24-Il rapporto intimo-istinto

Da quanto avevo appreso, il sogno, mentre veniva alimentato dalla memoria, manovrava l’istinto in modo da renderlo copia conforme dell’intimo nella maggior parte della sua attività onirica. Comunque, tale conformità poteva essere soltanto apparente ed illusoria, dal momento che era veritiera solo se considerata nella sua irrealtà; ma risultava del tutto errata, se messa a confronto con la realtà. Per tale motivo, si poteva affermare che l’istinto, ogni volta che si esprimeva mediante il sogno, oppure attraverso un’allucinazione sensoriale, perdeva la sua autenticità, si discostava quasi totalmente dallo scopo preminente della sua missione esistenziale ed indirizzava la sua attività verso ben altri fini. In quel caso, infatti, anziché risultare salvaguardia dell’intero organismo animale, esso si lasciava soggiogare dal sogno o da qualcos'altro di simile, appunto per prendere il comando dell’intimo e per subentrare alla sua coscienza. Solo di rado l'istinto era in grado di essere sé stesso, pur restando prigioniero del sogno. Allora magistralmente esso lo influenzava in modo tale, da renderlo suscettibile di premonizioni. Altre volte, invece, lo incanalava in una realtà che apparteneva ad un futuro prossimo o remoto, oppure si svolgeva in un luogo situato a grandissima distanza dal luogo del sogno.

Quando invece l’organismo animale era sveglio, il suo istinto in alcuni momenti poteva prevalere sul suo intimo, poiché esclusivamente a quest’ultimo era stato concesso di dominare l'intera realtà, a condizione che esso risultasse fornito della coscienza. Inoltre, perché un simile sopravvento potesse essere portato a termine, prima c'erano da verificarsi determinate situazioni, cioè doveva instaurarsi nell’intimo una totale o parziale perdita delle sue facoltà percettive ed intellettive. In questo caso, si sarebbe determinata nell’intimo una impotenza a prendere atto di imminenti pericoli e a fronteggiarli con i provvedimenti più idonei e con i risultati più soddisfacenti. Allora l’istinto interveniva a coadiuvare, o addirittura a surrogare, l’intimo nelle sue funzioni, ossia nella sua mansione di esistenza cosciente e di vero responsabile della incolumità dell’essere animale. In tutti gli animali, un fatto del genere avveniva di norma durante il sonno. Ma esso poteva esserci anche durante le temporanee perdite della coscienza, le quali potevano risultare parziali oppure totali. Le prime si avevano durante le sue distrazioni dalla principale attività dell’intimo; mentre le seconde venivano registrate, durante i temporanei svenimenti oppure durante il coma profondo, fosse esso irreversibile oppure reversibile.

In talune circostanze, però in via del tutto eccezionale, l’istinto, benché l’intimo restasse ancora padrone della sua coscienza, irrompeva tuttavia improvvisamente nel suo campo di azione. Così lo irrorava di certe verità, delle quali esso non poteva ancora rendersi conto con i mezzi a sua disposizione, siccome quelle appartenevano ad altro tempo o ad altro luogo. Comportandosi in tal modo, l’istinto dava origine nell’intimo ai fenomeni parapsichici della telepatia e della precognizione. I quali, in alcuni momenti di necessità e di urgenza, lo rendevano ricco di prerogative incredibilmente straordinarie. In quei pochi casi eccezionali, l'intimo faceva resistenza all’aperta invasione dell’istinto. Anzi, considerato il suo alto contributo in termini di incolumità e di salvezza, giudicava il suo tempestivo intervento un bene prezioso sia per sé sia per il corpo che l’ospitava. Quelli erano gli interventi dell’istinto cosiddetti palesi, in quanto l’intimo era in grado di ravvisarli e di partecipare alla loro azione vigorosa ed efficace in un modo o in un altro, ma anche prima o dopo che essa si fosse effettuata. Essi avvenivano sempre e solamente attraverso la coscienza dell’intimo e giammai attraverso le altre sue quattro componenti. Queste ultime, come già appreso, erano più propriamente deputate a captare, a selezionare, ad organizzare e a vagliare il totale reale sensibile, che veniva ad investire l’organismo umano e ad eccitarne la relativa risposta.

Oltre ai suoi summenzionati interventi occasionali e sistematici, i quali non sfuggivano al controllo immediato o differito della coscienza, l’istinto espletava una funzione molto particolare ed interessante al massimo. La quale era nota soltanto a sé stesso ed era interamente ignorata dalla coscienza dell’intimo. Si trattava della sua azione immunizzante, grazie alla quale l’organismo animale e quello vegetale divenivano autosufficienti nell’adattarsi all’ambiente, nel riprodursi e nel dare risposte massimamente esatte o adeguate ai tanti stimoli del loro mondo esterno. Ma un'azione del genere principalmente metteva i suddetti organismi in condizione di opporre una valida difesa ai germi patogeni che tentassero di aggredirli e di insidiarne l’integrità fisica. L'istinto suscitava una simile autosufficienza in un qualsiasi organismo vivente, indipendentemente dalle sue proporzioni e semplicemente restandovi immanente.

Senza dubbio doveva trattarsi di una presenza istintiva parecchio agguerrita sotto diversi aspetti, ma anche germinativa di campi di forza speciale. Questi ultimi corroboravano le azioni progressiste ed innovatrici dell’intimo, ma anche cercavano di neutralizzare quelle lesive dei microrganismi che vi erano penetrati clandestinamente, vivendovi in seguito come ospiti affatto desiderati. Comunque, la sua immanenza lo rendeva, nei confronti del medesimo organismo, parte integrante, inscindibile ed abbastanza reattiva. Soprattutto non bisognava dimenticare che l’istinto rappresentava pur sempre una circostanza reale non rilevabile in nessun caso dal suo intimo, là dove quest’ultimo esisteva con la propria presenza utile e preziosa. In questo modo, si andavano delineando nettamente i confini esistenti tra il campo di azione dell’intimo e quello dell’istinto. Di conseguenza, si gettavano anche le premesse che fissavano le attribuzioni e le competenze dell’uno e dell’altro, ovviamente ciascuno nel proprio ambito esistenziale.

L'opera esclusiva dell’intimo si effettuava nel campo degli stimoli percettibili dalla coscienza e si adoperava per assicurare loro delle risposte razionalmente opportune e significativamente valide. La propria stessa peculiare percettività gli permetteva di presiedere a tutte quelle attività biopsichiche ed intellettive, che esso si trovava ad esplicare egregiamente in ogni momento della sua esistenza. In verità, lo scopo precipuo della sua attività percettiva era quello di soddisfare tutto un processo interiore. Il quale era intento ad evadere il più gran numero possibile di reazioni-risposte, che gli aveva sollecitato il mondo esteriore. Tutto questo, in seguito ad una serie di impulsi-stimoli, che tendevano a perseguire in esso l’autoapprendimento e l’autoperfezione.

L’istinto invece svolgeva la sua opera, destreggiandosi senza interruzioni tra varie attività appartenenti a due settori molto diversi l’uno dall’altro. Quelle del primo settore operavano all’interno dell’intimo e la loro azione partecipativa si limitava soprattutto a subentrare alla coscienza di esso, nei casi e nei modi già considerati. Mentre quelle del secondo settore operavano all’esterno dell’intimo e si specificavano principalmente nella loro funzione immunizzante, mediante la quale l’istinto tendeva a preservare l’organismo umano ed animale da una sua completa e definitiva estinzione. Ma, in modo particolare, mirava a difenderlo da qualunque altro accidente che si dovesse presentare a minacciarne la salute e la sopravvivenza. Quanto al ruolo delle attività del secondo settore, esso rimaneva ancora privo di indicazioni precise, in merito sia alle modalità del loro svolgimento sia ai meccanismi a cui ricorrevano per condurlo a termine. Da parte mia, non nutrivo alcun scetticismo, circa una chiarificazione delle une e degli altri, essendo certo che essa si sarebbe avuta in me a tempo debito ed avrebbe appagato ogni mia curiosità.

Pur non essendo ancora in possesso di tale utile chiarimento, alla fine mi bastò la sola consapevolezza di quella nuova importantissima funzione dell’istinto a risolvermi senza difficoltà il problema indicante il rapporto intimo-istinto, che già mi ero prefisso di approfondire in maniera più particolareggiata. Anzi, più che la sua funzione immunizzante, fu la nuova posizione dell’istinto, che da essa scaturiva, a chiarirmelo senza nessuna perplessità. Allora tale posizione mi fece comprendere che l’istinto rappresentava una situazione particolare di una forza oscura, che prendeva il nome di psiche. Essa, secondo il mio studio del momento, agiva in seno a tutti gli organismi viventi, fossero essi animali e vegetali; però, per molteplici motivi, badava a tenersi al di fuori della sfera del loro intimo. Perciò cercare di comprendere il rapporto intimo-istinto era lo stesso che penetrare la nuova entità psichica e coglierla nella sua espressione sia esistenziale che evolutiva, oltre che definirne i reali attributi e le diverse prerogative.

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