81°-IL GIOVANE KODRUN INCONTRA LURELLA E SE NE INVAGHISCE

Della fanciullezza di Kodrun, in verità, si sapeva ben poco, oltre al fatto che era nato da due genitori, i quali erano da considerarsi persone del tutto normali. Anche perché la loro esistenza non aveva mai spiccato per fatti fuori dell'ordinario. Il padre Ursito era diventato capo del villaggio di Litios allo stesso modo che lo era divenuto in passato il nonno Timuzio, ossia per discendenza e non per un principio basato sulla meritocrazia. Egli, però, a differenza del figlio, si era distinto per la sua personalità forte, per la sua volontà tenace, per la sua ottima dimestichezza con le armi e per la sua intraprendenza nell'agire. Tali pregi, se non gli avevano fatto raggiungere la celebrità, senza dubbio lo avevano fatto godere di un'ottima reputazione presso il suo popolo, che lo stimava e lo amava. Anche la madre Alcisia non era stata protagonista di qualche fatto degno di menzione, essendo stata la sua vita quella di una comune donna maritata con prole. Perciò la si era vista esclusivamente dedita ad elargire le sue tenere cure materne ai suoi due figli e a donare il suo intenso amore al caro consorte.

Se invece ci riferiamo ai due fratelli, dei quali Kodrun era il maggiore, per avere tre anni più di Eminto, non si poteva affermare che fra di loro fosse corso buon sangue. Essendo nati con caratteri diametralmente opposti, essi si erano sopportati a vicenda il minimo indispensabile, ossia solo quel tanto che era servito a non fare tribolare i loro genitori. Il fratello minore, non solamente aveva avuto una indole capricciosa ed incline alla solitudine; ma era stato anche un mammone quasi in modo morboso, come se nessun altro esistesse al di fuori di lei, compreso il padre. Inoltre, si era dimostrato abitudinario e completamente privo di intraprendenza. Kodrun, al contrario dell’inetto germano, si era presentato un ragazzo spigliato, solerte, industrioso e pieno di molte risorse. Insomma, era apparso a quanti ne venivano a contatto un vulcano di idee e di iniziative. Perfino nel fisico i due germani si erano differenziati enormemente, essendo notevoli le disparità che esistevano fra di loro. Eminto era cresciuto con una costituzione fisica da definirsi esile, fiacca e macilenta. Inoltre, il suo viso, che era scarno e quasi anemico, faceva apparire ancora peggiore il suo stato di salute. La crescita del primogenito, al contrario, si era evoluta con tutti gli attributi della sanità fisica. In primo luogo, non gli erano mancate la robustezza, la sodezza della carnagione, la forza e l'agilità. In secondo luogo, fin dall'inizio dell'adolescenza, di continuo egli aveva fatto pratica di una intensa attività ginnica. La quale gli aveva fatto conseguire un fisico superbamente atletico, oltre che un forte carisma, che gli attirava la simpatia di tutti. A dire il vero, i loro genitori avrebbero voluto che entrambi i loro figli fossero cresciuti ugualmente sani e forti nel corpo, nonché molto in gamba, affinché l'uno e l'altro si dimostrassero degna prole del capo di Litios. Ma non essendo le cose andate secondo i loro desideri, i quali erano quelli bramati dalla totalità dei genitori, essi si erano consolati del fatto che le qualità positive si riscontravano per fortuna nel loro primogenito. Il quale un giorno sarebbe diventato il capo del villaggio.

Nella sua formazione personale, Kodrun era stato seguito dai validissimi maestri Turoc e Crout. Il primo si era occupato della sua educazione intellettuale ed umanistica; mentre il secondo lo aveva seguito nella sua formazione psicofisica. Quest’ultima aveva compreso anche l'acquisizione dell'uso delle armi e della lotta libera. Per quanto riguardava il loro apprendimento, Kodrun non si era dimostrato interessato nei confronti dell'educazione che cercava di renderlo culturalmente preparato. Invece aveva mostrato un sufficiente gradimento per l'insegnamento della matematica e della logica. Crout, da parte sua, lo aveva trovato un eccellente allievo, reputandolo assai dotato nel maneggio delle armi e nella lotta corpo a corpo. Fin da quando Kodrun aveva avuto sedici anni, il suo maestro si era convinto che il suo discepolo non aveva più niente da imparare dall’addestramento in cui egli lo teneva impegnato. Secondo lui, l'adolescente aveva bruciato tutte le tappe nella sua rigorosa disciplina e lo aveva fatto in modo sorprendente. Basti pensare che l'allievo era riuscito a superare perfino il proprio maestro. Per cui costui se ne sbalordiva immensamente, intanto che seguiva i passi da gigante che egli andava conseguendo. Anzi, essi finivano per stupire sia lui, in qualità di suo istruttore, che il padre Ursito.

Uscito dagli anni verdi, Kodrun era apparso a tutti i Litiosidi un giovane tanto aitante e dinamico, quanto coraggioso e forte. Per la quale ragione, erano state parecchie le giovani donne maritate che se lo erano conteso e rubato con gli occhi. Soltanto di rado, però, egli si era lasciato accalappiare da qualcuna di loro. A ogni modo, quando ciò era capitato ed egli le si era concesso, il giovane non aveva mai consentito di portare avanti l'indecorosa tresca più di un mese. Quanto alle donne nubili, che comprendevano sia le giovani che le giovanissime, pure fra di loro ce nr erano state parecchie che per Kodrun di sicuro avrebbero fatto follie. Invece il giovane si era sempre tenuto alla larga da loro, volendo evitare di insidiarne l'onorabilità e ritrovarsi così impelagato in qualche squallida vicenda amorosa. La quale avrebbe potuto avere dei risvolti compromettenti e spiacevoli, per il semplice fatto che egli era destinato a diventare in avvenire il futuro capo di Litios.

Nonostante la sua obbedienza a quel suo criterio di preferenza, fra le tante ragazze, lo stesso c'erano state di quelle che non si erano volute arrendere facilmente e con tenacia gli avevano fatto il filo per lungo tempo. Alcune addirittura, tra quelle più audaci e spregiudicate, con sguardi ed atteggiamenti lascivi, gli avevano manifestato che avrebbero sacrificato volentieri la propria verginità, pur di trascorrere insieme con lui una voluttuosa nottata d'amore. Tale interesse femminile per Kodrun non nasceva dal solo fatto che egli avesse un fisico prestante. Invece, nel sesso debole, esso si rafforzava ancora di più per il seguente motivo: ogni volta che nel villaggio si svolgeva un torneo, egli riusciva sempre ad infiammare gli animi degli spettatori con le sue impareggiabili prodezze. Allora la sua raggiunta notorietà accendeva ulteriormente la fiamma dell'amore in modo speciale nelle fanciulle. Per cui esse seguitavano a coltivarla in modo morboso, anche dopo che l'ultimo strascico del torneo era cessato da molto tempo nell’arena.

Il primogenito di Ursito aveva l'età di appena venti anni, quando gli era capitato di incontrare la sua donna ideale, della quale si era innamorato follemente a prima vista. Egli si era imbattuto nella ragazza per puro caso e il fortuito evento c'era stato alla fiera del villaggio, mentre ella andava a fare le compere insieme con la propria fantesca. In quell'occasione, anche il giovane Kodrun non era solo, mentre si aggirava tra le lunghe file di bancarelle, le quali si presentavano colme di merci varie e di chincaglierie di ogni genere. In quella circostanza, gli facevano compagnia i suoi due amici di infanzia, che erano Mulor e Vesio. Essi non si separavano mai da lui, per cui gli stavano sempre attaccati ai fianchi, come due segugi che seguono il loro padrone. Comunque, il casuale incontro fra i due futuri innamorati era stato inatteso e repentino. Anzi, si poteva affermare che ne fosse stato complice il vento, visto che un suo soffio lo aveva prima favorito e poi combinato, trasformandosi alla fine nel loro egregio paraninfo.

Quel giorno la ragazza procedeva in compagnia della sua domestica e precedeva i tre giovani di qualche decina di metri. All'improvviso una violenta buffata le aveva portato via il giallo fazzoletto di seta che le faceva da copricapo. In quel momento, poiché il vento tirava basso e in direzione del terzetto di amici, il pregiato tessuto quadrangolare, trasportato dall'impetuosa massa d'aria, aveva investito in pieno il volto di Kodrun. Per il qual fatto, all'improvviso egli si era visto avvolgere il capo dalle sue quattro cocche. Quando poi il giovane era riuscito a sfilare la sua testa dall'indumento volante e aveva anche ripreso a vederci chiaro, i suoi occhi si erano ritrovati ad ammirare un gran pezzo di ragazza. Ella, rimanendo distante da lui a meno di un metro, con la mano tesa in avanti e come incantata, non riusciva a trovare le parole adatte per farsi restituire il fazzoletto, il quale pochi attimi prima le era volato via dal capo. Anche Kodrun, in verità, aveva avuto gli stessi suoi problemi nel risolversi in qualche maniera. Perciò, anziché badare a riconsegnarle il suo quadrato di seta, non aveva fatto altro che stralunare gli occhi e rimanere come paralizzato ed impietrito dalla magica visione di lei.

Volendosi descrivere meglio la scena, la quale si stava avendo in quella evenienza combinata dal vento, la fanciulla si era espressa con un analogo atteggiamento, dopo che i suoi occhi si erano incontrati con quelli del giovane. In quell’attimo, ella era stata quasi ipnotizzata dallo sguardo penetrante di Kodrun, per cui, lì per lì, non era stata in grado di esprimersi a lui in un modo qualsiasi. L’una e l’altra reazione dei due giovani lasciavano credere che fra di loro si fosse alzato all’improvviso il sipario dell'amore. Per entrambi, era parso che il tempo si fosse fermato in quei pochi attimi, che stavano trascorrendo in un elettrizzante incantesimo di reciproca seduzione. Regnando così intorno a loro il silenzio più assoluto, essi prima si erano scrutati profondamente negli occhi e poi avevano fatto fondere i loro spiriti, tramite una incantevole compenetrazione delle loro coscienze. Infine tale beatifica fusione non era morta dentro di loro in quel breve lasso di tempo; invece nell'uno e nell'altra era seguitata ad esserci pure in seguito. Anzi, di sicuro essa sarebbe perdurata fin dopo il loro futuro matrimonio, il quale già lasciava prevedere che ci sarebbe stato senza meno fra i due giovani.

La coppia dei suoi amici, da parte loro, avevano trovato strano il fatto che il compagno Kodrun, quello che consideravano il guerriero più ardito e il combattente più imperterrito, venisse a subire così passivamente l'influsso ammaliante della dolce ragazza. A loro parere, egli ne veniva quasi coinvolto e condizionato, come se fosse divenuto un timido colombo. Allora, assai preoccupati di quel suo atteggiamento insolito, essi erano intervenuti ad infrangere i magici momenti, che i due innamorati stavano vivendo in uno squarcio di irrealtà. Anzi, entrambi se lo stavano godendo assai ingordamente. Quando infine i due giovani erano ritornati a vivere nel mondo reale, ormai prede dei dardi di Cupido, Kodrun era apparso in difficoltà a rivolgere la parola alla bella fanciulla. Sebbene avesse tentato di farlo, però gli erano uscite di bocca soltanto poche frasi smozzicate e confuse. Anche la ragazza, a dire il vero, non se l'era cavata meglio di lui in quella situazione, che li aveva travolti psichicamente. Nei suoi ripetuti tentativi di comunicare con chi le stava di fronte, ella non era riuscita a fare altro che farfugliare, essendo rimasta pure lei spiritualmente disturbata in quei magici spezzoni di tempo.

Allora Mulor e Vesio, essendosi accorti che il loro amico e la sconosciuta ragazza erano rimasti entrambi stracotti l'uno dell'altra e che la loro presenza risultava soltanto di disturbo, si erano affrettati a levare l'incomodo e a lasciarli completamente soli. Non bastando ciò, i due giovani si erano preoccupati di tenere impegnata la sua domestica con sortite galanti. Essi erano convinti che, mandandola in solluchero, l’avrebbero distratta dagli approcci sentimentali, che la sua padroncina stava avendo con il loro intimo amico. Così facendo, i due piccioni avevano potuto tubare in piena tranquillità, manifestandosi a vicenda i loro sentimenti, oltre che trasmettersi le più svariate notizie che li riguardavano di persona. Tra le altre cose, Kodrun aveva appreso sulla ragazza che ella si chiamava Lurella, aveva diciotto anni ed era la figlia di Crinuldo, che in Litios faceva il mercante di armi. Da lei gli era stato fatto perfino il nome della sua domestica, che era Aspula. In riferimento al genitore della fanciulla, Kodrun era stato messo al corrente che era un vedovo e mostrava un attaccamento morboso nei confronti della figlia, fino a vietarle di frequentare la gioventù di sesso opposto. Soprattutto si era sempre opposto drasticamente alle proposte di matrimonio, che in passato le erano pervenute da alcuni giovani. Dissuadendoli dai loro propositi d'amore con il ricorso alle maniere forti, li aveva costretti a cambiare aria, se ci tenevano a non capitare male.

Divenuti in breve tempo amici del cuore, Kodrun e Lurella avevano incominciato ad amarsi fervidamente, anche se tra molte difficoltà. Le quali erano dovute alla morbosa gelosia del padre di lei e alla impossibilità di ottenere il beneplacito del genitore di lui. Costui aveva proibito al figlio, come futuro capo di Litios, di fidanzarsi ufficialmente con una ragazza, se prima non avesse compiuto i venticinque anni di età. Per questo Kodrun, non potendo garantire al padre di Lurella l'ufficialità del loro fidanzamento, non riteneva giusto forzare l’armiere ad accettare la propria volontà di fidanzarsi con l'unigenita sua figlia.


Durava da un mese la loro relazione amorosa, quando il diffidente Crinuldo, in seguito a certi atteggiamenti ambigui della figlia, si era fatto sospettoso. Perciò non le aveva più permesso di andare a fare la spesa insieme con la sua fantesca, mandando solamente quest'ultima ad interessarsi delle compere della giornata. A quel punto, Kodrun era stato costretto ad escogitare un espediente, allo scopo di ovviare alla restrizione di libertà, che la ragazza si trovava a subire da parte di suo padre. Egli, cioè, quando aveva voluto incontrarsi con la sua Lurella, aveva fatto in modo che i suoi due intimi amici si trovassero ogni volta nella bottega del padre di lei. Così, con la scusa di volere acquistare un'arma, Mulor e Vesio, dopo essere entrati nella bottega di Crinuldo, avevano sempre cercato di tirarla per le lunghe, per tenere impegnato il più possibile colui che li stava servendo con un certo interesse. Agendo in quel modo, i due giovani avevano consentito all'amico di flirtare indisturbato con la sua ragazza, dopo essersi introdotto nell'abitazione dell’armiere, entrando dalla porta posteriore. Era stato con tale stratagemma che Kodrun aveva ingannato il geloso e sospettoso Crinuldo. Grazie ad esso, aveva avuto campo libero di amoreggiare con la figlia nella sua stessa casa, senza che se ne accorgesse chi aveva preso le sue precauzioni, perché un simile affronto non gli venisse recato neppure fuori casa!

Com'era da aspettarselo, quella beffa non poteva durare troppo a lungo, specialmente se la persona beffata era un individuo malfidato dello stampo dell'armiere Crinuldo. Il quale, quando era con gli altri, aveva sempre un orecchio presente e l'altro altrove, appunto per evitare di non farsi ingannare da persone assenti. Il padre della ragazza, quindi, dopo aver ricevuto una decina di volte la visita dei due giovani avventori, indotto dal suo sesto senso, aveva iniziato a mostrare una certa ombrosità nei loro confronti. Eppure Mulor e Vesio, nei loro acquisti, avevano sempre evitato che egli si insospettisse; né gli avevano fornito qualche pretesto per diffidare di loro. Si poteva affermare che i due amici di Kodrun non avevano mai fatto domande fuori posto. Né tanto meno si erano traditi con degli atteggiamenti sospetti, cioè tali da fargli pensare che le loro compere avvenissero esclusivamente perché essi erano interessati alla sua bella e dolce figliola. Con un tipo come Crinuldo, però, non si sapeva mai come comportarsi, dal momento che ogni condotta assunta ai suoi occhi poteva apparire sospettosa. Perciò alla fine anche l’ineccepibile comportamento degli amici di Kodrun aveva fatto nascere nell'uomo il tarlo del sospetto. Esso era sopraggiunto, sebbene i due giovani si fossero guardati bene dal commettere una mancanza di tal genere. Allora il suo assillo aveva iniziato a non farlo più vivere tranquillo e ad insidiare la sua serena esistenza.

Alla fine il mercante d'armi, tormentato dal tremendo dubbio che lo si stesse ingannando a sua insaputa, aveva iniziato a fare lavorare la sua immaginazione, fino a darsi al seguente ragionamento. Durante un furto, spesso c'era anche un complice che faceva da palo, naturalmente con il compito di vigilare sull'attività ladresca del suo compare. Quindi, quei suoi due clienti, divenuti stranamente un po' troppo assidui, anche se ogni volta compravano qualcosa, potevano presentarsi nella sua bottega unicamente con l'intento di creargli un diversivo e distrarlo. Con quel loro comportamento, ammesso che ciò fosse stato vero, essi concedevano spazio a un tête-à-tête da parte di un loro amico con la figlia Lurella. E proprio nella sua dimora! Perciò aveva anche concluso che, se le sue argomentazioni fossero state legittimate da dati certi, in tal caso sì che egli si sarebbe arrabbiato sul serio! Anzi, avrebbe fatto pentire amaramente quelli che si stavano burlando di lui, compresa la sfacciata sua figlia, la quale si stava prestando consenziente al loro gioco.

Già il giorno seguente, quando Mulor e Vesio si erano rifatti vivi nel suo negozio, all’inizio Crinuldo, senza mostrarsi alterato, aveva fatto buon viso a cattivo gioco, ossia aveva acconsentito ai soliti convenevoli di presentazione. Egli aveva permesso anche il primo scambio di vedute sull'argomento giornaliero, il quale quella mattina aveva riguardato la instabilità del tempo meteorologico di quei giorni. Al termine del suddetto preludio, però, a un tratto, l'armiere aveva impugnato una spada e si era lanciato di corsa nei suoi locali retrostanti alla bottega. Allora i due amici di Kodrun, non volendo farlo andare da solo, gli erano corsi dietro con tempestività. In verità, in quel momento essi, più che per l'indubbio valore del compagno, avevano temuto che egli non potesse trovarsi nella condizione adatta per reagire alla minaccia dell'energumeno padre della ragazza, la cui mole enorme poteva fare preoccupare.

Quando l'uomo era piombato nel locale dove si trovavano la figlia e il suo amoroso, li aveva sorpresi che si stavano teneramente sbaciucchiando, siccome i due innamorati erano ancora ai preliminari. A quella innocente veduta, che egli aveva considerata di una oscenità incredibile, l’armiere si era fatto prendere da una stizza tremenda. Poco dopo, senza smettere di minacciare i due giovani innamorati con la sua spada snudata, egli si era dato ad inveire contro il seduttore della propria figliola:

«Ma guarda un po' a cosa mi tocca assistere di sconveniente: venire scornato tra le mura della mia stessa casa da un bellimbusto da strapazzo! Questo sì che è il colmo! Mio smanceroso zerbinotto, non credere di passarla liscia, dopo che hai voluto fare di mia figlia il tuo trastullo. Vedrai che te la farò pagare salatamente, per aver messo piede nella mia dimora con la sola intenzione di infangarla. Se vuoi saperlo, per te non ci sarà una seconda volta, dal momento che adesso te ne farò passare la voglia per sempre, punendoti nella maniera più esemplare.»

Rivolgendosi poi alla figlia, le aveva esclamato con rabbia:

«Quando infine avrò sistemato il tuo spasimante come ho in mente di fare, costringerò pure te, figlia ingannatrice, a pagare senza sconti la tua parte di colpe! Così imparerai a prenderti gioco di tuo padre, che ti ha sempre adorata! Vedrai, Lurella, che dopo non ti verrà più la voglia di arrecarmi un torto sfacciato e vergognoso, come stai facendo oggi!»

Ma chi era lo strano Crinuldo? E come mai non aveva riconosciuto Kodrun, il quale seguitava ad essere il campione dei tornei, che si svolgevano nell'arena di Litios? Il fatto che l'uomo non si fosse mostrato per niente intimorito davanti a lui e lo avesse perfino minacciato con la sua spada lasciava supporre che egli davvero non lo conoscesse. Comunque, non si tratta di una nostra supposizione arbitraria, come avremo modo di rendercene conto abbastanza presto, dopo che lo avremo presentato e conosciuto meglio. Adesso, però, diamoci ad interessarci a lui senza indugiare oltre e come possiamo meglio, dal momento che si trattava del futuro suocero del valoroso Kodrun.

Il padre di Lurella era oriundo di Terdiba ed era soltanto un anno che si era trapiantato con la figlia diciassettenne a Litios. Nel villaggio, già durante il suo primo mese di permanenza, egli aveva aperto un'armeria, essendo quello l'unico esercizio commerciale a lui congeniale. Nella sua città natale, Crinuldo era stato per molti anni il sovrintendente all'armeria di corte, il quale incarico gli era stato affidato soprattutto per la sua ottima dimestichezza con le armi. In seguito, però, gli erano piombate addosso due disgrazie, che lo avevano fatto decidere a trasferirsi nel villaggio di Litios. La prima sventura era stata la subitanea perdita della moglie Scinca, la quale era morta per una sincope cardiaca durante un loro rapporto sessuale. La seconda, invece, aveva riguardato il suo impiego. Egli era stato sollevato dall'incarico che ricopriva, in seguito ad una sua mancanza di rispetto verso un alto dignitario di corte. Costui, rivolgendoglisi con molto sgarbo, aveva preteso da lui di molargli la lama della spada; ma ne aveva ricevuto di risposta un secco diniego.

Caratterialmente, Crinuldo, fin dalla nascita, era stato un tipo difficile. Perciò, se ci mettessimo a scavare nei suoi rapporti con la moglie e con la figlia, giammai riusciremmo a trovare in seno alla sua famiglia un giorno di felicità, nemmeno a volerlo cercare col lanternino. Difatti egli aveva sempre tormentato l'una e l'altra con la sua morbosa possessività, la quale lo aveva spinto quotidianamente a fare con loro delle scenate di gelosia. Invece, passando a descriverlo fisicamente, egli presentava una corporatura massiccia e tozza, oltre ad avere una statura superiore alla media. Tali sue due caratteristiche fisiche gli conferivano una complessione mastodontica. Da esse e dalla sua provetta abilità in varie armi, non potevano che provenirgli quel caratteraccio e quella sicurezza di poter fare il prepotente e lo spaccone nei confronti di chicchessia, avendo di sé la massima considerazione possibile. Durante l'anno della sua vita litiosina, Crinuldo aveva seguitato a mostrarsi alieno dal frequentare la società e dal coltivare amicizie. Egli temeva che, allacciando rapporti con altre persone, qualche loro figlio potesse entrare nelle grazie della sua Lurella, decidendo poi di sposarla e di portargliela via. Per la stessa ragione, l’armiere aveva evitato soprattutto quei luoghi, dove la gente era solita riversarsi in massa. Specialmente si era tenuto sempre lontano dalle giostre e dai tornei, nonostante la sua indole non disdegnasse simili manifestazioni agonistiche, siccome essa era portata più a trascinarvelo che non a tenervelo lontano. Per questo, anche se gli erano pervenuti all'orecchio i nomi dei lottatori e degli armigeri di grido, non aveva avuto mai l'opportunità di vederli né da vicino né da lontano. Anzi, non li aveva neppure guardati in faccia a distanza ravvicinata, al fine di memorizzare il loro aspetto e ricordarselo in seguito in un luogo diverso. Un fatto del genere gli avrebbe senz'altro permesso di riconoscerli, se si fosse presentata l’occasione.

Colto dunque di sorpresa dall'infuriato genitore della sua ragazza, Kodrun si era ritrovato a gestire una situazione alquanto ostica. Essa, come si rendeva conto, lo aveva fatto sorprendere non solo disarmato, ma pure alle prese con un avversario poco raccomandabile. L’uomo, oltre ad avere una stazza di tutto rispetto, dava pure ad intendere che aveva un'ottima dimestichezza con le armi. Purtroppo la sua spada e il suo pugnale erano fuori della sua portata, poiché aveva appeso l'una e l'altro alla parete di fronte, prima di cominciare a flirtare con la figlia dell’armiere. Inoltre, tra sé e le sue armi, si interponeva la solida figura armata del rivale, il quale si mostrava molto bramoso di liquidarlo.

Il giovane, quando erano sopraggiunti nel vano anche Mulor e Vesio, andava cercando appunto una scappatoia per venirne fuori in qualche modo. Gli amici, dal canto loro, facilmente avrebbero potuto ammazzare l'aggressore di Kodrun, sorprendendolo alle spalle e trafiggendolo mortalmente. Ma essi non se l'erano sentita di passarlo da parte a parte, essendo egli il padre della donna, la quale veniva amata perdutamente dal loro amico, che era pure intenzionato a sposarla in avvenire. Perciò Mulor, ritenendo che spettava al loro compagno prendersi tale responsabilità, in quanto suo futuro suocero, si era limitato a lanciargli la propria spada. Allora il suo destinatario con molta destrezza era riuscito ad impugnarla in volo. Quanto a Crinuldo, il quale si presentava massimamente infuriato, dopo che il suo antagonista si era impossessato della spada dell'amico, gli si era rivolto con molta protervia:

«Adesso che sei venuto ad avere tra le mani un’arma, mio zerbinotto, pensi che per te le cose siano cambiate? Se lo credi sul serio, puoi essere solo un illuso! Devi sapere che, se lo volessi, per me non sarebbe un problema ridurti il corpo a fettine! Ma, per tua fortuna, oggi non sono in vena di ammazzare nessuno. A ogni modo, mi sarà sufficiente impartirti una lezione memorabile, limitandomi a mozzarti tutte e due le orecchie. La qual cosa dovrebbe pure spingerti ad essermi riconoscente e a ringraziarmi, per aver preso la decisione di non farti fare una brutta fine!»

«Bene,» gli aveva risposto Kodrun «adesso vedremo se la tua bravura sarà davvero all'altezza della tua millanteria o se pavidamente geme all'ombra di essa. Sappi che sono sempre stato insofferente delle fanfaronate altrui, soprattutto quando esse sono dirette contro la mia persona. Tra poco ne prenderai atto di persona, padre di Lurella. Così dopo smetterai di fare il duro nel rivolgerti a colui che ti sta di fronte!»

Replicato al suo scontroso avversario, Kodrun si era reso conto che l'angusto ambiente poteva risultare pericoloso alla sua ragazza, dopo che i colpi di spada si fossero dati a diluviare da entrambe le parti. Per questo, con l'intenzione di abbandonare quel locale, si era lanciato a tutta corsa verso l'esterno di esso attraverso la porta che aveva alle spalle, pervenendo così nel cortile adiacente. Dopo, da quel luogo, il giovane aveva cominciato a gridare al suo avversario:

«Non credere che io sia scappato per evitare la tua spada, smargiasso Crinuldo! Mi sono trasferito fuori, siccome nell’angustia di una stanza riescono ad avere spazio libero solo i topi e gli scarafaggi. Mentre i veri guerrieri si affrontano in luogo aperto, dove possono esprimersi con il meglio della propria bravura! Quindi, non attardarti a venire fuori, poiché ti sto aspettando all'aria aperta, per darti la lezione che ti meriti!»

Poco dopo, si erano riversati tutti all'esterno ed avevano raggiunto il giovane, che era in attesa di affrontarsi con il suo rivale, siccome non era bastato l'intervento di Lurella per placare i loro animi. Infatti, malgrado le grida e i lamenti insistenti della ragazza, la quale li invitava a porre termine alla loro assurda contesa, il combattimento fra il padre e il suo ragazzo si era acceso con una furia tremenda e travolgente. Kodrun, dopo aver subito l'insostenibile primo assalto di Crinuldo, che lo aveva costretto ad indietreggiare e a rifugiarsi in una difesa estrema, si era poi riavuto dalla sua impotenza iniziale. La quale gli era provenuta per pochi attimi dal repentino e veemente assalto del tenace avversario, le cui intenzioni erano state quelle di chiudere lo scontro in poco tempo.

Per l'armiere, a quel punto, non c'era stata più alcuna possibilità di tenergli testa, per cui si era visto svigorire dal giovane dell'intera sua tracotanza. Una volta fiaccata, essa non era più riuscita a rimettersi in sesto; al contrario, era sprofondata nell'insicurezza e in un timore avvilente. Il giovane battagliero, come pareva, aveva fatto ridestare in sé la potenza del leone e la scaltrezza della tigre, le quali gli avevano permesso di aggredire Crinuldo con colpi possenti e con mosse tattiche. Perciò tanto gli uni quanto le altre avevano molto sbalordito colui che era costretto a subirne la indubbia efficienza. Quando infine aveva sfibrato completamente l'avversario ed aveva demolito pure le sue ultime resistenze fisiche, Kodrun, con un magistrale brandeggio, gli aveva fatto saltare l'arma di mano, disarmandolo e demoralizzandolo. Dopo, rasentandogli la gola con il filo della propria spada, egli si era dato ad esprimersi all’umiliato padre della sua ragazza con le seguenti parole:

«Ebbene, Crinuldo, non credi che io sia ancora tutto intero e neppure un poco affettato? Come puoi renderti conto, sei tu colui che si trova in pessime acque, siccome potrei squarciarti la gola, se soltanto lo volessi! Ma non mi va di uccidere il padre della mia futura consorte, poiché Lurella, che di sicuro un giorno sposerò con o senza il tuo consenso, potrebbe anche non perdonarmelo mai. A ogni modo, ci tengo a chiarirti il malinteso che c'è stato da parte tua nei miei confronti. Se sono ricorso all'inganno, pur di riuscire ad incontrarmi con la tua Lurella, da parte mia non è stato a bella posta e con l'intenzione di farti uno sgarbo. Sei stato tu, con il tuo atteggiamento troppo possessivo nei confronti di tua figlia, a non lasciarmi altra scelta e a costringermi ad agire nel modo scorretto che conosci. Per questo ti prego di non volermene e di perdonare in pari tempo la tua Lurella, se si è fatta complice di quanto ho architettato per il nostro bene. Ella, quando si è fidata ciecamente di me e ha creduto con tutta sé stessa nel mio amore sincero, ha voluto obbedire al suo cuore innamorato. Perciò tu non puoi assolutamente vietarglielo. Per il tuo bene, spero che adesso lo avrai compreso!»

Vedendo poi che l’uomo, pur nell’amaro della sconfitta, si andava chiedendo chi fosse mai il suo vincitore che si era battuto così brillantemente, gli aveva aggiunto:

«Leggo nel tuo sguardo che in questo istante sei interessato in modo esclusivo a conoscere il nome di colui che ha fiaccato la tua arroganza e ha polverizzato il tuo orgoglio. Ebbene, a tale riguardo, ti accontento subito. Devi sapere che chi ti ha sconfitto in questo scontro schermistico non è né un duellante da quattro soldi né uno schermitore da strapazzo. Si dà il caso che nella scherma egli sia il migliore che ci possa essere in Litios. Sì, sono Kodrun, il primogenito del capo Ursito e il trionfatore di tutti i tornei che da tre anni a questa parte si vanno tenendo nel nostro villaggio. Ecco perché lo smacco subito ad opera mia non deve scottarti; come pure non deve farti sentire un combattente di infima categoria e di scarso valore. In questa circostanza, quindi, ti suggerisco di scordare del tutto lo scontro che hai avuto un momento fa con la mia persona e di farti risollevare invece dall'unico pensiero che molto presto avrai un genero del mio calibro, il quale può darti unicamente onore e prestigio!»

Dopo essersi espresso in quel modo al padre di Lurella, il quale sarebbe stato il suo futuro suocero, Kodrun aveva raggiunto la sua ragazza e l'aveva abbracciata affettuosamente. Mentre la teneva stretta a sé con particolare calore, si era rivolto ancora al dubbioso suo genitore ed aveva ultimato il suo discorso, parlandogli in questo modo:

«Stando così le cose, Crinuldo, ti chiedo di promettermi che consentirai a me e a tua figlia di amarci liberamente, alla luce del sole, e che non oserai fare del male a Lurella, allo scopo di vendicarti di quanto oggi e nei giorni precedenti c'è stato fra noi due. Bada che un tuo atto di ritorsione nei suoi confronti mi obbligherebbe ad intervenire contro di te con tutta la mia furia, senza né la misericordia odierna né il rispetto che si deve ad un suocero! Allora sei disposto a promettermelo con sincerità, padre di Lurella? Sono sicuro di sì, poiché ti farai guidare dalla ragione.»

Di fronte alla richiesta del giovane, che aveva significato più un diktat che non una forma di rito per chiedere un favore, Crinuldo non aveva avuto altra scelta. Perciò aveva dovuto chinare la fronte davanti a chi aveva dimostrato di essere il più forte, facendogli solenne promessa che ogni suo desiderio sarebbe stato esaudito. In verità, non aveva fatto eccessiva fatica a perdonare la sua Lurella e a ritirare ogni anatema lanciato in precedenza contro di lei. Al contrario, gli era costato un enorme sacrificio averle permesso di amare in piena libertà il suo ragazzo. Per accondiscendere all'amore della figlia verso un'altra persona, che non era sé stesso, Crinuldo aveva dovuto combattere e vincere dentro di sé una battaglia, la quale era risultata la più terribile della sua vita.

Per chiarire meglio la situazione, egli era stato costretto a dichiarare guerra aperta all'intera sfera dei suoi sentimenti, i quali erano dominati dalla sua inflessibile natura egocentrica. In precedenza, ogni volta che si era toccato quel tasto delicato, la sua indole si era sempre mostrata ostile a oltranza verso ogni ipotesi di permissività. Essa, oltre ad una intolleranza fobica, racchiudeva in sé con crudo realismo una possessività ed una gelosia che rasentavano il delirio maniacale. Per lui, l'aver vinto quella battaglia aveva significato uno sforzo sovrumano, poiché con la sua vittoria interiore era riuscito perfino a sconfiggere sé stesso. In quel modo, il padre di Lurella aveva affossato per sempre tutti quei fantasmi che per anni avevano tiranneggiato la sua personalità, asservendola ai loro capricci intransigenti e perversi. Insomma, c'era stato nell’armiere oriundo di Terdiba un vero atto liberatorio, il quale lo aveva affrancato da una mania e da una fobia che erano da reputarsi in lui, oltre che miserabili e meschine, puramente ancestrali.

Così Kodrun e Lurella, a parte i periodi che il giovane si era dovuto allontanare dalla ragazza per ragion di stato, avevano trascorso un quinquennio molto felice, poiché gli era stato consentito di frequentarsi come veri fidanzati. Ciò, nonostante il loro fidanzamento avesse rivestito il carattere dell'ufficialità per il padre di lei e quello dell'ufficiosità per i genitori del giovane. Questi ultimi, in verità, non si erano mai opposti ad esso e non avevano tentato di ostacolarlo in alcun modo, consapevoli delle buone intenzioni che il figlio manifestava verso la sua fidanzata. Alla fine, quando Kodrun aveva avuto venticinque anni e Lurella ne contava solo ventitré, il loro sospirato sogno d'amore era stato coronato con il matrimonio. Ma avevano dovuto attendere otto anni, prima che la loro felice unione coniugale venisse allietata dalla nascita di Cloronte, il quale per loro sarebbe stato il primo ed ultimo rampollo durante l'intera loro vita matrimoniale, dato che in seguito non ne sarebbero nati altri.

Quanto al fratello Eminto, pur essendosi sposato con Clinta tre anni dopo, quando aveva anch'egli venticinque anni, aveva avuto l'unico suo figlio tre anni prima del germano, ossia quando aveva trent'anni. Il piccolo, che veniva ad essere tre anni più grande di Cloronte, era stato chiamato Iveonte. Il quale, è meglio farlo subito presente, non avrà nulla a che spartire con l'eccezionale eroe della nostra storia.

Di Kodrun, a questo punto, occorre passare a narrare i quattro episodi che si erano dimostrati di più gloriosa memoria ed avevano messo in mostra le sue stupefacenti virtù eroiche. Sopra ogni altra cosa, essi avevano fatto esaltare le sue eccellenti capacità di condottiero magnifico e di stratega insuperabile. Inoltre, gli stessi ci sveleranno che in lui albergavano tantissime doti spirituali, le quali senza dubbio erano da reputarsi straordinarie.