72°-LA LEGGENDA DEL DIO MAINANUN

La divinità adorata dai Berieski, come abbiamo visto, era Mainanun. Egli era il dio dell’aria, in qualunque modo la si potesse intendere, cioè sia sotto forma di zefiro sia sotto quella di raffica. Ma considerandolo più genericamente, possiamo dire che il protettore dei Berieski era il dio del vento. Essi affermavano che il suo spirito viaggiava a cavallo dell’aria mossa; mentre l'ululo, che ne derivava, era la sua voce parlante. La quale si manifestava a volte sommessa altre volte assordante, ossia a seconda del suo stato d'animo del momento. Inoltre, la divinità era serena, quando si crogiolava nelle brezze, fossero esse di mare oppure di terra; invece mostrava la sua stizza terribile, quando si accompagnava alla furia degli sconvolgenti tifoni. Ciò premesso, qualche lettore potrebbe sospettare che il dio Mainanun avesse un carattere misantropo ed altezzoso; però le cose non stavano esattamente così. Egli era il tipo di divinità, a cui non piaceva mettersi in mostra, poiché prediligeva una esistenza tranquilla e per nulla convulsa; comunque, neppure troppo accidiosa. Allo stesso tempo, il dio del vento era saldo e determinato nei propri propositi; soprattutto era insofferente delle ingiustizie e delle prepotenze, che si dava a combattere con impegno dove era necessario.

Presso il popolo beriesko, intorno al loro divino Mainanun, si tramandava una leggenda, la cui narrazione presentava due versioni, le quali risalivano entrambe ad un tempo remotissimo, ossia quando si perdevano perfino le origini degli esseri umani. Per la verità, soltanto una di quelle tramandate raccontava che il dio si era battuto a favore di Materiadi appartenenti al ceppo umano, che erano i Berieski, per difenderli da tre divinità malefiche. Stando alla prima versione della leggenda, il dio Mainanun era venuto fuori dalla stessa nascita del nostro pianeta. Perciò rappresentava il concentrato delle forze primigenie che avevano dato origine alla nostra Terra. Egli era l’anima che pulsava dentro il nostro pianeta e fuori di esso. Nelle sue profonde viscere, la pulsazione del dio dava origine al magma incandescente, il quale a volte aveva bisogno di uno sfogo verso l’esterno attraverso i vulcani, per cui questi eruttavano la lava infuocata ed altri materiali incandescenti. Sopra la superficie terrestre, invece, dalla sua pulsazione derivavano le correnti d’aria, le quali spesso risultavano utili sia alla navigazione sia all’agricoltura. Infatti, c’erano correnti che gonfiavano le vele delle imbarcazioni ed altre che facilitavano l’impollinazione tra le diverse piante, che erano dette anemofile. Ma tali correnti, in certi momenti, potevano anche rivelarsi disastrose, dipendendo esse dall’umore del dio, che variava, secondo i cambiamenti della condotta umana. Per la quale ragione, si palesava incline a volte alla bonaccia altre volte alla tempesta.

La seconda versione della leggenda, che bisognava considerare quella prevalente, si rifaceva ad un pezzo di storia del dio, per il qual motivo i Berieski preferivano dare ad essa maggior credito. Seguendola, come tra poco ci toccherà fare, avremo modo di apprendere le gesta di un dio perlopiù battagliero. Infatti, lo vedremo dedito a prendere le difese del suo popolo eletto, il quale, come ora sappiamo, era quello dei Berieski. La nuova versione, che con il tempo si era sovrapposta alla prima, faceva datare la sua messa in circolazione a più di un millennio prima dei fatti che stiamo per narrare. Di conseguenza l’epoca, in cui era stata segnalata la prima comparsa del dio Mainanun sul territorio della Berieskania, andava considerata anteriore al periodo di datazione della leggenda stessa. Per questo, se vogliamo avere delle notizie più attendibili in merito ad essa, dobbiamo calarci in un tempo nel quale la regione berieska risultava ancora terra di nessuno; anzi, non aveva neppure un nome idoneo a facilitarne l’individuazione.

A ogni modo, volendo precisare e seguire meglio i vari eventi che la riguardavano, non era possibile assegnarle nemmeno una collocazione certa in un determinato periodo del fluire storico. Quanto ai fatti che avevano interessato il dio prima del suo arrivo nella Berieskania, essi erano ben pochi e tutti di scarso rilievo. Si sapeva solamente che in precedenza era vissuto sopra Ercep, la quale era un’isola deserta e sperduta in mezzo all’oceano. In seguito, però, annoiato dalla monotonia di quel luogo del tutto circondato dalle acque, aveva preso la decisione di trasferirsi altrove. Dove, a parer suo, l’esistenza gli sarebbe diventata più movimentata. Così si era messo alla ricerca di una nuova terra appartenente allo stesso pianeta, fino a quando non era stato attratto dalla regione che in futuro sarebbe stata abitata dai Berieski, nella quale si era stabilito in modo permanente. Perciò è proprio da quest'epoca che inizieremo a seguire la seconda versione della leggenda, che concerneva il divino Mainanun.

Quando il dio vi era giunto, sulle sue terre non si scorgeva ancora alcun popolo; ma nel giro di un cinquantennio, una dopo l’altra, vi si erano stanziate quattro etnie diverse. Si trattava di tribù che, a detta delle medesime, avevano avuto come capostipiti quattro fratellastri che erano nati da uno stesso genitore, il cui nome era Beriesk. Egli, che ne rappresentava l'eponimo, aveva voluto dare ai suoi quattro figli il nome dei quattro elementi della natura. Così, dal primogenito all'ultimo nato, essi erano stati chiamati rispettivamente Terra, Aria, Acqua e Fuoco. Perciò il ceppo etnico originario era stato il medesimo per tutti, anche se i quattro fratelli erano da considerarsi consanguinei, avendo avuto il medesimo padre, ma non la stessa madre. Per la precisione, essi erano nati, come viene chiarito di seguito: Terra era nato dalla dea Prulas, Aria era stato partorito dalla dea Zemas, Acqua aveva avuto come genitrice la dea Laudek e Fuoco era stato messo al mondo dalla dea Creasen. In seguito, ogni tribù aveva assunto il nome del proprio capostipite, pur continuando esse a considerarsi tutte berieske.

Occorre fare anche presente che il divino Mainanun non si era affezionato all'istante a tali esseri umani, cioè via via che le quattro tribù erano approdate sulla terra dove egli dimorava. Invece il dio aveva preso a cuore i loro problemi in un secondo momento, ossia quando c'era stata da parte di tutte loro una esplicita richiesta di soccorso a lui rivolta. A quel tempo, il territorio era senza nome; però esso era stato suddiviso in quattro parti, denominate: Terra dei Terresi, Terra degli Ariesi, Terra degli Acquesi e Terra dei Fuochesi. Inoltre, pur considerandosi dello stesso ceppo etnico, esse si comportavano come se fossero quattro popoli distinti ed autonomi. Spesso si combattevano fra di loro; ma giammai ricorrevano alle armi tutte insieme, poiché il conflitto si accendeva sempre tra due sole tribù. Allora toccava alle restanti due non in lotta adoperarsi per smorzare la bellicosità di quelle belligeranti.

Nella nuova terra, ben presto le quattro popolazioni berieske avevano avuto la loro gatta da pelare. Ma per dovere di cronaca, non possiamo ignorare che prima esse erano emigrate dalla loro terra natia, la quale era stata l’arida e stepposa Latren. Il cui territorio, che era ubicato sull’altra sponda del Mare delle Tempeste, non essendo adatto all’agricoltura, si mostrava ingeneroso verso chi lo abitava; nonché gli negava una esistenza confortevole e serena. Responsabili dei loro tormentosi problemi erano state tre divinità malefiche locali, le quali erano nate da un parto trigemino della dea negativa Giaces. Comunque, della loro madre si ignorava il nome del compagno che aveva collaborato con lei a farle nascere. Si trattava dei seguenti tre gemelli: Oxus, dio dei serpenti; Tolun, dio delle locuste; Trapes, dea delle inondazioni. La loro occupazione preferita era quella di rendere difficile la vita agli esseri umani, siccome godevano delle loro sventure.

Nel nostro caso specifico, al momento gli umani perseguitati da loro risultavano essere i Berieski. I poveretti, dopo aver abbandonato la loro terra per l’inclemenza del suolo ed essersi trasferiti in quella nuova, essendo stati attratti dalla sua fertilità, si erano ritrovati ad affrontare gli stessi problemi di prima. Col passar del tempo, infatti, per loro le cose erano andate peggiorando sempre di più. Nella vecchia terra, però, se la sterilità del suolo non gli concedeva dei copiosi raccolti, almeno li teneva impegnati ben poco nel lavoro. Invece adesso, al termine dei loro grandi sacrifici e della loro estenuante fatica, si vedevano portare via i loro raccolti da ripetute invasioni di cavallette oppure da estese inondazioni, le cui origini erano da considerarsi a volte fluviali altre volte pluviali. Non bastando quei due tipi di sventure, i loro villaggi erano cominciati ad essere invasi da numerosi serpenti velenosi, i quali risultavano la prima causa di morte tra i loro abitanti. Ma l’ultima calamità, cioè l’infestazione da serpenti, in un certo senso, era tornata utile ai tribolati Berieski. Visto che i vantaggi derivanti dalla campagna si mostravano esigui, per i motivi menzionati, per sopravvivere essi si erano dati a cacciare con spietatezza la gran copia di ofidi. Così, dopo averli uccisi e cotti per bene allo spiedo, avevano iniziato a ricavarne delle ottime pietanze e a sfamarsi con esse. In seguito, però, il dio Oxus aveva voluto evitare che i suoi serpenti servissero a saziare i Berieski, siccome essi avevano cominciato a cibarsene. Perciò aveva fatto in modo che i rettili, dopo essere stati uccisi, diventassero dei mucchi di polvere.

A quel punto, le quattro tribù berieske, spinte dai morsi della fame, erano state costrette a rivolgersi a qualche divinità benefica, che li sgravasse dai loro flagelli. Esse, perciò, avevano formato un immenso cerchio umano di duemila uomini, alla cui formazione avevano contribuito cinquecento abitanti di ogni tribù. Al suo centro, si era levata la voce stentorea di uno dei loro stregoni, la quale era quella di Muroz. Costui, con tono implorante, aveva rivolto la seguente supplica a qualunque divinità benefica, che fosse stata presente sulle loro terre e li ascoltasse:

"O divino essere generoso, sebbene non ti conosciamo, se in qualche modo ti perverrà all’orecchio questa nostra fervida preghiera, non farla disperdere nell’aria; al contrario, accoglila benevolmente, senza farti pregare invano! Noi vogliamo essere il tuo popolo prediletto per sacrificarti le tenere carni degli agnelli più pingui del gregge e per rivolgerti le nostre sentite preghiere, ogni volta che ce ne sarà bisogno. Qualora non dovesti saperlo, sono anni che continuiamo a subire impotenti molti torti ingiusti, anche se senza mai arrenderci. Essi possono provenirci solamente da divinità malefiche, a causa delle quali andiamo incontro a carestia e a morte. Perciò ti supplichiamo di venire in nostro soccorso, di liberarci dai loro dispetti e di lasciarci vivere nella serenità più piena. Privati della loro nociva intromissione, i nostri campi, resi fecondi con il nostro lavoro e con il sudore della nostra fronte, finalmente ci daranno i frutti da noi sperati, quelli che non ci lasceranno più morire di inedia.

Dunque, dio sconosciuto, che ci stai di sicuro ascoltando da qualche parte di queste nostre terre, ti imploriamo con devozione sincera di darci ascolto, immedesimandoti nei nostri problemi e nelle nostre disgrazie. Nel medesimo tempo, tu dovrai adoperarti perché mai più le malefiche divinità ci colpiscano e ci rendano vittime del loro potere iniquo che, come esseri umani, non riusciamo a sconfiggere. Potentissima divinità, che vivi in qualche parte nascosta di questa regione, siamo convinti che saprai farlo tu egregiamente al posto nostro. Infine, dio ignoto, ti preghiamo di appagare il nostro secondo vivo desiderio, il quale è quello di farti diventare nostro premuroso e prezioso protettore!"

Non appena lo stregone Muroz ebbe terminato di recitare la sua supplichevole preghiera, a un tratto nel cielo era esploso un tuono possente. Esso fece tremare ogni cosa in quel luogo, dove i Berieski lo pregavano e lo imploravano di venire in loro soccorso. Poco più tardi, invece, attraverso un nimbo di luce accecante, era apparsa l’immagine di un essere soprannaturale. Allora egli si era dato a parlare agli astanti così:

"Io sono il dio Mainanun e, allo scopo di farvi contenti, vi faccio presente che ho accolto la vostra supplica. Voi Berieski, perciò, da oggi in avanti, sarete il mio popolo eletto e vivrete sotto la mia egida, per cui nessuna divinità malefica potrà più arrecarvi del male. Mi impegno con voi che farò mia la vostra causa, costringendo le entità divine vostre nemiche a lasciarvi finalmente in pace. Tu, Muroz, sarai il mio primo sacerdote e farai da tramite tra me e il mio popolo. Per le generazioni avvenire, sarà sempre una tua discendente a essere consacrata mia sacerdotessa. Ella officerà in mio onore nelle funzioni religiose e sacrificali, che da quest’oggi via via mi dedicherete!"

Alla fine, il dio Mainanun era svanito agli occhi di tutti i Berieski presenti. In seguito alla sparizione del loro dio, essi avevano disfatto l’immenso cerchio e se ne erano ritornati presso le loro famiglie. Ma prima si erano incaricati di far conoscere ai Berieski assenti l’episodio, al quale avevano assistito sbalorditi e gioiosi. Da quello stesso giorno, per volere di Muroz, il territorio da loro abitato era stato nomato Berieskania, il cui nome voleva dire appunto "Terra dei Berieski".

Dopo la promessa fatta ai suoi freschi devoti, il dio Mainanun si era messo sulle tracce delle tre divinità malefiche, che da tempo ci prendevano gusto ad avvelenare l’esistenza al popolo beriesko. Mediante il ricorso alla deicela, egli era riuscito perfino a stare in mezzo alle tre divinità gemelle, senza venirne intercettato come divinità positiva maggiore. Così aveva appreso molte cose sul loro conto. Per coloro che lo avessero dimenticato, la deicela era una pianta dalla quale si ricavava una essenza speciale. Essa, dopo che una divinità materializzata se la cospargeva sul proprio corpo, la rendeva totalmente impercettibile dalle altre divinità. Oltre a quelle di cui già siamo consapevoli, il dio del vento era venuto a conoscenza di altre caratteristiche impensabili sulle tre divinità malefiche, quelle che tra poco apprenderemo.

Oxus, che era il dio dei serpenti, aveva un carattere difficile, quasi odioso. Essendo uscito per primo dal grembo materno, pretendeva rispetto ed ubbidienza dagli altri due fratelli, i quali si mostravano sempre propensi ad accontentarlo. Era stato lui a volere che i Berieski tribolassero tantissimo, trascinando nel suo maligno ghiribizzo anche i restanti due gemelli. Come già il lettore si sarà reso conto, il dio dei serpenti era quello a cui piaceva comandare ed essere obbedito, essendo il gemello più spigliato e ricco di risorse. Quanto a Tolun, il dio delle locuste, il quale era uscito per secondo dall’utero della madre, aveva un carattere accomodante, specialmente verso il fratello, evitando di contrariarlo e di renderlo irascibile. Egli si presentava ogni volta con un’aria di festa al fratello e alla sorella, siccome aborriva una vita immersa nell’orgoglio e in un atteggiamento serioso. A volte, però, era obbligato a privarsi di quel suo comportamento festoso e gaudente; la qual cosa avveniva, ogni volta che si accorgeva che quel suo fare iniziava ad esasperare il venerato fratello maggiore. C’era infine Trapes, la dea delle inondazioni, la quale presentava un carattere involuto ed enigmatico, condito di una inimmaginabile cattiveria. Se era stato il pazzoide fratello Oxus ad esprimere la volontà di stressare gli sfortunati Berieski a più non posso; invece era stata lei a far soffrire di più gli sventurati. Essendo per sua natura acida ed intrattabile, proprio come una vecchia zitella umana, ella provava un sacco di piacere nel vedere i Materiadi dolersi nella morsa della sofferenza e della disperazione, come la fame. Riferendoci ancora all'aspra dea, ella, che era indiziata di lesbismo da qualcuna delle divinità malefiche che la frequentavano, rifuggiva dalle compenetrazioni che erano di tipo sessuale.


Come inizio, il dio Mainanun aveva evitato lo scontro diretto con le tre divinità negative, essendo intenzionato a frustrare i loro sadici disegni ai danni del suo popolo eletto. Innanzitutto egli aveva atteso che essi cercassero di metterli in pratica. Dopo sarebbe intervenuto nella fase iniziale della loro attuazione e li avrebbe resi inefficaci.

Il primo a fare i conti con la sua potenza divina era stato Tolun, il dio delle locuste. Egli, appena aveva visto i campi ricoperti da messi dorate, senza alcuno indugio vi aveva fatto dilagare il suo esercito di cavallette affamate. Ma prima che i voraci ortotteri iniziassero a divorarsi il prodotto delle spighe, il divino Mainanun aveva fatto soffiare ovunque un vento ciclonico. Il quale non aveva perso tempo a strapparli dalle ariste del frumento e a portarli via con furia. Anzi, dopo averli forzati ad un brusco viaggio aereo senza potersi opporre, alla fine esso li aveva spinti nel Mare delle Tempeste. Una volta tra i marosi della mareggiata in corso, le miriadi di locuste erano andate incontro ad una orrenda fine, poiché le agitate onde del mare le avevano fatte disperdere tra le ribollenti acque. Allora, rimaste prigioniere nelle profondità marine, esse non avevano più potuto fare del male a nessuno, neppure ai Berieski. Davanti al volo obbligato dei suoi innumerevoli insetti, che erano attesi da un destino miserando, il dio Tolun si era stupito moltissimo e non aveva esitato a considerare l'episodio opera di una divinità sconosciuta. La quale, molto probabilmente, doveva essere positiva e anche di grado maggiore, per riuscire a fare un prodigio di quel genere.

In seguito, era stato il turno di Trapes, la dea delle inondazioni, a vedersela con il dio Mainanun. Costui, anche nei confronti della sua attività degenerata, aveva voluto essere intransigente ed ostativo. Ella, dopo avere assistito al fallimento delle locuste del fratello, era ricorsa alle sue inondazioni, a cominciare da quelle fluviali. Facendoli ingrossare paurosamente, la dea malefica aveva costretto i fiumi della regione a tracimare, con il proposito di dar luogo ad inondazioni distruttive. Così le loro acque avrebbero invaso i campi coltivati e sarebbero servite a distruggere le diverse coltivazioni. Il dio Mainanun, però, non aveva permesso che un evento del genere accadesse, poiché aveva fatto soffiare i suoi venti in direzione degli alvei fluviali e aveva ricacciato nei propri argini le scalmanate acque, che erano appena straripate. Esse, quando il dio del vento era intervenuto a fermarle, già si mostravano assai bramose di espandersi nei campi e di distruggere le diverse colture.

In quell’occasione, si era assistito ad un'autentica ridda rissosa tra le masse d’aria che infuriavano e le precipitose acque scorrenti che dilagavano, le quali non volevano sentir parlare di fare ritorno nei propri letti rimasti all'asciutto per rimanervi chete, senza più la presunzione di traboccare. Certe volte le masse di acqua si erano sollevate fino a grandi altezze, oltre i dieci metri, diventando delle enormi lingue spumose. Ma alla fine avevano dovuto desistere e piegarsi alla volontà dei gagliardi venti del dio positivo. Così, essendoci stato l'intervento del dio Mainanun, la divina Trapes non aveva potuto dare origine neppure alle inondazioni pluviali, poiché egli non le aveva dato modo di provocare delle piogge torrenziali sulla Berieskania. Infatti, via via che la dea aveva formato nel cielo dei grossi cumuli di sature nuvole, il dio li aveva spazzati via con delle raffiche impetuose. Le quali all'istante avevano ripulito il cielo da ogni corpo nuvoloso, facendovi ritornare il sereno. Per questo anche la malefica dea era stata messa a tacere dal suo forte rivale.

Infine era toccato ad Oxus, il dio dei serpenti, ricevere dal dio del vento la debita lezione. Egli, che si era indispettito di fronte agli insuccessi dei propri germani, si era riproposto di non fallire come loro. Quindi, aveva iniziato a fare apparire in tutti i villaggi berieski molti serpenti enormi della massima pericolosità, a causa del loro veleno molto tossico. Il divino Mainanun, da parte sua, si era dato a trasformare gli striscianti ofidi dell’avversario in saltellanti lepri. Allora i cacciatori dei villaggi si erano messi a colpirle in gran quantità, facendone una vera ecatombe. Naturalmente, essi uccidevano i numerosi leporini, poiché erano consapevoli che le loro carni squisite avrebbero costituito dei pasti prelibati per le loro famiglie, le quali stavano patendo la fame da un mucchio di tempo. Quando poi in ogni villaggio non c’era stata più neppure l’ombra di un serpente, il divino Mainanun si era ritirato nella sua dimora per riposare tranquillamente, dove era apparso anche molto pago dell’aiuto fornito ai suoi devoti protetti.

Nell’animo del dio Oxus, al contrario, si agitavano la rabbia e la collera, che vi erano state inoculate dallo smacco subito ad opera della sconosciuta divinità benefica, la quale aveva preso di nuovo le difese dei Berieski. In pari tempo, egli aveva giurato che si sarebbe preso la rivincita contro di essa, vendicandosi dell'affronto subito. Gli abitanti della Berieskania, da parte loro, dopo avere assistito gioiosi e giubilanti ai portenti strabilianti del loro potente dio protettore, si erano dati a fare una grande festa in tutta la regione, osannando a lui e sacrificandogli i migliori agnelli. Soprattutto gli avevano fatto pervenire le loro più accese preghiere di ringraziamento. Le quali erano valse nel medesimo tempo a propiziarsi la generosa divinità per i tempi avvenire, affinché essa giammai in seguito distogliesse dai Berieski il suo sguardo benigno.

Ritornando ai tre gemelli della dea Giaces, due di loro, ossia il dio Tolun e la dea Trapes, avrebbero voluto sorvolare sulla vicenda del popolo beriesko. Anzi, visto che il rivale dio positivo si era dimostrato molto più in gamba di loro, avevano anche proposto al fratello maggiore di abbandonare la Berieskania. Invece il loro germano Oxus non era stato dello stesso parere. A suo avviso, colui che era intervenuto a rompere a tutti e tre le uova nel paniere non poteva passarla liscia; al contrario, avrebbe dovuto pagargliela con gli interessi. Così, influenzati dal fratello, alla fine anche il dio Tolun e la dea Trapes avevano finito per pensarla allo stesso modo suo. Perciò si erano alleati, allo scopo di rivalersi sulla sconosciuta divinità positiva e portare così in porto la loro vendetta. Essa, secondo il loro parere, immancabilmente avrebbe dato i suoi frutti.

I tre gemelli, però, non conoscevano un particolare importante, ossia che essi stavano avendo a che fare con una divinità maggiore. Perciò le loro forze, anche se sommate, erano impotenti a competere con essa, specialmente adesso che il dio positivo godeva della calda devozione dell’intero popolo beriesko, che gli faceva moltiplicare la potenza energetica. Difatti il dio Mainanun era una di quelle divinità, le quali in Kosmos si vedevano aumentare la propria energia espressiva dalla quantità dei fedeli che provavano venerazione per essa. Cioè, più grande era il numero dei Materiadi che la veneravano, più essa era in grado di esprimersi nei loro confronti con prodigi più significativi. Inoltre, accresceva la sua energia da opporre a qualche divinità malefica, in caso di un suo conflitto con essa.

Adesso ci preme di apprendere come le tre divinità negative avevano convenuto di agire contro l’ignota divinità positiva. In questo modo, già potremo prevedere gli esiti dello scontro che ci sarebbe stato assai presto tra le medesime e il dio del vento. Secondo i divini gemelli, se essi lo avessero attirato in un antro e poi lo avessero fatto trovare in mezzo all’anello formato dalle loro sei braccia, facilmente avrebbero avuto il sopravvento su di lui. Infatti, lo avrebbero obbligato ad assumere un atteggiamento totalmente a suo discapito, poiché esso sarebbe risultato passivo rispetto a loro e statico nei confronti di ogni cosa che lo circondava. Poteva darsi che ciò sarebbe riuscito alle tre divinità gemelle, ma soltanto se la divinità positiva loro avversaria fosse stata minore. Invece, siccome esse avevano a che fare con una divinità di grado superiore, si poteva già prevedere senza errori che il loro espediente non avrebbe funzionato secondo le loro aspettative. Al contrario, esso avrebbe procurato dei grossi guai a loro stesse.

Il dio Mainanun, senza che le tre divinità malefiche lo notassero, aveva seguito da vicino ogni loro progetto per annientarlo. Egli si era messo perfino a ridere nell’apprendere in quale trappola intendevano farlo cadere. Di propria iniziativa, perciò, si era recato nell’antro che esse avevano scelto per attuare la loro insidia ai danni dell'ignota divinità, volendo facilitare la diligente messa in opera del loro piano. Così, dopo che il dio aveva messo piede nel buio dell’antro, i tre divini gemelli lo avevano prima accerchiato e poi cinto completamente con le loro braccia. Ma solo dopo essersi congiunti con le mani, gli sprovveduti avevano preso atto che la divinità accerchiata era un dio maggiore. Allora essi avevano tentato di disgiungersi per filare via alla svelta; però non erano stati in grado di farlo. L’energia del dio rivale, la quale era più potente della loro, li teneva bloccati nella posizione che avevano assunta un attimo prima. Alla fine, il dio del vento li aveva condannati a restare per sempre in quella caverna. Infatti, non aveva più consentito alle tre divinità di disfare l’anello formato da loro stesse e di allontanarsi da quel luogo per godersi la luce del sole, che fuori brillava radioso e vivificante.

Questo era il contenuto della seconda versione della leggenda narrata sul conto del divino Mainanun, che i Berieski adoravano come il dio di ogni massa d’aria in movimento. Tramandandosela di generazione in generazione, i Terresi, gli Ariesi, gli Acquesi e i Fuochesi ne andavano assai fieri e si consideravano molto fortunati di essere il popolo prediletto di una divinità, che si presentava abbastanza potente e portentosa.

Adesso, prima di andare avanti con il nostro racconto e vedere che piega prenderà la sfida tra i due titanici strateghi, quali dimostravano di essere Kodrun e Nurdok, corre l'obbligo di tracciare un loro profilo biografico, a cominciare da quello del superum dei Berieski. Così avremo modo di ripercorrere le vicende salienti delle loro vite parallele, le quali non potranno che risultarci massimamente avventurose ed avvincenti. Conosceremo, inoltre, alcuni episodi rilevanti della vita leggendaria dell’uno e dell’altro, poiché essi di sicuro susciteranno in noi un immenso stupore e molta ammirazione. Mi riferisco a quelli che, uscendo dalla quotidianità, ne avevano contraddistinto l'adolescenza e la giovinezza. A dire la verità, saranno proprio le loro fasi evolutive che ci permetteranno di approfondirli in maniera completa ed ottimale, facendoci provare delle emozioni forti ed intense.

Da parte mia, mi auguro che risulteranno ben collegati fra loro gli episodi che saranno rievocati nei prossimi capitoli per illustrare tali particolari momenti della loro esistenza. Soltanto in questo modo essi saranno in grado di fornirci una visione d’insieme evocativa ben strutturata e suggestiva. A mio parere, la loro conoscenza, limitatamente al re Kodrun, ci permetterà anche di integrare quanto già abbiamo appreso finora sulla sua singolare personalità. Ciò potrà di sicuro fare accrescere ulteriormente ai nostri occhi la sua statura morale ed eroica. La quale, a quel tempo, nella regione edelcadica non poteva essere superata da altre persone, pur mettendocela tutta; invece poteva essere solamente emulata da loro, che ne restavano lo stesso soddisfatti.