369°-TRISIPPO SCOPRE L'UBICAZIONE DEL TEMPIO DEI SETTARI

Il ritorno a casa del fratello di Stiriana c'era stato, quando il tramonto non aveva ancora incendiato la natura con il suo sfolgorio, arancione in alcune parti e rossastro in altre. Comunque, lo avrebbe fatto alcuni attimi dopo. Al suo rientro, siccome erano assenti sia il figlio che la loro parente ospite, la moglie lo aveva assalito senza perdere tempo. Ella manifestava una curiosità morbosa, la quale in quel momento fermentava in lei in maniera insopprimibile. La donna intendeva indurlo a palesarle subito ogni cosa che aveva scoperto sulla cognata nell'indagine condotta durante il pomeriggio. Quando poi il consorte aveva terminato di raccontarle quanto aveva appreso nella sua uscita pomeridiana, riferendole i fatti per filo e per segno, Auleda, apparendo alquanto preoccupata, gli si era espressa in questo modo:

«Trisippo, adesso che hai scoperto che Stiriana fa parte di una setta religiosa sanguinaria, addirittura è la compagna di chi ne è il capo, mi dici come intendi comportarti nei suoi confronti? Da parte mia, ti faccio presente che, come sua cognata, voglio evitare di espormi in prima persona. Perciò dovrai essere tu a vedertela con lei!»

«Per il momento, moglie mia, mi sento soltanto confuso, per la quale ragione mi riesce difficile prendere un provvedimento adeguato nei confronti di mia sorella. Io sono del parere che bisogna continuare ad ignorare i suoi traffici illeciti, tenendo anche nascosta a nostro figlio la sua aberrante condotta. Inoltre, è mia intenzione scoprire la sede principale, dove avvengono le adunanze plenarie della setta. Secondo me, essa non si trova qui in Dorinda, ma è situata fuori la nostra città. Ma stanne certa che lo appurerò al più presto!»

«Sei forse diventato pazzo, Trisippo? Vuoi mettere a rischio la tua vita, senza che ci sia un buon motivo? Hai dimenticato che gli uomini della setta hanno già fatto sparire Respio, soltanto per non averlo tra i piedi? Figuriamoci poi se ti sorprendessero a spiarli proprio nel loro covo! Oramai sei al corrente di quanto volevi sapere sulla tua misteriosa germana. E ciò dovrebbe già bastarti! Dopo avere appreso chi è realmente tua sorella e con quale gente si è messa ad attivarsi in senso negativo, che importanza ha per te venire a conoscenza della sede principale della loro setta? Se non vuoi più ospitare Stiriana nella nostra casa, nessuno ti vieta di farlo; ma ti raccomando di non farti sfuggire neppure una virgola su ciò che sei riuscito ad appurare sul suo conto! Ella potrebbe prendersela a male, per cui non esiterebbe a vendicarsi di noi e a metterci in guai seri. Se vuoi ascoltare il mio consiglio, occorre informare il nostro unico figlio dell’illecita attività che conduce la sua disonesta zia. Solo così egli smetterà di cedere indiscriminatamente ad ogni sua richiesta ed eviterà in futuro di avere delle grane a causa sua!»

«Non sono d’accordo con te, Auleda, poiché non ne vedo ancora la necessità, anche perché non sappiamo se tali settari sono anche contro gli uomini di Lucebio. Per questo è meglio che Polen ne resti fuori, ignorando l'occulta attività di mia sorella. Se egli venisse al corrente di ogni cosa che la riguarda, poiché dorme nella sua stessa camera, sono sicuro che prima o poi si tradirebbe. Quanto poi alla mia intenzione d’indagare più a fondo sull'ipotetica setta, non ho cambiato idea. In particolare, voglio comprendere se essi intendono perseguire obiettivi che sono anche contro i ribelli. Ma ti garantisco che prenderò tutte le precauzioni possibili ed immaginabili, al fine di tenermi lontano da ogni pericolo. Domani stesso, perciò, se Stiriana uscirà ancora di casa, cercherò di raggiungere il mio scopo, poiché la seguirò a cavallo. Così, quando ella e i suoi amici lasceranno Dorinda, io sarò in grado di stargli dietro fino al luogo dove si trova il loro tempio.»

Poco dopo erano rincasati anche il giovane figlio e l’attempata parente. Allora zia e nipote, fino a quando la cena non era stata pronta, se n’erano rimasti a conversare nel loro cortiletto interno, il quale si trovava alle spalle dell’abitazione. Trisippo però, di tanto in tanto e con una scusa qualsiasi, si avvicinava il più possibile a loro due per cercare di apprendere su quale argomento verteva la loro conversazione. Egli trovava strano il fatto che la zia s’interessasse in maniera morbosa all’attività dei ribelli e non riusciva a spiegarsene la ragione. Anzi, aveva temuto perfino che Polen ingenuamente si aprisse troppo alla cara parente sulla loro attività, ignaro che dalla zia potessero derivare ai suoi amici delle potenziali minacce. La natura e l’obiettivo delle quali, però, per il momento non si lasciavano intravedere in alcun modo, visto che la sorella non si sbilanciava ancora a parlarne apertamente con l’amato nipote, se proprio non l'avesse già fatto. Ma egli era persuaso che, prima o poi, ella si sarebbe decisa a farlo.

Subito dopo cena, quando si era ormai all'imbrunire, Trisippo aveva invitato il suo unigenito ad una breve passeggiata nei paraggi della loro casa. Così ne avrebbe approfittato per metterlo in guardia dagli oscuri propositi della sorella, poiché essi gli si sarebbero rivelati molto presto. Per questo, già dopo i primi passi, egli aveva incominciato a dirgli:

«Polen, lo sai che, quando sei con tua zia, dovresti parlare di meno, anzi per niente, sull'attività segreta di voi ribelli? Se non erro, ti capita spesso di trattare con lei tale argomento; mentre non dovresti assolutamente farlo! Che direbbero i tuoi amici, se venissero a saperlo? Secondo me, se la prenderebbero a male e ti rinfaccerebbero che hai abbracciato la causa dei ribelli a cuor leggero. Perciò cerca di non sbilanciarti troppo con lei sui tuoi camerati ribelli!»

«Come posso restare muto, padre, alle domande insistenti che la zia Stiriana mi rivolge a tale riguardo? Mi sai dire poi che danno ella può arrecare a me e ai miei commilitoni, se la metto a conoscenza della nostra attività segreta? A mio avviso, ti preoccupi troppo e inutilmente! Perciò dovresti smettere di vedere una tempesta in una ciotola d’acqua. Ciò che ti ho suggerito ti farebbe pure bene, visto che il medico ti ha trovato il cuore un po' malandato!»

«Non lo so e non lo voglio sapere, figlio mio, in quale maniera potresti rifiutarti di rispondere alle sue domande. Ma insisto a farti presente che ti mostri poco responsabile, quando ti dai a parlare dell’attività dei ribelli con altre persone, anche se esse sono i tuoi genitori! Se venissero a saperlo Lucebio e i tuoi compagni, ci faresti una magra figura con loro, se proprio non decidessero di mandarti via, espellendoti dal gruppo dei ribelli! Quindi, da domani in poi, non racconterai più niente della vostra setta alla zia e le farai presente che ti è stato proibito di parlare delle vostre attività a chiunque e a qualsiasi titolo, fossero essi anche i tuoi genitori. Se ella è interessata a scambiare quattro chiacchiere con te, ci sono tanti altri argomenti per farlo! Ad esempio, potrebbe dedicarsi alle tue avventure galanti, essendo la tua età un terreno fertile per tali cose. Polen, hai recepito bene il mio messaggio? Ubbidiscimi, per favore, se un giorno non vorrai pentirtene! I consigli dei genitori vanno sempre accolti con rispetto e con l'ubbidienza più assoluta!»

«Hai ragione, padre. Non avrei dovuto lasciarmi andare nel riferirle sulla mia attività di ribelle, coinvolgendo anche tutti gli altri. Comunque, sono del parere che, anche se la zia mi fa tante domande in merito a noi ribelli, dopo non ne ascolta neppure le risposte. Da un orecchio le entrano e dall’altro le escono, senza approfondire alcun particolare. Lo sai anche tu che zia Stiriana è una sempliciotta e ha paura perfino di stare sulla groppa di un ronzino. La sera che siamo usciti insieme a cavallo, tremava come una foglia. Ma che dico? Sembrava proprio che le stesse venendo l’infarto, da un momento all’altro!»

«Credi pure quello che vuoi, figlio mio; ma ti proibisco di chiacchierare, tanto con lei quanto con noi, su qualsiasi attività dei ribelli e di altri fatti che riguardano Lucebio oppure le persone che gli sono vicine. Se lo vuoi sapere, poiché tua zia è un'ottima cavallerizza, come ho avuto modo di constatare in questi giorni con i miei occhi, quella sera la sua è stata tutta una sceneggiata! Dunque, inizia a farle presente che, essendo tu legato ad un giuramento, non puoi sbottonarti sulle faccende inerenti a voi ribelli. Soprattutto evita di fare parola con lei di questa conversazione, che adesso noi due stiamo facendo!»

«Non preoccuparti, padre mio, perché farò tesoro dei tuoi saggi consigli! Inoltre, la zia Stiriana non verrà mai a sapere di questo abboccamento privato, che c’è stato fra di noi. Ti do la mia parola! Mi sa che dovrò rivedere il concetto che mi sono fatto di lei, dopo quanto mi hai riferito sulla dimestichezza che ha con i cavalli, poiché incomincio a considerarla una marpiona! Hai fatto bene a rivelarmi questo particolare!»

«Un altro favore ho da chiederti, Polen, se non ti dispiace. Anch’esso riguarda tua zia. Ebbene, non dovrai mai smettere di stimarla una donna insincera, se non vuoi essere ingannato da lei in continuazione. Mi prometti che farai come ti ho suggerito?»

«Puoi chiedermi tutti i favori che vuoi, padre, perché mai te ne negherò qualcuno, se mi sarà possibile. Per te e la mamma farei qualsiasi cosa, siccome vi sacrificate per me tantissimo e senza cessazione. Ricordo che lo avete sempre fatto, fin dalla mia più tenera età. Perciò ve ne sarò sempre oltremodo riconoscente e grato!»

«Dal momento che hai tirato in ballo anche tua madre, Polen, ti chiarisco che il favore che sto per chiederti concerne anche lei. Ora ti faccio presente cosa esattamente desidero da te. Se un domani dovessi venire a mancare alla famiglia e le due donne tue congiunte dovessero dare una versione differente sulla mia morte, mi devi giurare che crederai soltanto a quella che ti verrà fornita dalla tua genitrice! Mi hai inteso?»

«Farò senz’altro come mi hai suggerito, padre. Te lo giuro! Ma non capisco perché mai un giorno dovrebbe esserci la tua tragica dipartita e, riguardo ad essa, mia madre e mia zia dovrebbero darmi una versione differente sulla tua morte! Hai forse avuto qualche premonizione? Invece io t’invito a pensare ad altro di più allegro, padre mio, bandendo da te ogni ombra d'ingiustificata tristezza! Mi vuoi dare retta, di grazia?»

«Dimentichi, Polen, che la morte è sempre pronta ad attenderci dietro l’angolo. Chi può dire quando essa si presenterà a ciascuno di noi? Non possiamo neppure pronunciarci su come un giorno ci si vorrà manifestare! In verità, la mia era solamente un’ipotesi, la quale potrebbe avverarsi in qualunque momento, come pure non potrebbe aversi mai! Nel secondo caso, però, il mio suggerimento non avrebbe più alcun significato per te, come anche tu puoi renderti conto.»


Dopo che il padre e il figlio erano rincasati, essendo già tempo di coricarsi, in casa se n’erano andati tutti a letto a dormire per il consueto riposo notturno. Ma il giorno successivo, quando non era ancora iniziato ad albeggiare, Trisippo, avendo già bardato il suo cavallo, era già pronto per seguire la sorella, nel caso che ella avesse preso il solito volo mattiniero. Stiriana non lo aveva fatto preparare invano, poiché ella, alla medesima ora e abbigliata allo stesso modo, si era incamminata verso la destinazione cittadina già a lui nota. Da quel luogo poi era ripartita con i due accompagnatori, che erano risultati praticamente i suoi compagni del giorno precedente. Questa volta Trisippo, essendo camuffato come sappiamo e avendo a disposizione un cavallo, aveva potuto darsi al loro inseguimento con una certa circospezione. Siccome si trovavano in aperta campagna, egli cercava il più possibile di non dare nell’occhio, spiandoli da dietro un ginepraio oppure stando nascosto dietro un alto cespuglio. Pur tenendosi distante da loro non più di mezzo miglio, l'uomo cercava di non perderli di vista e di seguire i loro movimenti per non farsene sfuggire nessuno, soprattutto quelli riguardanti la sorella. Ma erano bastate soltanto cinque miglia, perché Stiriana e quelli che l'accompagnavano giungessero alla loro destinazione. Infatti, dopo aver superato tale distanza dalla città, essi si erano inoltrati in una boscaglia di modesta estensione, in mezzo alla quale risultava edificata un’opera edile abbastanza semplice. Comunque, essa, per coloro che l’avevano messa in piedi, rappresentava un tempio.

Quella costruzione, che fungeva anche da luogo sacro, non si presentava affatto come un qualcosa di macchinoso o di superbo; ma poteva essere scambiato facilmente per tutt’altro dai non appartenenti alla setta. Se la si osservava nella sua forma di un parallelepipedo coricato, essa appariva a qualunque visitatore un edificio indubbiamente non complesso e capace di accogliere nel suo interno al massimo cinquecento persone. Oggigiorno quella struttura templare, vista dall’esterno e considerata nella sua linearità disadorna, priva di un qualunque fregio scultoreo o pittorico, sarebbe stata da noi definita un capannone a tutti gli effetti. Le misure della sua lunghezza, della sua larghezza e della sua altezza si facevano stimare, a occhio e croce, rispettivamente cento, venti e otto metri. Per la verità, anche nel suo interno il tempio aveva poco da offrire, se considerato nelle sue espressioni architettoniche, pittoriche e scultoree. Nella sua parte riservata ai sacrifici, la quale era separata dal resto del locale religioso da un muretto alto ottanta centimetri, il quale faceva da pluteo, si scorgeva un grosso tronco interamente scortecciato. Esso poteva essere lungo all'incirca tre metri ed aveva il diametro di sessanta centimetri; inoltre, era stato sistemato parallelamente alla parete frontale e poggiava su quattro paletti di legno. I quali erano infilati saldamente in altrettanti fori praticati nel suo corpo legnoso. Ebbene, quel tronco costituiva l’ara del sacrificio ed aveva ai lati, ad un’altezza di tre metri, due teste di bue imbalsamate. Esse si trovavano alla sommità di due pali, che erano conficcati nella parte pavimentale, la quale era formata da un comune sterrato. Il tempio aveva un unico ingresso, che si trovava sulla sua parete minore esposta ad oriente.

Era stato proprio davanti a quella costruzione che Stiriana e i suoi due accompagnatori si erano arrestati ed erano scesi da cavallo. Poiché in quel posto li stava già aspettando l’autorevole uomo pelato, la donna prima si era lanciata ad abbracciarlo affettuosamente e poi era rimasta a fargli la sua dolce compagnia. Invece i suoi due compagni di viaggio, dopo averlo salutato con la dovuta deferenza, se n’erano allontanati per consentire ad entrambi di parlarsi, senza che la loro privacy venisse disturbata in qualche maniera. Ad ogni modo, era stato l’uomo ad aprire bocca per primo, esclamandole:

«Benarrivata, Stiriana! Ti stavo aspettando con ansia! Non immagini neppure quanto io ti ami, tesoro mio! Più aumentano i giorni che trascorriamo insieme, più mi sento legato a te in modo morboso. Non sopporto più di starti lontano! Ogni volta che siamo costretti a stare separati, mi viene di pensare solo a te e provo molta nostalgia! Ma cosa ci posso fare, se non riesco più a fare a meno di te?»

«Credi che per me la cosa sia diversa, Olpun? Anch’io fremo dal desiderio di esserti sempre vicina e di vivere insieme con te in tutte le ventiquattro ore del giorno! Ma abbi ancora un po' di pazienza, siccome i nostri desideri saranno appagati abbastanza presto. Prima, però, dobbiamo interessarci a ben altro, poiché ci sono alcuni compiti da portare a termine da parte nostra entro stasera. Un giorno mi hai promesso che non mi avresti mai deluso. Per questo, dopo il sacrificio umano che ci sarà questa notte, bisognerà cominciare a preparare un piano per l’ottima riuscita dei miei propositi di vendetta. Riguardo ai quali, ogni cosa dovrà essere studiata nei minimi particolari, ad evitare che sorgano dei problemi nella loro attuazione e ci siano insuccessi da parte nostra! Allora sei sempre del medesimo avviso o nel frattempo ci hai ripensato?»

«Non te ne devi proprio preoccupare, Stiriana! Al più presto, sarà esaudito il tuo grande desiderio. Le richieste che avesti a farmi l’anno scorso, se non sono state ancora soddisfatte, lo sai che non è stato per mia mancanza. Fino a pochi giorni fa, non si è potuto agire conformemente alle tue ambizioni, solo perché non hai mai saputo dirci dove trovare le persone contro le quali bisognava agire. Invece, adesso che ci hai messi in condizione di poterci muovere, essendo stato individuato il nostro obiettivo, vedrai che quanto prima sarai appagata. Parola di Olpun, il Prediletto! Nel frattempo, però, ci conviene iniziare ad allestire l’altare per la funzione notturna. Stanotte ci attende un nuovo sacrificio alla presenza di tutti i nostri fedeli, i quali hanno raggiunto il ragguardevole numero di cinquecento. Ma allora mi riterrò appagato, quando saremo almeno un migliaio. Ora, Stiriana, se entri con me nel tempio, potrai suggerirmi qualche idea circa i preparativi che vi si devono ancora attuare per il sacrificio.»

«Certo che ti accompagno nel suo interno, mio eccelso uomo, per consigliarti sulle cose da fare! Dal giorno che ho cominciato ad amarti, lo sai benissimo che puoi fare della mia vita tutto ciò che desideri, perfino strapazzarmi sessualmente, come sei abituato a fare nei nostri rapporti intimi! Perciò affrettiamoci a recarci dentro di esso!»

Poco dopo, i due amanti erano entrati nel tempio; ma nell’accedere ad esso, erano stati colti da un larvato ed innominabile desiderio. Perciò, quando ne erano usciti un’ora più tardi, il loro frastornamento e il loro affaticamento fisico erano ben visibili sui loro volti scalmanati. Infatti, evidenziavano che essi, all’interno del sedicente luogo sacro, si erano anche abbandonati lascivamente a ben altro. Noi possiamo immaginarcelo senza fatica, siccome Stiriana aveva provocato il compagno già fuori di esso con le sue audaci parole! Mentre poi si allontanava da quel posto, naturalmente ancora insieme con gli uomini che prima ce l’avevano accompagnata, la donna aveva gridato a gran voce al suo amante:

«Allora ci rivedremo a mezzanotte, mio dolce Prediletto! Che il divino Kursut vegli giorno e notte su di te! Inoltre, mai ti privi dell'altro tipo di felicità, oltre a quello che ti procuro io con la mia folle passione amorosa, la quale ti colma, ad ogni nostro incontro della massima gioia!»

Trisippo, anche se non aveva potuto ascoltare ciò che si erano detti la sorella e l’uomo pelato, si era però reso conto di quanto c’era stato tra i due amanti all’interno di quella costruzione, che essi definivano tempio. Ma egli aveva anche appreso che quella notte in essa sarebbe avvenuto un nuovo sacrificio umano, il quale di sicuro non sarebbe stato bello a vedersi. Al contrario, avrebbe mostrato senza meno uno spettacolo turpe e spregevole. Ciò nonostante, il fratello di Stiriana, volendo conoscere ogni notizia possibile sul conto di quella setta sanguinaria, aveva stabilito di presenziare il notturno rito sacrificale, stando frammisto agli altri fedeli. Ammesso che non avesse incontrato alcuna difficoltà a presenziarlo insieme con gli altri!


L’uomo era rincasato molto prima della sorella, il cui rientro c’era stato più tardi, ovvero contemporaneamente a quello del nipote Polen. Per esattezza, entrambi si erano presentati in casa, quando il pranzo stava già per essere servito a tavola. Mentre si pranzava, Stiriana aveva annunciato ai suoi parenti che in serata non ci sarebbe stato il suo ritorno a casa, siccome avrebbe pernottato presso un’amica. Perciò non avrebbero dovuto attenderla per la cena. Il suo annuncio non si era rivelato una sorpresa per il fratello e per la cognata, avendolo già previsto e conoscendone pure il motivo. Invece il loro figlio era rimasto sorpreso dell'annuncio dato dalla zia circa la sua assenza da casa, la quale addirittura sarebbe durata l’intera nottata. Allora, considerandola strana, egli non si era astenuto dal domandarle:

«Zia Stiriana, vuoi dirmi come mai te ne resterai fuori per una nottata intera presso la tua amica? Ha forse ella bisogno di te per motivi di salute? Oppure entrambe sentite soltanto il bisogno di stare un poco insieme, allo scopo di raccontarvi le vostre avventure galanti? Magari alcune di esse, a dir poco, saranno anche piccanti ed inconfessabili! Zietta cara, dimmi che non mi sono sbagliato! Ah, ah, queste benedette donne! Anche ad una certa età, non finiscono mai di stupirci! Comunque, buon per te, se non sono in errore!»

«Ehi, tu, nipote mio, cosa vuoi insinuare sulla mia condotta, che è da reputarsi ineccepibile? Sappi che tua zia non è donna da arrivare a fare quanto hai tu immaginato! Perciò passo a motivarti la mia assenza notturna. Qualche giorno addietro, la mia amica, mentre ritornava alla propria abitazione dal mercato è stata travolta da un cavallo imbizzarrito. Ecco perché stanotte dormirò a casa sua. Vorrò esserle utile, nel caso che avesse bisogno del mio aiuto per una ragione qualsiasi!»

«Non te la dovevi prendere, zia, visto che la mia è voluta essere solamente una battuta scherzosa! Perciò ti prego di giudicare la mia impertinenza di poco fa un intervento faceto di nessuna considerazione! Lo so che sei una donna ammodo, come lo sanno pure i miei genitori! Comunque, essendo il tuo un gesto generoso, da parte mia, sono pronto a farti anche le mie più sincere scuse! Adesso ti ritieni soddisfatta, zia?»

«Stai tranquillo, Polen, che esse non occorrono. Tua zia, essendo intelligente, ha intuito da tempo che, quando ne hai l'occasione, ti piace scherzare con me. Ma da te esigo soltanto un bacio su ciascuna delle due guance, se vuoi farti perdonare! Ricòrdati che me li dovrai dare con uno schiocco; altrimenti non li considererò validi!»

Il giovane non aveva esitato ad alzarsi dalla sua sedia e ad affrettarsi a soddisfare il desiderio espresso dalla sorella del padre. Ma dopo quel suo atto di ubbidienza, egli se n’era ritornato a sedersi al suo posto, dove aveva continuato a divorare le restanti pietanze. La cui consumazione, da parte dei commensali, era proseguita senza altri commenti, all’insegna del più assoluto silenzio. Il quale, a volere essere pedanti, era stato interrotto di continuo dall'acciottolio delle posate, considerato che esse si divertivano a solleticare i piatti, mentre vi prendevano il cibo per portarlo alla bocca di chi le adoperava. Ciò, indipendentemente da come lo facessero, cioè sia che usassero modi garbati sia che ricorressero a quelli sguaiati.

Nel tardo pomeriggio, dopo essersi preparata e vestita alla sua solita maniera, Stiriana aveva salutato frettolosamente la terna dei suoi consanguinei e si era avviata alla porta per uscirsene. Allora, prima che ella la raggiungesse, il nipote, volendo farle cosa gradita, si era affrettato a farle presente:

«Se ti fa piacere, zia, posso rendermi disponibile per accompagnarti dalla tua amica. Qualora tu me lo consentissi, mi daresti il modo di ricambiare in parte la tua generosità, che non fai mai venir meno nei miei confronti! Allora mi permetti di esserti utile come ti ho appena specificato? Se me lo consentissi, ne sarei molto felice!»

«Non c’è affatto bisogno di accompagnarmi, Polen! Poiché strada facendo mi capiterà di fare qualche spesuccia, non intendo annoiarti con le mie continue fermate. Comunque, ti ringrazio lo stesso, per il tuo gentile pensiero. Cerca di non farci caso, se ogni tanto mi mostro prodiga di attenzioni verso di te pecuniariamente, poiché le zie ci sono appunto per questo! Esse sono desiderose di dare una mano ai loro nipoti in taluni periodi di magra; ma senza pretendere nulla in cambio da loro! Adesso non mi resta che salutarvi tutti quanti e lasciarvi a malincuore.»

Dopo che la sorella del padre se n'era uscita per i suoi soliti affari privati, lasciando soli in casa i tre parenti stretti, Polen assai soddisfatto aveva asserito ai suoi genitori:

«Sono proprio fortunato ad avere una zia come lei, la quale non smette mai di mostrarsi assai munifica nei miei confronti! Per la verità, in famiglia tutti dobbiamo esserle riconoscenti, siccome ella si sobbarca l’intera spesa alimentare che ci occorre per sfamarci ogni giorno! Per questo, padre, a parte ciò di cui mi hai parlato ieri sera, vorrei che tu le concedessi più fiducia, come ho sempre fatto io e continuo a farlo tuttora. In fin dei conti, ella è pur sempre tua sorella! La stessa cosa consiglio anche a te, madre mia, che non hai mai sopportato tua cognata, per motivi che non ho mai conosciuti!»

«Non tocchiamo questo tasto, Polen, poiché sai benissimo come la penso io in proposito!» lo aveva ripreso il padre «Per il momento, desidero farti presente che non è tutto oro quello che luccica. Ma ti prometto che un giorno noi due faremo un bel discorso sull’argomento e allora ti convincerai che spesso, nostro malgrado, siamo costretti a cambiare le nostre opinioni sulla gente. Perfino sulle persone a noi più care! Voglio solo augurarmi che certe tue confidenze fatte a tua zia non nuocciano a delle persone innocenti! Ti raccomando di avvisarmi immediatamente, se a voi ribelli dovesse andare storto qualcosa, poiché con molte probabilità potrei esservi di aiuto. Tienilo bene in mente! A questo punto, figlio mio, senza chiedermi alcuna spiegazione in merito a quanto ti ho detto poc’anzi, puoi anche andare a raggiungere i tuoi amici ribelli!»

Poco dopo il giovane Polen se n’era uscito pure lui di casa per pervenire al campo di Lucebio. Mentre vi si conduceva, si ritrovava con una mente davvero frastornata, poiché non riusciva a comprendere le parole del padre. Perché esse avevano cercato in modo larvato di fare apparire la zia come una donna pericolosa, specialmente nei confronti di coloro che, come lui, si opponevano al re Cotuldo? Forse egli si riferiva soltanto a qualcuno di loro, come il carismatico Lucebio, non essendoci altre persone più importanti di lui tra gli oppositori del regime. Alla fine il giovane aveva concluso che il genitore ingiustamente si mostrava prevenuto verso la propria sorella, senza però riuscire a spiegarsene la ragione. Ma era proprio necessario credere alle sue parole?

Uscito di casa il figlio, Auleda aveva chiesto al consorte:

«Sul serio, Trisippo, sei intenzionato ad assistere al rito sacrificale della setta, della quale fa parte anche tua sorella? Invece, marito mio, te lo sconsiglio nel modo più assoluto, siccome la tua rischiosa iniziativa potrebbe risultarti perfino mortale! Mi hai sentita?»

«Dimentichi, Auleda, che lo faccio solo per proteggere il nostro Polen da qualche potenziale pericolo nascosto? Se mi sarà possibile, intendo scoprire se i settari hanno intenzione di agire contro i ribelli. Voglio pure conoscerne il motivo e il modo in cui essi si muoveranno. Il sacrificio umano, che essi compiranno questa notte, m’interessa marginalmente, ossia soprattutto per conoscere fin dove è capace di spingersi la loro ferocia. Non riesco a togliermi dalla testa che la raccolta di notizie da parte mia sui settari un giorno potrà salvare la vita al nostro figliolo! Probabilmente, ho ragione, a pensarla così!»

«Trisippo, se questo è il motivo che ti spinge ad essere presente alla loro funzione religiosa notturna, non posso disapprovare la tua decisione. Ma per l’amore del cielo, ti raccomando di usare la massima prudenza nel perseguire il tuo nobile obiettivo, se non vuoi che la tua generosità alla fine renda orfano tuo figlio e vedova tua moglie!»

Rassicurata l’affettuosa consorte che egli avrebbe adottato tutte le precauzioni possibili adatte al caso, l'uomo, a notte inoltrata, si era avviato verso il tempio. Per fortuna, nel cielo splendeva una gigantesca e bionda luna piena, la quale illuminava i campi e li rendeva agevolmente transitabili. Così egli aveva potuto raggiungere la zona senza confondersi e senza sbagliare strada, giungendo nei paraggi del tempio poco prima della mezzanotte. Trisippo, però, si era astenuto dal condursi subito davanti al suo ingresso, ad evitare di correre dei rischi inutili. Egli aveva voluto innanzitutto rendersi conto se ci fosse una particolare procedura per accedere alla costruzione templare, non volendo avere sorprese all'ingresso di essa. Infatti, non aveva avuto torto a ricorrere ad una precauzione del genere. Agendo in quel modo, egli aveva preso atto di due particolari importanti. L’accesso al tempio, da parte di ogni adepto, avveniva nel modo seguente: egli prima doveva farsi controllare l’emblema che teneva fatto a fuoco sulla fronte dai due piantoni che lo sorvegliavano; dopo doveva consegnare agli stessi il proprio cavallo. Il fratello di Stiriana aveva notato altresì che alla bestia veniva apposto un numero sopra uno dei fianchi. Infine, a consegna effettuata dell’animale, mentre il suo legittimo proprietario veniva fatto accomodare nell’interno della costruzione, uno dei sorveglianti andava a legarlo in una specie di posteggio, dove c’erano molti paletti numerati. Ma quello era soltanto un modo per facilitare agli appartenenti alla setta il ritrovamento del proprio cavallo all’uscita dal tempio. Nel medesimo tempo, tale espediente da parte dei sorveglianti, insieme con l’ispezione dell’emblema, serviva per verificare se i partecipanti alla funzione religiosa erano davvero dei veraci appartenenti alla loro setta o degl'intrusi clandestini non graditi. Questi venivano puniti all'istante con la morte.

Considerato che le cose funzionavano in quella maniera, Trisippo prima aveva legato il proprio cavallo ad un albero in un luogo appartato e dopo se n’era procurato un altro tra quelli già posteggiati. Di lì a poco, cavalcandolo, si era presentato all’ingresso del tempio, senza incontrare difficoltà nell’accedervi. In precedenza, però, egli si era anche graffiato ripetutamente la fronte con un ramo di rovo per insanguinarla il più possibile e per celare così l’assenza su di essa dell’emblema richiesto. Ai due sorveglianti aveva raccontato poi che era stato disarcionato dal cavallo ad un miglio dal tempio. Così era andato a sbattere con la testa contro un rovo, venendone ferito alla fronte nel modo che si vedeva.

Nell'interno del tempio, egli aveva potuto notare che gli adepti non vi erano ancora giunti tutti, poiché ne mancavano più della metà. Ma i ritardatari erano arrivati prima che cominciasse la funzione del rito sacrificale, il quale aveva avuto inizio a mezzanotte in punto. A suo parere, i settari intervenuti non dovevano superare le cinque centinaia, poiché il loro numero ridotto era dovuto al fatto che la loro setta, sorta di recente, aveva appena un biennio di vita. In merito all’illuminazione del luogo, essa, grazie alle numerose fiaccole murali, poteva essere considerata sufficiente per una discreta visione. Difatti ogni angolo appartenente al tempio si presentava rischiarato alla meglio dalla soffusa e calda luce, che proveniva dalla ventina di torce accese.