55-L’energia astrale e il suo pluralismo energetico

Conosciute le fasi primordiali del processo evolutivo di un astro spento e quelle forze che avevano concorso a promuoverle e ad attivarle, rivolsi la mia indagine a tutti i fenomeni che si andavano registrando in quel momento al di sotto della sua superficie. In modo particolare, intesi indagare quelli che riguardavano le sue profonde viscere. Ma siccome prima avevo appreso che al centro dei vari astri, pure di quelli che restavano sempre accesi, operava l’energia astrale, ritenni doveroso cominciare proprio da essa il mio studio dell’interno di un corpo celeste spento. Avevo preso tale decisione, poiché, grazie ad essa che agiva come motore e timone di quella vasta gamma di fenomeni, ogni tipo di astro era diventato quello che risultava attualmente. A mio avviso, soltanto in questo modo mi sarei reso conto degli altri numerosi interventi dell’energia astrale sull’enorme e solido blocco di materia che la circondava. I quali sicuramente mi si sarebbero rivelati di tutt’altra natura, essendo essi intenti a perseguire obiettivi molto diversi da quelli da me ipotizzati.

L’energia astrale rimaneva relegata nella sua sfera trasparente, la quale era situata al centro dell’astro che le era stato affidato. Anche se non aveva il permesso di uscirne; essa però poteva emanare le tante prodigiose forze che andava via via producendo. Difatti tale energia innanzitutto era preposta alla elaborazione delle varie forze che erano incaricate di trasformare e caratterizzare l'intera materia, sia di quella generale sia di quella particolare. Inoltre, le venivano delegate la cura e la direzione dei molteplici processi evolutivi e selezionatori che vi si andavano compiendo. A vederla dall’esterno, la sfera dell’energia astrale si presentava come una massa aggrovigliata di tubi flessibili dagli svariati colori, nei quali circolavano rivoli di essenze energetiche. Era come trovarsi di fronte ad un serpeggiare di energie che scorrevano le une sulle altre e si intrecciavano senza sosta e senza mai ostacolarsi a vicenda, poiché ognuna evitava di interferire nell’opera delle altre. Così agendo, tali essenze, senza mai cessare di farlo, protraevano il loro attivo fluire, il quale si poteva ritenere nello stesso tempo il programmatore, il progettatore e l'attuatore delle sue stesse strategie. Le due caratteristiche più vistose dell’energia astrale, quindi, erano il suo pluralismo energetico e la sua policromia. Il primo si esprimeva in prolungamenti cilindrici, che si dimostravano della massima flessibilità. Essi racchiudevano concentrati di speciali energie ed erano impossibilitati ad ogni forma di invasione e di penetrazione reciproche. La seconda differenziava le varie energie e ne indicava i diversi poteri, sia sotto l’aspetto qualitativo che sotto quello quantitativo. Infatti, era soltanto il suo colore a specificare il potere di ogni singola energia e il grado dello stesso.

Per quanto concerneva il groviglio di quelle scorrenti energie serpentiformi, c’era da chiarire che esse facevano e rifacevano all’infinito il medesimo tragitto, muovendosi in un circolo chiuso. Ognuna si insinuava tra le molte altre, che erano di diverso colore e di diversa tonalità; inoltre, a sua volta, comprendeva lo scorrimento di tutte le altre. La sola cosa, che avevano in comune tali concentrati energetici anulari, era il passaggio obbligato di ciascuno per la piccola sfera arancione, la quale era situata al centro dell’energia astrale. Essa era concentrica alla sfera di quest’ultima ed aveva un raggio, che era dieci volte più piccolo della medesima. In merito agli anelli energetici, invece, c’era da evidenziare un fatto molto singolare. Essi, fino a quando il loro scorrimento strisciante ed aderente si svolgeva al di fuori della sferetta arancione, si dimostravano immuni da ogni invasività da parte di terzi. Cioè, non riuscivano ad influenzarsi o a scalfirsi tra di loro neanche minimamente, essendo impotenti ad effettuare una reale compenetrazione. Invece, una volta all'interno della sfera, quelle energie, tutte o in parte, potevano facilmente essere indotte ad una effettiva comunione, attraverso mezzi e procedimenti che stavo per apprendere.

Esclusivamente in quella zona centrale, dunque, la speciale energia arancione aveva la facoltà di introdursi nei tanti rivoli energetici che l’attraversavano in continuazione. Mediante le sue appendici aghiformi, essa prelevava da quelli ritenuti adatti al suo caso il quantitativo di energia che le occorreva. Dopo, a prelievo avvenuto, faceva combinare tra di loro i vari quantitativi di diversa natura. In quel modo, preparava il nuovo tipo di forza che sarebbe dovuto risultare il più idoneo possibile ad attuare un determinato progetto oppure a risolvere uno specifico problema. Era stato proprio in quella maniera che l’energia astrale si era procurata nel passato sia la forza magnetica sia quella polivalente, con le quali essa aveva potuto conseguire la maggior parte dei risultati che si era proposta di ottenere dentro un corpo celeste spento e all'esterno di esso. Così venni a conoscenza dei momenti che erano appartenuti all’energia astrale e che c’erano stati in un tempo assai remoto. Mi riferisco a quelli che l’avevano vista impegnata in modo attivo e determinante nell’opera di raffreddamento e di trasformazione del suo astro. Allora ritenni opportuno spostare la mia indagine in corso ai suoi momenti presenti, ossia a quelli che adesso la vedevano dominare con una certa alacrità la sua intera attualità. Da parte mia, avevo la certezza che, con la nuova necessaria indagine, mi sarei reso conto della serie di problemi che essa era intenta a risolvere. Ma soprattutto avrei appreso la serie di fenomeni, ai quali unicamente la sua rigogliosa opera aveva potuto dare inizio in seno al suo astro spento.

Come previsto poco prima, l’energia astrale non si era limitata soltanto allo spegnimento e alla trasformazione della sua materia, dopo averla energeticizzata in grandissima parte. Anzi, aveva dovuto anche imprimere al suo astro determinati moti, i principali dei quali erano stati quello orbitale e quello di rotazione. Oltre a ciò, sempre nell’ambito di esso e a scopo cautelativo, essa aveva preso alcune iniziative, con cui aveva voluto suscitare nell'astro una varietà di fenomeni. I quali seguitavano ancora ad effettuarsi in esso, in armonia con i tempi e nel pieno rispetto delle tre leggi universali. Senza dubbio, la forza di gravità era il fenomeno più importante, al quale l’energia astrale continuava a dar luogo sopra un astro spento. Tale forza non investiva solo la parte solida dell’astro, ma si irradiava anche oltre essa, fino ad un’altezza media che era pari a circa dieci volte la lunghezza del suo raggio. La variazione di altezza della forza di gravità dipendeva dal diverso sbarramento ad essa opposto dagli svariati strati che incontrava sulla sua irradiazione verso la superficie. Infatti, più quegli strati si dimostravano refrattari alla forza di gravità, più essa riusciva ad attestarsi più in alto rispetto alla superficie dell’astro. All’altezza di effettuazione della forza di gravità quasi sempre corrispondeva anche l’altezza della presenza di atmosfera nello spazio circostante all’astro che ne era provvisto. La quale, per tale ragione, si dimostrava diversamente avanzata e variamente intensa da un luogo all’altro dello spazio ad esso prossimo.

La forza di gravità, oltre ad esercitare un serrato controllo sulla forza di coesione presente nei singoli elementi dell’astro e nelle loro forze interagenti, assolveva anche una funzione attiva a livello interastrale. Essa faceva in modo che l’equilibrio dell’intera massa astrale venisse conservato continuamente, almeno entro certi limiti, i quali dovevano mostrarsi compatibili con la compattezza e con la sopravvivenza della stessa. Inoltre, poneva il relativo corpo celeste, nelle sue relazioni con gli altri astri, in una situazione di interscambio di influssi gravitazionali. I quali si presentavano direttamente proporzionali alla loro massa ed inversamente proporzionali alla distanza di ciascuno dagli altri. Quanto all’influenza che veniva manifestata dai vari astri di un sistema stellare, volendo fare una graduatoria dei loro influssi, risultavano primi, quelli di un pianeta sui propri satelliti; secondi, quelli di un satellite su un altro satellite; terzi, quelli di un satellite sul proprio pianeta; quarti, quelli di una stella su un proprio pianeta; quinti, quelli di un pianeta sugli altri pianeti; sesti, quelli di una stella sui satelliti dei propri pianeti; settimi quelli di un pianeta sulla propria stella; ottavi, quelli di un satellite sulla stella del proprio pianeta. Comunque, gli effetti immediati, che derivavano ad un astro spento dal fenomeno magnetico, erano di due tipi: 1) gli effetti dovuti al magnetismo insito nello stesso astro, ossia quelli endogeni; 2) gli effetti conseguenti al magnetismo che faceva parte delle altre masse astrali, ossia quelli esogeni. Tra i primi, erano da annoverarsi la forza di gravità inerente ai vari elementi dell’astro, la stabilità del suo moto orbitale pressoché ellittico e l’inclinazione del suo asse. Ai secondi, invece, erano da ascriversi alcuni fenomeni periodici che si avevano alla sua superficie e la discontinuità nel moto orbitale dell’astro, in presenza di un satellite. Il centro dell’astro, infatti, veniva costretto dal satellite accompagnatore ad assumere sistematicamente un percorso che era serpeggiante e pressoché deviante. Ciò, almeno se esso veniva considerato, rispetto a quella che sarebbe dovuta essere la sua regolare traiettoria, del resto anch’essa non sempre equidistante dalla stella.

Dalla forza di gravità, invece, provenivano ad un astro spento i seguenti tre effetti: 1) la diversità di peso dei suoi vari elementi, la quale era dovuta alla sua diversa influenza esercitata su di loro; 2) la quasi stabilità della sua orbita; 3) la differente inclinazione del suo asse in riferimento alla propria stella. Per la qual cosa, il diverso peso degli elementi di un corpo celeste spento, la stabilità del suo moto orbitale e l’inclinazione del suo asse erano da considerarsi delle conseguenze promosse da una causa unica. Naturalmente, poiché il vario peso della materia astrale era già stato oggetto di un mio precedente studio, mi restava da rendermi conto soltanto del modo in cui gli altri due effetti, cioè la stabilità del moto orbitale e l’inclinazione dell’asse, venivano a ricollegarsi alla stessa causa che dava luogo alla forza di gravità.

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