34-I poteri occulti dell'ipersenso

L’ipersenso, intento com’era a ricercare senza un attimo di tregua le formule più disparate per soddisfare le proprie rivendicazioni di unità, alla fine aveva acquisito una strabiliante elasticità nella soluzione dei problemi più impossibili. Si era addirittura arricchito di arcane prerogative specifiche, le quali esorbitavano dalla norma e rasentavano quasi la paranormalità. Si poteva affermare che, grazie ad esse, la funzione del regno vegetale restava salva anche in talune evenienze che venivano reputate di somma pericolosità, dal punto di vista dell’esistenza delle piante. Si trattava di poteri occulti, i quali a volte investivano l’ipersenso, dopo essere stati da esso stesso sovreccitati ed indotti a manifestarsi. Essi gli aprivano nuove e portentose frontiere di capacità organizzativa ed operativa sull’orizzonte dell’inusitato e dell’inesplicabile. Ad esempio, nel caso di una siccità oltremodo prolungata sopra una vasta area geografica boschiva, per evitare che il permanere della stessa non provocasse danni irreparabili alla regione da essa attanagliata, l’istinto demandava all’ipersenso il compito di sconfiggerla. Un'operazione del genere non poteva essere una prodezza né del senso né del conscio. Questi suoi due scomparti, peraltro, erano abilitati a risolvere tutti i problemi inerenti al rapporto tra biotopo e biocenosi vegetale. Il senso e il conscio, invece, erano impotenti ad affrontare quelle situazioni che implicavano lo scatenamento degli elementi della natura, come la pioggia, il vento e altre perturbazioni troposferiche, al fine di perseguire la difesa del patrimonio forestale. Questi ultimi erano fenomeni con i quali il solo ipersenso dimostrava di avere una spiccata dimestichezza, essendo in grado di sollecitarli e di dominarli, attraverso una tecnica procedurale che si incuneava davvero nel paradossale.

Stando così le cose, come potevo astenermi dall’approfondire tale tecnica, lasciandomi sfuggire la parte migliore e più interessante di tutto il mio studio sui vegetali? Perciò, consapevole che rinunciare a quella meravigliosa opportunità sarebbe stata una pura follia da parte mia, oltre che una dissacrazione dell’intera mia edificante opera speculativa, cercai di approfittarne e di trarne il maggiore soddisfacimento possibile. Ma prima di addentrarmi nei dettagli di un simile evento eccezionale, occorreva far presente che non era il singolo ipersenso dell’istinto di ogni vegetale a suscitarlo, bensì l’insieme degli ipersensi di tutti i vegetali presenti nella regione interessata. A tale proposito, bisognava anche precisare che in ogni specie vegetale esisteva ed operava un istinto, e quindi un ipersenso, il quale era commisurato alla stessa. Ossia, quanto più grande fisicamente si presentava la specie vegetale da trattare, tanto maggiore era il potenziale istintivo in essa rintracciabile. Quest’ultimo, ovviamente, era da intendersi soltanto nel senso della quantità e non anche in quello della qualità. In una simile circostanza, dunque, senz'altro si era di fronte ad un autentico super-ipersenso, che veniva formato con il contributo di una miriade infinita di ipersensi appartenenti agli altri vegetali. Perciò il suo potere manageriale si presentava tra i più formidabili e i più risolutivi. Anzi, esso risultava talmente potente, da riuscire a fargli ottenere perfino dalla stessa natura tutti quei fenomeni che esso palesava di gradire. Mentre i singoli attivissimi ipersensi, da parte loro, recedevano momentaneamente dalla loro lotta di sempre. In quell'occasione, infatti, le loro singole essenze frammentate, più che essere intente a lottare per la loro unificazione, preferivano godersi la solenne comunione. La quale veniva attuata con quelle degli altri ipersensi in seno al colossale e grandioso super-ipersenso. Anche perché essa, in quel caso, tendeva a risolvere non una questione di puro puntiglio, ma quella più importante che aveva come fine ultimo la loro salvezza.

Se la tridimensionalità planare dell’ipersenso restava un fenomeno circoscritto e soddisfatto nell’ambito di una situazione individuale, ogni specificità abnorme ad esso attribuita si esplicitava come una conseguenza della sua partecipazione con altri suoi simili a formare quella super-entità istintiva, cioè il super-ipersenso, il quale si andava esprimendo e realizzando nel collettivo. Il fatto prodigioso, comunque, scaturiva unicamente dalla pluralità degli ipersensi che cooperavano a un tempo nel super-ipersenso. In questo, i singoli limitati apporti si fondevano, si amalgamavano e concorrevano ad attuare fuori di loro una straordinaria forza istintiva. Questa era capace di stimolare ed attivare perfino le virtuali energie della natura, piegandole ai suoi voleri nel modo e nella circostanza che avrei conosciuto a breve scadenza. Appena registrata la generale siccità di una vasta area geografica, i singoli consci dei vegetali, in un primo tempo, ricorrevano a tutti i loro espedienti per fronteggiare la gravissima crisi, di cui stavano per rimanere vittime la totalità dei vegetali da essa ospitati. Dopo essi sottoponevano il difficile caso al loro confinante ipersenso. Allora la totalità degli ipersensi, sebbene fossero separati ed agissero come individui diversi, dove erano intenti a perseguire la loro unità fisiologica interna, sospendevano per il tempo necessario quella loro attività e si adoperavano subito per conseguire la loro unione psichica esterna. Quest'ultima, che equivaleva ad un potenziale energetico spaventoso, pur costituita da una pluralità di forze differenti per grandezza, si presentava sempre e in ogni caso con unicità di intenti e di vedute, essendo dello stesso tipo l’intera energia che era occorsa a formarla.

La grande unione psichica degli ipersensi vegetali, che strappava gli stessi ad una involuzione tendente a schiacciarli e li immetteva in una evoluzione libera e vincente, non poteva considerarsi un comune fenomeno ottenibile senza difficoltà. Si era, in realtà, di fronte ad un atto fenomenale che, prevaricando, abbatteva qualsiasi rigore di logica; ma soprattutto disconosceva ogni esperienza maturata e messa a punto nel complesso delle leggi fisiche e psichiche. Difatti il super-ipersenso, per realizzarsi compiutamente, oltre che di una quantità considerevole di ipersensi vegetali ai quali attingere l’energia che lo faceva esistere e lo dotava di speciali poteri, aveva bisogno che gli stessi disponessero di elementi vettori atti a trasferirla in esso. In caso contrario, non avrebbe avuto modo di risultare esistente e di possedere le portentose prerogative, di cui esso risultava arricchito. A tale scopo, operavano i peduncoli cellulari degli ipersensi. Essi erano organi a forma di gambo e prominenti dal centro della membrana di copertura delle rispettive cellette, poiché ciascuno sporgeva da ognuna di loro. Quanto ai peduncoli, che nella loro fase refrattaria si presentavano allo stato flaccido, durante le esternazioni dell’ipersenso assumevano una forma turgescente. Nella stessa circostanza e per lo stesso motivo, anche la membrana ad essi sottostante si gonfiava a guisa di una calotta sferica.


Per esternazione dell’ipersenso, si intendeva ogni suo interessamento a quanto accadeva fuori di sé; ma, in modo particolare, essa si riferiva alla sua intensa compartecipazione a quell’ambizioso piano che mirava a generare l’energia psichica del super-ipersenso. In attinenza a ciò, bisognava chiarire ulteriormente che ogni esternazione degli ipersensi non doveva considerarsi una evenienza voluta dagli stessi o una loro iniziativa avulsa da qualunque dipendenza dal conscio. Era evidente che esso, oltre ad affidare loro il compito, impartiva agli stessi l’ordine di portarlo a termine secondo le sue inderogabili direttive. Il conscio, infatti, non rinunciava mai alla sua supervisione sulla totale attività dell’istinto. Ciò, specialmente quando alcuni incarichi, per la loro abnorme procedura di svolgimento, venivano demandati all’ipersenso anziché ad esso, quantunque rappresentasse il suo esclusivo partner in tutta l’attività istintiva. L’ipersenso, perciò, risultava un organo, il quale si disinteressava del tutto della vita sensitiva dei vegetali, essendoci già il senso ad esplicare tale mansione. All’occorrenza, però, esso era in grado di procurare loro tutta una vita psichica dalle molteplici espressioni e potenzialità. Le quali erano molto utili, ai fini del conseguimento di alcuni obiettivi che erano perentoriamente negati al senso.

Ritornando alle esternazioni degli ipersensi, le quali erano tutte contemporanee tra di loro, esse avvenivano in un’atmosfera misteriosa, nella quale prevalevano l’anticonformismo e l’antirazionale, visto che la loro attivazione si basava su simili bizzarri fattori. Essa aveva inizio, quando le essenze frazionate di ciascun ipersenso, arrestando il loro processo involutivo ed invertendo la rotta, intraprendevano quello evolutivo. Allora esso si dava a conferire alle singole cellette l’aspetto esteriore già menzionato. La nuova conformazione enfiata delle cellette era dovuta proprio al mutamento di intenti che era avvenuto nelle essenze dell’ipersenso. Per cui pareva che esse volessero protendersi e proiettarsi oltre la loro celletta, facendo gonfiare la membrana di chiusura ed inturgidire anche il peduncolo ad essa saldato. Naturalmente, la tumefazione delle cellette non andava interpretata come un fenomeno puramente formale e dovuto alla semplice spinta dal suo interno di una essenza intenzionata ad evadere. Invece essa era da riferirsi ad un nuovo prodigioso processo, tramite il quale ogni piccola essenza delle cellette si dava a generare diversi tipi di energie. Il cui fervere ed agitarsi costituiva la causa prima del gonfiamento del loro contenitore. Ma soltanto dopo che tali energie si erano fuse in una unica energia psichica polivalente, iniziava la loro fuoriuscita attraverso il peduncolo cellulare. Questo, dal canto suo, si presentava già attivato e predisposto in modo da sollecitare tale energia a confluire in uno stesso luogo, dove venivano convogliate pure le energie psichiche degli altri ipersensi. Il loro totale convogliamento in un unico posto doveva dare la possibilità al super-ipersenso di costituirsi e di estrinsecarsi con la maggiore efficacia possibile. A dire la verità, in una simile operazione, un ruolo molto importante veniva svolto dai peduncoli cellulari degli ipersensi, poiché essi soltanto disponevano del necessario mezzo di trasporto dell’energia psichica delle cellette. Esso figurava come un complesso espediente che veniva adibito esclusivamente a questo scopo. In merito alle attività dei peduncoli cellulari considerati tanto nel singolo ipersenso quanto nella loro totalità, esse si svolgevano in modo sincrono e perseguivano gli stessi obiettivi. I quali non si potevano discostare da quelli indicati dal rispettivo conscio. Inoltre, in una contingenza del genere, i consci degli istinti della totalità dei vegetali agivano incalzati da una comune necessità e dal comune proposito di sopperire ad essa. Perciò mettevano in opera una comune strategia e una comune tattica.

Quando ebbi ultimato la fase delucidativa di alcuni fenomeni che erano di pertinenza all’attività dei peduncoli cellulari, la quale si era interposta come d’obbligo ed aveva interessato anche annessi e connessi, finalmente diedi a quell'attività l’opportunità di essere studiata da me nella funzione precipua di cui veniva investita e nelle diverse tecniche, a cui faceva ricorso per svolgerla. Ebbene, una volta che le rispettive cellette erano divenute sature di energia psichica polivalente, tutti i peduncoli, in contemporaneità, ne iniziavano la traslazione in uno stesso punto già concertato tra di loro, però dopo avere effettuato talune manovre indispensabili al buon esito dell’operazione di trasferimento. Essi, infatti, prima di procedere al trasporto dell’energia psichica contenuta nelle cellette, attuavano una canalizzazione a forma di piramide, dalla cui base partivano i loro raggi vettori e si ricongiungevano al vertice della stessa. In quel punto esatto, ammassando i loro apporti energetici in una unica ciclopica entità, davano corpo e vita al prodigioso super-ipersenso. Per la verità, più che di raggi, bisognava parlare di emissioni di onde magnetiche discontinue da parte dei peduncoli, ciascuna delle quali formava due spirali coniche tratteggiate e concentriche. Queste facevano la spola tra la base e il vertice con un movimento rotatorio: esso era destrorso all’andata e sinistrorso al ritorno. Quando l’una, dopo aver raggiunto il vertice ed essersi sgravata del suo carico, intraprendeva la via del ritorno; l’altra, che già aveva rifatto il suo prelievo di energia, ricominciava a salire.

Solo dopo che il super-ipersenso aveva ricevuto la quantità di energia che gli abbisognava per esistere come entità rivoluzionaria e regolatrice a un tempo, i peduncoli cellulari degli ipersensi ritraevano le loro spirali vettrici ed interrompevano l’alacre invio di energia polivalente verso la loro meta comune. Simultaneamente, essendosi oramai costituito nella sua preponderante efficienza, l’insuperabile super-ipersenso iniziava a fare avvertire tutt’intorno a sé la sua imperiosa e sconvolgente presenza. Per cui la sottostante natura, che fino a quel momento agonizzava e quasi soccombeva all’incalzare dell'eccessiva siccità, veniva salvata in extremis dal suo intervento provvidenziale. Così, tutto a un tratto, mentre la flora e la fauna venivano soffocate da una spietata calura e quasi si abbiosciavano al suolo, oppresse com’erano da un’aria greve e immota, in seno al super-ipersenso si aveva una esplosione fortissima, la quale scagliava in qualsiasi direzione molte forze di vario tipo ed aventi poteri differenti. Penetrando e scuotendo l’atmosfera, la litosfera e l’idrosfera, esse ne mobilitavano ovunque le latenti e pigre energie, allo scopo di renderle capaci di promuovere il fenomeno acquifero con la loro azione combinata.

A quel punto, cominciavano a scorgersi delle forze gagliarde, alcune delle quali rendevano poroso il suolo sovrastante alle falde acquifere; altre facevano evaporare le loro acque; altre ancora davano origine a correnti d’aria per convogliare ed ammassare il vapore acqueo in quelle fasce atmosferiche idonee a trasformarlo in precipitazioni di diverso genere. Pure i bacini idrici divenivano bersagli delle medesime forze, benché fossero situati a grandi distanze. Dopo averli raggiunti, affrettavano ed intensificavano l’evaporazione delle loro acque, formando con essa immensi banchi di nuvole, spingendole poi sulle regioni colpite dall’aridità. Allora iniziava tutta una lunga serie di piogge torrenziali, le quali si abbattevano al suolo tra lampi accecanti e raffiche sconvolgenti. Ma, anche se sembrava che la natura interpretasse quella furia degli elementi come una violenza e la subisse supinamente; invece essa, dopo averla attesa da tempo, adesso le stava facendo una grande festa. Perciò quel suo frenetico agitarsi stava ad indicare la piena soddisfazione che la stessa provava, nel fondersi con quegli elementi naturali in un amplesso quanto mai anelato, gradito e goduto. Ristabilito poi il totale equilibrio climatico nell’area interessata e riscattata quest'ultima dall’incombente minaccia di una misera estinzione, il super-ipersenso infine si autodisgregava di nuovo, avendo ormai portato a termine la sua missione. Dopo esso rimandava alle rispettive cellette le energie che gli avevano permesso di attuare la sua vasta e complessa operazione. Quello era senz'altro uno dei tanti interventi grandiosi del super-ipersenso nell’interesse di un intero bioma. Invece, per quanto riguardava gli impossibili problemi circoscritti ad una nicchia ecologica, si incaricavano di risolverli i singoli ipersensi in essa operanti.

Con l’approfondimento dell’ipersenso, si poteva considerare terminato il mio studio sul regno vegetale e sui suoi rapporti con il regno animale. In esso non avevo incontrato ostacoli insormontabili e mi si erano presentate come implicite le stesse risposte date alle mie domande sull’ipersenso. Lo studio dei vegetali, in special modo quello relativo alla loro origine, mi aveva indotto a pormi una domanda che non riguardava neppure loro stessi. Essendo venuto a conoscenza che i vegetali avevano cominciato ad esistere e perpetuavano anche tale loro esistenza nel tempo, grazie ad una misteriosa e provvida trasformazione che l’energia psichica operava sulla materia inerte, non potei fare a meno di chiedermi da che cosa gli animali avessero tratto la loro esistenza. Sapevo che la loro vita era dovuta ai vegetali, essendo incapaci di trasformare la materia morta in proprio alimento; ma ignoravo totalmente la loro origine primordiale. Quanto all’uomo, che biologicamente era da considerarsi un animale, aveva subito lo stesso processo creativo degli animali, oppure a lui era stato riservato un processo a parte, essendo la sola creatura destinata ad ospitare in sé un’anima immortale?

Perciò, se prima era stato il problema della morte che mi aveva interessato e mi aveva obbligato a studiarlo con un’accurata indagine, a quel punto il problema della vita veniva a coinvolgermi non diversamente da quello della morte e non meno di esso. Anzi, quest’ultimo, mi si presentava con sollecitazioni e desideri di chiarimento più sentiti e più profondi, considerato che da esso avrei avuto tante risposte riguardanti la vita stessa del depositario della mia anima immortale. Ma la maggior parte di esse avrebbero riguardato senza meno i modi esistenziali della totalità degli esseri viventi. Adesso, siccome la prima forma vivente era stata quella dei vegetali, non potevo non partire dal suo studio, per cui dovevo approfondire prima di tutto il suo passaggio dalla materia inerte ad un organismo vivente. Avevo appreso che tale straordinaria evoluzione era stata permessa dall’energia psichica, però non ero ancora venuto a conoscenza del come essa fosse riuscita ad ottenerla e di quali mezzi si fosse servita per attuarla così come si presentava. Naturalmente, prima di procedere alla soluzione di quei nuovi problemi, occorreva che io avessi un concetto più chiarificatore della totale energia psichica esistente nell’intero universo, oltre che della sua composizione e dei suoi poteri. Per questo, allo scopo di raggiungere obiettivi di quel genere, fui obbligato ad approfondire anche la sua origine e il suo fine. I quali, in precedenza, erano stati da me soltanto sfiorati ed appresi in modo molto sbrigativo e superficiale.

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