97-I SOGNI DI IVEONTE COINVOLGONO ANCHE LERINDA

Proprio come aveva sospettato Iveonte, Lerinda stava trascorrendo delle giornate maledettamente nere. Pure a lei di notte succedeva di vivere gli stessi sogni che faceva lui, partecipandovi con altrettanta bramosia amorosa. Ma erano stati i postumi del primo sogno quelli che l'avevano avvilita ed abbattuta in modo tremendo, dopo avere inferto al suo spirito un colpo brutale. Perciò ci conviene riandare agli allucinanti momenti che ella aveva vissuti con una drammaticità inaudita a causa di tale colpo. Così ci renderemo conto del pietoso stato in cui la poveretta era venuta a trovarsi, dopo l'inconcepibile scoperta.

Nella mattinata che era seguita alla notte in cui c'era stato il primo sogno, la sua nutrice, com'era abituata a fare ogni giorno, si era presentata nella camera di Lerinda. La quale se la dormiva ancora profondamente nel suo tiepido letto. Intanto che si dava a spalancare le imposte della finestra, Telda aveva gridato alla sua giovane principessa:

«Su svégliati, mia illustre dormigliona, perché quest'oggi hai fatto fare tardi! Non mi dire, pigrona, che vorresti restare a letto a dormire come un ghiro fino a mezzogiorno! Invece devi sapere che il sole è già alto nel cielo e brilla splendente dappertutto! Perciò è un male per te trascorrere l'intera mattinata, restandotene a poltrire senza riuscire a combinare un bel niente! Mi hai ascoltata, mia benedetta principessa?»

Sentendosi schiaffeggiare dall'intensa luce, la quale proveniva dall'esterno attraverso la finestra spalancata, Lerinda era riuscita ad aprire appena le palpebre. Poco dopo, però, essendosi liberata dalla coltre e dal lenzuolo che la coprivano, ella, che non si era svegliata del tutto, si era messa a sedere sopra il letto. Sbadigliando poi con gli occhi socchiusi ed affamati di sonno, la ragazza aveva incominciato a sgranchirsi, facendo volteggiare le braccia nell'aria ed allungandole il più possibile in ogni direzione. Intanto che eseguiva tali movimenti, vari sbadigli seguitavano ad imperversare sulla sua bocca aperta al massimo. Anzi, ella mostrava una certa malavoglia nel decidersi a buttarsi giù dal letto. Poco dopo, mentre si sforzava di vincere la sua sonnolenza, si era rivolta alla nutrice e le aveva detto:

«Telda, stamattina mi sento infinitamente felice! Ti posso asserire che sono in preda a momenti stupendi ed incantevoli! Non mi sono mai sentita come adesso, poiché sto assaporando delle sensazioni indescrivibili, come se una miniera di gioia si fosse riversata nel mio animo! Vuoi che te ne spieghi la ragione? Ebbene, stanotte ho fatto un sogno da favola! Se mi prometti di non arrossire e di non scandalizzarti, intanto che te lo racconto, sarò ben lieta di fartene un resoconto completo e dettagliato. Allora, mia cara, gradisci sì oppure no che io te ne parli? Se sei contraria, basta dichiararmelo. Così dopo cambierò discorso!»

A quella richiesta della principessa, la quale le era sembrata più una espressione ingiuntiva che non un semplice invito con accoglimento facoltativo, la donna si era affrettata ad entrare nella sua alcova. Quando infine si era posta a sedere di fronte a lei sopra uno sgabello foderato di velluto, ella si era data a parlare alla ragazza in questo modo:

«Se proprio ci tieni a raccontarmelo, Lerinda, eccomi ad ascoltarti tutt'orecchi. Ma non illuderti di mettermi in imbarazzo con il tuo sogno di stanotte! Sappi che, prima che tuo fratello Raco mi assumesse come tua nutrice, a Casunna esercitavo la professione di levatrice. Quindi, puoi immaginare quante creaturine ho aiutato a venire al mondo nella nostra città! Inoltre, allo scopo di convincerti che dico sul serio, ricòrdati che, sebbene io sia rimasta zitella, non mi sono mancate affatto svariate esperienze sessuali, che non sto qui ad elencarti una per una, essendo una donna molto riservata! Dopo averti detto quanto avevo da farti presente, puoi cominciare a riferirmi ogni cosa del tuo grandioso sogno!»

«Riguardo alle tue citate esperienze, Telda, di certo non oso metterle in dubbio! Se lo vuoi sapere, rammento ancora nitidamente quel giorno, quando ti sorpresi a letto con mio fratello Cotuldo. Credevi che non ne fossi al corrente? A quel tempo, benché avessi appena otto anni, non mi fu difficile comprendere le cose che stavate facendo voi due quel pomeriggio. Tenendovi avvinghiati l'uno all'altra completamente nudi, mica potevate fare qualcos'altro che non fosse ciò che pensavo! Tu ansimavi, mugolavi e ti dimenavi tra le braccia del mio germano, proprio come se fossi una vera cagnetta in calore, presa com'eri dalla tua smania amorosa! Sai una cosa? In passato, ho avuto sempre una gran voglia di farti sapere che ne ero a conoscenza. Ma oggi mi hai dato la giusta occasione per palesarti che non ero all'oscuro di quella tua esperienza di tanti anni fa. Ad ogni modo, mia cara, non devi assolutamente considerare un rimprovero ciò che ho voluto rinfacciarti in questo momento! Intese?»

La sua nutrice, sentendosi dire in faccia quelle impudicizie in maniera particolareggiata dalla giovane principessa, anche se in effetti la ragazza non aveva inteso rimproverarla, lo stesso se ne era vergognata, diventando rossa in viso come un peperone. Cercando poi di non darlo a vedere e desiderando anche distrarla da tale disdicevole episodio del suo remoto passato, ella aveva voluto interromperla subito, dandosi a dirle:

«Ma non dovevi farmi un resoconto del tuo sogno, principessa Lerinda, oppure te ne sei già dimenticata? Se poi ci hai ripensato e non vuoi più parlarmene, me ne ritorno immediatamente a fare i mestieri domestici, che avevo già iniziato. Dovresti sapere, bella mia, che essi sono tanti e mi tengono occupata con fatica fino a mezzogiorno!»

«No no, non andartene, mia cara Telda, e resta qui con me! Scusami se poco fa ti ho messo in grande imbarazzo; ma devi sapere che il mio non voleva essere un gratuito rinfaccio. Intendevo soltanto dimostrarti che non mettevo in dubbio le tue trascorse esperienze sessuali! Perciò, con il ricordo della tua tresca avuta con il mio fratello maggiore, lungi dal sottintendere una mia malignità bella e buona, avevo in mente di farti semplicemente uno scherzo innocente! Adesso, però, passo subito a riferirti il mio dolcissimo sogno, il quale ti piacerà e anche ti ecciterà!»

«Allora sbrìgati, mia viziata ragazza, perché, diversamente da te, non ne ho di tempo da perdere, non essendo io una principessa come te! Non credi che, dopo averti ascoltato, mi ritroverò ancora con tutti i mestieri da portare a termine? Mica ho la bacchetta magica, per farla lavorare al posto mio! E poi, se l'avessi, non la userei di certo per fare i mestieri più velocemente! Invece le chiederei di farmi diventare una regina. Così dopo sarei una donna più importante e più illustre di te!»

Sollecitata dalla nutrice, Lerinda, senza perdere altro tempo, si era messa a raccontare la sua salace esperienza onirica, convinta che la matura donna l'avrebbe ascoltata con piacere. Così aveva iniziato a dire:

«Ebbene, Telda, quando ha avuto inizio il mio sogno, io mi trovavo già abbracciata al mio Iveonte. Entrambi nudi, ci rotolavamo sopra un esteso prato verde, intanto che ci stringevamo, ci palpeggiavamo, ci baciavamo e ci accarezzavamo. Così permettevamo alla nostra calda passione amorosa di sbizzarrirsi nelle forme più oscene e nei modi più licenziosi. Sembravamo due soggiogati dal sesso, insaziabili come ci mostravamo nel ricercare nuovo godimento e nel provare sensazioni di inaudito piacere. Tra noi due, non si parlava per niente; ma si preferiva unicamente amoreggiare, senza mai smettere e fino all'inverosimile. In preda com'ero al piacere che mi proveniva abbondante dall'amplesso, ne venivo estasiata e sfiancata allo stesso tempo. La stanchezza fisica, a quel delirio di carnalità, non poteva competere con l'eccitante ebbrezza dei sensi. Essa, in un certo senso, veniva a trovarsi in subordine; anzi, non riusciva neppure a farsi notare durante la nostra euforia sensuale. Perciò alla fine si dimostrava completamente inesistente.»

«Dici davvero, Lerinda, che stanotte hai fatto un simile sogno? Magari lo avessi fatto anch'io con il mio uomo! Ma con quale uomo, se nella mia vita privata egli non esiste né come marito né come amante!»

«Certo che l'ho fatto, Telda! Adesso, però, permettimi di andare avanti e di narrartelo per intero! Durante il nostro lascivo coito, più volte ho avvertito in me delle contrazioni orgasmiche piacevolissime, ineffabili ed indefinibili. Esse di continuo mi hanno immersa in un pazzo godimento, mandandomi in solluchero. C'è da far presente che, insieme con il godimento fisico, in me si registrava anche un appagamento sovrumano dello spirito. Il quale, in quella piacevole circostanza, pareva che prendesse il volo ed assurgesse alla massima beatitudine. In sintonia con il mio corpo materiale, lo sentivo compiacersene, gioirne e trarne le sensazioni più dolci e beatificanti. Io mi rendevo conto che, tra le due componenti della mia persona, ossia tra il corpo e lo spirito, si attuava una specie di immedesimazione trascendentale. Me lo confermava il fatto che in loro si manifestava unanime il consenso ad accettare e a perseguire quel sublime piacere che mi derivava dalla sfera sessuale del nostro organismo. Il quale era in fermento e non aspirava ad altro.»

Dopo aver terminato la descrizione della sua esperienza onirica, Lerinda, che si presentava ancora piena di entusiasmo e sommamente appagata, aveva aggiunto alla sua nutrice:

«Questo è stato il mio sogno, Telda. Non lo trovi anche tu bellissimo? Scommetto che uno uguale al mio non lo hai mai fatto! Darei chissà che cosa, pur di riviverlo nella realtà insieme con il mio Iveonte. Comunque, sono sicura che un giorno tra noi due un fatto del genere accadrà senza meno. Allora vivremo il nostro rapporto, allo stesso modo che ci siamo amati e goduti in questa benedetta notte!»

«Dài tempo al tempo, colombella mia. Come hai detto tu, prima o poi, il tuo sogno lo vivrai realmente. Vedrai che tale momento ti si rivelerà ancora più passionale e più travolgente dell'esperienza onirica da te vissuta stanotte! Lerinda, te lo garantisco io, che ho una certa esperienza in simili cose! Come già me ne hai dato atto, tu lo sai benissimo!»

«Più bello di così, Telda, è umanamente impossibile! Non immagini nemmeno minimamente con quale carica passionale e con quale potenza sensuale esso è stato vissuto da me e dal mio ragazzo. Ma che dico? Non so perché, ma mi è venuto spontaneo chiamare in causa anche il mio Iveonte, come se anch'egli vi avesse partecipato e ne avesse goduto, seppure irrealmente! Tu non ci crederai, ma sono quasi tentata di affermare che il mio fidanzato ed io abbiamo veramente vissuto insieme la nostra piccante esperienza onirica. Perciò oso credere che il nostro rapporto sessuale sia avvenuto nella realtà, in modo concreto! Ma può essere mai possibile un fatto di questo tipo, mia cara tata?»

«Adesso mi fai proprio ridere, principessa mia! Non starai mica parlando sul serio, riguardo all'incantevole esperienza che hai fatta questa notte durante il sonno! Devi convincerti che, durante i sogni, non si possono fare cose reali; né tanto meno le si possono fare realmente insieme con altri. Sarebbe bello per i due partner di un sogno sensuale svegliarsi al mattino con la consapevolezza di avere amoreggiato realisticamente con il compagno o la compagna! Ma hai mai sentito parlare di due persone che abbiano fatto insieme il medesimo sogno e se lo siano poi ricordato al mattino dopo? Ti assicuro che, da che mondo è mondo, non è mai successo un fatto del genere!»

Mentre la nutrice stava parlando in questo modo alla sua principessa, la quale rimaneva ancora seduta su una sponda del letto, costei, a un certo momento, aveva sollevato le ginocchia, allo scopo di appoggiarvi prima le braccia e poi, sopra queste, il mento. Così, dopo avere eseguito la flessione delle gambe, la ragazza aveva messo a nudo l'interno delle cosce, fino a mostrare la regione pubica e le adiacenti pieghe inguinali invase dalla peluria. In verità, quella sua posizione scomposta non aveva suscitato il benché minimo impaccio nella cinquantenne Telda. Lerinda, infatti, era solita mostrarle le proprie nudità e le proprie pudende, senza mai provare alcuna vergogna per la sua presenza, essendoci oramai abituata da tempo. Questa volta, però, se l'attempata donna non si era imbarazzata, come al solito, in lei neppure era mancato un allarmante stupore. Si era trattato di qualcosa che non l'aveva convinta, per cui non aveva perso tempo a chiedere alla sua nobile interlocutrice:

«Lerinda, non è stato forse cinque giorni fa che hai avuto le ultime mestruazioni oppure mi sto sbagliando?! Ma forse non ci sto più con la testa, dopo il sogno che mi hai fatto ascoltare! Magari sarà la vecchiaia a farmi funzionare male la memoria, obbligandomi a non ricordare più le cose come dovrei! Allora vuoi rispondermi, mia principessa?»

«Certo che le ho avute, quando tu hai detto, mia tata! Ti faccio presente che non ti sei scordata affatto della data delle mie precedenti regole! Ma vuoi spiegarmi perché mi hai fatto questa domanda?»

«Osservando l'interno delle tue cosce, ragazza mia, mi sono accorta che esse sono imbrattate di qualcosa, che è simile al sangue. E se il flusso mestruale qui non c'entra, mi chiedo cos'altro possa essere stato ad insozzartele come le scorgo in questo momento! Non possiamo parlare neppure di perdite vaginali, che hanno un colore ben differente!»

Mostrandosi alquanto preoccupata, Lerinda aveva divaricato al massimo entrambi gli arti inferiori per accertarsene di persona. Avendo poi anche lei constatato la presenza di sangue sulla zona interna di entrambe le cosce, aveva confermato alla sua nutrice:

«Hai proprio ragione, Telda: in quel posto, sono davvero tutta lorda di sangue! A dire il vero, esso è commisto ad un'altra sostanza viscosa; ma non riesco a comprendere di cosa si tratti. Temo che mi stia succedendo qualcosa di brutto, mia tata! Se non ti dispiace, perché non ci dai tu una occhiata approfondita da vicino, considerato anche il fatto che in passato sei stata un'ottima levatrice? Ti prego di farlo subito!»

Telda si era subito prestata ad accontentare la sua principessa, poiché ella, a un tratto, era stata presa da una forte agitazione. Quando infine aveva ispezionato minuziosamente il nudo sesso della ragazza, la donna prima si era stupefatta moltissimo. Un attimo dopo, invece, aveva dato in una esclamazione di sconcerto:

«Ahimè, principessa, qualcuno stanotte, in barba ai rigorosi controlli delle guardie notturne, è entrato nella tua camera e ha profanato il tempio della tua verginità! Non riesco però a rendermi conto come egli abbia fatto ad entrarvi di soppiatto e a ridurti nello stato in cui ti trovi in questo istante, senza fartene neppure accorgere! Se vuoi conoscere la mia opinione in merito, si tratta di un fatto assurdo ed inconcepibile!»

«Perché, in quale stato mi trovo adesso, Telda? Per favore, vuoi mettermi al corrente di ogni cosa? Avanti, non farmi stare tremendamente in pensiero, più di quanto non lo sia già! Non starai mica dicendo queste cose apposta, allo scopo di vendicarti, dopo l'inopportuno ricordo da me tirato in ballo questa mattina per puro scherzo?»

«Ti garantisco che non lo sto affatto dicendo per finta, ragazza mia! Anzi, te lo dico francamente: stanotte sei stata deflorata da qualcuno, per la qual cosa non sei più vergine! Sono convinta che il responsabile, il quale ti ha privata della illibatezza, ha agito da poco tempo. A mio avviso, la penetrazione c'è stata non più tardi di un'ora fa!»

«Quale assurdità mi vai affermando, Telda! Come fai ad essere certa che ho perduto la mia verginità? Così pure cosa ti fa essere tanto sicura che l'uomo, il quale mi avrebbe stuprata a mia insaputa, ha portato a compimento la sua azione defloratrice non più tardi di qualche ora fa? Ma sei proprio convinta di ciò che affermi? Potresti aver sbagliato la diagnosi, dal momento che nessuno può ritenersi totalmente infallibile!»

«Lerinda, è vero che l'infallibilità non è prerogativa di nessun essere umano; ma determinate affermazioni nascono dalla constatazione di fatti, che non sono opinabili. Il tuo imene, il quale adesso si presenta squarciato e sfrangiato, mostra strie di sangue ancora fresche. Un fatto del genere rappresenta una testimonianza più che eloquente della deflorazione da te subita. Inoltre, in base a tali prove, ho la certezza che l'atto sessuale, il quale ti ha carpito la purezza, è stato consumato da poco, probabilmente all'inizio dell'alba. Ma non è da scartarsi l'ipotesi che esso sia cominciato già prima e che poi possa essersi protratto per alcune ore. Come pure è possibile che il tuo partner notturno ti abbia inseminata più volte durante l'intero rapporto intimo. Anzi, senza ombra di dubbio, sono certa che l'ultima volta risale a non più di due ore fa! Ti sono stata abbastanza chiara, mia sventurata principessa?»

«Com'è possibile, Telda, che io non me ne sia accorta ed abbia continuato a dormire, intanto che qualcuno si divertiva a violentarmi e a privarmi della verginità? Allora senza meno sarò stata narcotizzata dal mio violentatore, prima di subire la sua violenza carnale, se non l'ho avvertita per niente, mentre essa veniva consumata sul mio corpo! Diversamente, non è spiegabile in alcuna maniera quanto mi è capitato!»

«Secondo il tuo racconto di prima, l'hai vissuta fin troppo l'altrui violenza, Lerinda! Può anche essere che sia stato lo stupro a farti sognare, facendoti rivivere nell'irreale visione onirica la reale esperienza sessuale, cioè quella che stavi avendo con lo sconosciuto stupratore. Ma non capisco come egli abbia fatto ad entrare nella tua camera, se la porta era ancora chiusa a chiave, quando stamattina sono venuta da te. Prima di entrare, l'ho aperta io stessa con la mia chiave personale. Invece la tua è rimasta lì, regolarmente appesa alla parete. Come mi rendo conto, prima nessuno te l'aveva sottratta e portata via. Questo è un altro fenomeno da non credersi; direi un vero mistero inesplicabile! A quanto pare, il tuo sogno si è materializzato, ti ha resa una sua reale protagonista, ti ha fatta partecipare ad esso in carne ed ossa. Ha sollecitato perfino la tua sfera sessuale, eccitandoti sessualmente, oltre ogni limite dell'immaginazione! Ma come è stato possibile un fatto del genere?»

«Non riesco a credere alle tue parole neppure un poco, Telda! Come fai ad esserne convinta? Perché doveva succedere questa cosa proprio a me? Me lo sai spiegare?»

«Altro che esserne convinta, Lerinda! Mi chiedo soltanto se anche l'altro protagonista del sogno, cioè il tuo Iveonte, abbia subito il medesimo trattamento e sia stato altrettanto forzato a prendervi parte, finendo per deflorarti con tutta la sua prorompente virilità. Lo spero tanto per te! Almeno, sapendo di essere stata più volte posseduta dalla persona da te amata, ti tranquillizzeresti, ti beeresti perfino dell'indimenticabile evento e te lo serberesti nell'animo, come la cosa più preziosa della tua vita! Ma poi il vostro rapporto si è svolto realmente così? Avrà anch'egli partecipato al tuo bellissimo sogno, allo stesso modo tuo?»

«Te lo assicuro, Telda: anche Iveonte vi ha preso parte senza meno! Vedrai che egli me ne darà presto conferma, non appena lo avrò incontrato e glielo avrò domandato. Sì, esclusivamente a lui potevo concedermi, come mi sono data questa notte al mio partner del sogno! Sì, solo stando insieme con lui, potevo farmi soggiogare dalla concupiscenza, alla quale mi sono spontaneamente asservita nella mia visione onirica! Soltanto al suo assedio voluttuoso e sfrenato, potevo arrendermi acquiescente e compiacente, nonché fargli dono della mia illibatezza! Se così non dovesse risultare, mi sentirei perduta e finita, distrutta in ogni senso. Perciò davanti a me, non vedrei altro sbocco che quello della mia rinuncia a questa vita terrena! Ecco come stanno le cose!»

«Può darsi che sia così, Lerinda. Ma ammesso pure per assurdo che la perdita della verginità ti sia derivata dal sogno, come potrai dimostrarlo al tuo Iveonte? Inoltre, in che maniera potrai convincerlo che non sei più casta, per il semplice motivo che egli ti ha deflorata durante un rapporto onirico? Mai nessuna persona, uomo o donna che sia, crederebbe ad una tale assurdità! A maggior ragione, non ci crederà il tuo caro Iveonte, il quale è il diretto interessato, quando cercherai di spacciargli il tuo sogno come un fatto accaduto sul serio! Per questo ti consiglio di andarci cauta con il tuo ragazzo, prima di palesargli il tuo sogno e di metterlo al corrente di quanto hai scoperto al tuo risveglio. Se egli non ti ha fatto da partner nella tua visione onirica e non ha vissuto la tua medesima esperienza, la tua rivelazione potrebbe avere un epilogo dai risvolti imprevedibili e altamente drammatici! Ad ogni modo, non lasciamoci prendere dal pessimismo totale e teniamo aperto in noi anche uno spiraglio di ottimismo. Del quale hai tantissimo bisogno, in questo frangente che ti è capitato la notte appena trascorsa!»


Le nuove parole della nutrice, le quali la invitavano ad essere molto prudente con il suo ragazzo e di andarci cauta, prima di sbilanciarsi troppo, avevano gettato Lerinda nella più cupa disperazione, nell'ambascia più mortificante e nell'avvilimento più totale e deprimente. Nella ragazza, subito dopo, era venuta a svanire l'emozione di prima, quella che l'aveva resa ebbra di gioia e l'aveva eccitata fino al delirio. Ogni suo tripudio di felicità, ogni sua esaltazione dell'animo, ogni sua euforia dei sensi, quella che ella aveva manifestato fino al parossismo, repentinamente in lei erano venuti prima ad affievolirsi e poi a smorzarsi totalmente, lasciandola nell'abbandono di sé stessa. Ella, ormai, si era spenta anche ai propri occhi, i quali non intendevano riconoscerla in nessun modo, solo perché non ravvisava più in sé la donna che era stata prima, ossia quella che era massimamente degna del suo adorato fidanzato. Il suo animo, perciò, aveva incominciato a vivere il tormento più terribile e drammatico, il travaglio più angosciante e pietoso, il patema più penoso e sconfortante. A procurarle un abbattimento psichico e spirituale così enorme, era stato soprattutto il timore che il suo amato Iveonte non avesse vissuto la sua medesima esperienza notturna insieme con lei, in una comunione di corpi e di spiriti. Per questo motivo, quindi, egli non avrebbe potuto comprendere in qualche modo la sua disavventura paradossale e logicamente inspiegabile.

All'improvviso, la poveretta si era vista trascinare in una esistenza, la quale adesso procedeva all'insegna del pessimismo totale e le faceva vedere tutto nero e fosco intorno a sé. In lei era balenata perfino l'idea del suicidio, pur di nascondere con esso all'innamorato la propria compromessa integrità fisica. Sebbene tale compromissione non fosse stata voluta da lei, essa lo stesso le era piombata addosso. Ma ora ella come avrebbe potuto spiegarla e giustificarla a lui con la sola logica umana, siccome era stata l'opera di una diavoleria a ridurla in quello stato?

In seguito, Lerinda aveva deciso di prendersi tempo, di rimandare a più tardi possibile l'incontro con il suo carissimo Iveonte. Nel frattempo, ella avrebbe cercato una soluzione, la quale si fosse presentata la più ragionevolmente accettabile. Ma per il momento le si profilavano davanti due sole alternative: o rivelare al più presto ogni cosa al suo Iveonte, confidando nella sua comprensione, oppure seppellire con sé nella tomba ciò che le era accaduto durante la precedente notte. In quest'ultimo caso, a suo parere, ella avrebbe risparmiato al proprio ragazzo sia una crudele delusione sia la conseguente grande disperazione. Inoltre, la principessa era convinta che l'accettazione della sua morte sarebbe stata per lui meno dolorosa che se fosse venuto a conoscenza del fatto che ella era stata disonorata da un altro uomo. Alla fine, divenuta preda di un'ambascia esacerbante, la quale penosamente veniva ad esagitare di più il suo animo e a renderglielo assai afflitto, l'infelice Lerinda, essendosene capacitata, si era rivolta alla sua nutrice e le aveva detto:

«Telda, voglio evitare di incontrarmi con il mio Iveonte, almeno fino a quando non avrò stabilito di farlo. Adesso, trovandomi in questo stato, non riuscirei a guardarlo negli occhi, senza provare una grande vergogna, senza sentirmi dentro del tutto sporca e distrutta. Per ironia della sorte, proverei tali cose per una colpa che sono sicura di non aver mai commessa, nonché per un torto che non gli ho mai fatto in vita mia!»

«Ma se più tardi egli verrà a cercarti, principessa, che cosa dovrò dirgli? Tu lo sai meglio di me che non basterà affermargli che non desideri vederlo, perché egli rinunci ad incontrarti ed abbandoni la reggia! Specialmente adesso che sono trascorsi tre giorni senza esservi incontrati, non sarà affatto facile farlo recedere dalla sua grande voglia di vederti! Allora consigliami tu come mi devo comportare con lui, quando il tuo ragazzo si ripresenterà a corte per incontrarti!»

«Telda, possiamo sfruttare la partenza di mio fratello Cotuldo per Casunna, la quale c'è stata ieri, dove è prevista una sua permanenza di una ventina di giorni. Perciò, quando egli si presenterà nella reggia per incontrarmi, gli riferirai che sono dovuta partire anch'io con lui, essendo io venuta a conoscenza che mio fratello Raco non stava tanto bene. Per tale motivo, per quasi venti giorni, dovrà accontentarsi di fare a meno della mia dolce compagnia. Invece dovrà compiacersi di altro, se non vorrà annoiarsi; oppure dovrà avermi con il solo pensiero, intanto che io non ritorni a Dorinda. Adesso, se non ti dispiace, amica mia, vorrei fare un bel bagno caldo, poiché ho tanto bisogno di rilassarmi e di liberarmi del sudiciume che mi appesta, dopo quanto mi è capitato!»

«Vado subito a prepararti l'acqua, principessa. Nel frattempo, non startene a preoccuparti più del necessario; vedrai che tutto si aggiusterà per il meglio! Stai tranquilla che, quando Iveonte verrà a trovarti e chiederà di te, gli farò presente esattamente ciò che mi hai suggerito tu. Così egli se ne andrà via senza adirarsi e senza che sorgano tante storie fra voi due! Ti prometto che farò come mi hai detto!»

Era stato in quel modo che la ragazza aveva evitato di incontrarsi con il suo eroe, cioè facendogli credere di essere assente dalla reggia e da Dorinda. Invece non altrettanto facilmente era riuscita ad eludere i successivi sogni, i quali avevano continuato a farle visita puntualmente ogni notte ed ogni volta alla terza ora del mattino. Ma se il luogo dello svolgimento di ciascuno di essi era variato in continuazione da una notte all'altra, il contenuto dei medesimi era rimasto pressoché identico. In ognuno, la celebrazione della sessualità aveva sempre raggiunto il parossismo più assoluto, aveva manifestato la libidine più eccitante ed ossessiva, aveva conosciuto l'attrazione più procace. Durante ogni sogno, la spirale della lussuria, dopo avere avuto il suo innesco subitaneo, era andata avanti per delle ore, senza conoscere soste e senza accusare cedimenti. Per questo aveva fatto sempre raggiungere ai due partner l'acme elettrizzante del godimento e del piacere. Invece al mattino, quando i bollori dell'ardente passione si erano estinti insieme con la fine del sogno, ogni volta Lerinda aveva dovuto rifare i conti con la realtà presente, la quale, puntualmente, le aveva sempre riservato le medesime sorprese. Al risveglio, infatti, ella si era ritrovata sempre con la vagina pregna di liquido seminale, quello che appunto vi aveva deposto chi le aveva fatto da partner nel sogno, fosse egli il suo Iveonte o chiunque altro avesse assunto le sue identiche sembianze. Tale fatto, presentandosi come una prova tangibile ed irrefragabile, aveva dimostrato che il coito fra lei ed Iveonte ogni volta effettivamente c'era stato.

Per la qual cosa, il fenomeno, che era parso svolgersi in un sogno irreale e che invece dava frutti reali, era venuto a strabiliare di continuo sia la ragazza che la sua nutrice. Le quali avevano seguitato a restarne, nello stesso tempo, assai sgomente e mortificate. Alcune notti, Telda aveva voluto addirittura vegliare accanto al letto della sua principessa, essendo sua intenzione cercare di comprendere che cosa in effetti succedeva durante le ore notturne. Ma ella, al momento che la ragazza veniva rapita dal suo sogno, era stata puntualmente sorpresa da una sonnolenza irresistibile. Per tale ragione, non si era mai potuta accertare di come esso si compiva e della persona che sostituiva Iveonte nel loro rapporto intimo. Ciò aveva convinto la nutrice di Lerinda che i suoi sogni potevano essere soltanto opera di una divinità, che non le permetteva di scoprire la verità sugli assurdi sogni, a cui stranamente era soggetta la sua principessa. Al di là di tale problema, il quale poteva essere comprensibile, ella non riusciva a rendersi conto del perché essa li inviava alla ragazza e la metteva in grandissimo disagio, non sapendo la poveretta se rallegrarsene oppure dispiacersene. Così, restando ancorata a tale convinzione, l'anziana donna si era acquietata alla meglio.