23-Il sogno e la memoria

Tanto l‘organismo umano quanto quello animale erano stati creati in modo da essere totalmente e sempre in attività, finché vita ci fosse stata in loro. Solo la morte vi avrebbe spento definitivamente ogni funzione vitale, sia fisiopsichica che intellettiva. Per questo, durante il loro sonno, non soltanto non era ipotizzabile immaginarli inattivi; ma nemmeno era possibile pensarli tali solo parzialmente o temporaneamente. Ossia, in una simile circostanza, non era permesso ad un suo settore isolato di cessare di funzionare neppure per un attimo. Per "funzionare", veniva inteso il continuare a produrre la risposta a taluni stimoli e a determinati bisogni vitali, tra cui la respirazione e la circolazione sanguigna. Inoltre, significava soddisfare vari altri fenomeni di natura psichica, come sentimenti e desideri, prendendo coscienza di tali importanti bisogni biologici e fisiologici, oltre che degli annessi fenomeni psichici complementari. Un fatto del genere faceva pensare che, mentre l’uomo dormiva, il suo intimo non restava inoperoso ed incapsulato nell’oblio della propria esistenza. Invece esso seguitava ad agire, sebbene gli stimoli alla sua azione non provenissero dal corpo e quest'ultima si svolgesse fuori della realtà e nell'inconsapevolezza di trovarsi ad esplicarsi nell'irrealtà. All’inverso di quanto poteva apparire, quindi, l’opera della coscienza dell'uomo non si arrestava, quando egli diventava preda del sonno o di qualche accidente cerebrale qualsiasi. Per cui veniva costretto ad interrompere ogni contatto consapevole con la realtà esterna a lui.

Così, non essendo possibile che un uomo potesse simultaneamente dormire ed essere sveglio per rendersi conto della sua realtà, ecco che alla sua coscienza veniva offerto un nuovo campo di azione, per tutta la durata del sonno o del trauma cerebrale da lui subito. Il quale le permetteva di continuare la sua opera di vigilanza e di presa visione in modo attivo ed efficace. Solo che questa volta la coscienza non operava nel mondo reale, l'unico che poteva essere registrato dal suo intimo; bensì in un mondo irreale, il quale poteva esistere nell'intimo unicamente a livello di desiderio o di ansia oppure di impulso represso.

Intanto che vi si spaziava e lo viveva, la coscienza non era neanche al corrente di quella irrealtà che le si presentava come una copia perfetta del suo mondo reale. Di regola, soltanto dopo il risveglio dell’organismo umano, essa ne prendeva atto, ossia constatava la irrealtà del suo vissuto notturno, ammettendo che lo stesso organismo fosse in grado di permetterglielo. Comunque, non sempre esso era in condizione di riprodurre, in tutto o in parte, quell’irreale lavorio della mente che corrispondeva al comune sogno. La fedele riproduzione onirica, come pure il lucido ricordo delle azioni e dei fatti che vi si svolgevano, derivavano alla coscienza dalla memoria. Questa andava interpretata come l’eccezionale facoltà dell’intimo, la quale gli consentiva di riandare ad alcuni tratti del suo passato prossimo o remoto. Questi, però, dovevano essersi dimostrati particolarmente significativi, se vi si volevano conservare con vivezza d'immagini e con dovizia di particolari. La memoria non rappresentava una sezione dell’intimo e neanche la si poteva considerare la depositaria della sua passata esperienza. Essa risultava una prerogativa dell’intimo che gli permetteva, in qualunque momento lo desiderasse, di fare un rapido tuffo nel suo passato. Invece più difficile, per il momento, mi diventava l’appurare da quale parte proveniva all’intimo la memoria e in che modo la stessa riusciva ad esprimersi in maniera così meravigliosa ed efficiente.

Prima, lo studio analitico dell’intimo dell’uomo non mi aveva fornito alcun dettaglio che potesse riferirsi al fenomeno mnemonico; né tanto meno aveva teso a spiegarmelo in un modo qualsiasi. Ma in seguito, a poco a poco, compresi che la memoria era un prodotto dello stesso istinto, il quale la faceva germinare direttamente nella coscienza dell’intimo. L’istinto, in quest'ultima, si trasformava in uno specchio retrovisivo, nel quale venivano riflesse le azioni del passato e quelle espletate a livello inconscio dalla coscienza durante il sogno. Quindi, bisognava ringraziare ancora l’istinto, se i tanti lungimiranti sguardi retrospettivi della memoria potevano aver successo in qualche modo. Comunque, non sempre l’istinto riusciva ad amalgamarsi con la coscienza dell’intimo con precisione e con vigoria di espressione. Esso, a dire il vero, nell'operare quell'amalgama, non solo si presentava differente da un individuo all’altro; ma anche si diversificava nei vari momenti dell’esistenza di ciascuno. Di conseguenza, pure la memoria ne risultava più o meno potenziata, a seconda dei singoli individui e dei molteplici momenti della loro esistenza. In merito, occorreva precisare che lo stesso materiale della memoria si mostrava variamente interessante ai suoi occhi. Ma, in quella diversità di interesse, il fattore tempo non c’entrava affatto, poiché alla base di essa ci stava una più o meno predilezione verso tale materiale, da parte della coscienza.

Dopo essermi reso conto che il sogno era obbligato ad esserci in tutti gli esseri forniti di coscienza, passai a studiarlo nella sua esplicazione e nei vari suoi rapporti con la realtà dell’intimo e con l’istinto stesso, il quale si dimostrava il suo esclusivo attivatore. A proposito dell’istinto, cercai subito di comprendere come avveniva da parte sua la presa di comando dell’intimo, naturalmente quando a quest'ultimo capitava di rimanere privo della propria coscienza. Ma volevo anche capire se la memoria contribuiva in un modo qualunque alla creazione dei suoi prodotti irreali. Perciò mi accinsi alacremente ad approfondire entrambe le cose, desiderando acquisirne la più piena e la più profonda conoscenza possibile.


Il sogno, dunque, altro non era che la continuazione dell’intimo a vedersi esistente, completamente ignaro che quella sua nuova esistenza non era più il prodotto reale del suo corpo. Al contrario, era un qualcosa di fittizio elaborato dalla irrealtà, la quale, servendosi dei mezzi ingannevoli a sua disposizione, faceva di tutto per apparire verosimile. Ma se la sua esplicazione si attuava in toto in un mondo tutt’altro che reale, c’era da considerare il fatto che il sogno sgorgava da un contenuto e da un vissuto. Questi erano da stimarsi radicati intimamente nel reale, per cui permettevano all’intimo di non smarrire la sua vera identità. Per la qual cosa, in tale artefatta immagine della realtà, il suo continuare ad identificarsi senza errori risultava il solo fatto reale. Quanto al contenuto del sogno, senz’altro irreale nella sua forma espositiva, esso derivava sicuramente da un vissuto reale dell’intimo, il quale poteva risultare anche non registrato dalla sua coscienza, almeno a livello di presa visione. Infatti, certe volte poteva anche capitare che nella coscienza dell’intimo vi trovassero posto situazioni o impressioni totalmente ignorate da essa. La loro constatabilità si aveva soltanto attraverso la messa in opera della memoria involontaria, ossia di quella memoria che si metteva a funzionare, esclusivamente quando la coscienza era assente e non quando essa cercava volontariamente di rievocare un ricordo soggettivo connesso ad una particolare carica emotiva.

Abbastanza spesso, attraverso il sogno o altre analoghe situazioni provocate, si risvegliavano vari impulsi repressi oppure frustrazioni latenti, apparentemente inesistenti nella coscienza umana. Gli uni e le altre finivano con l’assumere le forme più variegate nel contesto e nella struttura del sogno, fino a crearvi alcune situazioni terrificanti e visioni spettrali. In linea di massima, però, il contenuto del sogno presentava attinenze, analogie e concomitanze con il vissuto della coscienza dell’intimo. Inoltre, esso rivelava gli stessi sintomi, era motivato da esigenze affini, veniva promosso dalle medesime cause, produceva gli identici effetti e mirava a scopi comuni. Ovviamente, a determinare tutto ciò senza dubbio contribuiva la memoria nella sua duplice forma, cioè volontaria ed involontaria. Così, durante lo svolgimento del sogno, essa rimaneva a completa disposizione dell’istinto, divenendo l’artefice principale dei suoi prodotti immaginari, plasmandoli nei luoghi, nei tempi e nei modi da essa desiderati.

Se poi veniva considerato il fatto che la memoria involontaria, diversamente da quella volontaria, si presentasse attiva ed intensa negli esseri animali, facilmente se ne arguiva l’intera forza di azione che essa imprimeva nel sogno di un qualunque individuo, dominandolo e trascinandolo in ogni sua più subdola irrealtà. Il sogno, naturalmente, costituiva la sua più tipica manifestazione, cioè quella che maggiormente dava modo ad essa di scandagliarvi le sue brame più recondite ed artificiose. La memoria involontaria, infatti, non poteva trovare un terreno più fertile di quello che il sogno metteva a sua disposizione. In un terreno simile, attivando di continuo macchinazioni fantastiche, inconcepibili e senza limitazioni di sorta, essa riusciva a far germogliare candide ed amene irrealtà, ad attuare in modo irrealistico i progetti più macchinosi ed assurdi. Ma soprattutto era in grado di coltivare sensazioni ed illusioni di un fascino stupendo e di prospettare a volte perfino alcune rivelazioni premonitorie.

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