87°-I DUE RITI DOVUTI ALLA DISUBBIDIENZA DI IRCOS

Nella tarda mattinata del quarto giorno, Kodrun e Nurdok, ciascuno con il proprio corteggio, si mossero dai rispettivi accampamenti. Dopo cinque minuti di cavalcata, essi giunsero al campo del torneo, il quale era il luogo dove erano da svolgersi le quattro gare. In esse, i loro guerrieri migliori dovevano affrontarsi per decidere le sorti dei loro popoli, secondo quanto era stato pattuito dai loro capi supremi. Di comune accordo, si era stabilito che potevano assistere agli scontri cinquemila soldati di ciascun esercito, per cui sarebbero stati oltre diecimila quelli che li presenziavano. Il campo delle competizioni distava quattro miglia dai due accampamenti avversari ed aveva la forma di un rettangolo, le cui dimensioni misuravano trecento metri e cinquanta metri. La tribuna d'onore, la quale era lunga venti metri e larga tre, era stata eretta nella parte mediana del lato maggiore, che risultava quello destro, se si guardava verso oriente. Su di essa potevano prendere posto al massimo una ventina di personalità illustri, dieci fra quelle edelcadiche e dieci fra quelle berieske. Perciò veniva offerta ad esse la migliore visuale, nell'assistere allo svolgimento dei combattimenti fra i guerrieri che erano stati scelti per le varie competizioni.

Una volta che la ebbero raggiunta e si furono salutati con stima reciproca, Kodrun e Nurdok furono i primi a prendere posto sulla soprelevata tribuna. Insieme con loro, sedettero anche gli alti gerarchi berieski e i sovrani delle altre città edelcadiche. Tra questi ultimi, però, mancava il solo re di Actina, per aver preso parte ad una delle gare. Terminati infine i convenevoli fra le illustri personalità delle due fazioni in lizza, Kodrun domandò al capo dei Berieski:

«Come mai, Nurdok, sulla tribuna non scorgo accanto a te Ircos, il cugino che era con te, quando sei venuto a parlamentare con me? Partecipa forse anch’egli a qualche gara? Se devo esserti sincero, quel giorno egli mi è sembrato un vero cane rabbioso, pronto ad azzannare chicchessia. Ti prego di scusami l'espressione dai toni forti che ho usata nei suoi confronti, poiché essa mi è venuta spontanea e senza peccare di alcuna cattiveria! Se mi sono sbagliato al riguardo, correggimi!»

Alla domanda del re di Dorinda, il capo beriesko fu visto sbiancare in viso, come se un triste ricordo fosse venuto a frastornargli la mente e a mettergliela totalmente in subbuglio. Ma un istante dopo, avvertendo nell'animo un tremito di gelo, quasi simile ad una stretta oppressiva, con tono avvilito egli si diede a rispondergli:

«Kodrun, egli avrebbe dovuto partecipare non a una sola gara, bensì a tutte e quattro, se si fosse imposto ogni volta sui propri differenti avversari. Invece, per colpa sua, non potrà più prendere parte a nessuna delle competizioni previste. Presto ne conoscerai anche la ragione. Adesso, prima che abbiano inizio le gare, voglio che tutti gli spettatori assistano a due cerimonie, le quali fanno parte delle nostre tradizioni: l'una ha lo scopo di premiare i meritevoli e l'altra quello di punire i colpevoli. Esse si svolgeranno nello stesso tempo al centro del campo. Se me lo consenti, voglio evitare di anticiparti qualcosa a tale proposito, poiché tra poco ti renderai conto direttamente di cosa si tratta!»

Ad un cenno del loro capo, cinquecento guerrieri berieski si presentarono sul campo ed approntarono nella sua parte mediana due roghi smisurati, che si presentavano distanti l'uno dall'altro venticinque metri. In breve tempo, essi sistemarono sul primo rogo cinquanta cadaveri nudi, i quali avevano le teste nascoste dentro buffe bianche. Invece sul secondo rogo furono collocati cento uomini vivi, anch'essi senza indumenti. Ma costoro, oltre ad avere le teste celate nei cappucci come gli altri, che però erano neri, mostravano le braccia legate dietro la schiena. Quando infine l’uno e l’altro lavoro furono ultimati in mezzo al campo da parte dei suoi uomini, Nurdok si sporse dalla tribuna d'onore e si diede a gridare ad alta voce: "Con queste due cerimonie religiose simultanee, le quali vogliono essere l'una di premiazione e l'altra di espiazione, rendiamo il giusto merito agli ubbidienti e puniamo i disubbidienti con la meritata pena! Che la giustizia e il senso dell'onore non tramontino mai nelle umane vicende! A questo punto, le cerimonie dei due riti sacri possono avere inizio!"

Immediatamente dopo che il superum della Berieskania ebbe pronunciato quelle parole, fu appiccato il fuoco ai due roghi. Allora essi incominciarono a bruciare e a sciogliere i centocinquanta corpi umani, che presto si sarebbero trasformati in cenere. Mentre venivano consumati dalle volubili fiamme, fu scorta una bambina che si avvicinava alla pira dei morti. Ella era vestita di bianco ed aveva il capo inghirlandato di garofani rosa; inoltre, reggeva con la mano sinistra un cesto pieno di petali di rose gialle. Invece all'altro falò bruciante, cioè a quello dei vivi, si avvicinò un uomo rabbioso, il quale aveva il corpo interamente cosparso di fuliggine. Egli mostrava nel mezzo della fronte un corno ricurvo verso il basso e teneva nella mano destra una lunga frusta, che per adesso era solo penzolante. Ma poco dopo, mentre la legna secca bruciava, la bambina si mise a danzare intorno al falò che si apprestava a divorarsi le salme dei soldati senza vita. Ella, mormorando sommesse preghiere, gettava sulle lingue di fuoco i petali di rose che erano contenuti nel cesto. L'uomo nero, da parte sua, agitandosi freneticamente intorno al rogo degli urlanti soldati vivi, si diede a fare schioccare la frusta contro i loro corpi che si divincolavano tra le fiamme. Nel medesimo tempo, imprecava come un ossesso contro le loro anime prave.

Il re Kodrun, alla vista di tanti corpi che bruciavano alcuni vivi ed altri già morti, palesò di provare molta ripugnanza, poiché trovava lo spettacolo abbastanza disumano. Allora, con l'intento di distrarsi da esso, cercò di farsi dare delle spiegazioni dal capo beriesko su quelle due cerimonie. Perciò gli domandò:

«Vuoi mettermi al corrente, Nurdok, del significato che hanno nei due riti la candida bambina e l'uomo nero? Sono sicuro che l'una e l'altro ne avranno qualcuno, ma prevedo che essi sono contrapposti tra loro!»

«Non ti sbagli, Kodrun! La bambina, che simboleggia un essere innocente e senza alcuna macchia, indica ai cinquanta morti la via che conduce alle celesti beatitudini, dove il fulgore di Mainanun è eterno e supera quello del sole. Con il suo rito propiziatorio, ella invoca anche la benigna divinità celeste a dare ottimo ricetto alle anime dei cinquanta soldati valorosi che non hanno esitato a sacrificarsi, pur di non essere tacciati di disubbidienza. Invece l'uomo rappresenta un essere immondo, il quale è un abitante delle tenebre. Egli spinge con la forza verso la dimora di Uloc le anime di quelle persone che hanno voluto vivere ignobilmente nel peccato e adesso stanno per lasciare questo mondo terreno. Per noi Berieski, Uloc è la divinità malefica, la quale assegna il castigo ad ogni peccatore che perviene al suo regno infernale. Il prevaricatore espierà la sua pena in un luogo tenebroso, dove la sofferenza non può essere che atroce ed eterna! Ora sai tutto sui due riti che si stanno svolgendo in mezzo al campo, alla presenza di tanti spettatori!»

«Perché, Nurdok, condanni gli uni al gaudio eterno e gli altri alla dannazione senza fine? Di quale grave reato questi ultimi si sono macchiati, per essere puniti con un così enorme castigo? Non credi che, da vivi, essi si sarebbero potuti riconciliare con il bene? Oppure non ne eri convinto, per cui hai preferito infliggergli la terribile punizione?»

«Non ho ritenuto opportuno che io mi preoccupassi del loro ravvedimento, mio caro Kodrun. La loro colpa è stata così ignominiosa, che non ho voluto affatto pormi una simile domanda a loro favore. Tu stesso riterrai giusto il mio atto, quando avrai appreso dalla mia bocca l'azione nefanda, di cui essi si sono infangati. Sono convinto che, dopo avere ascoltato come si sono svolti i fatti, la penserai allo stesso modo mio!»

Così il grande Nurdok, intanto che i due roghi si facevano consumare dalle volubili fiamme divoratrici, con i numerosi corpi umani che vi stavano sopra e vi bruciavano lentamente, si mise a spiegare al valoroso re dei Dorindani le ragioni che lo avevano indotto a decretare quei due riti. Essi, come già abbiamo appreso poco fa, erano il primo di propiziazione e il secondo di espiazione, dal momento che con essi si perseguivano due finalità diametralmente opposte.


Il mattino del giorno precedente, presi con sé un centinaio dei suoi guerrieri, Ircos era uscito dall'accampamento per una semplice cavalcata, poiché essa sarebbe dovuta essere esclusivamente di diporto. Insieme con lui, galoppava pure suo cugino Pluo. Per il parente in linea collaterale, il quale era da considerarsi anch'egli un suo ottimo amico al pari di Nurdok, la loro uscita non poteva essere che di distrazione, siccome non si prevedeva per loro uno scopo diverso da quello che si era stabilito. Ma dopo un paio di ore di corsa a spron battuto, i cavalieri berieski avevano avvistato un piccolo corso d'acqua, sulla cui sponda destra si stavano dissetando una cinquantina di soldati dorindani. Essi, nello stesso tempo, facevano anche abbeverare i loro assetati cavalli con la fresca acqua cristallina. Appena li aveva scorti, Ircos immediatamente aveva esclamato a suo cugino:

«Pluo, ecco laggiù degli sporchi Edelcadi! Ti garantisco che essi non faranno più ritorno al loro accampamento! Oggi specialmente che le mie mani hanno una voglia matta di battagliare contro qualcuno! Non sei anche tu del mio stesso parere?»

Alla sua domanda, mostrandosi nettamente contrario, il parente collaterale era intervenuto a riprenderlo:

«Ma sei impazzito, Ircos! Lo sai anche tu che non si possono trasgredire gli ordini di nostro cugino Nurdok. Bada che egli ha minacciato di morte chiunque oserà violare la tregua! Questa volta non so se te la perdonerebbe, qualora tu non rispettassi le sue disposizioni! Da quanto ho potuto comprendere, egli stima moltissimo il re Kodrun e guai a chi lo farebbe sfigurare di fronte al grande Dorindano! Sono convinto che non lo tollererebbe da parte di nessuno: neppure da te! Tienilo bene a mente! Quindi, se dopo non vorrai pentirtene, pensaci due volte, prima di agire come hai appena deliberato!»

«Non dire idiozie, Pluo, perché sai molto bene quanto mio cugino mi stima! Nurdok non alzerebbe mai un dito contro chi considera di fatto un fratello! Mi ha anche perdonato l'incauto intervento contro gli Edelcadi, dal quale poi sono originate tutte le difficoltà che oggi il nostro esercito si ritrova ad affrontare! Lo vedi? Inoltre, egli ha deciso perfino che io prenda parte a tutte e quattro le gare che si terranno domani, poiché conta su di me come su nessun altro! Se lo vuoi sapere, Pluo, proprio ieri mi ha confessato che l'esercito beriesko, per merito mio, avrà tantissime probabilità di vittoria. Dunque, da dove ti vengono simili immotivate preoccupazioni? Nurdok mi ha sempre assecondato in ogni mia azione, anche se poi non l'ha ritenuta lecita oppure giusta. Per questo lo farà anche questa volta che ho stabilito di anticipare agli sporchi Edelcadi un assaggio della nostra valentia. Infine dovresti sapere che la morte dei nemici viene sempre accolta dal nostro parente con sommo gradimento, poiché essa lo eccita immensamente!»

«Fai pure come ti pare e piace, Ircos, visto che in seguito toccherà a te giustificarti del tuo operato con il nostro comune cugino!» aveva concluso Pluo «Ma, già da adesso, ti faccio presente che, in osservanza alle disposizioni da lui emanate, io non sarò al vostro fianco, se davvero ingaggerete un combattimento con gli Edelcadi. Sappi che, per niente al mondo, oserei disubbidire a colui che è il nostro superum!»

Giunti presso i cavalieri dorindani, che seguitavano a soddisfare la loro sete e a permettere alle loro bestie di abbeverarsi, Ircos aveva gridato a tutti loro con una certa baldanza:

«Ehi voi, fannulloni, ve la sentite di accendere una piccola scaramuccia con noi? Oppure devo pensare che la vostra vigliaccheria non ve lo consenta? Avanti, datemi una risposta subitanea, la quale però non sia da codardi! In questo modo, potrò rendermi conto se siete dei prodi soldati come noi oppure siete soltanto delle autentiche femminucce!»

«Ce la sentiremmo senz'altro di sguainare le spade contro di voi, baldanzoso Beriesko, se il nostro re Kodrun non ce lo avesse vietato drasticamente!» gli aveva risposto Runco, che era il più autorevole di loro «Quindi, in obbedienza al suo divieto, non se ne parli neppure, poiché intendiamo rispettare i suoi ordini, che per noi sono sacri!»

Allora Ircos, con tono provocatorio e di sfida, gli aveva soggiunto:

«Sono certo che tale divieto del vostro capo, che avete tirato in ballo, rappresenta soltanto una scusa per mascherare la vostra pusillanimità. Essa, a quanto pare, dentro di voi deve essere non indifferente! Anzi, sono convinto che non può essere altrimenti!»

«Mi riesce difficile credere che dal vostro capo Nurdok non vi sia stato proibito nel modo più assoluto di impugnare le armi contro di noi, durante questi tre giorni di tregua! Quindi, devo dedurne che per te e per quanti ti accompagnano gli ordini del tuo capo valgono meno di niente, per cui non si ha alcun rispetto di quanto egli ordina! Comunque, ti ripeto che noi giammai disubbidiremo al nostro re Kodrun!»

«Invece, Edelcade, noi non stiamo trasgredendo alcun ordine del nostro capo, siccome ignoriamo il divieto, a cui ti sei riferito. Anzi, il grande Nurdok non sarebbe mai stato così stupido, da imporci una baggianata del genere! Perciò devo presumere che esso neanche a voi sia stato fatto e che quindi abbiate soltanto paura di misurarvi con noi! Ecco: questa è la pura verità, vigliacco, che non sei altro!»

«Sei libero di pensarla come vuoi nei nostri confronti, Beriesko. Intanto ti voglio precisare che sono un Dorindano, come lo sono tutti gli uomini che mi accompagnano. Sappi che il tuo linguaggio offensivo ed umiliante, che in altra circostanza avrebbe avuto un sèguito, non riuscirà a farci disubbidire al nostro nobile sovrano. Ma come fai a definirci vili e paurosi, se sei tu a mostrarti smargiasso, unicamente perché siete il doppio di noi? Non è forse vero che è così?»

«Dunque, è questa la vera ragione, per la quale vi rifiutate di combattere contro di noi! Potevi anche dirmelo subito, poiché posso benissimo dimezzare i miei uomini ed accontentarvi senza alcuna difficoltà. Così vedrete che, mentre la metà di noi se ne starà solo a guardare, l'altra metà si dedicherà con ardimento a fare piazza pulita di voi luridi Dorindani! Allora vi sta bene quanto vi ho proposto?»

«Niente affatto, Beriesko! Credo di averti già chiarito in modo inequivocabile il vero motivo, per cui ci rifiutiamo di porre mano alle armi. Per noi il numero non conta; ma è solo il valore ad avere importanza. Ricòrdati che, in una diversa occasione, anche se voi foste stati in mille, lo stesso vi avremmo affrontati con coraggio e con onore! Sei libero di non crederci, ma questa è la sacrosanta verità!»

«Ma si dà il caso che vi abbiamo incontrati in data odierna. Per cui è oggi che vi obblighiamo a combattere contro di noi! Allora ascoltate quanto sto per dirvi. Ora condurrò i miei uomini ad un miglio di distanza da qui; dopo faremo dietrofront e daremo la carica. Nel frattempo, vi consiglio di montare pure voi a cavallo e di fare la stessa cosa. Se non fate come ho detto, vi garantisco che su di voi pioveranno guai seri!»

«Invece noi, Beriesko, continueremo a permettere ai nostri quadrupedi di abbeverarsi nelle acque del fiume e non metteremo mano a nessuna arma. Quando ci attaccherete, non vi terremo neppure in considerazione. Anzi, ci comporteremo come se voi non ci foste, avendo stabilito di portare il massimo rispetto al nostro eroico sovrano!»

«Allora salutatemi la signora morte, quando fra poco vi capiterà di incontrarla! Sono sicuro che essa, al nostro ritorno, sarà lieta di accogliervi a braccia aperte e di accopparvi!»

Così dicendo, Ircos si era allontanato con tutti i suoi uomini, manifestando l'intenzione di mettere in atto ciò che aveva preannunciato. Come gli aveva fatto presente, il cugino Pluo era stato il solo a non unirsi a loro e a non prendere parte alla strage. Egli aveva stabilito di rimanere presso i Dorindani, i quali, come promesso, avevano continuato a badare alle loro faccende, senza darsi un minimo di apprensione o di preoccupazione, a causa dell'imminente pericolo che stavano correndo.

Il Beriesko, vedendo che il cugino e i suoi uomini già avevano invertito il senso di marcia, mentre i Dorindani non se ne davano affatto pensiero, si era rivolto a Runco, dicendogli:

«Voi davvero vi rifiutate di combattere? Ma quelli non stanno scherzando, fanno sul serio! Perciò vi rendete conto che, se non vi affrettate a difendervi, essi vi maciulleranno tutti? Comunque, voglio che sappiate che il nostro superum Nurdok non ha colpa alcuna del loro agire scapato. Egli ha assolto appieno il suo dovere, vietando anche a noi Berieski l'uso delle armi durante i giorni di tregua.»

«Di questo ne ero certissimo, Beriesko,» gli aveva risposto Runco «giacché Kodrun ripone nel vostro capo la massima fiducia. A noi non importa restare uccisi, dal momento che accompagnerà il nostro olocausto l'orgoglio di aver saputo ubbidire al nostro giusto e valoroso re. Esso vivrà insieme con noi anche nell'aldilà e ci consolerà in eterno! Per ogni Dorindano, è meglio morire ubbidendo ai sacri ordini del proprio sovrano, anziché scampare alla morte, trasgredendoli vilmente!»

In quel momento, lo aveva raggiunto al petto la lancia di Ircos, che lo aveva fatto accasciare per terra privo di vita. I Berieski, infatti, erano ritornati fulmineamente e si erano dati a massacrare con infamia gli inermi Dorindani, i quali avevano preferito andare incontro alla morte, senza reagire per niente ai loro assalitori. Si poteva affermare che essi l'avevano accettata, come se fossero dei miti agnelli che si recavano rassegnati all'altare del sacrificio. La brutalità di Ircos, però, doveva ancora superare i limiti della più sadica delle crudeltà. Egli, una volta che tutti i Dorindani erano stati massacrati dalle loro armi, aveva ordinato ai suoi uomini di decapitarli e di innestare poi le loro teste mozze sulle punte acuminate delle loro lance. Dopo averle fatte aggiustare in quel modo orribile, il carnefice beriesko aveva preteso che esse venissero poi portate al loro accampamento, come se fossero dei trofei di guerra.

Sulla via del ritorno al loro campo, mostrandosi fiero della sua bravata e soddisfatto di averla compiuta, Ircos aveva voluto far presente al parente, il quale si mostrava mortificato per l’accaduto:

«Pluo, vedrai che bella sorpresa preparerò al nostro superum!»

«Ircos, oggi hai esagerato a dismisura. Invece, nei tuoi panni, farei a meno di quanto hai architettato, perché così aggraverai maggiormente la tua condotta. Ho l'impressione che risulterà la reazione di Nurdok una brutta sorpresa per te! Egli reagirà peggio di quanto non abbia fatto quel giorno, quando hai deciso di sconfinare nei territori edelcadici senza la sua autorizzazione. Perciò ti consiglio di non peggiorare il tuo stato!»

«Ma sei proprio cocciuto, Pluo, se insisti a credere che Nurdok possa prendersela a male, a causa di una sciocchezza simile! Non dimenticare mai che egli condivide sempre ogni mia iniziativa, perfino quella che per te potrebbe risultare la più folle!»

Una volta raggiunto il loro accampamento, Ircos, per prima cosa aveva fatto predisporre i suoi cento uomini nel modo che aveva ideato, badando che nessuno di loro fosse fuori posto. Dopo, insieme con il cugino Pluo, si era precipitato nella tenda dell'illustre e glorioso parente. Così, gongolando di gioia, gli aveva esclamato:

«Nurdok, se vieni a dare una sbirciata fuori la tua tenda, ti garantisco che i tuoi occhi assisteranno ad uno spettacolo davvero eccezionale. Logicamente, al mio carissimo cugino, che si ritrova ad essere il Beriesko più autorevole della Berieskania, non avrei potuto fare una sorpresa migliore! Tra poco ne converrai anche tu!»

Nurdok, essendo intenzionato ad appagare la richiesta del parente, senza fare nessuna domanda aveva seguito lui e Pluo all’esterno della sua tenda. Ma una volta fuori, si era trovato di fronte a cento dei suoi guerrieri a cavallo, i quali si presentavano schierati a ferro di cavallo davanti alla sua tenda. La metà di loro, per esattezza uno sì e un altro no, reggevano verticalmente le lance con le punte confitte nelle teste tronche dei cinquanta Dorindani decapitati. A tale nefanda visione, Nurdok si era corrucciato sul serio, facendo diventare il suo volto livido di rabbia. Dopo, contenendosi a stento, si era rivolto al cugino, dicendogli:

«Vuoi spiegarmi che cosa significa questo scempio, Ircos?! Inoltre, quelle teste mozze a quali disgraziati appartenevano?! Spero che saprai giustificare con ragioni valide ogni cosa, in merito a quanto mi hai invitato ad assistere in questo momento!»

«Grande Nurdok, sono le teste di cinquanta soldati dorindani, i quali non potevano essere che dei nostri sudici nemici. Essi, come puoi notare, da stamani hanno smesso di esistere per sempre. Oggi abbiamo anticipato ai nostri nemici soltanto un assaggio delle nostre armi. Domani, invece, daremo loro il resto! Non ne sei contento?»

Allora Nurdok, manifestando una grande indignazione nei confronti di Ircos, aveva invitato nella sua tenda il solo cugino Pluo. Da lui poi, previo giuramento sulla loro divinità, aveva preteso l'intera verità sull'accaduto. Appreso così ciò che era accaduto fra i suoi soldati e quelli del re Kodrun, egli subito era uscito di nuovo dalla propria tenda. All'esterno di essa, si era rivolto ad Ircos e ai cento guerrieri che lo avevano assecondato, ai quali si era dato ad ordinare con molta severità:

«Smettete all’istante di disonorare le nobili spoglie dei Dorindani, indegni miei soldati, e deponete a terra le loro teste mozze. Inoltre, esigo che i loro corpi decapitati si trovino anch'essi nel nostro accampamento prima del tramonto! Perciò sbrigatevi a portarli in questo luogo e a ricongiungerli alle loro teste! Mi sono spiegato?»

Alle parole di Nurdok, nessuno aveva osato muovere delle obiezioni. Non lo aveva fatto neppure Ircos, il quale non era apparso più pieno di baldanza come prima. Quando poi essi erano ritornati all'accampamento con i cinquanta corpi acefali dei Dorindani, li aveva accolti qualcosa di molto sgradito. In quel luogo, li stavano aspettando duecento arcieri, i quali li avevano accerchiati e costretti a spogliarsi nudi. Di lì a poco, li avevano anche obbligati a cucire sui corpi acefali dei Dorindani le teste da loro troncate. Ma una volta eseguito tale lavoro, i soldati colpevoli dell’orrendo misfatto erano stati legati tutti a dei pali. Infine i loro volti erano stati avvolti in cappucci neri. Quando le varie operazioni da lui ordinate erano state ultimate dalla prima all'ultima, l'adirato superum aveva annunciato ai trasgressori: "Domani, prima dell'inizio degli scontri, sarete condannati al Rogo del Male in mezzo al campo dei combattimenti, per avere gravemente disubbidito. Invece le salme dorindane saranno onorate con il Rogo del Bene nello stesso luogo, per avere essi ubbidito al loro re. Così ho deciso oggi e così sarà fatto domani!"

Nella tarda serata di quello stesso giorno, Pluo si era avvicinato con circospezione al cugino Ircos per cercare di consolarlo come meglio poteva. Ma poi alla fine, rinfacciandogli che egli aveva visto giusto nel prevedere la stizza del loro illustre consanguineo, non si era astenuto dal riprenderlo nel modo che aveva ritenuto opportuno:

«Adesso sei contento, Ircos, di trovarti in queste condizioni? Ti avevo avvertito di non trasgredire gli ordini di nostro cugino, che è il superum dei Berieski. Invece la tua ostinazione non ti ha fatto sentire ragione! Domani, quando è troppo tardi per una tua resipiscenza, puoi constatare che essa ti costerà non solo la vita, ma addirittura la dannazione eterna. Mi dispiace per te, ma te la sei proprio voluta, mio caro cugino!»

«Pluo, non potevo immaginare che Nurdok avrebbe reagito così duramente alla mia nuova maldestra iniziativa. Se vogliamo ragionare, essa può essere considerata una vera bazzecola, a confronto di quella di pochi giorni fa, la quale ha messo il nostro esercito in serie difficoltà. Eppure egli mi amava come nessun’altra persona al mondo ed aveva sempre perdonato ogni mio errore. Invece ora, per una sciocchezza di nessun valore, ha deciso di punirmi così aspramente che peggio non avrebbe potuto! Neanche se fossi stato un verme schifoso! Trovi tu giusto questo mio inappropriato castigo?»

«La bravata che oggi tu e i tuoi guerrieri avete commesso, Ircos, non è da considerarsi affatto una inezia, come ingiustamente la definisci. Con il vostro comportamento, invece, avete messo in cattiva luce l'onore e la credibilità di Nurdok, per cui ha creduto doveroso riparare al danno, infliggendovi la massima delle punizioni. Come ti avevo già fatto presente, egli ci tiene a non sfigurare di fronte al re Kodrun, avendolo trovato degno della sua massima stima e della sua indubbia ammirazione. Eri presente anche tu, quando egli ha dato la sua parola all'illustre Dorindano che nessuno dei suoi soldati sarebbe ricorso alle armi durante i tre giorni di tregua. Perciò renditi conto di quale e quanto disonore gli hai procurato con la tua spregevole condotta! Pensa che Nurdok mi ha rivelato che egli avrebbe accettato più volentieri il sacrificio della sua piccola Elinnia che non la vergogna di sentirsi tacciare di fedifrago dal rispettabile Dorindano!»

«Possibile, Pluo, che nostro cugino ti abbia fatto tale confessione? Perché allora questa mattina non me lo hai riferito? Se tu lo avessi fatto, forse ti avrei dato ascolto!»

«Non te l'ho detto per dimenticanza, Ircos. Comunque, almeno ora sai perché Nurdok se l'è presa così a male contro te e contro i tuoi uomini. Purtroppo solo adesso, quando è troppo tardi, puoi renderti conto della grande considerazione che il re Kodrun gode presso nostro cugino! In un certo senso, la tua condanna a morte e quella degli uomini che ti hanno secondato rappresentano per lui il solo modo di potersi riabilitare di fronte al sovrano di Dorinda. Per Nurdok, il gesto dei soldati dorindani è stato un atto di grande eroismo, il quale fa grandeggiare sommamente il loro sovrano. A suo avviso, essi hanno dato prova di sapere ubbidire, anche a costo del proprio sacrificio, dimostrando con i fatti di non avere alcuna paura della morte. Per lui, ciò vuol dire essere forti nel vero senso della parola e non codardi, come tu ingiuriosamente li hai definiti. Dopo il volontario sacrificio dei suoi soldati, il prestigio del re Kodrun è diventato agli occhi di nostro cugino ancora più grande. Per cui lo giudica degno di una stima illimitata, da parte sua e del suo popolo!»

«Ma tu, Pluo, perché mai gli hai riferito proprio tutto, compreso questo particolare? Lo sapevi che non avresti dovuto far menzione di esso a nostro cugino, se proprio ci tenevi a tirarmi fuori dai guai. Avevi l’opportunità di mentirgli e di raccontargli che erano stati i nostri nemici dorindani ad aggredirci per primi. Tu invece te ne sei guardato dal farlo, senza darmi il minimo aiuto per cercare di rabbonirlo verso di me!»

«Non ho potuto assolutamente ingannare nostro cugino, Ircos. Egli innanzitutto ha preteso che io giurassi sull'immortale Mainanun che gli avrei detta l'intera verità sulla vicenda nei minimi dettagli. Ad esserti franco, non immaginavo che vi avrebbe inflitto una punizione così severa! A questo punto, se hai qualche desiderio da esprimermi, conta pure su di me, poiché, se posso, te lo esaudirò senz’altro!»

«Pluo, desidero soltanto che tu chieda a Nurdok di farmi combattere domani contro gli Edelcadi. Dopo le gare, per me non farà niente, se verrò punito nel modo che egli ha decretato. Se non hai nulla in contrario a farmi questo grande favore, te ne sarò eternamente riconoscente anche dopo la mia morte, mio caro cugino!»

«Scordatelo, Ircos, perché già gliel'ho proposto io, senza che tu me ne facessi richiesta. Ma Nurdok si è mostrato irremovibilmente avverso a tale idea. Ha già scelto i quattro combattenti che ti sostituiranno nelle gare di domani. Egli è del parere che non può far basare la vittoria del suo esercito su persone che sono indegne di essere dei veri guerrieri. Inoltre, nel torneo della scherma, concorre già anche Itmak, che tu non hai mai potuto digerire, essendo voi due di carattere opposto. Egli è quasi alla tua altezza nell'uso della spada; nonché è tuo pari, quanto a coraggio e a prodezza. Nurdok, inoltre, ha stabilito che le due cerimonie religiose dovranno svolgersi in mezzo al campo dei tornei, poco prima della loro apertura e alla presenza dei diecimila soldati appartenenti ad entrambi gli eserciti.»

«Allora, Pluo, se le cose stanno come mi hai fatto presente, non mi restano altri desideri da esprimerti. Sì, anch'io sono convinto che domani, nella gara di scherma, Itmak saprà imporsi valorosamente ai suoi avversari, facendosi valere al pari di me! Solo adesso mi pento di non averti dato retta ieri, cugino mio. Ma ormai il pentimento non mi serve più a niente, dopo aver fatto sprofondare la mia vita nel baratro della disistima di Nurdok e nell'eterna punizione del nostro divino Mainanun!»


Quando il superum della Berieskania ebbe terminato di raccontargli l'episodio ignobile del giorno precedente, del quale si era reso responsabile suo cugino Ircos, il re Kodrun approvò senza riserve il suo inappuntabile operato. Inoltre, lo considerò un provvedimento degno di un vero capo. A suo parere, egli non aveva fatto nulla per cui lo si potesse criticare negativamente da parte degli altri, essendosi comportato in maniera esemplare in quella sporca vicenda. Perciò, stupendosene, egli ebbe a fargli la seguente osservazione:

«Quindi, Nurdok, tuo cugino Ircos era fra quelli che sono bruciati vivi sul Rogo del Male!»

«Esatto, Kodrun, poiché la giustizia va applicata ugualmente con tutti quanti, senza alcuna eccezione. Ciò, anche quando sono i nostri genitori o i nostri figli a sgarrare nel modo più turpe! Non la pensi forse anche tu allo stesso modo mio?»

«Certamente, Nurdok! Chi applica la giustizia fa soltanto il proprio dovere, per cui non può e non deve esimersi dall'applicarla rettamente. Ma devo anche farti presente che, se alcuni tuoi soldati sono stati dei pessimi subalterni, tu ti sei dimostrato un capo senz'altro pieno di saggezza. Perciò ti prego di accogliere il mio ringraziamento e quello dei miei soldati, per l'onore che hai voluto riservare ai nostri gloriosi compatrioti. Essi, per amore dell'ubbidienza, hanno saputo morire con singolare eroismo, senza curarsi minimamente della signora morte, la quale stava per raggiungerli ed annientarli!»

Le parole del re di Dorinda riempirono di gioia e di soddisfazione il grande Nurdok. Dopo le sue belle parole di stima, egli si era sentito alleggerire di quel grave peso morale, il quale il giorno prima si era impadronito del suo animo. Esso gli era stato causato dall'insano gesto del cugino più caro, quello che considerava un fratello, e aveva seguitato ad opprimerlo inesorabilmente anche il giorno seguente.

Alla fine del racconto di Nurdok, dei due roghi oramai restavano due mucchi di cenere frammista ai resti mortali delle persone cremate. Allora furono portate a termine le ultime funzioni dei due riti, le quali consistettero nell'assegnare la giusta destinazione alle reliquie umane. Quelle dei Berieski furono messe in due sacchi capienti insieme con dei sassi, al fine di farle inabissare nelle fredde acque di un fiume e costringerle a restare sul fondo del suo letto. In quel modo, almeno fino a quando non fossero venuti a far parte della triste vita ultraterrena, i resti mortali degli insani Berieski di sicuro avrebbero sofferto per un tempo indeterminato il freddo e il buio dell’alveo fluviale. Invece le reliquie dei Dorindani furono chiuse con premura in cassette di legno incatramate, perché venissero consegnate alle docili acque di qualche torrente diretto verso il mare. Così esse, intanto che le rispettive anime non fossero pervenute alla soglia della vita soprannaturale, avrebbero seguitato a godere della luce del sole e dei suoi tiepidi e carezzevoli raggi.