368-SEDRIA RIFERISCE A TRISIPPO QUANTO APPRESO SUI SUOI DIRIMPETTAI

Il pomeriggio di quello stesso giorno, quando Stiriana riposava in camera sua e il figlio era fuori casa, Trisippo, dopo essersi travestito da mendicante, si era affrettato a raggiungere l'edificio che, come aveva accertato, era la meta delle uscite mattiniere della sorella. Avendo poi trovato il portone chiuso, egli si era dato a bussare ripetutamente e con accanimento ad uno dei suoi battenti, con l'intento di farsi aprire da chi vi abitava. Invece non aveva ricevuto alcuna risposta dall'interno. La qual cosa gli aveva fatto ritenere che dentro quello stabile non vi fosse nessuno. In verità, le sue bussate avevano solo attirato l'attenzione dell'anziana donna, che abitava nella casa di fronte. Ella si era affrettata a venire all'esterno della sua abitazione e, una volta fuori di essa, si era messa a far presente al forestiero, che non smetteva di bussare:

«Ehi, accattone, stai bussando al portone sbagliato, se hai intenzione di chiedere l'elemosina a coloro che vi abitano! A quest'ora del giorno, di là dentro non uscirà nessuno a farti la carità! Inoltre, ti faccio presente che, anche se dovesse uscire qualcuno da quel palazzo, egli di certo non si commuoverebbe; né ti darebbe qualcosa per sfamarti. La gente che vi bazzica, come ho potuto notare, è molto strana e non consente ad estranei di ficcanasare nei propri affari. Essa, che riparte subito dopo essere arrivata, per lo più si presenta nelle prime ore del mattino. Quelli che vi pervengono di sera, invece, si attardano di più; anzi, a volte vi si trattengono per l'intera nottata. Se proprio lo vuoi sapere, essi frequentano il palazzo solo per farvi certe sozzerie, che non oso immaginare!»

Quando infine la loquace donna aveva terminato di resocontare sulla casa che era di fronte alla sua, nonché sulla gente che la praticava, Trisippo, essendosi convinto che poteva fidarsi di lei, aveva deciso di essere sincero con lei. Perciò, dopo aver esitato un poco, non si era astenuto dal parlarle con molta franchezza:

«Brava donna, in verità non sono affatto un mendicante, come ti posso sembrare. Il camuffamento da straccione doveva servirmi solamente di copertura, poiché sto indagando in incognito sulle persone che vengono in questo edificio e poi subito se ne vanno. Siccome la vita di mio figlio è cambiata del tutto da un bel po' di tempo, in quanto sono più i giorni che vive fuori casa che quelli che trascorre in famiglia, mi sono mobilitato per conoscerne le ragioni. Così, dopo averlo pedinato a lungo, ieri mattina egli mi ha condotto al fabbricato al quale mi hai visto bussare poco fa. Appresa la destinazione delle sue uscite, questo pomeriggio, con la scusa di chiedere l'elemosina, sono venuto a fare le mie indagini sul palazzo e su quanti lo frequentano con assiduità. Invece, come vedo, ho fatto un buco nell'acqua. Ma se tu potessi riferirmi qualcosa di più in merito a quanti lo frequentano, te ne sarei molto grato!»

«Sono pronta a dirti quel poco che so, brav'uomo, pur di aiutarti a recuperare il tuo traviato figliolo. Secondo me, però, sarà più prudente appartarci in casa mia, dove potremo parlare con maggiore sicurezza. Qualcuno della combriccola potrebbe giungere all'improvviso e sorprendermi a sparlare di loro; ma io non voglio nel modo più assoluto compromettermi con gente simile. Essa mi ha dimostrato di non essere rassicurante, dopo la brutta esperienza che ho avuto modo di fare a causa loro. Anzi, non voglio ripensare ad essa, ad evitare di agitarmi di brutto! Perciò vieni dentro e accòmodati nella mia piccola abitazione, la quale dispone di un unico vano, come puoi vedere.»

«Hai ragione, accorta e prudente donna; è meglio non esporci troppo, quando si ha a che fare con certa gente malfamata! Quindi, facciamo come mi hai consigliato. La nostra precauzione ci permetterà di esprimerci su di loro in piena libertà. Allora mi fai strada nel tuo monolocale e mi ci fai anche accomodare? Ti ringrazierò, dopo che ci sarò entrato.»

Una volta dentro la dimora della donna, l'uomo le aveva suggerito:

«Innanzitutto, diciamoci i nostri nomi. Dopo averceli detti, nel prosieguo della nostra conversazione, ci sarà più facile rivolgerci l'uno all'altra e viceversa. Sono sicuro che sei d'accordo pure tu a fare come ti ho proposto! Inizio io a riferirti il mio nome, il quale è Trisippo; mentre il tuo, brava donna, mi dici per favore qual è?»

«Io mi chiamo Sedria, onest'uomo. Adesso passo a raccontarti i pochi fatti da me conosciuti sulla strana gente, che viene nel palazzo di fronte a casa mia. Ovviamente, non sono stati loro a farmeli conoscere; ma ci hanno pensato i miei occhi e le mie orecchie a mettermi al corrente delle scarse notizie che ho di loro.»

«Comunque, Sedria, era logico quanto hai voluto chiarirmi; né avrei potuto immaginare qualcosa di diverso! Perciò sei pregata di rendere anche me partecipe di quanto sei riuscita ad apprendere con la tua curiosità sulle persone che trafficano il palazzo dirimpetto. Dopo che mi avrai raccontato ogni cosa, te ne sarò molto grato. Adesso sii gentile e comincia pure a riferirmi tutto quanto hai appreso su di loro!»

«Ebbene, Trisippo, prima il palazzo era una vecchia palestra dismessa, la quale aveva cessato la sua attività fin dal tempo del re Cloronte. Il nostro sovrano già allora l'aveva fatta chiudere insieme con tutte le altre palestre cittadine. Ma due anni fa, arrivarono delle persone a prenderne possesso. Esse, che si contraddistinguevano per avere disegnati sulla fronte tre piccoli cerchi uniti tra loro, dopo averla riattata internamente, iniziarono ad usarla per i loro scopi. Comunque, era evidente che la vecchia palestra faceva da base a qualcos'altro di più macchinoso, che doveva trovarsi fuori la nostra città. Perciò, secondo me, il locale era il punto di partenza dove venivano iniziati coloro che decidevano di entrare a far parte della loro comunità, la cui natura mi è rimasta a tutt'oggi sconosciuta. Giurerei, però, che si tratti di una setta religiosa, la quale svolge fuori Dorinda le sue funzioni solenni; diversamente il comune emblema, ossia il tricerchio che essi tengono tatuato sulla fronte, non avrebbe senso. Non pensi anche tu la stessa cosa?»

«Ne sono certo anch'io, Sedria. Almeno speriamo che non si tratti di una setta sanguinaria, dedita a sacrifici umani a favore di qualche divinità! In tal caso, non mi sentirei tranquillo per mio figlio, come è logico che sia. Ma ora continua il tuo racconto e vediamo se riusciamo a raccogliere indizi utili, che possano persuaderci di una roba del genere! Altrimenti non riesco a raccapezzarmi di come stiano realmente i fatti!»

«Ti accontento subito, apprensivo e preoccupato buon padre di famiglia! Premetto che le persone, di cui ti ho parlato, prima non si sono mai incontrate con la sottoscritta. Anzi, per loro è stato sempre pacifico che la mia casa non era abitata. Ad ogni modo, però, non so con quali precise intenzioni, ignoro se buone oppure cattive, esse più di una volta sono venute a bussare alla mia porta. Naturalmente, io non ho mai aperto alle loro bussate, facendogli credere che nell'abitazione non ci vivesse nessuno, ma fosse totalmente disabitata. Per fortuna, per molto tempo tali persone non se ne sono mai volute accertare di persona, forzando il sistema di chiusura della mia porta. Da parte mia, nelle ore serali ed in quelle notturne, non gli ho dato modo di accorgersi della mia presenza in casa. Infatti, ho sempre fatto in modo che la luce del mio lume ad olio non trapelasse dalle imposte, tenendole di continuo ermeticamente chiuse.»

«Mi dici, Sedria, se ci sono altre persone che abitano nelle tue vicinanze? Oppure la cosa non ti ha mai interessata, per cui hai sempre evitato di farlo? Vorrei saperlo.»

«Attualmente, Trisippo, non abita nessuno qui vicino alla mia dimora. Un tempo, però, ad una decina di passi da qui e sullo stesso mio lato, viveva l'anziano Respio, con il quale scambiavo il saluto e di rado anche qualche parola sulla soglia di casa, quando mi passava davanti all'uscio. Ma un mese dopo l'arrivo di tale gente misteriosa, egli smise di passare davanti alla mia abitazione. Allora, già al terzo giorno che non si faceva più vivo per la strada, volli rendermi conto della sua improvvisa scomparsa. Così, una volta presso la sua abitazione, scoprii che la porta era stata forzata e che all'interno non c'era neppure l'ombra di lui. Alcune macchie di sangue rappreso sull'impiantito, però, mi fecero comprendere che il poveretto era stato prima ammazzato e poi portato via per non destare sospetti. Da quel giorno, decisi di non far sapere a nessuno che anche la mia umile casa era abitata. Infatti, una tremenda paura si era impossessata di me, poiché temevo di fare la stessa fine del povero Respio. Nel medesimo tempo, non intendevo abbandonare la mia dimora, non avendo nessun parente disposto ad ospitarmi sotto il proprio tetto. Né avevo qualche altro posto dove andare a rifugiarmi e a trascorrere una vita serena, per il resto della mia esistenza! Come pure non mi allettava una vita da clochard.»

«Dopo quanto mi hai riferito, Sedria, non comprendo perché mai hai voluto aprirti a me con una certa faciloneria, mostrandoti incurante di esporti a qualche pericolo! Invece accortamente avresti dovuto avere paura pure di me e giammai ti saresti dovuta presentare alla mia persona, non conoscendo le reali mie intenzioni!»

«Hai proprio ragione, Trisippo! Ma devo palesarti che mi sono esposta con facilità, solo perché ero convinta che non potevi essere uno di loro, come poi è stato. Ti ho creduto subito un autentico straccione, in cerca di elemosina. Adesso, però, smettendo di rimproverarmi per ciò che non c'è stato, fammiti raccontare il resto!»

«Allora vai avanti, Sedria, perché non sto aspettando altro! Non me ne andrò da casa tua, fino a quando non avrò raccolto tutte quelle informazioni utili, le quali dovranno poi consentirmi di avere davanti almeno una parte del quadro della situazione. La vita di mio figlio mi è preziosa più di quella mia. Per questo motivo, intendo metterla al sicuro, finché sono in tempo. Sarei anche disposto a sacrificarmi per lui! Mi capisci, brava donna? Sono sicuro di sì!»

«Certo che ti comprendo, Trisippo. Spero proprio che il mio racconto possa esserti di una certa utilità, al fine di strappare il tuo figliolo ai settari miei dirimpettai. I quali di sicuro non devono avere la testa interamente a posto e forse sono anche dei pericolosi criminali. Ad ogni modo, lasciamo da parte le nostre considerazioni su di loro, siccome è meglio che io seguiti a narrarti le cose che sono in mio possesso. Altrimenti qui si fa notte, senza riuscire a narrarti ogni cosa che devi sapere. Ebbene, una decina di giorni dopo la sparizione di Respio, pure la mia casa ricevette una loro visita, proprio mentre c'ero io all'interno. Non puoi figurarti lo spavento che mi presi, in quegli attimi interminabili!»

«Ma se sei ancora viva e tutta intera, Sedria, ciò vuol dire che essi non sono poi così sanguinari, come li hai dipinti fino a questo momento! La qual cosa mi lascia pensare che al tuo vicino di casa le cose dovettero andare ben diversamente da come hai ipotizzato! Non ti pare, benedetta donna, che è come ti ho appena affermato? Oppure mi sto sbagliando?»

«Non essere precipitoso, Trisippo, ed ascolta con la massima attenzione l'intero mio racconto, prima di pronunciarti su di loro con una certa leggerezza. Nessuno ti ha ancora detto che essi mi sorpresero nella mia abitazione e, dopo essersi mostrati galanti, mi fecero anche dono della vita! Me lo hai forse sentito dire? No, di certo! Devi invece sapere che, se sono ancora vivente e ti sto anche parlando, lo devo al fatto che riuscii a nascondermi ai due ospiti indesiderati.»

«Mi dici come facesti a celarti, Sedria, se la tua casa è composta da un unico locale leggermente sopraelevato, rispetto alla strada? Non scorgo neppure una seconda porta, che si apre su un'altra via parallela a quella che mi ha condotto qui! Soltanto se essa ci fosse stata, avresti potuto sfuggire agli intrusi portaguai! Mi spieghi allora come facesti ad evitare il faccia a faccia con quei bricconi?»

«Invece, Trisippo, sebbene non si veda, qui dentro ci sta un nascondiglio segreto, quello che mi salvò la vita in tale occasione! Vedi quella specie di arazzo, il quale è appeso alla parete di destra e riproduce un bel paesaggio agreste? Ebbene, esso, come puoi osservare, con le sue dimensioni cento e centosettanta centimetri, scende fino al pavimento. Ma la visione della sua parte inferiore è impedita dalla cassapanca, la quale vi è sistemata contro ed è alta appena mezzo metro. Come vedi, nessuno può mai immaginare che dietro quel tessuto dipinto si trovi una specie di nicchia, la quale ha un'altezza di centosessanta centimetri, una larghezza di sessanta centimetri ed una profondità di cinquanta centimetri. Quando mi trasferii in questa casa, che avevo ereditata da un mio lontano parente, per parecchio tempo non mi accorsi neppure io di tale cavità murale. Ne venni a conoscenza per puro caso, dopo un anno che vi abitavo, cioè quando si staccò dalla parete uno dei due chiodi che lo reggevano, facendomi così scoprire l'invisibile nicchia.»

A quella notizia, preso dalla curiosità, Trisippo aveva voluto dare una occhiata alla rientranza esistente nella parete, poiché essa aveva salvato la vita alla padrona di casa. Dopo essersi reso conto della sua effettiva capienza, le aveva confermato:

«Sedria, questa nicchia davvero risulta un ottimo nascondiglio, per qualunque persona che voglia celarvisi, a meno che non sia un pachiderma! Nessuno mai sospetterebbe che dietro questo arazzo piano, il quale in verità è in pessime condizioni, possa esserci lo spazio sufficiente per accogliere una persona che intenda nascondersi in esso! Adesso capisco perché in quella circostanza, che si prevedeva per te terribile, ti salvasti da loro! Il miracolo, quindi, lo compirono la nicchia e l'arazzo!»

Fatta la sua considerazione, Trisippo, dopo essere ritornato a sedersi, aveva invitato la donna a raccontargli come i fatti si erano svolti veramente. Allora ella, per accontentare l'ospite, si era data a fare il resoconto di quei momenti affatto felici da lei vissuti al cardiopalmo, a causa della grande paura provata. Durante i quali, la poveretta aveva proprio temuto che fosse giunta l'ora della sua morte. Invece, all'ultimo momento, ella era riuscita a salvarsi.

Perciò, insieme con l'interessato Trisippo, ovviamente anche noi seguiremo con il fiato sospeso il brevissimo e tremendo dramma da lei vissuto. Il quale aveva visto la povera Sedria, anche se come protagonista muta, diventare la potenziale vittima di quella situazione angosciosa, la quale poteva diventare terribilmente drammatica!


"Mezzogiorno era passato da un paio di ore, quando un accorrere di cavalli richiamò la mia attenzione e mi fece avvicinare alla porta. Nello stesso tempo, prima che quelli arrivassero e le trovassero aperte, chiusi le imposte senza fare alcun rumore. Al loro arrivo, tesi l'orecchio per ascoltare cosa stesse succedendo lì fuori. Da parte mia, comunque, riuscivo a spiarli anche con un occhio attraverso un tratto di commessura, che si era fessurato ed allargato con il tempo. Notai allora che i cavalieri sopraggiunti, che erano soltanto tre, si fermarono proprio davanti al mio uscio di casa. Dopo essere scesi da cavallo, essi si diedero ad aprire il portone, che era di fronte; anzi, fu uno solo della terna ad incaricarsi di spalancarlo in misura adeguata. Intanto che egli si adoperava per farlo aprire sufficientemente, un compagno gli domandò:

«Ernos, se non ho compreso male nel nostro tempio, mentre Olpun e la sua donna lo dicevano, è proprio quella la casa che bisogna controllare per bene, siccome non lo abbiamo mai fatto.»

«Sì, è quella, Mesuop! Perciò tu e Licisto badate a forzarne la porta e controllate bene che dentro non ci abita nessuno. Prima di venire qui, la donna del Prediletto non ha fatto altro che raccomandarmi quanto vi sto ordinando. Perciò accertatevene con cura!»

«Ernos, se dovessimo trovarci qualche persona all'interno di essa, come dovremo comportarci con lui o con lei, visto che potrebbe essere anche una donna ad abitarla? Allora vuoi darci delle indicazioni precise, circa il comportamento da assumere nei suoi confronti?»

«Lui o lei che sia, non farà alcuna differenza per voi! Il suo ordine è stato categorico: bisognerà ammazzare senza esitazione chiunque verrà a trovarsi all'interno! Forse avete già scordato come faceste l'altra volta con il vecchio dell'abitazione più avanti? Beninteso, dopo penserete pure a portare via dalla casa il suo corpo estinto, ad evitare che la sua putrefazione insospettisca più di qualche passante. Così si eviterà di fare intervenire i soldati del re Cotuldo da queste parti, con l'intento di indagare sull'assassinio da noi commesso!»

Mentre i due uomini si accingevano ad eseguire l'ordine del capo, uno di loro volle fare questa sua considerazione:

«Stiriana è senz'altro una donna abbastanza intelligente e prudente! Ella è saggia e scaltra perfino più del nostro Prediletto, che è Olpun! Se non ci fosse lei a badare a tutto e a prendere le decisioni al posto suo, non so come andrebbe a finire la nostra setta religiosa! Vuoi conoscere la risposta? Esattamente, a catafascio! Non lo credi anche tu, Mesuop?»

«Non hai per niente torto, Licisto. Perciò lunga vita a Stiriana!» approvò il compagno, mentre cercavano di entrare nella mia casa, con la chiara intenzione di ammazzarmi, nel caso che mi ci avessero trovata!

Non appena ebbi appreso che quelli avrebbero dovuto uccidermi, dopo essere entrati in casa mia, mi spaventai a morte ed iniziai a tremare come una foglia. Non sapevo come evitarli e come sfuggire ai loro cattivi propositi. Ormai ero convinta che mi sarebbe toccata la stessa fine di Respio. All'ultimo momento, però, mi balenò nella testa la brillante idea di nascondermi nello spazio vuoto situato dietro l'arazzo. Prima di condurmici, cercai di dare ai miei due visitatori in arrivo l'impressione che la mia casa fosse disabitata da tempo. Perciò misi il tavolo con i piedi all'insù e le due sedie coricate per terra; nonché gettai alla rinfusa sul pavimento alcuni stracci e qualche suppellettile, cercando di produrre il minimo rumore, mentre eseguivo tali manovre. Avevo potuto fare tali cose, solo perché in quel momento si erano trovati a transitare dalle mie parti alcuni passanti. La presenza dei quali nei paraggi aveva fatto rimandare di pochi minuti l'incursione in casa mia dei due settari malintenzionati. Il loro ritardo mi aveva dato il tempo di apportare nell'interno della mia abitazione tutti quegli opportuni e preziosi cambiamenti ai quali ti ho accennato.

Quando essi entrarono in casa mia, dopo avere forzato la porta di ingresso, mi trovavo già silenziosa ed immota nella nicchia nascosta dall'arazzo. Non serve dirti, Trisippo, che il terrore già mi stava dando in preda ad un batticuore incredibile. Il mio muscolo cardiaco si era messo a pompare il sangue nelle vene e nelle arterie come non mai. Per cui avvertivo i suoi battiti come tonfi precipitosi, i quali mi si trasformavano sotto il petto in schianti rovinosi, pronti a provocarmi un colpo apoplettico. Non mi ero mai trovata in una situazione così critica, da farmi vivere i momenti più raccapriccianti della mia esistenza. Dentro di me, poiché mi sentivo oramai perduta, invece avvertivo un timore parossistico, il quale mi provocava un angosciante senso di incontrollabile panico e di morte imminente. Poco dopo, nel frattempo che quella circostanza terribile mi faceva sentire persa, poiché non mi dava la minima speranza di uscirne viva, considerata l'imminente e spaventosa minaccia in arrivo, uno dei due perlustratori, avendo dato una occhiata intorno a sé, alla fine disse al compagno:

«In questa casa, come era da immaginarselo prima di entrare, non c'è anima viva! Anzi, a giudicarla dal soqquadro di cose che continua a regnarvi, di certo deve essere stata abbandonata da molto tempo. Per questo, Licisto, possiamo uscircene e raggiungere il nostro compagno Ernos in palestra, dove egli si trova in questo momento!»

«Ne sono convinto anch'io, Mesuop. Perciò ci conviene abbandonarla e andare ad aiutare il nostro amico, siccome in quel locale ci sono diversi lavoretti da ultimare entro stasera. Prima, però, riportiamo la porta allo stato precedente, ad evitare che qualche barbone abbia la felice idea di venire ad occuparla e di sistemarsi in essa!»

Dopo che i due intrusi ebbero sgomberato la mia casa, io ripresi fiato ed uscii dalla nicchia. Soltanto verso il tramonto, vidi i tre cavalieri abbandonare il palazzo ed andarsene via, allontanandosi di gran carriera. Allora mi sentii più tranquilla e mi diedi a rimettere le cose in ordine nella mia abitazione; ma non riuscii a farmi venire l'appetito perso per sedere a tavola e cenare. Più che a mangiare, volgevo la mente a quanto nella notte sarebbe avvenuto nel palazzo di fronte. Pensavo anche alla sventurata ragazza che stavano per rapire o che avevano già rapita, cercando di prefigurarmi ciò che essi le avrebbero fatto durante la notte nella ex palestra. Alla fine, non venendomi nessuna ipotesi a tale riguardo, decisi di attendere il corso degli eventi notturni, i quali vi sarebbero seguiti di lì a poco e mi avrebbero chiarito ogni cosa in merito alla serata in arrivo. Così, a notte fonda, arrivarono alla ex palestra i due personaggi più rappresentativi della setta, i due piantoni li ricevettero con tutti i riguardi. Si trattava di un uomo pelato di media statura, dall'apparente età di cinquant'anni, e della sua compagna, la quale poteva avere senz'altro la sua stessa età. La donna, prima di incamminarsi verso il portone dell'edificio, indicando la mia casa con la mano, non si dimenticò di chiedere ai tre uomini, che sorvegliavano l'ingresso:

«Siamo certi, Ernos, che in quell'abitazione non ci abita nessuno? Ve ne siete accertati di persona? Non vorrei che da lì venissimo sorvegliati da sguardi indiscreti!»

«Non preoccuparti, Stiriana, perché vi è stato già eseguito un minuzioso controllo. Lo stato dell'alloggio, che è quello di assoluto abbandono, ci ha garantito che esso è totalmente disabitato. I miei uomini, dopo averla ispezionata per bene, anche se c'era poco da rovistare perché è composta da un unico vano, hanno richiuso la porta come prima, ad evitare che in seguito qualche accattone decidesse di rifugiarvisi.»

«Cosa sai dirmi, Ernos, della ragazza rapita, la quale prossimamente dovrà fare da vittima sacrificale nel nostro tempio? Vi sentite di stuprarla anche questa notte, proprio come avete fatto le altre volte, da quindici giorni a questa parte? Spero proprio di sì, se volete farmi eccitare per bene con il mio amato Olpun.»

«Puoi esserne sicura, compagna del nostro eminentissimo Prediletto! I tuoi voleri sono stati da noi esauditi che meglio non si poteva. Perciò non è ipotizzabile che possano sorgere complicazioni oppure esserci sorprese, durante il nostro rito religioso di domani notte! Inoltre, non credi che la mia presenza debba rassicurarvi abbastanza, senza farvi temere alcunché? Ci mancherebbe altro che non aveste la più completa fiducia nella mia persona!»

«Questo è vero, Ernos. Ma io resto dell'idea che la prudenza non è mai troppa. Per cui non bisogna mai essere certi che si è fatto tutto il possibile per evitare degli spiacevoli inconvenienti. Almeno fino a quando non abbiamo avuto la prova che non avevamo torto a pensarla nel modo previsto! Ecco cosa ti tocca ancora imparare!»

Con l'ingresso delle due insigni persone nella ex palestra, ci fu anche il ritiro dei tre pizzardoni dall'uscio del palazzo. Tutti e cinque, però ne uscirono ad un'ora tardi, più o meno, intorno alla mezzanotte, per cui abbandonarono il loro palazzo subito dopo."

Una volta che la donna aveva terminato il suo racconto, finalmente Trisippo aveva capito con quali tipacci la sorella se la faceva; anzi, ella ne era una dei capi. Allora era rimasto sconcertato e molto dispiaciuto, a causa di quanto aveva appreso da Sedria. Dopo, mostrandosi abbastanza preoccupato per la poveretta, la quale viveva tutta sola in quella strada deserta, aveva voluto dichiararle:

«Senza dubbio, Sedria, abbiamo a che fare con una setta che pratica i sacrifici umani, anche se non ne conosciamo la natura. Comunque, bisogna stare attenti da essa, siccome i suoi membri sono molto pericolosi, per cui è meglio non averci a che fare con loro in nessun modo. Mi chiedo come fai a vivere di fronte ad uno dei luoghi dove essi praticano i loro riti sacrificali. Da parte mia, poiché rischi continuamente la vita, ti consiglio di andartene da questa casa, prima che tali persone ti facciano fare la stessa fine di Respio! È un consiglio che ti do da vero amico, poiché la tua morte mi dispiacerebbe moltissimo!»

«Vuoi dirmi, Trisippo, dove vado a prendere un'altra casa? Conosci qualcuno disposto a regalarmene una oppure ad ospitarmi a tempo indeterminato in casa sua? Senz'altro di no! Allora, volente o nolente, sono obbligata a rimanere nella mia casetta, anche a rischio di rimetterci la pelle! Se poi verrò uccisa dai settari, pazienza!»

Trisippo non aveva osato più contraddire l'indigente donna, giacché aveva trovato le sue argomentazioni valide e convincenti. Invece si era limitato soltanto a salutarla con caloroso affetto, promettendole che sarebbe ritornato senza meno a darle notizie di suo figlio. Dopo averla salutata, apparendo palesemente mogio, egli aveva intrapreso la strada che lo avrebbe riportato alla propria casa, volendo raggiungerla prima possibile per raccontare ogni cosa alla moglie Auleda.