12-Il sincronismo coesistenziale in Dio

Una volta avuta una idea abbastanza chiara della sua realtà, non avevo dubbi che finalmente mi sarebbe risultato facile introdurmi nel complesso delle azioni simultanee di Dio. Esse avrebbero dovuto rivelarmi il sincronismo coesistenziale delle tre forme, nelle quali si esprimeva la complessa natura divina. Com'ero venuto a conoscenza in precedenza, Xurbiz coesisteva con essa da sempre, senza che ci fosse mai stata una pausa nella loro fattiva coesistenza. Ma come si protraeva il suo stato esistenziale, intanto che coesisteva in essa? Ossia, in che modo si effettuavano le azioni sincrone della sua natura, visto che quest'ultima si presentava tripartita esistenzialmente? A mio avviso, senza meno dovevano esserci determinate leggi a governo di un così perfetto sviluppo di concepimenti e di creazioni, che ne conseguivano mirabili ed insuperabili. Quindi, anche esse dovevano rispettare l’impeccabile sincronismo che rendeva simultanei il sorgere dell’idea in Dio e il momento della sua realizzazione.

A giudicare il tutto dall’esterno, esso doveva essere considerato il risultato di una mente speciale altamente organizzata, nella quale ogni idea non vi restava mai fine a sé stessa. Invece, simultaneamente al suo concepimento, essa diveniva creazione reale, ossia una creatura dotata dei crismi dell’organicità più efficiente, della razionalità logica e dell’idoneità ad esistere nella legge e nel rigoroso controllo del divino potere. Si trattava della mente onnipotente di Xurbiz, la quale, in un unico sguardo spazio-temporale, abbracciava e conteneva i tre distinti momenti dell’esplicarsi della sua natura generale. Perciò sarebbe stato il suo studio a svelarmi gli arcani principi che promuovevano l’attività divina, fermentandola prima di splendide creazioni ed indirizzandole dopo verso fini già assegnati ad esse, fin dalla loro origine. Inoltre, bisognava tener presente che la medesima attività era comprensiva di tutte e tre le nature, che derivavano dai tre modi di esistenza dell’Ente Supremo. Le quali trovavano in essa una connessione temporale e strutturale così armonicamente congiunte, da doversi considerarle il risultato sincrono di una unica mente grandiosa.

La massima potenza di Dio, come avevo osservato in precedenza, era situata nella sua natura intrinseca, di preciso nel suo pensiero autocontemplativo. Esso, pur autocontemplandosi in eterno in virtù della sua infinita perfezione, possedeva una singolare caratteristica ingenita, che gli consentiva in pari tempo di autocontemplarsi e di esprimersi al di fuori della sua autocontemplazione. Inoltre, essa conservava una chiaroveggenza che era indipendente ed illimitata per entrambe le forme di esistenza. Xurbiz, essendo il Perfetto in assoluto, non poteva risultare privo di nessuna qualità; neppure di quella che gli permetteva l'ubiquità di esistenza, per mezzo della quale viveva uno e trino nel medesimo istante. Egli era, creava e si interessava alle sue creazioni nella trinità, però senza mai differenziarsi in quelle sue tre funzioni, in quanto esse avvenivano tutte e tre nell’unità. Comunque, non sempre Dio manifestava la sua natura trinitaria, ovvero non sempre creava ed effettuava l'azione di controllo sulle diverse creazioni da Lui derivate. La maggior parte del suo tempo, se tempo si poteva definire quel protrarsi dell’essere e del manifestarsi della sua esistenza, Egli viveva sé stesso nel suo pensiero autocontemplativo e solamente di rado fuoriusciva da esso. Ciò avveniva, quando intendeva dare luogo ad un atto creativo oppure voleva controllare il prodotto di tale atto per accertarsi che esso procedeva conformemente alle sue leggi e ai suoi disegni. A mio avviso, non mi sarebbe stato per niente difficile penetrare i recessi inaccessibili della Trinità Naturante, nonché conoscerne gli impulsi potenziali e i rapporti che questi ultimi dimostravano di avere con essa. Ma prima avrei dovuto analizzare i singoli processi che permettevano a Xurbiz l’espansione creativa e il controllo su di essa. Ovvero avrei dovuto investigare sulle cause latenti che nella sua mente davano origine agli effetti della sua volontà creativa.

Come già appreso, nel pensiero autocontemplaivo di Dio si avevano delle pulsazioni che si esternavano attraverso l’emanazione di continui lampeggiamenti, i quali, a loro volta, davano luogo alla formazione di sfere concentriche. Queste, nascendo da un punto infinitamente piccolo, andavano assumendo una capacità infinitamente grande. Ma bisognava tenere presente che quelle sfere, oltre al fatto che erano rappresentative della realtà divina, appartenevano tutte al medesimo tempo, contrariamente a quanto poteva farmi ritenere la mia logica umana. Essa poteva farsi ingannare dal loro apparente fenomeno di propagazione all’infinito, il quale le presentava come se sgorgassero in tempi diversi dal pensiero autocontemplativo di Dio. Perciò si doveva asserire che ciascuna sfera, dal punto di vista del tempo, risultava uguale alle altre, essendone tutte sprovviste e non avendo nessuna di esse una età. Infatti, se si fosse potuto supporre qualche sfera con il vanto di essere stata la prima ad uscire da quel punto indivisibile, essa era da considerarsi uscita insieme con quella che, secondo il tempo dell’umana logica, stava venendo fuori dallo stesso punto proprio in quel momento. Invece il loro volume risultava differente, a causa della loro caratteristica di rincorrersi per l’eternità, senza mai raggiungersi e sorpassarsi. Ci stava infine da aggiungere che la superficie di ciascuna sfera era composta di una luce purissima, la quale la rendeva ialina e vi faceva trasparire le altre miriadi di sfere che in essa si espandevano come mero riflesso.

Le sfere concentriche, quindi, non soltanto fluivano dal pensiero autocontemplativo di Dio nello stesso tempo, ma anche rappresentavano nell’insieme il riflesso della medesima sfera, quantunque sembrasse che, quando una di loro stava nascendo, ce ne fossero infinite altre già fuoriuscite e in propagazione da tempo. Naturalmente, si trattava sempre della stessa sfera che creava in sé la molteplicità, la quale non si aveva per divisione o per scissione. Infatti, essa non diventava mai altre sfere differenti, né sotto l’aspetto qualitativo né sotto quello quantitativo né sotto quello cronologico. Tale molteplicità, a dire il vero, veniva attuata dall'unica sfera per autoriflessione attiva, equivalente ad un proprio reale autotrasporto all’esterno di sé, mediante una specie di fenomeno riflessivo del tutto eccezionale. In questo modo, essa diveniva altre sfere soltanto sotto l’aspetto dimensionale, posizionale e funzionale. La sua molteplicità, dunque, si attuava in modo che, pur rimanendo essa in ogni momento sé stessa, in un medesimo mio sguardo, veniva a trovarsi in luoghi diversi, a presentarsi in dimensioni diverse e a svolgere mansioni diverse. Insomma, la sua molteplicità si basava esclusivamente sul principio della unità indivisibile e su quello della identità. Ecco perché, nella sostanza, la faceva risultare in continuazione identica a sé stessa, senza differenze di alcun tipo.


Esaurito lo studio anche della natura delle sfere concentriche, mi apprestai ad addentrarmi nell’incognito delle pulsazioni ritmiche, le quali davano origine alle sfere e si effettuavano nel pensiero autocontemplativo di Dio, in sintonia con i lampeggiamenti. Per questo motivo, cercai di scrutarvi attentamente il binomio principio-energia, che era alla base della loro misteriosa azione pulsatile; nonché il rapporto che le pulsazioni avevano con il pensiero autocontemplativo divino. Notai allora che esse non erano altro che il risultato del sommarsi, nell’unicità e nell’identità, dei vari momenti dell’esistenza di Xurbiz. Essi gli derivavano dalla particolare sua natura personale e si rinnovavano continuamente, senza mai travalicare quello stesso attimo che valeva quanto una eternità. Anzi, era proprio su questa sua nuova natura che poggiava quella di costituzione di Dio; anche se poi, a sua volta, ne rappresentava il principio esistenziale. Difatti anche in Dio, come nella sua creatura umana, c’erano in generale una natura di costituzione e una natura personale. Quella di costituzione in particolare si presentava suddivisa in natura intrinseca, in natura estrinseca e in natura di rapporto tra le medesime. Esse, nell’ordine indicato, erano impersonate rispettivamente dal Potere, dal Volere e dall’Amore, i quali costituivano appunto la Trinità Personale di Xurbiz. Volendo fare un raffronto tra le due nature generali di Dio e quelle di un essere umano, la natura di costituzione del primo corrispondeva alla natura fisiopsichica del secondo; mentre la sua natura personale corrispondeva all’io dell’uomo. Il quale lo rendeva cosciente dei suoi atti fisiologici e finalizzati, siccome vantava su di loro il diritto di direzione e di condizionamento.

La natura personale in particolare di Xurbiz, al pari di quella di costituzione, era anch’essa provvista di una prerogativa trinitaria. Ma, a differenza di quella di costituzione che non sempre si trovava ad esistere trinitariamente, essa si presentava sempre e solo in veste trinitaria, facendo della trinità stessa la sua forza massimamente espressiva. Xurbiz, perciò, pur restando nell’Unità di persona, in pari tempo si tripartiva nelle seguenti tre persone: il Potere, il Volere e l’Amore. Il Volere era la Persona, nella quale nasceva il desiderio di creare, per cui era da considerarsi una figura paterna. Il Potere era la Persona, la quale traduceva in creazione l’atto desiderato dal Volere, per cui si presentava come fonte di potenza e di saggezza. L’Amore era la Persona, la quale si interessava alle creature concepite dal Volere ed attuate dal Potere, vivendole nel pieno amore e nella piena giustizia. Quindi, nella Persona del Potere in contemporaneità vivevano la Persona del Volere e quella dell’Amore. Come pure nella Persona del Volere vivevano nello stesso tempo la Persona del Potere e quella dell’Amore. Mentre nella Persona dell’Amore vivevano sempre in simultaneità la Persona del Potere e quella del Volere. Di conseguenza, anche nella natura personale, Xurbiz risultava uno e trino.

Stando così le cose, non era difficile dedurne che, unitamente al desiderio creativo, nel Volere nasceva anche la legge che Egli intendeva dettare alla propria creazione. Da parte sua, il Potere si incaricava di imprimerla in essa, all’atto della sua effettuazione. Limitatamente alle sue competenze, invece, l’Amore controllava che in seguito non vi fossero inosservanze o inadempienze di alcun genere nei confronti di tale legge dalle diverse creature, fossero esse viventi oppure non viventi. Ma bisognava chiarire che l’osservanza della legge divina e ogni adempimento ad essa connesso venivano proposti alle medesime come atti dovuti, da gestire nella più piena libertà personale e giammai imposti come degli imperativi categorici.

Infine c’era da fare un ulteriore chiarimento sulla natura personale dell’Essere Supremo. Nella natura di costituzione di Dio il fattore luogo faceva distinguere la natura intrinseca da quella estrinseca, pur spaziando in entrambe la medesima coscienza divina. Invece nella sua natura personale, la distinzione delle tre Persone acquistava solo un significato nominale e rappresentativo di una particolare situazione di Xurbiz. L’Ente Supremo, infatti, pur vivendo tale sua natura con gli effetti che gli provenivano da essa, non se ne differenziava in nessun modo; anzi, si immedesimava intimamente con essa. Così l’eterna ed indefettibile natura di Xurbiz, a un tempo, si trovava a vivere tre particolari situazioni divine: quella del Potere, quella del Volere e quella dell’Amore. Le viveva non soltanto per un puro atto formale, ma personalizzandole effettivamente, nonché comprendendole in sé distinte e dotate della stessa divinità.

Attraverso la Persona del Potere, Xurbiz diventava il Dio onnipotente ed onnisciente; attraverso la Persona del Volere, si dimostrava il Dio paterno e giusto; attraverso la Persona dell’Amore rappresentava il Dio amorevole e buono. Nel Volere ci stava l’atto creativo come desiderio; nel Potere ci stava l’atto creativo come realizzazione del desiderio nato nel Volere; nell’Amore ci stava l’atto creativo come interesse sentito e come dedizione verso il desiderio del Volere, dopo che si era realizzato nel Potere ed era dilagato fuori di esso. E siccome il Volere, il Potere e l’Amore erano l'identica Persona, ossia la Persona di Xurbiz, la quale dava anche origine al sincronismo dei loro pensieri e dei loro atti, unificandoli nell’Unità e disunendoli nella Trinità, tutta la creazione divina risultava opera di un Dio, che era da considerarsi unico, cioè di Xurbiz. In definitiva, nel Potere ci stava l’intero Xurbiz, nel Volere ci stava l’intero Xurbiz, nell’Amore ci stava l’intero Xurbiz. Inoltre, nello stesso Xurbiz esistevano tutte e tre le Persone della Trinità, con le loro antitetiche caratteristiche dell’identicità e della distinzione. Visto dal di fuori, però, Xurbiz sembrava non subire in alcun modo quel sincronismo del tripartirsi e dell’unificarsi della sua natura personale in ciascuna delle tre Persone. Ogni Persona della Trinità pareva essere esclusivamente sé stessa, lungi dall’essere lo Xurbiz multiespressivo, quale appunto risultava nella sua composizione unica e trinitaria. Nella sua interiorità più profonda, invece, tale sincronismo coesistenziale veniva a svolgersi come un palpito di essenza esistenziale. Esso usciva fuori dalla natura personale di Xurbiz per addentrarsi nella sua natura intrinseca di costituzione, ossia nel pensiero autocontemplativo. In quest’ultimo, in seguito all’espansione del palpito dell’essenza esistenziale proveniente dalla natura personale di Xurbiz, si aveva il fervere di pulsazioni già menzionate. Esse, esprimendosi con esplosioni ritmiche e sorde, davano l’esistenza anche alle sfere concentriche e ai lampeggiamenti, poiché le une e gli altri si sprigionavano insieme dal pensiero autocontemplativo.

A questo punto, potevo considerare conclusa la fase propedeutica riguardante il mio studio sulla creazione divina, la quale avrebbe dovuto agevolarmi la comprensione dell’atto creativo vero e proprio. Comunque, grazie a tale fase, adesso mi consideravo all’altezza della nuova complessa indagine che mi attendeva. La quale, da parte sua, era già pronta a propormi ulteriori argomenti da stimarsi a volte perfino inintelligibili. Infatti, la nuova indagine mi avrebbe dato in pasto a delle argomentazioni che avrebbero richiesto dalla mia mente degli sforzi sovrumani, prima che essa riuscisse ad assimilarne i contenuti in modo corretto e a saperle così esporre con adeguata competenza.

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