29-La perfezione vegetale

Ero certo che, tra gli esseri viventi, i vegetali si sarebbero presentati i meno complessi. Di conseguenza, la perfezione vegetale, rispetto a quella umana e a quella animale, fin dal suo inizio, lasciava prevedere che il suo studio, oltre che sbrigativo, sarebbe risultato meno irto di difficoltà e di ostacoli. Ma sarebbe stato poi vero? Ad ogni modo, anche le specie del regno vegetale presentavano forme e dimensioni molto diverse, come quelle animali. A differenza di questi ultimi, però, i vegetali avevano un unico tipo di perfezione. Si trattava di una perfezione intenta ad assolvere determinate funzioni prettamente vitali, le quali consentivano loro solamente i processi di esistenza e di riproduzione. Ciò, perché nei vegetali non c’era un intimo, ma agiva solo l’energia psichica in forma istintiva. Grazie al loro istinto, quindi, i vegetali riuscivano a sopravvivere negli ambienti più disparati, adattandosi agli stessi in modo sorprendente, fino a superare alcune volte le ostilità più impossibili contrapposte dalla natura. Per questo la loro forma, la loro grandezza e le loro caratteristiche di tipo comportamentale dipendevano esclusivamente dal biotipo in cui essi crescevano e proliferavano, nonché dal loro validissimo istinto. Quest’ultimo forniva ai vegetali degli efficienti mezzi di adeguamento e di autodifesa, i quali gli permettevano di far fronte a tutte le avversità naturali.

Essendo sprovvisti dell’intimo, tutti i vegetali risultavano privi anche della coscienza. In tali esseri viventi, l’istinto c’era unicamente per guidarli e per indicare loro una espansione commisurata alle proprie possibilità di essere e di divenire. Nello stesso tempo, li dotava di una struttura cellulare adatta per ciascun ecosistema e li stimolava a produrre determinati prodotti, anziché altri. Ma soprattutto la sua presenza promuoveva in loro speciali funzioni, le quali davano luogo a dei processi di combinazione che risultavano indispensabili e vitali per tutto il regno animale, compreso l'uomo. La forma istintiva dei vegetali, in verità, non poteva essere considerata uguale a quella degli animali. In questi ultimi, essa si presentava più chiarificatrice e per niente vincolante, nel senso che li faceva soltanto rendere conto di pericoli e di minacce già presenti o incombenti. Per il resto, faceva dipendere dalla loro reazione di autodifesa e dalla loro capacità di adattamento il sottrarsi a tale pericolo o il vanificare tale minaccia, attraverso il superamento di ogni sorta di difficoltà e di intrighi. Ben altra cosa, invece, rappresentava l’istinto nei vegetali, nei quali esso costituiva la sovrana forza agente, l’energia stimolatrice e trasformatrice, il potere germinativo. Il quale riproduceva gli infiniti e svariati esemplari di piante, di fiori, di frutti e di semi. Inoltre, essi non collaboravano in qualche modo con il loro istinto; anzi, non lo facevano neanche, quando esso si dava a promuovere la loro stessa riproduzione e la loro medesima crescita.

I vegetali, se venivano privati della loro partecipazione attiva e cosciente alla loro stessa esistenza e sopravvivenza, nemmeno avevano da preoccuparsi di nulla. Essi non avevano terrori da combattere e non avevano bisogno di lottare contro qualcuno o qualche fenomeno per sopravvivere. La qual cosa giustificava la stabile dimora di ciascuno di loro in un medesimo luogo, durante l’intero arco della loro esistenza. Inoltre, andava precisato che i vegetali avevano rappresentato la prima forma vivente sul pianeta ed erano venuti fuori da sostanze inorganiche. Ma soltanto in seguito erano state trasformate dall’energia psichica in esseri viventi dotati di un ciclo di nutrizione e di riproduzione autonomo ed autosufficiente. La loro autosufficienza consisteva nel fatto che essi, grazie al loro istinto e ad alcuni efficaci mezzi di cui disponevano, riuscivano a tramutare la materia inerte in particolari sostanze attive. Le quali permettevano loro di nutrirsi e di riprodursi autonomamente, cioè senza dovere dipendere da altri esseri viventi e non-viventi. Alcune piante, durante la loro impollinazione, accettavano volentieri la collaborazione degli insetti o della pioggia o del vento, per cui esse erano dette rispettivamente zoidiofile, idrofile ed anemofile. Anzi, a voler bene considerare le cose, era il regno animale a dipendere di fatto e totalmente dal regno vegetale. Senza che esso esistesse, gli animali e l'uomo non sarebbero potuti esistere sul nostro pianeta, poiché la loro esistenza era subordinata a quella dei vegetali. Infatti, era inesatto anche parlare di subordinazione degli animali ai vegetali, in quanto questi né erano stati creati né esistevano a tale scopo.

L’energia psichica non aveva dato loro origine unicamente per fare qualcosa o per scacciare da sé la noia. La sua attività era stata predisposta e programmata dall’Ente Supremo, in ordine ad un suo disegno ben preciso. Nel quale il protagonista eminente doveva risultare la più importante delle creazioni caduconiane, ossia l’uomo. Soltanto se lo considerava in quell’ottica, il regno vegetale veniva interpretato nel suo ruolo specifico. Così nessuno più poteva avere qualche dubbio sulla sua funzione di indispensabile ed insostituibile strumento di tutta la vastissima e multiforme esplicazione del regno animale. Sopra il quale si elevava, in qualità di dominatrice assoluta, l’umana intelligenza. Comunque, se il regno vegetale significava l’esistenza per il regno animale, entrambi, insieme con il regno minerale, risultavano per l’uomo dei fattori imprescindibili della sua esistenza. Anzi, rappresentavano dei validi strumenti, dei quali egli si sarebbe servito nel corso dei millenni per accrescere sempre di più la propria perfezione.

I vegetali, quindi, potevano considerarsi più fortunati degli animali, poiché gli veniva consentita una esistenza autosufficiente, anche se costretti a protrarla sempre nel medesimo posto. Ma una forzatura di quel tipo, per loro che erano privi della coscienza, non veniva ad avere alcun significato di rilievo, soggettivamente ed oggettivamente inteso. Difatti essi non erano suscettibili di nessun fatto emotivo e di nessuna astrazione estimativa. Perciò la stessa assenza in loro della facoltà di coltivare e di maturare atti coscienti rendeva ogni forma di coercizione esercitata su di loro non avvertibile dagli stessi destinatari. Per la quale ragione, avveniva come se essa fosse totalmente inesistente. A quel punto, non mi sentivo più calamitare dalle innumerevoli situazioni concrete in cui venivano a trovarsi i singoli vegetali, nella loro necessità di esprimersi e di coesistere con individui di altre specie. Invece mi interessava cogliere la loro parte intima, siccome essa racchiudeva in sé l’essenza primaria che li faceva essere tali; mentre la loro costituzione intrinseca non era stata ancora presa in esame da me. Infatti, il mio interessamento per loro aveva riguardato esclusivamente la genericità della loro esplicazione e la visione semplicistica di quegli atti che venivano dettati o imposti ad essi dall’energia psichica. Senz’altro, esso era stato uno studio utile e d’obbligo, direi una tappa che mi era stata obbligata dall’iter della conoscenza. La quale, da parte sua, era abituata a procedere per gradini o per tappe, senza mai ricorrere a dei salti.

Allora certe informazioni, che in un primo momento potevano apparire molto superficiali e di nessuna importanza particolare, successivamente finivano per rivelarsi utili sul piano del chiarimento e dell’approfondimento, anche se come meri strumenti del sapere. Inoltre, ogni disciplina, scienza o arte che fosse, presentava una propria propedeutica, senza la quale era assurdo cercare di approfondire i suoi principi e le sue leggi. Così, accettate come utili e necessarie le informazioni acquisite sui vegetali fino a quel momento, specialmente ai fini di una loro conoscenza più approfondita, mi accinsi a scrutarne la sfera psichica e tutte le facoltà che ne conseguivano a loro favore.

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