LA CICALA E LA FORMICA

Si era nel cuore dell'inverno
e ovunque il rigido freddo
imperava incontrastato e pungente,
attanagliando nella sua morsa
gli esseri viventi più disparati,
fossero animali o vegetali.

Neppure della frivola cicala
aveva esso risparmiato la casa,
sulla quale per la penuria di cibo
incombeva lo spettro della fame,
che costringeva la poveretta
a lunghi digiuni e a notti insonni.

Si ricordò poi il famelico insetto
che nella calda stagione estiva,
mentre esso si dava spensierato
alle sue stridenti esibizioni canore,
senza mai smettere la formica
faceva la sua ingente scorta di cibo.

Perciò, sicura che il suo nido
era provvisto di ogni ben di Dio,
decise infine la cicala di fare
una visita al rossiccio esapode
per avere da lui qualche avanzo
e smettere così di soffrire la fame.

Quando però essa ebbe finito
di farle la sua lagnosa richiesta,
descrivendole bene nel contempo
la sua commiserevole situazione,
senza muoversi a pietà di lei,
le domandò la saggia formica:

"Mi vuoi dire, mia cara, cosa facevi,
intanto che io per l'intera giornata
incessantemente ero solo intenta
a riempire di provviste il mio nido,
incurante del caldo e della pioggia
e lavorando sodo come una schiava?"

"Lo sai anche tu - fu la sua risposta -
che la stagione m'invitava a ben altro,
anziché mettermi a sfacchinare duro
sotto un sole che pareva una fornace;
per questo trovavo più rilassante
dedicarmi tra i rami all'ozio e al canto."

Impietosa allora le obiettò la formica:
"Se queste sono le uniche tue ragioni,
per cui incautamente durante l'estate
preferisti oziare e anche cantare,
adesso mi sento in dovere d'invitarti
a spassartela col ballo e col digiuno!"

Dalla risposta che l'accorta formica
ha dato all'indolente e incauta cicala,
possiamo trarre il seguente precetto:
se prima non ci adoperiamo per esso,
non possiamo pretendere dopo
che sia tutto roseo il nostro avvenire!