40-Lo spazio positivo e lo spazio negativo

Dopo che mi furono divenute note l’infinita espansione dell’universo e la sua colossale struttura, cercai di rendermi conto dei tanti principi che erano alla base di una così sterminata opera creativa. Per la precisione, volevo approfondire i concetti di spazio, di tempo, di materia e di energia, i quali si rivelavano dei fattori determinanti ed imprescindibili perché l’universo esistesse e si espandesse. Prima, poiché ero stato intento soltanto a darmi allo studio della sua origine e del suo modo di essere e di divenire, avevo evitato di considerare tali elementi nella loro importanza intrinseca. Per questo, intanto che li passavo in rassegna, mi ero limitato ad accettarli come semplici parti strumentali di ovvia necessità e non anche come dei valori a sé stanti. Essi, infatti, combinandosi tra di loro in quell’unico determinato modo, davano all’universo la possibilità di esistere nella sua espansione senza fine. Adesso, però, era giunto il momento che mi dedicassi pure all’analisi di tali fattori, più approfonditamente di come mi era capitato di fare nel passato.

Lo spazio era l'intero universo in tutta la sua fase evolutiva ed esplicativa. Anch’esso, al pari di un cosmo, era in continua crescita, espandendosi all'infinito. Ma dove era diretta la sua espansione? Come era presumibile pensare, esso poteva farlo esclusivamente nell’illimitato vuoto caduconiano. Ad ogni modo, non bisognava affatto confondere lo spazio cosmico con il vuoto incolmabile del Caducon. Quest’ultimo rappresentava l’assenza assoluta di ogni cosa esistente e la sede di creazione di ogni realtà divina che risultava concreta e transitoria. Lo spazio, invece, era quella parte del Caducon in continua espansione, la quale si andava via via colmando di un universo sempre più aggressivo ed incontentabile. Esso, come chiaramente appariva, non intendeva farsi imporre alcuna limitazione di sorta. All’inverso, si mostrava tanto più irrefrenabile nella sua brama espansionistica, quanto più infinita si presentava intorno a sé la vuotaggine caduconiana, quella che esisteva sterminata ed incolmabile.

In un primo momento, trovavo un po’ assurdo ammettere l’esistenza di un vuoto assoluto che fosse privo anche di spazio, considerato che l’uno e l’altro sembravano ricondursi allo stesso concetto. Ma poi finalmente compresi che si trattava solo di due spazi differenti, essendo essi di opposta natura. Il vuoto caduconiano veniva a rappresentare lo spazio negativo, invece il vuoto cosmico si identificava con lo spazio positivo. Tra i due tipi di spazio, però, veniva ad esserci una sostanziale differenza. Quello positivo consentiva la nascita e l’esistenza all'intero creato, essendone di fatto il custode e il difensore. Lo spazio negativo, all’opposto, avrebbe potuto significare per la stessa creazione il totale annientamento, se la psiche universale non avesse preso tempestivamente le sue dovute precauzioni con un impegno inappuntabile. Per l'esattezza, esso era il luogo dell’antimateria. Difatti, se una parte di materia fosse riuscita ad accedervi per una qualsiasi via, essa sarebbe stata disintegrata ed annientata all’istante: si fosse trattato anche di una intera galassia! Quindi, uno spazio di quel genere esisteva solo per non far essere la materia e per lottare all’infinito, perché essa non vi fosse in nessuna parte della realtà sensibile.

Ma qual era la causa della sua terribile natura distruttiva? Per quanto ne sapevo, il Caducon doveva essere il regno unicamente della materia, ovvero il regno dell’effimero e del transitorio. Perciò adesso da dove veniva fuori tale sua aggressività distruttrice, la quale era rivolta a tutto quanto era costituito di consistenza materiale? Inoltre, perché sullo spazio positivo e su tutte le creazioni in esso contenute la sua natura disintegratrice non riusciva ad avere ragione e ad ottenere alcun effetto? Fin dove poteva giungere il suo dominio incontrastato, il quale si mostrava intollerante di tutte le concrete realtà e persecutore delle medesime? Per rispondere a simili interrogativi, fui obbligato a ritornare ai primordi del Caducon. Tale ritorno mi si rivelò davvero chiarificatore e mi fece pervenire alle risposte da me desiderate. Allora esse si aggiunsero proficuamente a quelle già da me possedute in materia.

Così appresi che, quando il Caducon era stato voluto esistente dalla volontà di Xurbiz, con l'evidente intenzione da parte sua di crearvi il macrocosmico Regno della Materia e del Tempo, ad esso non era affatto garbata l’idea di dover dominare su opere non eterne e totalmente soggette al tempo. Per questo aveva deciso di ribellarsi al volere divino, contrastando la sua opera creatrice. Dunque, in virtù della sua originaria non-esistenza, il Caducon aveva suscitato in sé l'energia del non-essere, cioè dell’antimateria, la quale era capace di annichilire qualunque creazione materiale e perfino il tempo ad essa relativo. Dal canto suo, il potere di Dio si era ritrovato ad essere disarmato di fronte ad una simile sua iniziativa, non essendo in grado di ordinare a tale energia di non essere più, per il semplice fatto che essa nel Caducon rappresentava ed attuava esattamente la non-esistenza. Ma se Xurbiz non aveva potuto vietare al Caducon di autotrasformarsi in quella spaventosa macchina che risultava una pericolosa insidia per l'intera materia, di certo Egli non era rimasto a guardare, senza intervenire. Né tanto meno aveva voluto recitare la sola parte dello spettatore, una volta che aveva preso atto della sua ribellione e della sua iniziativa di ricorrere a quell’espediente terribile e minaccioso. Anzi, si era messo subito all’opera per cercare di neutralizzare quell’incidente di percorso, il quale si dimostrava davvero molto spaventoso e dannoso nei confronti delle sue future creazioni materiali. Allora l’Onnipotente era ricorso all’elemento immateriale per fronteggiare validamente l’energia antimateria, che nulla avrebbe potuto contro di esso. L’immateriale non essendo materia, non poteva essere attaccato dall’antimateria della non-esistenza. Esso poteva coesistere con lo spazio positivo e con quello negativo, senza venirne influenzato in alcun modo. In pari tempo, a sua volta, non era in grado di influenzarli in nessuna maniera.

Potevo apprendere come Xurbiz aveva utilizzato l’elemento immateriale? Fin dall’inizio, Egli si era reso conto che tale elemento da solo non poteva superare l’ostacolo costituito dall’antimateria, poiché esso era impotente a formare una barriera invalicabile tra lo spazio positivo e quello negativo. Dal suo coesistere con quegli spazi, in verità, non poteva derivare all’elemento immateriale alcuna prerogativa di dominio su di loro; mentre la stessa sua indistruttibilità rimaneva soltanto fine a sé stessa. Ecco perché occorreva che l'elemento immateriale venisse trasformato in una energia dotata di una speciale natura, che non potesse essere attaccata né dalla materia né dall’antimateria. Inoltre, il suo compito specifico sarebbe dovuto essere proprio quello di tenerle incessantemente separate, costituendo nel medesimo tempo la loro permanente barriera di confine giammai sfondabile e la loro dominatrice assoluta in tal senso. Per ottenere una energia del genere, il Creatore era ricorso all’energia della psiche universale, la quale era appunto la sola capace di modificare e di trasformare ogni essenza di natura immateriale. Essa, come era risaputo, altro non era che quel divino soffio spirituale, il quale nel Caducon si stava accingendo a trasformare il riflesso immateriale della luce divina, allo scopo di ricavarne il meraviglioso universo.

Ma quale differenza c’era tra l’elemento spirituale e quello immateriale? A dire la verità, anch’essi, come lo spazio e il vuoto caduconiano, facilmente potevano trarre in errore e farsi ritenere la medesima cosa; invece pure fra di loro esisteva una fondamentale differenza. L'elemento spirituale era tutto ciò che faceva parte della realtà di Dio, compreso quanto vi era stato da lui creato; per cui risultava immodificabile ed intrasformabile. Mentre l’elemento immateriale era semplicemente il riflesso di quello spirituale al di fuori della realtà divina. Esso, pur essendo indistruttibile, si poteva con facilità modificare e trasformare come si desiderava, ovviamente da parte del solo volere di Dio. La psiche universale, quindi, prima ancora di procedere alla materializzazione della luce riflessa dal volere divino, si era dedicata a modificare parte di essa in seno alla sua purissima energia e alla sua forza magnetica. Così ne aveva ricavato un unico ed indivisibile composto, il quale veniva a partecipare delle prerogative di tutte e tre. In tale composto, perciò, venivano a combinarsi la luce riflessa dal volere divino, l’energia purissima della psiche universale e la forza magnetica della stessa. In quel modo, ciascuna vi contribuiva con il meglio di sé stessa e lo potenziava con le proprie caratteristiche. Ogni cosa, però, era avvenuta proprio nel modo che adesso passo a spiegare con la dovuta considerazione.


Innanzitutto la psiche universale aveva esercitato una pressione davvero insostenibile sulla luce riflessa e sulla purissima energia, le quali si erano già fuse tra di loro intimamente. Subito dopo aveva sottoposto l’una e l’altra ad una immane e penetrante scarica elettrica di altissimo potenziale, centrifugandole nel contempo in seno alla sua forza magnetica. Dopo essere ricorsa a tali efficienti strategie, alla fine la psiche universale, senza incontrare problemi di sorta, era riuscita ad ottenere dalla fusione della luce riflessa, dell’energia purissima e della forza elettromagnetica, condotta come anzidetto, un composto energetico speciale. Il quale era fornito delle seguenti tre prerogative: indistruttibilità, impenetrabilità ed estensibilità illimitata. Un prodotto del genere, per la sua specifica costituzione, poteva essere collocato a metà strada tra lo spirituale e il materiale. Inoltre, esso era formato soltanto da una particolare forza magnetica, contro la quale nulla potevano né la materia né l’antimateria, né tanto meno le energie insite in esse. Per questo la psiche universale si era già servita e continuava a servirsi proprio di quel prodotto prodigioso per formare la parte esterna delle superfici delle sfere cave, cioè quella rivolta verso la parte esterna dell’universo. Così, grazie ad esso, tali superfici risultavano delle barriere elettromagnetiche, non solo non sfondabili da nessuna entità sia materiale che energetica, ma anche in estensione perenne. Sulla prima di loro, comunque, c'era da far presente che essa aveva pure il compito di fare da battistrada alle altre nello spazio negativo, dove avanzava senza che quest'ultimo potesse riuscire a fermarla o a danneggiarla.

Per meglio comprendere quanto incommensurabile e sconcertante fosse l’estensibilità di simili barriere elettromagnetiche, bastava pensare che ognuna di esse, partita che era meno estesa del guscio di una nocciola, in seguito arrivava a comprendere un cosmo dalle enormi dimensioni. Le quali non si lasciavano neppure determinare, a causa della loro continua e costante espansione. Comunque, come già si è menzionato, fra tutte le sfere cave, era solo la prima quella che faceva arretrare davanti a sé il vuoto caduconiano. In questo modo, arrecava un volume sempre più grande del loro spazio positivo al primo cosmo che vi era rinchiuso e a tutti gli altri che lo seguivano. Soprattutto li preservava dall’insidia spaventosa dell’antimateria, che, per sua natura, si teneva sempre in agguato.

Naturalmente, anche le superfici delle altre sfere cave avevano il compito di preservare lo spazio positivo dalla mostruosa antimateria, qualora si fosse verificata una falla nella prima di loro o in quelle ad essa successive. La qual cosa stava a dimostrare che la perfezione assoluta non poteva esserci nella loro fuga espansiva. Per cui non era da ritenersi esclusa la probabilità, anche se una su un miliardo di miliardi, che l’antimateria riuscisse a produrre una falla sulla superficie della prima di tali sfere cave e ad introdursi in essa. In tal caso, attraverso quell'ingresso, sarebbe iniziata a riversarsi dentro lo spazio positivo del cosmo una ingente quantità di antimateria, la quale si sarebbe data a farlo sparire nelle sue fauci senza fondo. Insieme con lo spazio positivo, essa avrebbe inghiottito anche le miriadi di galassie in esso disseminate, con tutto il loro materiale stellare e di altro genere. Era stato per quel motivo che la psiche universale aveva voluto un universo che non comprendesse un unico spazio positivo; ma che si presentasse sezionato in tanti infiniti spazi cosmici concentrici non comunicanti tra di loro. Soltanto in quella maniera, a suo egregio parere, si evitava che l’intero universo venisse annientato dall’antimateria. Il qual fatto avrebbe permesso al nulla eterno di ritornare ad imperare di nuovo sul Caducon.

Comunque, per una esatta considerazione del caso, alla quantità di energia antimateria, una volta che vi si fosse introdotta attraverso una falla fortuita, non sarebbe stato per niente facile riuscire a disintegrare l’intero cosmo più avanzato. Il quale, oltretutto, si rivelava il più espanso e il più rapido ad espandersi all’infinito. Per cui ci sarebbe voluta una quantità di tempo difficilmente determinabile, prima che essa avesse potuto portare a termine la sua opera distruttrice. Inoltre, non era dato per scontato che lo spazio negativo, dopo essersi riversato in parte nel cosmo di avanguardia, sarebbe stato poi in grado di distruggere l'intero spazio positivo in esso esistente. Infatti, bisognava anche tener conto del fatto che tale cosmo, espandendosi all’infinito e con il massimo ritmo, andava generando uno spazio fuor di misura, per cui giammai si sarebbe fatto distruggere.

Anche sullo spazio positivo non si poteva fare a meno di talune osservazioni riguardanti la sua natura, la quale si presentava differente a seconda dei diversi luoghi e delle diverse circostanze. Lo spazio cosmico, secondo il mio personale parere, non rappresentava un puro e semplice vuoto inconsistente. Ma, al di là di ogni sua trasparenza e di ogni sua forma, esso stava invece a significare qualcosa di necessario e di utile, oltre che di vivo e di affascinante. Quel mio giudizio su di esso non era affatto gratuito, bensì mi veniva suggerito proprio dalle sue varie caratteristiche, alcune delle quali si dimostravano positive al cento per cento. Le prime due caratteristiche dello spazio positivo erano l’espansibilità e la compressibilità. La prima era peculiare dello spazio intergalattico; mentre la seconda apparteneva allo spazio positivo. Il quale veniva inteso nella sua totalità, ossia allo spazio esistente sia all’interno delle galassie che nella loro parte esterna. Nell’espansione di un cosmo, era solo lo spazio intergalattico ad espandersi, la qual cosa causava un distanziamento sempre maggiore delle galassie tra di loro e lasciava invece indenne ed immutata la distanza esistente tra le loro innumerevoli stelle. Quanto alla compressibilità dello spazio positivo, essa consentiva alle miriadi di galassie e a tutti i corpi celesti che ne facevano parte di prendervi agevolmente posto.

Altre due caratteristiche dello spazio positivo erano la cedevolezza e il moto. Lo spazio, come potevo osservare, cedendo alla spinta di alcuni astri per lo più spenti, permetteva agli stessi di compiere il movimento che veniva loro imposto dalla gravitazione universale. Invece, quanto al suo moto esistente al di fuori delle galassie, esso rispondeva ad una espansione omnidirezionale dello spazio, poiché gli permetteva di dilatarsi in ogni direzione. Nell'interno delle stesse, lo spazio si muoveva unicamente in senso rotatorio, insieme con la massa delle stelle che vi erano cosparse. Tale moto veniva imposto allo spazio esclusivamente dalla rotazione delle singole galassie.

Caratteristiche variabili dello spazio positivo erano il colore e la forza di gravità. Ad essere più preciso, queste due ultime non erano proprio dello spazio positivo; ma ad esso venivano conferite dalla presenza o meno di corpi celesti che erravano nelle sue regioni. Esso, allo stato naturale ed illuminato con sufficiente luce, era incolore e trasparente; nonché presentava la massima cedevolezza. Dalla sua maggiore o minore distanza da una stella o da un pianeta o da un altro corpo celeste, dipendeva la sua varia gradazione di tonalità, la quale andava da un nero impenetrabile ad un azzurro alquanto limpido. Tali tonalità di colore a volte erano dovute alle diverse posizioni che i vari corpi celesti orbitanti assumevano durante i loro moti di rotazione e di rivoluzione. In simili circostanze, quegli spazi prossimi alle loro superfici si accendevano di una vasta gamma di stupendi colori. Inoltre, in uno spazio positivo, la diversa distanza tra i vari astri regolava anche il molteplice fenomeno gravitazionale, la cui forza era direttamente proporzionale alla loro massa e indirettamente proporzionale alla loro distanza. Anzi, per effetto di essa, lo spazio si dimostrava talune volte più cedevole in un senso che non in un altro.

Un’ultima caratteristica importante dello spazio positivo era la sua inalterabilità nel tempo, grazie alla quale esso restava sempre lo stesso nel medesimo luogo, senza subire variazioni di sorta. Il tempo poteva alterare, o magari cancellare, le cose o le energie che si trovavano nello spazio positivo; ma non era in grado di avere nessuna influenza su di esso. Si poteva affermare, quindi, che il tempo e lo spazio, inteso quest'ultimo nei due tipi, erano gli unici elementi immutabili di tutto il Caducon, del quale sembravano addirittura gli eterni custodi. In essi, potevano svolgersi fenomeni e fatti solamente presenti e giammai passati o futuri. Perciò era impossibile che questi due ultimi vi potessero essere chiamati ad esistere fuori del loro tempo. Per lo spazio, non poteva esserci che il solo presente, anche se esso poteva significare il futuro del passato o il passato del futuro. Nel presente, solo all’istinto umano o animale era possibile rivivere, in forma di ricordi, i fatti del passato. Come pure era possibile avvertire, in forma di presentimenti oppure di preveggenze, gli eventi che vi si sarebbero svolti nel futuro.

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