57-L’instabilità delle masse astrali e i loro corpuscoli energetici

Come avevo potuto rendermi conto, tra gli effetti propriamente endogeni inerenti alla materia in generale che erano dovuti alla forza magnetica, assai importante era quello che teneva aggregate prima le molecole dei singoli elementi e poi le masse da essi formate. In riferimento a quelli di scarsa importanza, bisognava far presente che ce ne stavano ben pochi. Invece quelli di una certa rilevanza, da parte loro, se pur dovuti alla forza magnetica ed aventi origine al centro dell’astro, non miravano per niente a scopi precisi o con riguardo esclusivo alla problematica della sua materia e delle sue forze endogene. Tali effetti mettevano unicamente in atto gli svariati moti che interessavano l’astro nella sua globalità e li regolavano. Al contrario, erano i diversi effetti endogeni provocati dalla forza polivalente quelli che si rivelavano i più incisivi, nei confronti della materia in generale del sottosuolo di un astro spento. Essi si mostravano particolarmente idonei a scatenare straordinari fenomeni, i quali erano tipici di una esuberanza di forze alle prese con sempre nuove e più vistose trasformazioni della materia. A ogni modo, oltre a dimostrarsi trasformatori eccellenti dell'elemento materiale, gli effetti della forza polivalente erano intenti a perseguire dei fini atti a garantire stabilità e sicurezza all’intero blocco astrale. Il quale, almeno dal di fuori, appariva solido e compatto; invece, se veniva sondato nelle sue viscere profonde, esso risultava di una instabilità paurosa. Si poteva affermare che la totale massa di un astro spento era munita di una solidità e di una compattezza inattaccabili, a patto che soddisfacesse alla seguente condizione: essa doveva essere rappresentata da un unico inscindibile elemento non refrattario alla forza di gravità e doveva trovarsi ad esprimere uno stato di inerzia assoluto, completamente controllato dalla stessa forza magnetica.

Quanto alla molteplicità degli elementi che costituivano il blocco astrale spento, nonché la presenza al suo interno della forza polivalente, essi finivano col renderlo qualcosa di molto instabile. Per cui tale blocco doveva la sua relativa stabilità e la sua sicurezza soltanto alla forza di gravità. Comunque, se solidità e compattezza di un corpo celeste spento significavano per esso pure assenza di dinamismo evolutivo a tutti i livelli, allora si poteva accettare la instabilità che gli derivava dalla forza polivalente, nell’atto di trasformarlo in una vera fornace di attività endogene. Le quali provocavano infinite risorse minerarie nel sottosuolo dell’astro ed ingenti tesori di dinamicità e di vitalità sopra la sua superficie. In verità, da parte mia, io ignoravo ancora in quale altro modo l’attività della forza polivalente rendesse instabile la massa di un astro, oltre che con l'imporre ad essa i principali movimenti già studiati. Perciò mi adoperai con grande determinazione, affinché non restassi all’oscuro nemmeno di un simile fenomeno e mi venissero nel contempo chiarite tutte le possibili conseguenze connesse. Le quali, presentandosi sempre incombenti, giustamente si facevano tanto temere.

Comunque, prima che la mia indagine affondasse interamente nell’argomento, innanzitutto occorreva precisare che, dei due principali moti di un astro, quello orbitale era stato attuato dalla sola forza polivalente. Per cui veniva tenuto da essa attivo nel corso dei millenni. Riguardo a quello di rotazione, esso era stato impresso dalla sua forza primigenia alla massa astrale. Ciò nonostante, la forza polivalente ugualmente si era ingegnata a creare, in prossimità del centro di ogni astro spento, uno scrupoloso meccanismo. Esso, in un primo momento, avrebbe dovuto prendere le redini di tale movimento, agganciandolo e divenendone la nuova attivatrice; in un secondo momento, invece, avrebbe dovuto condizionarlo e guidarlo secondo fini già prestabiliti. Così, sottraendolo alla cieca forza originaria ed impegnandolo in armonia con gli altri moti dell’astro, alla fine la prodigiosa forza polivalente aveva trasformato il moto di rotazione in un atto equilibrato di una forza nuova. La quale dopo non si presentava più cieca e ribelle; al contrario, era tenuta sotto controllo e si mostrava obbediente a tal punto, da potersi finalmente contare su di essa. Ovviamente il meccanismo, con cui la forza polivalente attuava sia il moto orbitale che quello rotazionale, restava un fatto ancora tutto da scoprire. Ma la mia ricerca non avrebbe incontrato nessunissima difficoltà anche in quel campo, dovendo essa seguire solo il suo ordinario iter indagativo. A dire il vero, sarei stato obbligato a tuffarmi nel passato, allo scopo di prendere atto dei primordi dell’energia astrale e del suo primo insediamento in un corpo celeste. Tale tuffo mi avrebbe fruttato pure il chiarimento del suo nuovo aspetto, quello che in precedenza era sfuggito alla mia indagine, soltanto perché essa era stata condotta da me in modo un po’ precipitoso e alla leggera.

Anche se in un primo momento la cosa poteva apparirmi assurda, l’energia astrale, almeno nella sua virtualità, non era da ritenersi neppure contemporanea ai vari corpi celesti in cui operava; invece doveva considerarsi addirittura anteriore ad essi. Quantunque sembrasse strana, tale affermazione veniva spiegata dal fatto che essa, prima del suo attuale stato attivo, era esistita allo stato potenziale in seno al microcosmo. Dal quale era poi balzata fuori mescolata alle varie masse stellari e sotto forma di infiniti corpuscoli energetici disattivati. In merito, va chiarito che non tutte le particelle elettromagnetiche prodotte nel microcosmo dalla psiche universale, allo scopo di materializzare il riflesso della luce divina, si erano espresse in tal senso. Una loro parte, sia positive che negative, non si erano scontrate fra di loro per dar luogo alle attive masse stellari; ma si erano solamente disgregate e scisse in un numero infinito di corpuscoli energetici positivi e negativi. Essi, che risultavano provvisoriamente inattivi, disponevano di illimitate potenzialità. Queste, una volta attivate, avrebbero dimostrato di possedere un altissimo potere di impiego nei vari campi tanto della scienza quanto della tecnica. In seguito, però, contemporaneamente ad ogni catapultamento di una stella dal microcosmo che era stato operato dalla psiche universale, le miriadi di corpuscoli energetici rimasti ancora inattivi si erano trasferiti nella massa stellare e si erano lasciati trasportare da essa nel macrocosmo. Era stato in quel modo, infatti, che erano avvenute la definitiva collocazione della stella nella rispettiva galassia e quella dei corpuscoli nella raminga stella.

Nel corpo stellare, la metà di ciascun tipo di tali corpuscoli erano stati utilizzati per formare l’energia astrale della stella; mentre l’altra metà, conservando lo stato potenziale, erano rimasti ad occupare la sua intera massa. Quando infine parte della massa stellare si era frammentata nei più disparati corpi celesti, ciascuno di questi aveva ereditato anche i corpuscoli energetici che vi erano disseminati. Logicamente, anche in un astro spento, proprio come era avvenuto nella stella che gli aveva dato origine, la metà di tali corpuscoli energetici erano stati utilizzati nella formazione della relativa energia astrale. Mentre l’altra metà era rimasta ad occupare la sua massa che si presentava in stato di quiescenza. Quelli inattivi, da parte loro, erano rimasti in attesa di essere attivati da particolari procedimenti tecnici, i quali potevano essere avviati e diretti solamente da una speciale forma di intelligenza. Senza dubbio era stata la barriera stellare a convogliare al centro della stella e dei vari corpi celesti ad essa affiliati la metà dei corpuscoli energetici e a ricavare da loro le rispettive energie astrali, le quali si presentavano tanto complesse quanto efficienti e specializzate. Nello stesso tempo, le aveva investite, oltre che di poteri illimitati, anche di un’attività elaborata e consapevole, facendole diventare interpreti fedeli della volontà della psiche universale e realizzatrici dei suoi disegni. In virtù dei suoi poteri prodigiosi, dunque, l’energia astrale aveva intrapreso, nel corpo celeste che le era stato affidato, tutta la serie dei provvedimenti che in esso erano da condursi a termine. In seno ad una massa stellare, tali provvedimenti erano consistiti principalmente nell’attivare i corpuscoli energetici in essa presenti e nel mantenerli così attivi all'infinito nel tempo. In tal modo la loro continua attivazione arrecava alla stella quella sua fulgida esistenza, con la quale irradiava di luce e di calore i corpi celesti ad essa aggregati, apportando loro tantissimi e svariati benefici.

Al di là di ogni visione poetica, quale poteva apparire il suo sfolgorante disco da un punto di osservazione relativamente remoto, all’interno di una massa stellare, l’attivazione dei corpuscoli energetici si traduceva in una perturbazione tempestosa di esplodenti energie: queste nascevano dallo scontro dirompente tra i corpuscoli di polarità positiva e quelli di polarità negativa. Ma il loro incessante e deflagrante stato di ostilità, in seno alla stella, risultava una furia perturbatrice che conduceva le sue forze endogene al parossismo più devastante e sconvolgente. A distanza enorme, invece, esso figurava agli occhi dell’osservatore come un meraviglioso disco biondeggiante e radioso, il quale veniva ad inondare l'intero spazio circostante di luce, di calore e di svariate attività pullulanti di vita. Per fortuna, il caos bellico di una stella, nella sua conflittualità scatenata ed infinita, restava un fenomeno circoscritto e non pericoloso per gli altri corpi celesti che facevano parte del suo sistema. Anzi, un simile caotico conflitto risultava l’elemento chiave della loro armonica convivenza e del loro spettacolare aspetto. Ciò era dovuto all’energia astrale della stella, che lo controllava e lo guidava verso il raggiungimento di tali obiettivi programmati. Al contrario, in seno ad una massa planetaria o satellitare, l’energia astrale aveva dovuto perseguire fini ben più complessi, soprattutto dove l’essenza vitale l’aveva caratterizzata in modo dominante. Perciò, per il loro raggiungimento, essa era ricorsa agli straordinari poteri che, tramite la barriera stellare, le erano stati conferiti dalla psiche universale. Tra i principali obiettivi della sua complessa opera, erano risultati l’instaurazione e il mantenimento perpetuo in tale massa di moti guidati, che tendevano a fare di un cosmo una perfetta armonia vivente. La qual cosa si contrapponeva al caos di forze che imperava nello spazio negativo del Caducon.

Io ero già a conoscenza dell’esistenza di quei movimenti, anche se ignoravo tutto sul loro conto. Perciò, visto che ero ancora all’oscuro del loro attivarsi, mi restava solamente da conoscere l’insieme dei diversi meccanismi che l’energia astrale aveva dovuto escogitare nella sua massa planetaria. La quale sua opera aveva mirato in primo luogo ad imprimerle i vari moti da essa voluti e, in secondo luogo, a subordinarli alla sua volontà. Così, una volta che mi furono chiariti alcuni concetti essenziali che avrebbero dovuto aiutarmi a comprendere la sua attività sopra un astro spento, in relazione sia all’ambiente sia alla complessità della vita e ai relativismi di positività che ne derivavano, mi ridiedi allo studio più propriamente della materia in generale. Esso avrebbe riguardato tutti i suoi svariati fenomeni naturali, da quelli piacevoli e suggestivi a quelli catastrofici e drammatici. Allora un mio primo esame di tali fenomeni innanzitutto mi portò a distinguerli in interni o endogeni, quelli pertinenti alla parte interna di un astro spento; nonché in esterni o esogeni, quelli che si verificavano sopra la sua superficie o crosta. Ma siccome quelli esogeni costituivano un motivo di studio solo sopra un corpo celeste compatibile con la vita, allora decisi di studiare prima i fenomeni naturali endogeni. Essi, almeno, riguardavano ogni astro spento, indipendentemente dalla sua compatibilità con la vita. Un simile studio, in verità, non poteva ancora essere condotto con successo da me, senza che avessi prima ripercorso le varie fasi di spegnimento, alle quali andavano incontro tutti quegli astri spenti che venivano denominati pianeti e satelliti. Tali fasi avevano pure contribuito alla formazione delle diverse stratificazioni e delle varie componenti della loro parte interna.

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