4-InconciliabilitÀ tra due esistenze antitetiche

Scuotimenti, grida e lamenti mi riportano sul sentiero della vita. Ma io risorgo tiranneggiato da un senso di accidia: essa mi rende preda di noie, di affaticamenti e di un pesante disordine mentale. Questi miei frequenti sparire e ricomparire a me stesso devono avere indebolito abbastanza il mio costitutivo fisiopsichico, fino ad infliggergli degli opprimenti stati d'animo e un forte deperimento organico. Perciò aborrisco qualsiasi movimento del mio corpo: non muovo gli arti, tengo immobile il capo, non apro gli occhi; inoltre, non voglio sapere se sto supino o prono oppure in una diversa posizione. Nello stato in cui verso adesso, mi risulta noioso perfino il mio pensiero, sia quando è rivolto a me stesso sia quando è attento a qualcos'altro, che è fuori di me. Ma posso sapere chi è che mi scuote e mi chiama con un altro nome? Già, io vengo ancora chiamato Adamo, la qual cosa mi persuade che sto di nuovo presso la seducente Eva e che la mia permanenza nella sua enigmatica realtà continua senza sosta. Eppure credevo che avessi smarrito l'una e l'altra per sempre, arrivando perfino a provare una certa nostalgia per entrambe. Invece mi tocca ammettere che così non è stato, per cui penso che il mio futuro seguiterà ad esprimersi all'insegna della incertezza, della instabilità e dell'assurdità.

Ho forse ripreso a sognare a mia insaputa, per cui la realtà seguita ancora a sfuggirmi, mostrandomi nessuna pietà? Insomma, vuole il mio io consolidarsi in una esistenza stabile e definitiva? Esso mi chiarisce altresì se per sé la desidera reale oppure irreale? Comunque, si prenda pure l'esistenza che più gli aggrada o che gli è più congeniale; però mi faccia la cortesia di tenersela dopo avvinta a sé per sempre, senza ripensarci in ogni momento! Oramai non sono più disposto a tollerare i suoi continui ripensamenti, i quali sanno procurarmi soltanto tantissima ansia e uno spossante esaurimento!

Quando infine cessano le mie considerazioni e mi si riaprono gli occhi, mi piglia un colpo di frenetico stupore. Mi appare di nuovo la bella Eva, l'eccitante Eva, la misteriosa Eva: molto vereconda nel suo inverecondo aspetto, ella mi sta addosso con tutto il suo calore, mentre cerca di ridestare i miei sensi vitali. Intanto che mi scuote e mi chiama alla sua realtà, il suo volto si dà a manifestare i segni di una profonda e indicibile preoccupazione. In una situazione del genere, allora in me viene meno quel senso accidioso che mi soggiogava un attimo prima. Inoltre, muore ogni riluttanza alla vita e viene a frangersi in mille pezzi lo stesso disinteresse che poco fa nutrivo verso quanto scorgevo intorno a me. Di contro, avverto nel mio intimo riaccendersi l'amore per la realtà presente, nonché rinvigorirsi il bisogno di espandermi e di comunicare con qualcun altro. Fosse anche con la sconosciuta Eva! Nello stesso tempo, mi si va infiammando una crescente ed incontrollabile furia passionale, la quale difficilmente potrà essere sopita in qualche modo.

«Adamo! Adamo!» ella si dà a gridarmi «Mi dici cosa ti sta succedendo, per cui cerchi di sconfinare oltre te stesso? Perché mi ti mostri, come se io fossi per te una vera estranea? Per quale motivo non parli e non mi spieghi ciò che ti sta succedendo e ti travaglia? Per quanto tempo vuoi continuare a tacere? Mi sembra proprio che tu sia diventato un altro! In te non scorgo più ciò che ti legava a me, ciò che ci faceva sentire una sola persona, ciò che riusciva a suscitare tra noi due quei magici momenti di reciproca attrazione. Questi ultimi, come sai, finivano per cancellare qualunque cosa a noi circostante, immettendola in un oblio forzato!»

La misteriosa Eva ha accennato a dei magici momenti vissuti insieme. Ma quando essi ci sono stati fra noi due? Io non li ricordo affatto! Anzi, non rammento neppure lei, a dire la verità! Oggi è il primo giorno che sto avendo la fortuna di ammirarla, poiché devo riconoscere che si è trattato di un piacevole incontro. Se non erro, in nessun'altra occasione mi pare di essermi imbattuto in lei, di averle parlato e di essermi intrattenuto con lei in una gradevole conversazione. Magari fossi stato fortunato a conoscerla e a fare tali cose con lei! Potere avere come amica una donna così bella non è per niente facile e diventa per chiunque una chimera soltanto a sognarselo! Di sicuro ella mi avrà scambiato per un altro, per uno che mi assomiglia alla perfezione. Ma io non intendo assecondare il suo equivoco, allo scopo di approfittare di lei. Sì, non voglio essere disonesto nei suoi confronti, come non riuscirei ad esserlo verso nessun'altra persona al mondo. Se lo facessi, la mia scrupolosa coscienza se ne dorrebbe con grande amarezza. Perciò è mio dovere schiarirle bene le idee, visto che la poveretta ce le ha totalmente confuse nei miei confronti.

«Chiunque tu sia, stai senz'altro prendendo un grosso abbaglio, se mi ritieni il tuo amato Adamo.» comincio a dirle allora, allontanando la schiena da terra ed assumendo la posizione seduta, ma tenendo il tronco leggermente riverso all'indietro e sorretto dalle mie braccia appoggiate sull'erba «Mi dispiace contraddirti, ma non è affatto come pensi. Tutt'al più, posso essere un suo sosia e niente di più! Intesi? Se poi ci tieni a saperlo, quest'oggi è il primo giorno che ho avuto il piacere e l'onore di incontrarti, godendo stupefatto della tua imparagonabile beltà. Sappi che con te non mi riesce di essere sia insincero che menzognero, anche se ciò ti darebbe molto sollievo, come mi fai immaginare. Tu devi sapere che, come sosia del tuo caro Adamo, non mi va di ingannarti e di approfittare di te. Il tuo insuperabile fascino mi ispira le pure idealità, come l'esecrazione di ogni bruttura morale e l'amore per le nobili virtù. Invece ti prego di spiegarmi perché mai noi due siamo nudi come lo sono le bestie e dove sono andati a finire i nostri abiti. Ti confesso che mi risulta arduo comprendere ed accettare come reale quanto in questo momento mi sta inspiegabilmente accadendo intorno. Perciò chiariscimi queste strane cose, alle quali non so dare una logica spiegazione!»

Dopo il mio intervento, Eva inizia a guardarmi e a scrutarmi profondamente negli occhi, come per cercarvi la verità. Sebbene poi ve la scorga ancora dubbia, la preoccupata fanciulla non si astiene dall'irraggiarmi di un suo amorevole sorriso. Infine, accarezzandomi molto teneramente, tra effusioni di grande dolcezza, ella ricomincia a parlarmi, esprimendosi in questo modo:

«Vuoi forse burlarti di me, Adamo? Non osare più asserirmi che dentro il tuo corpo non ci sei più tu, altrimenti smetterò di farti la brava cuoca che sempre ti ho fatta. Mi sono spiegata? Prima mi dici che non oseresti mai ingannarmi e mentirmi; invece subito dopo deliberatamente ti metti ad ostentare senza moderazione sia inganni che bugie. Credi che io non sappia più riconoscere la tua voce e il tuo corpo, i quali sono impressi nella mia mente in modo indelebile? Ricòrdati che non sono ancora rincretinita fino a tal punto! Come se ciò non bastasse, eccoti anche ad inventare parole, quasi a volere prenderti gioco di me! Mi vuoi spiegare che cosa vogliono dire "sosia" e "abiti"? Da chi hai appreso queste nuove parole? Dagli animali non di certo, poiché essi non sanno esprimersi alla nostra maniera. Tanto meno le hai potute apprendere dagli alberi! Quindi, devo desumere che sia stato il tuo cervello ad inventarle di sana pianta. Ora, però, mettiamoci una pietra sopra e riprendiamo a vivere concretamente la nostra vita di sempre. Perciò, Adamo, amico mio, non continuare più a fare con me il finto forsennato, poiché sai benissimo che questa tua farsa non me la puoi dare a bere né oggi né domani né mai, siccome io conservo ancora il lume della ragione!»

Mio Dio! Forse sono io quello che ha perduto la ragione! Ma chi mi può garantire che Eva esiste sul serio oppure mi può dare la matematica certezza che ella non è altro che una visione fantastica del mio cervello? Purtroppo, per quanti innumerevoli sforzi io faccia, non riesco ancora a sistemarmi in una esistenza definitiva e reale al cento per cento. Ecco perché non posso affermare con sicurezza che Eva rappresenta un personaggio irreale di uno dei miei tanti sogni. Sfogliando le pagine della mia memoria, giammai è presente l'adorabile Eva; giammai ella risulta essere stata oggetto della mia vita, della mia attenzione e del mio interessamento. In verità, esse mi conducono a ben altro, mi parlano addirittura di fatti anacronistici, i quali sono in netto contrasto con l'attuale personaggio di Eva, poiché storicamente la collocano agli esordi della genesi umana. Secondo l'esegesi biblica, ella sarebbe stata la compagna di Adamo e, quindi, la progenitrice dell'intero genere umano. Ma siccome da allora ad oggi saranno trascorsi perlomeno più di venti millenni, ella non può essere la Eva di quel tempo antidiluviano! Lo dimostra anche il fatto che, se ella fosse quel personaggio biblico di sesso femminile, io non potrei essere colui che oggi credo di essere, per il semplice motivo che le nostre epoche sono enormemente distanti l'una dall'altra e giammai ravvicinabili!

All'improvviso, uno strano dubbio mi assale e mi fa chiedere: Chi di noi due, Eva oppure io, sta vivendo la sua reale esistenza? Insomma, quale delle due vite rappresenta un sogno: quella che ora sto vivendo insieme con Eva, oppure l'altra che sono convinto di aver vissuta nel lontano ventiduesimo secolo? Ecco uno spietato interrogativo che incomincia a demolire tutte le mie più ferrate convinzioni, secondo le quali sarei io la persona che sta vivendo al di fuori di ogni irrealtà. Ma se ragiono con un minimo di logica, rilevo subito tutta la carenza di oggettività che si registra in tali mie convinzioni. Allora esse diventano semplicemente un mero prodotto dell'intelletto, il quale, nella sua soggettività, ama sempre fare apparire reale e veritiero ogni suo pensiero. Prendiamo i sogni, ad esempio. Li viviamo forse noi davvero? Certo che no! Eppure, nel loro svolgimento, essi ci appaiono talmente reali, da non indurci a contestarli. Se poi dubitassimo di loro e provassimo ad oppugnarli mentre li facciamo, riuscirebbero il nostro dubbio e la nostra contestazione a restarsene al di fuori, convertendoli in situazioni effettive e tangibili? La risposta, poiché attiene proprio al mio caso, viene data per scontata ed è decisamente negativa. Infatti, sebbene io sia fermamente convinto che Eva e il suo mondo non possono essere che il contenuto di un sogno fantastico, nonché mi sforzi di sfatarlo e di liberarmene, rimango sempre legato ad esso.

Così quel mondo, il quale mi ha dato i natali e mi ha fornito una personalità, si presenta esso stesso come il puro prodotto di una visione onirica. A questo punto, però, mi tocca ancora ascoltare Eva, che ha ripreso a parlare, dicendomi:

«Adamo, a che cosa pensi? Ti sei ridato forse ai tuoi traslochi mentali? Mi dici dove conduci la tua mente, ogni volta che la tieni separata da me? Oh, quanto mi preoccupa il tuo attuale comportamento! Anche se la tua Eva ti ha fatto varie domande, non una di esse è stata onorata di una tua sollecita risposta. Perciò ti scongiuro di svegliarti e di ritornare alla tua realtà, quella che mi riconosce quale tua amica, senza esitazione e senza dubbi!»

Così, secondo lei, dovrei ritornare alla mia realtà!? Ma non sto io facendo ogni sforzo possibile per recuperarla? Non sto forse mettendo a dura prova l'intero mio costitutivo fisiopsichico, nell'affannarmi a ricercarla? Dunque, cosa mai osa rinfacciarmi questa strana Eva! Costei vaneggia, delira, direi che è letteralmente fuor di sé, se mira a farmi ritenere un sogno oltre diecimila anni di storia, ricca di tante personalità illustri, feconda di tanto progresso tecnologico ed esuberante di una incredibile civiltà. La sua testa è davvero bislacca e vacilla paurosamente, se si permette di asserirmi che io non sono il Gilui Anobaro del secolo XXII; ma sono il suo Adamo di chissà quale tempo remoto! La sua mente è insana, se è convinta di potermi imbottire il cervello di simili paradossi, senza che io le risponda in modo conveniente, precisamente con una adeguata reazione che possa esprimere il mio giustificato risentimento!

Dopo una nuova pausa di passività intellettiva, la quale è venuta a distrarmi qualche attimo dal mio io, vedo accentuarsi in me i più terribili pensieri e le più strane congetture. Ormai la mia mente si è data ad un vagabondaggio che la trascina fra mille estri inquisitori, seguendoli mentre sono sguinzagliati criticamente sulle tracce della mia ambigua esistenza e di quella complessa di Eva. Così agendo, essa intende trovare una risposta esauriente per ambedue le esistenze per farmi mettere il cuore in pace in modo definitivo.

Non può essere questa Eva una maga Circe, la quale, intessendo incantesimi ed inganni, tiene prigioniero presso di sé il suo Odisseo, il quale in questa circostanza non potrei essere che io? Se così fosse, sul serio sarei dominato dalla sua perfida magia, dalle sue arti malefiche e dai suoi influssi soffusi di vibratile evanescenza. Oppure è diversa la mia sorte? Questa Eva, a volere considerare in tono pessimistico la situazione, potrebbe anche essere una strega dal volto mostruoso e dal corpo deforme, per cui quest'ultimo dovrebbe essere fornito di arti scheletrici e sbilenchi. Invece ella, sotto le mentite spoglie di una donna formosa ed avvenente, improvvisando anche mansuetudini accattivanti, cercherebbe di disintegrare poco alla volta la mia personalità. Comunque, io propendo per l'ipotesi meno improbabile, secondo cui sia avvenuta una trasformazione nella universalità delle cose e che perciò anch'io, facendo parte dell'universo, ne abbia subito automaticamente gli effetti trasformatori.

Nel frattempo, però, Eva continua ad insediarsi prepotentemente nella mia percezione fisiopsichica ed intellettiva. Per la qual cosa, mi si palesa in una realtà sempre più inaccettabile ed inconciliabile con quella mia. Anzi, essa va incrementando la mia diffidenza nei suoi riguardi, sorta in me già ai primi albori della sua inspiegabile apparizione. Inoltre, tale sua realtà mi va coinvolgendo ed integrando sempre maggiormente nella sua dimensione temporale, intanto che continua a lamentarsi e a farmi presente:

«Adamo, tu cominci a sconvolgermi, facendomi allibire. Nel caso che questo tuo atteggiamento non simuli uno scherzo qualsiasi oppure non trami nessun inganno, tu sei bell'e spacciato! Di conseguenza, sono rovinata anch'io, visto che ci unisce la medesima sorte. A ogni modo, sappi: se davvero tu non ricordi più niente di noi due e della nostra indimenticabile esistenza vissuta insieme, per cui sei portato a nutrire molta circospezione nei miei confronti; se i tuoi occhi dovranno continuare ad esprimermi un accanito dissenso ed un'aperta ostilità, quasi ti avessi io attirato addosso la maledizione di Dio; se infine questa tua insistenza astiosa a non volermi più accettare nella tua vita dovesse protrarsi ancora per molto, allora, non avendo più niente di bello da sperare dal duro mio destino, sì ben venga la morte e mi faccia pure dileguare nel suo oblio profondo! Una volta rimasta tutta sola, senza avere più nessuno con cui potere dividere beatamente i giorni del sole e le notti della luna, con cui potere trascorrere spensierata e felice ogni attimo fuggitivo della mia esistenza e con cui potere sorbire le tante sensazioni dilettevoli che ci offre questa natura prodiga e meravigliosa, la mia vita varrebbe ben poca cosa ed acquisterebbe uno scarso valore. Perciò, amico mio, sii ragionevole e smetti di rattristarmi così crudelmente! La tua Eva, che continua ad essere affettuosa con te, non ti serba alcun rancore per il dispiacere che le stai arrecando e non anela ad altro che a riabbracciarti con tenerezza e a profondere i suoi sospiri di gioia sul tuo lanuginoso petto, come ha sempre fatto fino a oggi!»

A quanto pare, Eva non molla; anzi si dimostra sempre più invadente e più decisa che mai a non darmela vinta. Pur di riuscire nel suo recondito intento, ella non esita ad azionare le sue arti muliebri, le quali sono nell'ordine: 1) il fingersi spacciata e l'implorare soccorso; 2) il cercare di impietosire e il sedurre; 3) il soggiogare e l'accoppare. Al contrario, io terrò duro e non mi lascerò commuovere dalle sue dissimulate lagne, poiché mi armerò della più rigida insensibilità e di una incuranza senza limiti. Pur di non accondiscendere a quanto ella va affermando di falso e di assurdo, pretendendo che io le creda sulla parola, comprimerò in me la pietà; inoltre, mi trasformerò in una dura pietra. Se non dovesse bastare, mi spoglierò di tutto ciò che in me possa risultare un autentico tallone di Achille agli assalti della sua inscenata sofferenza, contrapponendole così l'atteggiamento più inflessibile ed inesorabile. Solo in questa maniera, Eva non potrà vantarsi di avermi battuto senza il minimo sforzo sul terreno a lei favorevole del sentimentalismo e dell'affettività, di avermi reso sua facile preda, di aver fatto di me ciò che si era prefissa e di avermi infine battuto. Così leggerò sul suo volto l'amarezza della sconfitta e la rabbia della disperazione; la vedrò rinunciare ad ogni suo arcano proposito e la costringerò finalmente a desistere, a cedere e anche a scoprire le sue carte. Ma, in effetti, ella a chi dovrebbe cedere? A me forse, che sono vittima quanto lei, non riuscendo a spiegarmi ciò che mi si va svolgendo intorno? Anzi, non sono neppure in grado di giustificare in qualche maniera questa mia attuale esistenza. Essa mi ha coinvolto in modo effettivo e mi va strapazzando con le sue assurdità più buie, che non si lasciano decifrare con nessun tipo di logica.

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