63-LUCEBIO, IL CAPO DEI RIBELLI
Dopo avere assistito alla tragica fine anche dei loro compagni a cavallo, i due individui, che erano stati risparmiati dai tre valorosi giovani e che non erano affatto dei malandrini di professione, si erano affrettati a rientrare nel loro campo. Esso, essendo situato in una radura posta al centro di una vasta macchia, era da considerarsi abbastanza appartato e nascosto ad ogni occhio indiscreto. Per raggiungerlo, bisognava superare degli anfratti sinuosi e scoscesi, i quali a volte presentavano cavità ed andirivieni poco accessibili. Al momento attuale, mentre avanzavano nell'ultimo tratto di strada che conduceva alla loro meta, i due sconosciuti superstiti non si erano astenuti dallo scambiarsi alcune impressioni sui cavalieri che avevano affrontati poco prima, venendone sconfitti sonoramente. A loro parere, essi si erano dimostrati eccezionali e formidabili nell'uso delle armi, visto che, pur essendo soltanto in tre, senza la minima difficoltà avevano neutralizzato i loro due assalti, liquidando tutti i loro commilitoni aggressori in entrambi gli scontri. Invece loro due se l'erano cavata, grazie all'insperata generosità degli avversari.
«Siamo vivi per miracolo, Solcio, amico mio!» aveva affermato uno dei due «Ti giuro che, se mi imbattessi di nuovo in quei cavalieri invincibili, non esiterei a tenermi alla larga da loro cento miglia. Invece tu come ti comporteresti, se ti trovassi nella medesima circostanza di stamani? Essendo convinto che tu ci terresti a conservare l'integrità fisica quanto me, mi permetto di asserire che non agiresti in un modo differente dal mio! Oppure, da autentico incosciente, rifaresti la stessa cosa di stamattina, cioè ti ridaresti ad assalirli? Allora ti esprimi al riguardo?»
«Vuoi proprio saperlo, Retrico?» gli aveva risposto il compagno «Ebbene, farei ragionare il mio cervello, considerato che da tale mio atteggiamento mi provengono sempre dei saggi consigli! Non ci suggerisce forse il nostro saggio capo di agire così? Se poi ti attendevi qualcosa di diverso da me, ciò vuol dire che noi due, non essendo della stessa pasta, non la pensiamo neppure alla medesima maniera. Dopo queste mie parole che non ti attendevi, mi devi scusare, per averti deluso!»
«Solcio, dal momento che non hai risposto per niente alla mia domanda, vuoi dirmi in quale modo mi avresti deluso, per cui ti sei anche scusato con me? Perciò mi obblighi a chiederti ancora: Dopo aver fatto ragionare il tuo cervello, mi chiarisci come ti comporteresti nei loro confronti? Da te mi interessa solamente apprendere questo particolare, che prima hai evitato di manifestarmelo! Per il tuo bene, spero che esso non si mostrerebbe tale, da mettere a repentaglio la tua incolumità!»
«Adesso ti esprimo il mio pensiero in proposito, mio commilitone, visto che ci tieni a conoscerlo. Ebbene, innanzitutto mi armerei...»
Prima che Solcio terminasse la sua frase iniziata, il compagno, interrompendolo, aveva voluto lui condurla a termine, apportando però ad essa la modifica, quale risulta da questo suo intervento:
«Così ti armeresti e ti scaglieresti contro di loro, facendoti ammazzare come un cane randagio. È questo che intendevi dirmi, nipote del facoltoso Sosimo? Ma se ti comportassi in tal modo, amico mio, senza dubbio il tuo agire sarebbe da autentico folle: te lo garantisco!»
«Mica volevo affermare quanto hai pensato tu, Retrico, sostituendoti a me! Potevi almeno darmi il tempo di palesarti l'intero mio pensiero! Invece, se lo vuoi sapere, è stata unicamente una tua inesatta supposizione. Come vedi, con la tua interruzione improvvisa, ti sei messo a congetturare per conto tuo cose che io non avrei mai neppure immaginato, considerandole assurde! Con il tuo intervento non richiesto, quindi, non mi hai dato il tempo di esplicitare quanto desideravo dichiararti. Perciò la prossima volta cerca di non bloccarmi più, mentre ti parlo e non ho ancora finito di dire la mia sull'argomento in questione! Ebbene, ti stavo dichiarando che, se li incontrassi nuovamente sulla mia strada, per prima cosa mi armerei di una buona dose di servilismo e poi mi avvicinerei a loro. Infine, senza vergognarmi, bacerei le mani a tutti e tre, allo scopo di accattivarmi la loro simpatia e la loro fiducia, le quali mi ritornerebbero molto utili in una circostanza analoga!»
«Allora, Solcio, ti dico che, comportandoti in tal modo, tradiresti la nobile causa di noi Dorindani, che ci dovrà riscattarci dai soprusi del nostro crudele despota, che da anni ci opprime vilmente. Ti faccio altresì presente che, qualora tu facessi come mi hai rivelato, dopo giustamente nessuno di noi ribelli vorrebbe più rivolgerti la parola. Posso garantirtelo al cento per cento che dopo andresti incontro al nostro disprezzo!»
«Retrico, mi dici cosa c'entra qui la nostra lotta segreta contro Cotuldo? Già, dimenticavo che anche tu, alla stessa maniera degli altri nostri compagni che ci sono cascati prima di te, hai creduto che i tre prodi cavalieri da noi assaliti appartenessero all'esercito del nostro maledetto tiranno! Invece sono più che convinto che, in merito a loro, avete preso tutti un bel granchio! Secondo me, si sbaglierà di grosso chiunque continuerà a rimanere di questa idea errata! I soldati di Cotuldo amano trucidare i loro nemici e provano un grande gusto nell'intridere il suolo con il nostro sangue. Essi sono soliti accanirsi a fare strage dei nostri conterranei e non sanno nemmeno che cosa sono la pietà e la generosità. Al contrario, i nostri avversari assaliti all'alba, come ho potuto rendermi conto, si mostravano alieni dall'uccidere. Essi colpivano a morte i loro avversari, solo quando venivano costretti dagli stessi a farlo, cioè quando erano assaliti pericolosamente da loro. Ogni volta si trattava più di autodifesa, anziché provare piacere nell'uccidere i loro avversari!»
«Allora, Solcio, chi pensi che fossero gli sconosciuti cavalieri che abbiamo attaccato poco fa e che tu già decanti, proprio come se fossero degni del nostro massimo rispetto? Hai la compiacenza di riferirmelo con molta chiarezza? Attendo la tua risposta in merito!»
«Sono convinto, Retrico, che essi sono degli eroi in cerca di avventure! Non hai notato come erano nobili il loro aspetto e il loro contegno? In vita mia, non ho mai visto dei guerrieri simili, poiché essi erano ammirevoli in ogni senso, quasi fossero dei principi! Mentre combattevano contro di noi, la nobiltà traspariva dai loro volti smaglianti!»
«Adesso cominci proprio ad esagerare, Solcio. Sembri un vero servo che loda e vanta a meraviglia il suo padrone! Scommetto che non avremo ancora raggiunto il nostro ritrovo, che tu già li avrai fatti diventare delle indubbie divinità! Ti consiglio di evitare che gli altri commilitoni vengano a sapere ciò che pensi dei nostri nemici!»
«Stai forse scherzando, Retrico? Se tu mi avessi affermato che alla fine li avrei reputati dei veri principi, te lo avrei anche consentito. Ma arrivare a farmeli stimare addirittura degli dèi è stata una esagerazione da parte tua! Delle divinità non si sarebbero mica messe a fare scaramucce con noi esseri umani! Anzi, esse non si sarebbero mai messe a combattere contro di noi, essendo consce delle nostre intenzioni!»
«D'accordo, servitore devoto dei nostri nemici! Forse avrò davvero esagerato. Adesso, però, ti prego di mettere un poco da parte gli uccisori dei nostri compagni e di darmi ascolto, poiché intendo cambiare argomento. Vorrei apprendere da te chi di noi due recherà la ferale notizia al nostro capo Lucebio. Se devo esserti franco, non me la sento di andargli a riferire quanto ci è successo stamattina. Perciò ti prego di farlo tu per tutti e due, dal momento che lo conosci molto bene, essendo egli amico del tuo nonno paterno. Almeno così mi è parso di capire!»
«A mio avviso, Retrico, la notizia, che stiamo per recargli, non è affatto funesta. Anzi, essa non potrebbe essere più bella! Vedrai che il nostro capo la penserà allo stesso modo mio, non appena sarò andato a dirgli come si sono svolti i due scontri! Vedrai che i fatti mi daranno ragione, a dispetto della tua opinione avversa, che trovo sballata!»
«Con quale criterio, Solcio, definisci bella la notizia che riguarda la strage dei nostri uomini? C'è forse qualche ragione particolare, la quale te la fa considerare come attesti? Per la verità, se vuoi conoscere la mia idea, francamente non riesco proprio a seguirti, amico mio!»
«Devi convincerti, Retrico, che, se abbiamo avuto la disgrazia di perdere trentadue dei nostri compagni, molto presto avremo anche la fortuna di avere dalla nostra parte tre cavalieri di indiscusso valore. I quali dimostrano di essere insuperabili nel maneggio delle armi. Perciò tali combattenti impavidi, secondo il mio giudizio, valgono perlomeno mille di noi ribelli! Te lo posso garantire, mio miope compagno d'armi!»
«Vedo che ti sei davvero fissato con quei tre cavalieri, Solcio. Direi che tu abbia quasi perduto la testa per loro! Eppure essi, in quanto uccisori dei nostri compagni, dovrebbero risultarti odiosi; mentre il nostro scontro con loro dovrebbe essere ricordato da te come una brutta ed umiliante sconfitta! Ad ogni modo, sono fortemente convinto che, dopo essere pervenuti al rifugio di Lucebio, verremo puniti da lui con una eccezionale severità. Ciò, a causa del nostro vile atteggiamento adoperato nei confronti dei nostri nemici!»
«Ehi, Retrico, tu bestemmi, dicendo questo! Si vede che non conosci l'imperturbabile flemma di Lucebio! Già, come potresti conoscerla, se sono soltanto tre mesi che ti sei aggregato a noi? Sappi che, nel nostro saggio capo, non scorgerai mai alterazioni psichiche di alcun genere. Egli, dopo averlo ponderato, studia sempre il caso e mai si scoraggia o si rallegra su di esso. Scommettiamo che Lucebio, dopo che gli avremo raccontato ogni cosa e gli avrò fatto le mie considerazioni sui tre cavalieri, ci manderà subito a cercarli per invitarli al suo alloggio? Ma vedo che ti mostri scettico su quanto ti ho appena fatto presente, per cui ti rifiuti anche di credere alle mie parole!»
«Non mi è mai piaciuto fare delle scommesse, egregio adulatore degli assassini dei nostri sventurati commilitoni. Dico soltanto che per te è già una fortuna, se non ti considero ancora un traditore! Sì, voglio proprio vedere se ragionerai alla stessa maniera davanti a Lucebio. Ma sono sicuro che cambierai tattica, una volta che saremo in sua presenza! Per il nostro bene, ti consiglio di inventarti altri discorsi davanti a lui, se vuoi che continuiamo a restare in vita! Oramai siamo arrivati già al nostro antipatico "non c'è via di scampo". Esso sicuramente ci procurerà qualche problema assai grosso, difficile da risolvere in qualunque modo!»
«Torno a ripeterti, Retrico, che sei in errore, se pensi che traviserò i fatti, quando saremo davanti al nostro venerabile capo. Egli, oltretutto, è anche un carissimo amico di mio nonno Sosimo, come tu stesso ci hai tenuto ad evidenziare! Perciò, se è questo che hai cercato di suggerirmi, non ci sperare nella maniera più assoluta! Egli apprenderà da me la pura verità, per cui la lingua non mi verrà affatto tagliata. Adesso però mi accorgo che almeno qui spira un'aria allegra! Non vedi come quei cinque compari si danno bel tempo, mentre il fragrante odore di quel cinghiale sullo spiedo li riempie di un insolito brio? Scommetto che ti piacerebbe dare manforte a quei buontemponi, i quali si stanno divertendo un mondo, come se fossero dei bambini dediti ai loro allegri giochi!»
All'ombra di una quercia secolare, infatti, mentre danzavano intorno ad uno spiedo, che era stato sistemato sopra un fuoco e da cui promanava uno squisito odore di arrosto, cinque dei loro commilitoni si mostravano in preda ad una esilarante vivacità.
«Finalmente hai smesso di blaterare, Solcio, e cominci a ragionare come si deve! Che bellezza poter fare, in questo momento, un po' di baldoria con quei nostri camerati, anziché affrontare tra poco il nostro capo! A proposito di lui, invece ho il timore che egli sarà di tutt'altro avviso. Vedendo che non sapremo addurre dei motivi validi, al fine di scusarci del nostro comportamento da vigliacco assunto verso i nostri nemici, ci penserà lui a farci divertire in tutt'altra maniera. Specialmente quando le nostre brutte notizie riusciranno a far venire la pelle d'oca agli altri ribelli che sono presenti nel campo! Magari ci costringerà a ballare, facendoci prendere a legnate sulla groppa da tutti gli altri nostri compagni! Non scorgi Lucebio assiso sopra quel masso, mentre è assorto nei suoi pensieri? Con il suo naso aquilino, pare che si sia già accorto del nostro insuccesso, per cui starà già pensando alla pena da infliggerci, a causa del nostro vile atteggiamento!»
«Taci, Retrico, e non parlare mai più in questo modo, quando ti riferisci al nostro capo! Al contrario, ricòrdati che Lucebio resta il grande uomo che è in ogni istante della sua vita. Per questo mai nessun evento saprebbe scomporlo. Ti dico che non riuscirebbe a smuoverlo neppure la caduta delle stelle dall'eccelso firmamento!»
In quell'istante, i due uomini, che stavano ritornando dall'azione punitiva disposta dal loro capo contro i presunti soldati di Cotuldo, erano stati scorti dai loro allegri compagni di lotta. Allora costoro si erano immediatamente precipitati ad andare incontro a loro due. Nello stesso tempo, mentre si accalcavano intorno ai loro cavalli, gridavano a gran voce: "Evviva, siete già di ritorno! Avete fatto un buon lavoro contro i nostri nemici, considerato che essi andavano puniti severamente? Ma perché siete tornati soltanto voi due? Dove sono finiti gli altri nostri compagni, che erano partiti insieme con voi? Forse si saranno fermati ad impiccare i tre odiosi sbirri di Cotuldo: non è vero? Quei maledetti figli di cagna si meritavano questo ed altro, ad essere sinceri!"
I reduci dall'imboscata riuscita male, però, non avevano dato retta a nessuno dei cinque compagni; né avevano risposto a qualcuna delle loro domande. Invece avevano seguitato ad andare avanti per la loro strada, restando muti come pesci. Ciò, almeno fino a quando Solcio e Retrico non si erano ritrovati al cospetto del loro capo.
«Ebbene?» senza esitazione, l'anziano uomo aveva iniziato ad interrogarli «Perché siete ritornati voi solamente? Mai, come questa volta, mi riesce così arduo desumere la verità dal solo contemplare in volto le persone! Per un fatto strano, le espressioni dei vostri visi non concordano affatto; al contrario, direi che esse discordano al massimo. Mi pare che l'uno voglia annunciarmi di aver trovato una miniera d'oro; mentre l'altro intenda riferirmi che una immane catastrofe sta per piombare su tutti noi. Perciò, mi fate la cortesia di rapportarmi ciò che vi è accaduto e come mai gli altri vostri compagni non si sono rifatti vivi al nostro campo, facendovi così compagnia nel ritornare dalla vostra missione? Ve ne sarò molto grato, se vi sbrigate a farlo, giovanotti misteriosi!»
«In verità, illustre Lucebio, sono convinto che ci maledirai, non appena avrai appreso che gli altri ribelli hanno trovato la morte nello scontro avuto con i nostri nemici.» il neo affiliato si era messo a rispondergli per primo «Perciò non li avremo mai più al nostro fianco, capo! Se la nostra lotta dovesse continuare per questa strada ispida, mi chiedo seriamente come faremmo a debellare il potente re Cotuldo! Anzi, andando avanti di questo passo, risulteremo bravi soltanto a farci uccidere tutti dal suo esercito. Il quale, come tutti i ribelli sanno, non smette mai di darci una caccia spietata!»
«Taci, nostro indegno commilitone!» il capo lo aveva ripreso bruscamente «Per quale motivo dovrei maledire delle persone che vengono ad annunciarmi che dei nostri uomini sono morti, combattendo per una causa giusta e nobile? Non bastando ciò, vieni a cospargere tra gli altri ribelli semi di resa. Ti meriteresti proprio..., ma lasciamo perdere! Vuoi dirmi come è successo e perché mai unicamente voi due siete riusciti a trarvi in salvo? Non erano solo tre i soldati del despota? Oppure si sono rivelati molti di più, contrariamente ad ogni vostra aspettativa? Avanti, riferitemi ogni cosa inerente all'agguato! Esso, a quanto pare, pur essendo stato preparato da noi con un impegno abbastanza meticoloso, ugualmente è stato infausto per tanti nostri compagni!»
«Gli sbirri di Cotuldo, capo Lucebio, erano più di un centinaio e non l'esiguo numero che ci era stato segnalato. Addirittura, la buon'anima di Titisto ti aveva riferito che essi erano appena tre! Adesso speriamo che egli impari a contare meglio nel regno dei morti! Per fortuna la sua poca dimestichezza con i numeri non è stata in grado di danneggiare né me né il mio camerata Solcio!»
«Al contrario, i fatti non si sono svolti, come Retrico te li ha esposti, Lucebio!» Solcio era intervenuto a contraddire il compagno d'armi «Già gli avevo fatto presente che non ti avrei celato alcuna cosa sull'accaduto, per cui non ti avrei detto delle spudorate menzogne, come ha fatto lui. Perciò eccomi a parlarti con la bocca della verità, come appunto pretendi che i tuoi uomini facciano nei tuoi confronti! Non è forse così, carissimo amico di mio nonno?»
«Sì, hai proprio ragione, Solcio. Tu, che sei nipote del mio grande amico Sosimo e mi conosci benissimo, lo sai che mi interessa sentire raccontare dai miei uomini esclusivamente la verità! Quindi, inizia tu a farmi il resoconto di quanto c'è stato tra voi e i tre soldati di Cotuldo, anche se esso, come immagino, non sarà affatto bello!»
Allora il giovane, concisamente, aveva incominciato a comunicargli:
«Come sei già al corrente, Lucebio, noi eravamo trentaquattro, mentre i nostri presunti nemici davvero non superavano le tre unità. Ebbene, nonostante il loro esiguo numero, essi, mostrando del valore eccezionale, hanno ucciso tutti gli altri nostri compagni. Inoltre, per avere salva la pelle, noi due ci siamo dovuti prostrare ai loro piedi e chiedere la grazia con tono supplichevole. In conclusione, ci siamo mostrati degli autentici disperati in cerca di sopravvivenza, nei loro confronti!»
«Cosa mi dici mai, Solcio?! Hai detto, se ho inteso bene, che c'è stata una prostrazione da parte vostra verso i nostri nemici e che quindi avete avuto salva la pelle, grazie al vostro atto vergognoso?! Tu, nipote indegno del mio intimo amico, hai pure il coraggio di esternare tanta ilarità nel riferirmi queste cose, anziché presentarti a me con un volto cereo e compunto? Qui non c'è più religione, se mi costringete a stigmatizzare il vostro operato! Oh, mio re Cloronte, i miei uomini non sanno ancora comportarsi degnamente e morire da veri uomini, come dovrebbe essere! Per questo motivo mi fanno disperare della tua salvezza e del tuo ritorno sul trono di Dorinda!»
«Invece, grande Lucebio, questo deve essere considerato un giorno di festa!» gli aveva esclamato il sincero superstite «Tieni presente Croscione, il nerboruto braccio destro del re Cotuldo che tanto temi, siccome è lui che fa più carneficina dei nostri uomini? Ti garantisco che egli è niente a confronto di ognuno dei tre cavalieri che sono stati assaliti da noi all'alba. Sono persuaso che si tratta di cavalieri forestieri che sono stati erroneamente scambiati da noi con sbirri di Cotuldo, quando invece possono essere soltanto delle persone nobili e generose. Lo dimostra il fatto che essi ci hanno risparmiati senza pensarci due volte, quando abbiamo chiesto loro di non infierire contro di noi. Anche tu sai benissimo che nessuno dei soldati di Cotuldo possiede la virtù della pietà oppure quella della misericordia! Se la mia constatazione è errata, puoi anche correggermi!»
«Quanto affermi sui soldati del tiranno, Solcio, è senz'altro vero. Ma con ciò, mi dici dove vorresti arrivare, siccome adesso non riesco più a seguirti? Per favore, cerca di essere più chiaro e di venire al dunque, affinché io prenda coscienza del tuo pensiero!»
«Sono certo, Lucebio, che essi si metterebbero volentieri contro i crudeli oppressori, a difesa dei miseri oppressi. Ecco quale è stata la ragione che mi ha spinto a fare ciò che non avrei mai fatto in nessuna altra circostanza! Una volta morti pure noi due, mi sai dire chi avrebbe potuto riferirti di loro per cercare di individuarli e farli diventare ribelli come noi? Adesso credo che essi siano arrivati già a Dorinda. Perciò, prima che ripartano dalla nostra città, bisogna farli partecipi della nostra infelice situazione. Soprattutto è nostro dovere pregarli di abbracciare la nostra nobile causa e di aiutarci nella lotta contro il tiranno. È probabile che sia stata la generosità del dio Matarum ad inviarceli, per cui per nessun motivo dobbiamo lasciarci sfuggire la bella occasione che ci si è presentata stamani! Ora hai compreso dove intendevo arrivare?»
Lucebio, ascoltate le ragioni del sagace Solcio, a un tratto si era fatto meditabondo, assumendo l'atteggiamento di chi insegue progetti che conducono solamente ad alimentare grandi speranze. Perciò, per breve tempo, era apparso quasi assente in quel luogo, come se niente e nessuno fosse in grado di influenzarlo. Ma poi di colpo si era risolto ed aveva iniziato a gridare ai suoi due uomini risparmiati:
«Come! Siete ancora qui e non siete ancora partiti?! Non voglio che si perda altro tempo. Avanti, andate difilato in città e cercate i tre cavalieri in ogni sua strada! Dopo che li avrete trovati, direte loro che li voglio nel mio campo, come miei ospiti graditi. Mi raccomando, soprattutto non dimenticate anche di riferire ai tre valorosi giovani che è un vegliardo che vi manda da loro per invitarli presso di sé!»
Al comando del loro capo, i due ribelli Solcio e Retrico subito erano rimontati a cavallo ed avevano abbandonato di gran carriera il loro campo, dirigendosi verso la loro città. Essi erano sicuri che in Dorinda avrebbero avuto la possibilità di recare l'ambasciata del saggio Lucebio ai tre combattenti imbattibili. I quali, come avevano appurato in mattinata, sapevano operare miracoli nell'uso delle armi.