. Dopo avrò finalmente terminato con te e allora ti lascerò in pace per sempre. Ti do la mia parola che farò come ti ho appena promesso!»

«Le risposte sono entrambe negative, Smia, nel senso che egli non mi ha fatto il suo nome e da allora non si è più rifatto vivo presso di me. Non so se essi potranno servirti a qualcosa, però posso rivelarti due suoi tratti somatici: egli aveva la capigliatura rossiccia; mentre la sua carnagione era visibilmente lentigginosa. Allora ti sono state utili queste mie ultime informazioni sul falso accattone?»

«Certo che mi sono state utili, Sedria! Perciò, ringraziandoti per avermele fornite, ti do il mio bel "Arrivederci all’inferno!", dove probabilmente ci incontreremo di nuovo!»

Nel pronunciare tale frase, Stiriana, aveva eseguito un taglio netto sulla parte anteriore del collo della sventurata donna, squarciandole la gola. Dopo ne aveva spinto il corpo sanguinante per terra, come se si fosse trattato di un fantoccio di pezza. Quando ella aveva lasciato l’abitazione, il sangue usciva ancora a fiotti dalla profonda ferita inferta alla regione giugulare della padrona di casa, la quale continuava a dimenarsi. In serata, ella aveva anche incaricato Mesuop e Licisto di fare sparire la salma di Sedria dalla propria dimora. Entrambi, a quanto sembrava, erano già avvezzi ad eseguire simili lavori, avendo già operato in passato altri occultamenti di cadaveri. Ciò avveniva, quando le persone uccise si trovavano in posti che risultavano scomodi o compromettenti per i seguaci della setta, soprattutto per coloro che ne erano a capo. Essi, infatti, non volevano avere rogne tra i piedi.


Portata a buon fine la prima parte della sua attività investigativa, la quale era stata condotta principalmente mediante evidenti pressioni psicologiche, Stiriana, se non proprio con una percentuale piena, si era convinta che era stato il fratello Trisippo a contattare Sedria, sebbene ella appositamente non avesse voluto rivelarle il suo nome. Secondo lei, le lentiggini della pelle e il rossiccio dei capelli non lasciavano adito ad alcun dubbio, sebbene in Dorinda egli non fosse il solo uomo dai capelli rugginosi. Ma prima di pronunciarsi sul caso con una sentenza inappellabile, ella aveva da effettuare altri utili accertamenti tendenti ad escludere ogni possibilità di errori nella sua indagine. Le sue sarebbero state delle normali rilevazioni conoscitive. Le quali, nello stesso tempo, avrebbero dovuto farle appurare se il fratello fosse riuscito ad essere presente nel tempio durante l’ultimo sacrificio dedicato al loro dio Kursut, magari tramite un qualunque espediente, visto che buon sangue non mentiva. Così il giorno dopo, a tale scopo, Stiriana si era voluta incontrare con i due amici del suo uomo. La sera precedente essi erano stati anche incaricati da lei di far sparire il corpo della dirimpettaia, prima di condursi con loro al tempio. In riferimento al motivo del suo nuovo incontro con i due Tricerchiati, ella intendeva investigare ancora sul fratello. Perciò aveva chiesto al più anziano dei due:

«Durante l’ultimo rito dell'immolazione, se non erro, Mesuop, eravate tu e Licisto ad accogliere all’ingresso del tempio i proseliti e i cinquanta iniziandi accompagnati dai loro tutor, con il compito pure di sistemare i cavalli numerati nell'attigua area.»

«Certo, Stiriana! Non solo nell’ultima, ma anche in quelle che si erano avute fino allora! Perché ce lo chiedi? Vuoi forse insinuare che degli intrusi siano stati capaci di eludere la nostra sorveglianza? Un fatto del genere è impossibile, poiché noi non siamo tipi da farci raggirare da qualcuno nel nostro lavoro! Dimentichi forse che, prima di permettere ai partecipanti l’accesso al tempio, esiste il doppio controllo, cioè l’accertamento dell’emblema sulla loro fronte e la verifica del numero apposto sopra un fianco di ogni bestia? Come vedi, nessuno poteva fregarci e sfido chiunque a farcela!»

«Come constato, Mesuop, hai già dimenticato che una donna è stata capace di ingannarvi. E tu sai a chi mi riferisco! Sono dovuta intervenire io per scoprirla e metterla a tacere per sempre! Dunque, adesso bando ai vostri inutili vanti e cerchiamo di ragionare con maggiore umiltà! Sono convinta che, nell’ultima immolazione al nostro divino Kursut, una persona, la quale non era un Tricerchiato, è riuscita ad accedere al nostro tempio e ad assistere all’intera funzione del rito sacrificale. Per tale ragione, dobbiamo cercare di comprendere se c’è stato in quell’occasione qualche episodio insolito, che è stato da voi valutato con una certa leggerezza. A tale riguardo, tengo a farti presente che, a quell’ora di notte, qualsiasi persona poteva impadronirsi di un cavallo già portato nel deposito ed adoperarlo immediatamente dopo, al fine di presentarsi a voi con esso. Puoi forse mettere in dubbio quanto ti ho fatto presente?»

«Senz’altro sul cavallo hai pienamente ragione, Stiriana, visto che chiunque poteva ricorrere ad un espediente del genere ed ingannarci con una certa facilità. Ma egli come avrebbe fatto dopo a superare il controllo dell’emblema? Neanche se io e Licisto fossimo stati ubriachi, ce l'avrebbe fatta! Oppure non sei d'accordo con noi in questo? Avresti forse le prove che qualcuno quella notte sfuggì a tale nostro controllo? Se è così, prova a dimostracelo!»

«Mesuop, non avendo alcun tipo di prova in merito a quanto a cui ti sei riferito, non posso darvi né torto né ragione. Riguardo poi al suo superamento del controllo dell'emblema, ammesso che esso ci sia stato da parte di qualcuno, un fatto del genere me lo dovete spiegare tu e il tuo amico, che eravate presenti sul posto! Non ti pare pure questo logico? Magari ci sarà stato un fatto insolito da voi preso con una certa superficialità, al quale non avete dato il giusto peso!»

A quel punto, era intervenuto nella conversazione il compagno di Mesuop, ossia Licisto. Egli, che fino a quel momento aveva solamente ascoltato, si era affrettato a farle presente:

«Se devo esserti sincero, Stiriana, quella notte ho avuto una perplessità su uno degli adepti. Ero convinto di avere già sistemato una bestia con lo stesso numero, il quale era l’ottanta. Dopo, invece, mi sono dovuto ricredere perché esso non c’era nel deposito. Riflettendoci bene, potrebbe essere stato lui a farcela con scaltrezza!»

Divenuto poi pensieroso, egli aveva anche fatto notare all’amico:

«Ricordi anche tu, Mesuop, quel tipo che aveva dichiarato di essere andato incontro ad un incidente per strada e mostrava la fronte malconcia ed interamente sanguinante? Già, era stato esattamente il numero del suo cavallo a farmi credere di averlo già sistemato nel deposito insieme con gli altri, un attimo prima del suo arrivo!»

Ma poi, senza dare al compagno il tempo di pronunciarsi su quanto prima gli aveva fatto presente ed apparendone quasi convinto, Licisto aveva esclamato con rabbia:

«Accidenti a quel furbo! Volete vedere che quella notte è stato proprio lui a metterci nel sacco? Adducendo la scusa della caduta e presentandosi con la fronte insanguinata, egli è sfuggito anche al nostro controllo dell’emblema! Se allora le cose sono andate nel modo che ho appena detto, Mesuop, per la seconda volta, in poco tempo, siamo stati giocati come due babbei! Perciò dobbiamo fare ammenda delle nostre colpe e scusarci con la scaltra Stiriana!»

«Certo che i fatti quella notte sono andati proprio così, Licisto!» aveva commentato l'amante del loro amico Olpun «Voi due ci siete cascati di nuovo come due pivelli. Comunque, c’è da ammettere che l’intruso in quell'occasione si è dimostrato particolarmente astuto e senza difficoltà vi ha tratti in inganno. Per fortuna, ci sarò ancora io a porre riparo al vostro secondo grave errore, senza faticare come una bestia! Vi prometto che riuscirò ancora a fare il lavoro al posto vostro!»

«Davvero, Stiriana, sarai in grado di dimostrarti molto efficiente là dove io e Mesuop abbiamo fallito? La tua sicurezza ci fa anche ipotizzare che tu già conosca l’intruso che quella notte ci ha gabbati entrambi. Non possiamo crederci che tu sia stata veloce come un fulmine a scoprirlo! Ci dici almeno come hai fatto a giungere alla sua scoperta in così poco tempo? Vorremmo saperlo anche noi, se non ti dispiace! Se non altro, per imparare da te che ti dimostri molto in gamba in tutto!»

«Caro, Licisto, alcune persone hanno nel sangue grandi doti investigative; come pure ottengono sempre ogni cosa con espedienti, che ad altri non verrebbero mai in mente. Si vede che è un fenomeno prettamente familiare e si trasmette per ereditarietà! Ma ora dobbiamo raggiungere il tempio, poiché oggi siamo in ritardo nei vari lavori da eseguirsi; né voglio fare aspettare ulteriormente il mio amato Prediletto!»

Nel suo nuovo incontro con il capo della setta, Stiriana non aveva potuto fare a meno di parlargli del fratello. Gli aveva perfino riferito fin dove egli si era spinto per scoprire la sua seconda vita, in qualità di Tricerchiata. Nonostante l’emblema le fosse stato inciso dietro la schiena, come avveniva per tutte le donne della setta, ugualmente il congiunto aveva subodorato che qualcosa in lei non procedesse secondo la norma. Alla fine, così, egli se ne era preoccupato fino al punto, da farlo decidere a rendersene conto ad ogni costo. Una volta che la donna gli aveva trasmesso le informazioni in suo possesso, ritenendo il suo un atto dovuto, l'amante Olpun non era apparso sereno e si era adombrato in volto. Poco dopo aveva voluto manifestarle ciò che egli pensava dentro di sé, riguardo a quella incresciosa vicenda. Perciò aveva voluto parlarle francamente:

«Cara Stiriana, tuo fratello si è cacciato di sua volontà nei pasticci, per cui assolutamente non possiamo ignorarlo. Da parte nostra, soprassedere alla sua iniziativa è lo stesso che esporre a vari pericoli la nostra setta e pregiudicarne la sopravvivenza. Per come si sono messe le cose, ci troviamo di fronte alla seguente alternativa: o tu riesci a convertirlo al kursutesimo, insieme con i familiari che sono al corrente dei risultati delle sue indagini; oppure bisognerà eliminarlo alla svelta, sempre insieme con coloro che sono venuti a conoscenza di noi. Spero che tu non me ne voglia e mi comprenda!»

«Anch’io sono del tuo stesso parere, mio dolcissimo Olpun. La salvaguardia della nostra setta viene prima di ogni altra cosa. Ma siccome non è proprio ipotizzabile la loro conversione, conoscendo bene la famiglia del mio germano, si dovrà procedere all’eliminazione fisica dei soli suoi membri che sono venuti a conoscenza della nostra setta. Prima, però, mi accerterò personalmente di quanti di loro sono al corrente di noi e poi prenderò accordi con Ernos sulle modalità della loro esecuzione. Ad ogni modo, non è stata la nostra setta a mettere nei guai Trisippo; bensì è stato lui stesso, con le proprie mani, a tirarseli addosso. Quindi, paghi egli la sua imprudenza e la sua cocciutaggine di non aver voluto badare ai fatti suoi! Così hai deciso e così dovrà essere fatto, mio Prediletto e mio impagabile amore! Adesso mi consideri una Tricerchiata esemplare, dopo avertene data la dimostrazione, amore mio? Non può essere altrimenti!»

«Siccome ti conoscevo molto bene, Stiriana, ero sicuro che avresti compreso e che il tuo sentimento religioso non si sarebbe fatto sopraffare dall’affetto familiare. Perciò demando a te l’incarico di risolvere la questione come meglio credi, avendo dimostrato di essere più capace dei miei amici nell’espletare certi incarichi di fiducia!»

«Cambiando argomento, mio Prediletto, sai dirmi qualcosa sul corpo dei Votati alla Morte, che Ernos sta preparando? Spero che il nostro imbattibile guerriero si stia dando da fare e che completi al più presto la sua opera. Abbiamo un gran bisogno di uomini bene addestrati nelle armi, considerato che potremmo essere costretti molto presto a disporre di loro in talune operazioni rischiose contro i ribelli nostri nemici!»

«Ernos sta facendo un ottimo lavoro, Stiriana. Già sono più di un centinaio i Tricerchiati che si sono proposti di far parte dei Votati alla Morte. Naturalmente, saranno selezionati soltanto quelli che dimostreranno di avere eccellenti attitudini sia nell’uso delle armi che nelle arti marziali. Perciò solo coloro che saranno ritenuti idonei dall’insindacabile giudizio di Ernos, entreranno a far parte del nostro speciale corpo armato. Devi sapere, mia diletta compagna, che il loro maestro è un vero asso nelle armi e nelle arti marziali. Oserei scommettere che nessuno, in tutta l’Edelcadia, sia in grado di competere con lui in fatti d'armi. Dovresti vederlo come egli riesce ad allenare i suoi numerosi allievi, portandoli tutti ad un tale livello di preparazione, da essere considerato indubbiamente fenomenale! Per questo ne sono soddisfatto appieno!»

«Bene, mio amato Olpun, mi fa piacere apprendere queste cose confortevoli, le quali concernono la nostra setta. Adesso, però, conviene rilassarci un poco, concedendoci degli attimi dolci ed indimenticabili, come soltanto noi due sappiamo fare nella nostra intimità! Non è forse vero che nessuno ci supera nel darci a certe cosette intime?»

La proposta di Stiriana era stata subito condivisa anche dal suo amante Olpun, che l’aveva accolta con grande favore. Allora essi si erano dati ad amarsi e a fondersi in un amplesso molto focoso, il quale aveva apportato ad entrambi in maniera copiosa sia il piacere che la gioia, caricando i loro spiriti di nuove energie vitali.