64°-I TANGALI INIZIANO LA LORO ANNUNCIATA INVASIONE

Con il trascorrere degli anni, la felicità e la ricchezza erano andate prosperando in casa di Chiorro, il soldato di Kodrun che aveva voluto adottato il piccolo Lucebio. Il quale era scampato alla furia dei Tangali, grazie all'ingegnoso espediente della madre naturale. Perciò la felicità non aveva mai smesso di esserci, per la presenza in essa dell'intelligente figlio unigenito; la ricchezza, invece, vi era giunta, grazie all'intraprendenza e all'indefessa laboriosità del capofamiglia. Volendo essere obbiettivi, anche la donna di casa, che era la parsimoniosa Iterna, aveva contribuito a migliorare il tenore di vita familiare, rendendo più vivibile il loro focolare domestico. Nei primi anni di adozione del bambino, comunque, la loro vita era stata grama ed aveva conosciuto soltanto stenti. Invece negli anni successivi la situazione economica della famigliola, essendo sopravvenuta una inversione di tendenza, aveva iniziato a progredire a dismisura, siccome c'era stata una evoluzione positiva. Essa, nell'arco di un decennio, facendogli accumulare ingenti ricchezze, aveva permesso all'esiguo numero familiare di cominciare a vivere in un'agiatezza invidiabile. Infatti, il grande amore per il figlioletto adottivo aveva reso Chiorro ingegnoso e pieno di iniziative. A tale riguardo, va fatto presente che in passato egli aveva trascorso intere nottate in bianco, per un motivo molto semplice. In quelle ore notturne, la sua mente era stata occupata a pensare come riuscire a procurare al suo adorato Lucebio un patrimonio consistente, poiché esso avrebbe dovuto farlo vivere agiatamente sia nel presente che nei suoi anni avvenire.

L'uomo si era dato ad industriarsi con l'allevamento di cavalli, il quale, essendo stato favorito dalla buona sorte, in brevissimo tempo gli aveva lucrato insperati guadagni. Basti pensare che egli aveva iniziato l’attività di allevatore con appena trenta cavalli. Per acquistarli, aveva dovuto addirittura chiedere un prestito al suo capo Kodrun. Al momento attuale, il padre di Lucebio, oltre ad avere estinto il debito contratto con il suo capo, si ritrovava ad essere proprietario di una mandria di oltre cinquemila capi, che erano tutti di razza scelta. Perciò c'erano cinquanta uomini ad attendere al loro pascolo con impegno e con instancabile lavoro. Per contraccambio, essi ricevevano una paga profumata dal loro datore di lavoro, essendo egli soddisfatto del loro modo di lavorare.

Una sera, mentre la famigliola stava radunata intorno al desco ed era intenta a cenare, il facoltoso allevatore ogni tanto interrompeva i suoi bocconi e li alternava con profondi sospiri. Allora la moglie Iterna, che si era accorta del palese nervosismo del marito, il quale seguitava a manifestarlo nel modo appena appreso, non tollerando più quel suo comportamento antipatico, non poté fare a meno di domandargli:

«Cos'hai stasera, mio preoccupato Chiorro? Perché ti agiti tanto, fino a somigliare ad un’anima in pena? Come se ti avessero legato sopra una rovente graticola invasa dalle fiamme! Ti assicuro che, se ti decidi a sputare fuori il rospo, una volta che lo avrai fatto, ti sentirai senz'altro meglio e cambierai anche subito umore!»

«Prima di rincasare, mia dolce consorte,» si diede a spiegarle il marito «mi sono pervenute all'orecchio delle voci allarmanti, le quali non sono per niente infondate. Perciò adesso esse seguitano a tenermi sulle spine e non mi danno pace! In verità, si tratta di notizie che già circolavano da un bel po' di tempo in Litios; ma mai nessuno le aveva volute prendere in seria considerazione. Invece le medesime adesso stanno mettendo in agitazione tutti gli abitanti del nostro villaggio!»

«Quali sarebbero, mio fedele Chiorro, le novità preoccupanti, che ti fanno disperare e ti privano perfino della calma? Non hai messo in conto che potrebbe trattarsi di un ennesimo allarmismo ingiustificato? Lo sai anche tu che nel nostro villaggio non è la prima volta che una notizia, dopo esservisi propalata come certa, in un secondo momento si è rivelata invece del tutto insussistente. Naturalmente, dopo essere stati effettuati gli opportuni riscontri! Ecco cosa dovresti sapere!»

«Se vuoi pensarla in questo modo, Iterna, sei libera di farlo! Ma io sono di diverso avviso! A Litios già si vocifera che Ricnos, il quale è il novello capo dei Tangali, stia armando un esercito di centomila soldati, con il proposito di porre l'intera Edelcadia sotto il suo calcagno. Egli va affermando che a lui non capiterà quanto accadde al suo antenato Stactus e a suo padre Buscul. Secondo le stesse voci, Ricnos ha apertamente giurato che la sua prima azione bellica sarà condotta contro il nostro villaggio, essendo intenzionato a ridurlo in un cumulo di cenere!»

«Sono cose davvero terribili per tutti noi!» furono le poche parole stizzose di Iterna, alle rivelazioni inquietanti dell'abbattuto consorte.

La poveretta, infatti, all'improvviso non credette più che le nuove dei suoi conterranei fossero solo delle mere congetture. Al contrario, oramai escludeva nella maniera più assoluta che si trattasse di una immotivata psicosi collettiva, dal momento che nel loro villaggio adesso se ne parlava tanto e non si smetteva più di farlo! La qual cosa, facendola mostrare interamente scossa, oltre che in preda ad una forte apprensione, la spinse a fare al marito le seguenti preoccupanti riflessioni:

«Chiorro, quindi, si prevede chela guerra divamperà di nuovo sui nostri territori, prendendo il posto dell’odierna pace! Questo significa che vi saranno ancora stragi inumane di tanta povera gente, la quale non ha alcuna colpa di niente. Al contrario, essa vuole vivere la propria vita esclusivamente nella pace e nella più piena serenità. Non tutti, però, riescono a comprenderlo e fanno di tutto per distruggere l’una e l’altra!»

«Temo proprio di sì, Iterna mia! Si vede che è destino che la guerra scoppi periodicamente in ogni parte del mondo, oltre che dalle nostre parti, senza che noi possiamo evitarla!» Acconsentì il marito, mostrandosi assai turbato mentre le rispondeva.

A quel punto, rivolti gli occhi al cielo, la donna incominciò a sfogarsi nell'unico modo che poteva, ossia rivolgendosi alla somma divinità dell'Edelcadia e mettendosi a dirgli: "Ma perché permetti queste cose orribili, divino Matarum, anziché intervenire a fulminare coloro che sadicamente prima le perseguono e dopo le provocano? Io sono del parere che, se tu non le facessi avverare, il tuo sarebbe un atto di giustizia!"

Lucebio fu l'unico ad accogliere con un'aria soddisfatta, direi trionfante, la notizia della guerra in vista. Subito dopo che la madre si fu sfogata con il loro dio, come abbiamo udito, egli, in preda ad una grande euforia, preferì esclamare: "Oh, che bello! Presto si combatterà una grande battaglia dalle nostre parti! Adesso voglio anch'io combattere da valoroso soldato e sconfiggere i nostri numerosi nemici!"

Un attimo dopo, però, smettendo di esultare e gioire, l'adolescente decise di fare una domanda a colui che lo aveva generato. Ma prima ancora di farla, egli fu preso dall'ansia che gli proveniva dal desiderio di apprenderne la risposta. Così si espresse al genitore con queste parole:

«Babbo, dimmi che anch'io potrò prendere parte alla prossima guerra! Se mi sarà consentito, ne sarò lietissimo! Non immagini neppure quanto vorrei essere un combattente e farmi grande onore in battaglia!»

«Invece, figlio mio, non ti sarà consentito di arruolarti e di partecipare alla guerra. Quindici anni sono pochi e non bastano per farti essere un vero soldato. Ne occorrono per lo meno venti per diventare un uomo degno di tal nome e per guerreggiare validamente contro i nostri nemici in arrivo. Perciò rinuncia alla tua voglia di essere tra i futuri belligeranti, se davvero ci sarà una guerra sui nostri territori!»

Le parole del buon Chiorro fecero scemare ogni impeto di giubilo nel minorenne. Anzi, il ragazzo se la prese con il padre e in quel momento gli mise perfino il muso, come se le sue parole lo avessero bastonato. Invece la più sconsolata dei tre congiunti seduti a tavola continuava ad apparire la donna. Ella, dopo l’intervento del figlio, che non si era astenuta dal biasimare con durezza almeno con la mente, iniziò a bersagliare il marito con una raffica di nuove domande, che furono le seguenti:

«Chiorro, mi riferisci cosa ne pensa il nostro capo Kodrun delle intenzioni del capo dei Tangali? Egli ha già avvisato i sovrani delle città nostre alleate? Sai quanti soldati essi sono disposti ad inviare in nostro aiuto? A tuo parere, i loro armati arriveranno poi in tempo, cioè prima che il nostro villaggio venga attaccato e raso al suolo dai nostri irriducibili nemici? Su, dimmi tutto quello che sai a tale riguardo, per favore!»

«Dalle poche notizie che sono riuscito a racimolare nel villaggio, Iterna mia, il nostro capo sta trascorrendo dei brutti momenti. Egli non sa proprio che pesci prendere, dopo che tutte le staffette inviate un mese fa alle nostre città alleate sono ritornate a mani vuote. Sai qual è stata l’unanime risposta dei loro irresponsabili regnanti? Ti anticipo che si tratta di una cosa veramente assurda e vergognosa!»

«Voglio assolutamente conoscerla, Chiorro! Ma il tuo volto adirato e furioso mi fa comprendere che non devo aspettarmi niente di buono da essa, siccome sarà stata molto dissennata!»

«Moglie mia, hai proprio ragione! Essi hanno mandato a dirci che i loro avi ci fecero dono di queste terre ad una condizione. Ossia, in cambio, avremmo dovuto combattere i Tangali al posto loro, ogni volta che questi avessero tentato di invadere l'Edelcadia. Perciò è compito di noi Litiosidi affrontarli e vincerli, se vogliamo continuare a tenerci le terre che i loro progenitori ci donarono. Essi hanno anche espresso il loro rincrescimento e la loro disapprovazione, per essersi permesso il nostro capo di distrarli dai loro diporti quotidiani. Ecco come stanno realmente le cose, Iterna! Per questo motivo, ci resta soltanto da sperare nella compassione e nell'aiuto del nostro dio Matarum!»

«Vigliacchi, che non sono altro!» urlò allora la donna, risentita e rabbiosa. «Adesso, Chiorro, ammesso che tu ne sia al corrente, vuoi dirmi di quanti soldati può disporre il nostro capo? Immagino che essi saranno senza meno insufficienti per contenere la strapotente avanzata dei Tangali, i quali, a confronto dei Litiosidi, vantano un grande esercito!»

«Al massimo, il nostro capo Kodrun potrà avere al suo comando ventimila uomini, i quali rappresentano la quinta parte dell'esercito tangalo. Quest’amara prospettiva, ovviamente, ci getta tutti in pasto allo sconforto più avvilente, che non possiamo far sparire dentro il nostro animo, dopo che vi si è insinuato insidiosamente!»

Alle parole del marito, la padrona di casa fece seguire una breve pausa di silenzio, durante la quale ella apparve in uno stato di angoscia e in preda ad una grande preoccupazione. Un attimo dopo, però, assumendo un tono sommesso, non si astenne dal domandargli:

«Chiorro, invece cosa hai stabilito in merito ai nostri ingenti cavalli? Hai preso ancora qualche decisione, allo scopo di proteggerli dalle terribili orde tangale che sono in arrivo? Vuoi farmelo sapere, per favore?»

«In verità, non devo decidere proprio niente, Iterna, perché essi rimarranno lì dove si trovano adesso. Sono convinto che sul nostro altopiano non correranno alcun rischio. I Tangali non potranno accorgersi in nessun modo delle nostre bestie, durante la loro avanzata, anche se dovessero rasentare le falde del modesto rilievo. Specialmente dopo che avremo camuffato la parte iniziale dello stradone che porta fin sopra il pianoro in un groviglio di vegetazione intricato ed impervio! Quindi, non ci sarà nessun loro spostamento dall'altopiano, durante le operazioni belliche che dovrebbero esserci da queste parti.»

A nord di Litios, a venti miglia da esso, si elevava un altopiano vasto dodici miglia quadrate, la cui altezza non superava i cinquecento metri. Si poteva ascendere alla sua sommità, percorrendo un ampio stradone, il quale si inerpicava sul versante orientale con una pendenza di trenta gradi. Gli altri tre versanti, invece, si presentavano con una tale ripidezza, da scoraggiare anche i più bravi scalatori da un ardito proposito di inerpicamento. Inoltre, dallo stesso lato in cui si trovava lo stradone, l'altura in questione era fiancheggiata dalla via maestra. Essa, che proveniva dal nord, conduceva direttamente a Litios, senza darsi a nessun serpeggiamento. Chiorro, alcuni anni addietro, avendo trovato tale altopiano molto ricco di foraggio, si era risolto ad acquistarlo dal latifondista Artumanno. A quel tempo, egli era stato della convinzione che sopra tale pianoro i suoi cavalli avrebbero trovato un buon ricetto e una ottima pastura. Così, dopo il suo bell'acquisto, l’avveduto allevatore vi aveva fatto costruire degli ampi recinti, dove poi aveva fatto rinchiudere l’intera sua mandria di cavalli per farvela pascolare, senza il pericolo che essi potessero scappare via e precipitarsi giù a valle.


Un mese dopo, come già preannunciato dal loro capo Ricnos, i Tangali diedero inizio in grande stile alla terza invasione dell'ubertosa Edelcadia. Essi, avanzando dal nord, puntavano direttamente sul villaggio di Litios, lasciandosi dietro una scia interminabile di distruzione e di morte. Lungo la sua avanzata, l'esercito tangalo, oltre a mettere a ferro e a fuoco le tenute che incontrava sul suo percorso, mutilava anche orribilmente quei contadini che vi sorprendeva a lavorare, per essere rimasti all’oscuro della nuova invasione tangalica. Avanzando sui terreni litiosini, Ricnos si mostrava baldanzoso e sicuro di sé; ma soprattutto si proponeva di vendicare due onte. La prima, la più remota, era quella derivata dallo smacco subito dal suo antenato Stactus ad opera degli Edelcadi. La seconda, la più recente, invece era quella proveniente dalla sconfitta che i Litiosidi avevano inflitto al padre Buscul. In conseguenza di ciò, si era sparsa la voce che, prima di ogni altra cosa, egli avrebbe raso al suolo il villaggio di Litios, essendo stato fondato da Litiore, colui che aveva mandato a monte i disegni del suo sfortunato antenato. Il suo proposito gli veniva dettato pure dal fatto che l'odierno capo del villaggio, il quale era Kodrun, nel recente passato, aveva sconfitto sonoramente il suo incauto genitore, costringendolo a trovare scampo nella sua Tangalia con una ritirata, che lo aveva ricoperto di disonore.

Quella notizia mise in grande agitazione la popolazione di Litios. Invece Kodrun non si perse d'animo e cercò soltanto di porre rimedio a quel minaccioso evento in arrivo. Così cominciò col fare evacuare il suo villaggio dalle donne, dai vecchi e dai bambini, consigliando a tali persone di trasferirsi nella più vicina città edelcadica, che era Terdiba, dove sarebbero state al sicuro. Dopo, alla testa dei suoi ventimila soldati, egli marciò contro i Tangali, allo scopo di arginarne l’avanzata. In caso di un insuccesso, egli intendeva almeno infliggere ai nemici della sua gente un gran numero di perdite umane. Strada facendo, Kodrun andava studiando la configurazione del suolo, volendo cercarvi quello che gli avrebbe consentito il migliore appiglio tattico. Così in seguito, al momento opportuno, egli si sarebbe adoperato per imporre quel luogo ai nemici, quale teatro dell'immancabile conflitto. A suo parere, un terreno, che avesse offerto al suo esercito una posizione strategicamente più vantaggiosa, gli avrebbe agevolato anche le operazioni belliche da effettuarsi durante l’imminente guerra. Anzi, gli avrebbe permesso di arrecare al nemico dei danni, che sarebbero stati di tutto rispetto.

Infine, in attesa di subire l'assalto dei nemici e di affrontarli con una difesa efficace, il capo di Litios fece accampare i suoi soldati sopra un terreno incolto. Esso, che era tutto borri e scarpate, distava diciotto miglia dal suo villaggio. Secondo la sua competenza militare, che equivaleva a certezza matematica, quel posto gli avrebbe permesso di ottenere dall’ineludibile confronto risultati tre volte migliori di quelli che si fossero potuti sperare dall'avventurarsi in campo aperto. Perciò egli stabilì di sceglierlo quale futuro teatro di battaglia.