8-Instabilità nell’incipiente essere di Eva

Dopo un tempo non facilmente quantificabile, che per la verità a me parve di pochi istanti, il mio intelletto riacquistò la sua precedente lucidità. Per cui tutto mi riapparve attraente e suggestivo come prima. Anche tu non ti eri mosso dal posto che occupavi prima e non avevi smesso di contemplarmi. Allora io ripresi a sentirmi felice e, con un certo sollievo, non avvertivo più in me la preoccupazione di cercarmi nel mio intimo e di riconoscermi nella mia identità. Il mio subconscio si presentava come trasformato, quasi avesse subito un mutamento psichico e spirituale, nel quale erano state coinvolte effettivamente sia la dimensione temporale sia quella spaziale della mia esistenza. In precedenza, il mio io era venuto a trovarsi in mezzo a dei reiterati lampeggiamenti spazio-temporali, che in continuazione lo avevano fatto trovare in luoghi e tempi differenti. Essi, sballottandolo tra circostanze e situazioni arcane diverse tra loro, gli avevano fatto compiere enormi salti nello spazio e nel tempo. Alla fine, quando quel tipo di sballottio era cessato nella mia essenza psichica e in quella spirituale, in me si era avuto un risultato sorprendentemente positivo. Avvenuto il quale, infatti, mi sentivo rigenerata e rinnovata, proprio come se io fossi stata rimessa a nuovo dalla circostanza presente.

Adesso mi riconoscevo, visto che sapevo dire chi ero; la stessa cosa avveniva nei tuoi riguardi. Tu eri il mio buon amico Adamo, mentre io ero la tua cara compagna Eva. Inoltre, tu ed io eravamo gli unici abitatori di quel luogo, che per noi era il Paradiso Terrestre. Da breve tempo, mano nella mano, eravamo venuti sulla spiaggia per distenderci sulla sabbia e per ascoltare il monotono sciabordio delle onde. L'acqua del mare seguitava a fluttuare imperterrita sulla battigia; mentre il suo ascolto ti risultava sommamente gradito. Sebbene un labile ricordo cercasse di ricondurmi in una valle meravigliosa, dove mi ti affiancava per la prima volta, io invece desideravo sempre di più prendere viva parte alla dimensione di vita attuale. Essa includeva, tra l'altro, la consapevolezza della nostra amicizia e la familiarità di quell’ambiente, in cui ci trovavamo a conversare e ci eravamo recati per diporto. Ma in seguito, stanco di stare in quel luogo sconosciuto, ti alzasti di scatto e ti avvicinasti a me, che ero distesa sull’erba. Così, prendendomi per mano e tirandomi su in gran fretta, mi esclamasti:

«Eva, dobbiamo andare via, siccome è tempo di ritornare alla nostra dimora!»

Allora, aiutata da te a rialzarmi, in un attimo fui in piedi. Dopo che ebbi assunto la posizione eretta e fui pronta a partire con te, tenendo la mia mano incollata alla tua, con tutta naturalezza ti risposi:

«Sì, hai ragione, Adamo: è proprio ora di rincasare! Ormai il sole, con la sua maestà, è sul punto di annegare nelle livide e crespe acque del mare, le quali adesso lo riflettono in modo meraviglioso.»

Tenendoci poi per mano, ci incamminammo per un sentiero ameno che conduceva verso una valle, probabilmente la medesima in cui ci troviamo pure in questo momento. Strada facendo, però, mentre il mio corpo affondava in una folta vegetazione, la mia mente si andava insinuando in un nuovo groviglio di pensieri instabili e conturbanti. Come potevo osservare, ritornavo ad essere priva di una stabile coscienza e della integrità interiore. Per la qual cosa, mi apparivano assolutamente estranei sia i luoghi, che stavo percorrendo in tua compagnia, sia l’esplicarsi di quelle azioni, che andavo compiendo in maniera incosciente. Infatti, ora mi andavo chiedendo chi fosse mai colui che mi teneva per mano e mi conduceva con sé con molta premura. Come pure mi domandavo dove mai lo avessi incontrato prima, considerato che egli mi risultava un autentico sconosciuto. Purtroppo tali mie nuove domande risultavano tutte assolutamente prive di risposte! Per questo mi rendevo conto che la mia mente non presentava ancora in sé, sufficientemente formati, il potere di astrazione, il criterio di discernimento e l’uso della ragione. Essa si dimostrava ancora succube di tremende convulsioni di natura razionale e logica. Le quali le provenivano con molta probabilità da quel suo dissesto esistenziale, poiché esso non si era ancora del tutto assopito nelle sue energie primigenie.

Il tempo che seguì dopo, pur restandoti dietro passivamente, lo impegnai nel cercare di dare delle giustificazioni logiche a talune repentine trasformazioni tanto della mia qualità fisica e psichica quanto di quella astratta e spirituale. Esse facevano coesistere nell’una e nell’altra dimensioni di vita assai diverse, ovviamente dal punto di vista spazio-temporale. Per ben tre volte, mi ero ritrovata a considerare in modo disomogeneo la mia realtà. In un primo tempo, ero pronta a scommettere che non ti avevo mai incontrato prima di allora; in un secondo tempo, al contrario, ero convinta di conoscerti da sempre. Inoltre, nel momento stesso che facevo queste considerazioni, io mi scorgevo intenta a scoprire chi tu fossi realmente. La vera stranezza, però, era il fatto che, insieme con i cambiamenti psichici ed intellettivi che si andavano verificando in me, venivano pure operati fuori di me quegli opportuni ed appropriati aggiustamenti di natura spaziale e temporale. Essi magistralmente provvedevano, affinché la mia realtà esterna si adattasse fedelmente ai vari modi di essere della mia realtà interna. Per l'esattezza, la modificazione intrinseca della mia psiche veniva effettivamente a coinvolgere anche il mio mondo esteriore, plasmandolo relativamente alle diverse sensazioni che erano proprie, come avveniva durante lo svolgimento di un sogno. Essa, cioè, andava effettuando delle vere e proprie correzioni in entrambe le dimensioni coinvolte, cioè quella spaziale e quella temporale. Anche se, in un secondo momento, la mia coscienza si dava a contrastare un siffatto mondo, rifiutandosi con ostinazione di riconoscerlo in quella sua nuova struttura! Insomma, contemporaneamente, io mi trovavo a vivere il passato, il presente e il futuro, senza che avessi di nessuno di loro una piena consapevolezza e un efficiente controllo. Mi ero trovata imprigionata in quella mutevole realtà, senza volerlo e senza averla desiderata neanche per un attimo. Tutto era avvenuto a mia insaputa e mi era stato presentato a cose fatte, cioè quando non potevo più oppormi a niente nel modo più assoluto.

Nonostante però io fossi intenta a tali riflessioni, non mi esimevo dal concedere ampio spazio ad altri miei pensieri, quelli che testardamente intendevano appurare qualcosa di concreto sulla tua persona. Anche se poi la mia identità si andava anche svolgendo in circostanze non meno confuse ed ambigue di quella tua. Difatti la mia esistenza, più che un vero vivere, vacillava tra discutibili momenti di azioni illogiche ed irriflessive, poiché di continuo si lasciava sorprendere da situazioni indeterminate, oltre che da fenomeni parapsichici occulti. Questi ultimi, da parte loro, seguitavano a disperdere la mia ragione in un caos di assurdità e in un baratro di vuotaggini del tutto insignificanti. Mentre così mi protraevo negli sconfinati e tortuosi sentieri della mia mente, la quale si mostrava ansiosa di riuscire a raccapezzarci qualcosa in tale séguito di eventi, infine la tua voce venne a trarmi fuori dal mio intricato lavorio mentale. Ad un tratto, perciò, essa mi esclamò con gioia:

«Finalmente eccoci giunti alla nostra dimora, Eva!»

Pronunciate quelle parole gioiose, andasti a sederti presso l’imbocco di una grotta. Stando poi seduto, mi facesti cenno di imitarti e di starti accanto. Pur obbedendo supinamente al tuo invito, io non ero convinta di ciò che stava succedendo tra noi due. Tu continuavi a risultarmi un estraneo, poiché non rammentavo ancora dove ti avevo incontrato, prima di quella circostanza. Anzi, mi stupiva moltissimo il fatto che tu assumessi un simile atteggiamento nei miei confronti, proprio come se noi fossimo amici di vecchia data. In realtà, quando lo eravamo diventati? Invece io ne ero completamente all’oscuro e, pur sforzandosi, la mia memoria non ricordava nulla.

Era ciò che mi andavo chiedendo senza interruzioni e con insistenza, visto che non rammentavo niente di niente sul tuo conto e sulla nostra lunga amicizia. Ben presto, però, il mio stato interiore, che appariva imbarazzato a causa di tale dilemma, fu subodorato dalla tua perspicacia. Per questo, al fine di rassicurarmi come meglio potevi, cercasti di venirmi incontro cordialmente, parlandomi così:

«Eva, oggi cosa ti sta succedendo? Hai tutta l’aria di essere soggiogata da un dubbio, che non smette di assillarti e di toglierti la pace. Mi permetti di dissolvertelo? Lo sai che farei ogni cosa per te, pur di vederti tranquilla e rassicurata. Oppure hai smesso di aver fiducia nel tuo carissimo Adamo?»

Alle tue parole premurose, io ti risposi con molta franchezza:

«Ciò che mi sbalordisce maggiormente è quel tuo volere darmi ad intendere che in passato ci siano già stati tra noi due degli ottimi rapporti di amicizia. Ma io non posso affatto condividere una cosa del genere, in quanto soltanto oggi mi è stato concesso di incontrarmi con un mio simile, il quale saresti tu. Del resto, non sapevo neppure che io mi chiamassi Eva, nome che per la prima volta ho sentito proferire dalle tue labbra un momento fa. A maggior ragione, non saprei dirti da chi mi è stato dato questo bellissimo nome, che ho appreso da te. Di me, so solo che mi ha generata una forza oscura, la quale mi ha tratta dal nulla e mi ha resa un essere vivente e ragionevole. Questi sono i miei primi attimi della mia esistenza, che in me proprio ora va prendendo coscienza. Quindi, non posso che confutare fermamente ogni tua illazione, la quale tenda a convincermi che ho avuto altro tempo a mia disposizione, che mi ha permesso di fare la tua gradita conoscenza.»

Le mie frasi decise ti allarmarono intimamente. Temendo poi che mi fosse accaduto qualcosa di grave a livello della mia sfera cerebellare, ti vidi accasciarti simile ad uno stelo che all'improvviso appassisce per mancanza di acqua. Ma poi ti rianimasti e tentasti di darmi qualche spiegazione a tale proposito, poiché volevi rivedermi con le idee ben chiare e precise nella testa.

«Mia amabilissima Eva, non so che cosa ti sia successo nella mente. Un fatto, però, è certo: sei completamente fuori strada, se parli in questo modo in relazione a noi due! Perciò tu adesso porrai la massima attenzione alle cose che sto per riferirti, siccome esse faranno di tutto per ricondurti al tuo reale essere, cioè a quello che mi riconosce come il tuo ottimo amico. Mi sono spiegato abbastanza?»

Dopo esserti espresso nel modo che ti ho riferito, ti mettesti a raccontarmi dettagliatamente dove, quando e come noi due ci eravamo incontrati per la prima volta. Nel tuo lungo racconto, includesti anche l’intera serie di problemi, che ti eri trovato ad affrontare e a risolvere con l’aiuto dell’onnipotente Xurbiz.

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