58°-IL DIVINO IVEON LIBERA I SALUNNESI DAL DIO BROXUN

Il presente della nostra storia coincide proprio con il giorno che precedeva quello in cui Celes doveva essere immolata. Ella, però, volendo evitare la sua immolazione del giorno successivo, decise di porre fine al suo dramma interiore, prevenendo la triste sorte che le aveva riservato il dio Broxun. La terribile circostanza, fino a quel momento, aveva subissato quotidianamente la sventurata di negativi ed indescrivibili moti dell’animo, i quali non riuscivano più a farsi sopportare da lei. Perciò alla fine la sorella del re si era convinta che solo in quel modo se ne sarebbe liberata per sempre. Anche perché, agendo così, non avrebbe dato alla maledetta divinità la soddisfazione di approfittare del suo corpo e di buttarlo poi via, come se si fosse trattato di un cencio logoro, che non era più adatto all'uso. Rimanendo ferma in quella sua convinzione, a un certo punto, la giovane principessa lasciò la reggia. Poi, stando in groppa al suo cavallo, abbandonò la città e si diresse verso la rupe, dalla quale già si erano gettati il re Liosor nel remoto passato e suo padre, il mese precedente. Era sua ferma intenzione imitare egregiamente l’uno e l’altro, facendola finita con la sua misera esistenza, la quale adesso aveva perfino smesso di avere un senso.

Giunta nei pressi della rupe, Celes scese da cavallo e lo lasciò andare via. Poco dopo, raggiunto lo sperone roccioso, vi si sporse per un attimo, prima di buttarsi dal dirupo a caduta libera. Allora la profondità del vuoto sottostante la fece ritrarre inorridita; anzi, ebbe paura di imitare il genitore e l'illustre antenato Liosor. L’averci ripensato all'ultimo istante, però, ugualmente non riuscì a consolarla. Al contrario, facendola pentire, la spinse a vergognarsi del proprio comportamento pusillanime e a considerarsi anche indegna figlia del suo meraviglioso padre. Mentre poi veniva terribilmente rosa dal grande rimorso, per il fatto che ella non aveva saputo affrontare con coraggio la difficile situazione del momento, a un tratto la ragazza sentì alle sue spalle una voce che le diceva:

«Brava, principessa, è così che bisogna comportarsi, ossia recedere da quei propositi che possono essere solo errati! Mi dici perché mai avevi stabilito di troncare la tua esistenza, quando invece ti attendono parecchi anni di felicità e di serenità? Non sei mica una vigliacca che, pur di fuggire le proprie responsabilità, a un tratto stabilisce di uccidersi!»

A quelle parole di compiacimento e di accennato rimprovero, la principessa Celes subito si voltò indietro, volendo conoscere colui che le aveva parlato. Allora ebbe la gradevole sorpresa di trovarsi di fronte ad un giovane sconosciuto, il quale si presentava bello d’aspetto e aitante nel fisico. Il forestiero un istante dopo continuò a dirle con disinvoltura:

«Ignori forse che da te nascerà il nuovo re di Salunna, quello che succederà a tuo fratello Kuton? Quindi, perché volevi che ciò non accadesse, decretando la tua morte e la sua mancata nascita? Già, tu non potevi sapere che, grazie alla tua fertilità, la dinastia dei tuoi avi continuerà a sedere a lungo sul trono della città. Ti garantisco che sarà così!»

«Voglio sapere chi sei, giovanotto, e come fai a conoscere queste cose che riguardano la mia famiglia e me personalmente. Ignori forse che nessun mio figlio potrà mai essere incoronato re di Salunna, considerato che per legge il trono potrà appartenere solo a un discendente diretto del mio germano Kuton? Adesso ne sei al corrente anche tu!»

«Sì che ne ero a conoscenza, principessa Celes! Tuo fratello, però, è affetto da sterilità, per cui sarà impotente ad avere dei propri figli dalla futura moglie. Per questo motivo, alla sua morte potrà succedergli unicamente il tuo primogenito. Dopo le mie rivelazioni, ti sei capacitata che le mie parole ti hanno espresso la pura verità? Spero proprio di sì!»

«Pur trovando limpido il tuo ragionamento, giovane, che non sei di queste parti, lo stesso non sei riuscito a convincermi di quanto mi hai appena dichiarato. Comunque, non mi hai ancora riferito da chi hai appreso tante cose sulla mia famiglia, compreso il nome che porto! Per favore, mi dici adesso chi sei, come ti chiami e da dove vieni!»

«È stato tuo padre a mettermi al corrente di ogni cosa, principessa. Il defunto re Elost, che ho conosciuto da poco, mi ha pregato di liberare dall’oppressione del dio Broxun il suo popolo, che è anche il tuo. Naturalmente, non potendolo sapere in alcun modo neppure lui, non è stato il tuo genitore a parlarmi della sterilità che colpirà tuo fratello, il quale è l’attuale re di Salunna!»

«Se sei venuto per riscattarci dalla crudeltà della malefica divinità, per avertelo chiesto mio padre, non posso che persuadermi che sei un autentico dio, quello di cui necessitiamo. Ecco perché hai potuto mettermi al corrente della infecondità di mio fratello. Inoltre, devo prendere atto che la predizione di Handrus era esatta e che il mio genitore ha fatto bene a dargli retta. A questo punto, vorrei conoscere il tuo nome, mia generosa divinità!»

«Il mio nome è Iveon, dolce Celes, e sono il dio dell’eroismo. L’indovino di Salunna non si era affatto sbagliato nell'interpretare i disegni degli astri e nel prevedere che tuo padre, suicidandosi in un determinato momento, avrebbe salvato la sua gente. Infatti, egli, dopo la sua morte, ha avuto la fortuna di incontrarmi, di raccontarmi le vostre disgrazie e di supplicarmi di venire in vostro aiuto, come appunto sto facendo. Sei contenta di ricevere queste mie belle notizie?»

«Come non potrei esserlo, divino Iveon! Ma adesso voglio informarti di altre cose terribili, che mio padre non ha potuto farti conoscere. Il dio Broxun, dopo essere venuto a sapere che egli si è suicidato in seguito alla predizione di Handrus, innanzitutto ha eliminato l'indovino e poi ha imposto ai Salunnesi un nuovo tremendo sacrificio. Si tratta dell’immolazione mensile di una giovane vergine. Per questo, per suo espresso volere, domani dovrò essere io ad aprire la lunga serie di uccisioni, per cui sarò arsa viva sul rogo davanti al tempio. L'edificio religioso in passato era dedicato alla dea Laxen; invece, cinque secoli fa, il malefico dio obbligò i Salunnesi a dedicarlo alla propria divinità, dopo aver catturato la nostra divina protettrice ed averla fatta sua prigioniera.»

«Per quanto riguarda l’immolazione, principessa, non te ne devi affatto preoccupare, poiché sarai salvata da me, dopo che verrà appiccato il fuoco alla catasta di legna. Nel frattempo, dovrai comportarti come se non mi avessi mai incontrato e mostrarti anche rassegnata ad affrontare il tuo segnato destino. Potrai parlare di me solo ai tuoi familiari, ossia a tuo fratello e alla tua genitrice. Hai compreso come ti devi comportare, mia soave fanciulla? Quanto alla divina Laxen, anche lei sarà riscattata da me e al più presto ritornerà ad essere la vostra dea tutelare.»

«Se è questo che vuoi da me, dio dell’eroismo, mi adeguerò alla tua volontà. Ma sei certo di potercela fare contro il diabolico tuo avversario? Come sai, egli è riuscito perfino a ridurre in cattivo stato la dea da noi adorata, imprigionandola in una posizione orribile, che nel tempio la rende ludibrio di quanti erano i suoi protetti. Allora posso contare su di te? Già, come non potrei, se vieni per conto del mio defunto genitore?»

«Il dio negativo Broxun me la pagherà anche per questo, principessa. La vostra ex dea protettrice, che è una mia parente, questa notte stessa cesserà di essere la sua vittima, poiché sarò io a liberarla. Così ella potrà riprendere a proteggere i vostri parti, mentre voi potrete tributarle nuovamente la vostra sentita venerazione. A questo punto, ritornatene alla reggia, amabile Celes, e raggiungila al più presto, prima che i tuoi familiari si preoccupino e tribolino per te ulteriormente. Comunque, ho badato io a trattenere il tuo cavallo, evitandogli di fare ritorno in città, senza avere te sulla groppa. Perciò adesso la bestia è qui ad attenderti.»

«Ti ringrazio, dio Iveon, per ciò che ti sei proposto di fare per il mio popolo e per me. Te ne saremo eternamente debitori e riconoscenti! Ora ti lascio, come tu stesso mi hai pregata di fare. Inoltre, ho una grande voglia di raggiungere al più presto mia madre e mio fratello per riferire a loro due il nostro incontro, il quale di sicuro li tranquillizzerà.»


Quando la principessa Celes si presentò a corte, entrambi i congiunti le corsero incontro e se l’abbracciarono con intenso affetto. Fu la sua preoccupata madre a mostrarsi nei suoi confronti più premurosa ed emozionata. Alla fine, dopo che in lei fu cessata l'intensa emozione che stava vivendo nell'intimo, non si astenne dal farle il seguente parlare:

«Figlia mia, non sai quanto ci hai fatto penare durante la tua assenza dalla reggia! Io e tuo fratello abbiamo temuto il peggio per te e non ci davamo pace! Invece, scorgendoti di nuovo vicino a noi, ci siamo rasserenati all'istante! Adesso ci riferisci dove ti eri cacciata, dopo che hai lasciato la città totalmente frastornata?»

«Madre, avevate forse temuto che fossi andata a gettarmi dalla stessa rupe dalla quale si è buttato mio padre? Ammesso pure che lo avessi fatto, mi dici cosa sarebbe cambiato per voi? Essere morta oggi di mia volontà oppure morire domani sacrificata al dio Broxun non credi che per voi sarebbe stata la medesima cosa? Se non riesci ad immaginartelo, sappi almeno che io ci avrei guadagnato! Non risulta anche a te che una morte rapida, quella che mi avrebbe fatta spiaccicare sopra un terreno accidentato, di certo sarebbe stata migliore di quella che domani mi provocheranno lentamente le fiamme del rogo? Ebbene, madre mia, ci è mancato poco che non imitassi il mio genitore, suicidandomi come lui! Se non l’ho fatto, è perché non sono destinata ad essere immolata in pubblica piazza nella giornata di domani. Inoltre, non si può evitare che il mio futuro primogenito diventi sovrano di Salunna, poiché egli è destinato a succedere allo zio Kuton! Di sicuro non mi crederete, ma lo so per certo, avendolo appreso da poco da colui che lo sa senz’altro!»

«Ma che dici mai, Celes?! Ti senti bene, figlia mia?! Chi è stato a metterti in testa queste idee così assurde?! Domani tu verrai sacrificata al dio Broxun, per cui da te non potrà mai nascere alcun discendente. Perché poi sarebbe dovuto essere legittimo erede al trono il tuo primogenito e non il primo rampollo maschio di tuo fratello? Anche ciò è un paradosso senza senso, che ti sarà stato dettato da un pizzico di follia!»

«La risposta è abbastanza semplice, madre mia. La sterilità di mio fratello non gli permetterà di avere figli, per cui gli succederà per legge il primo dei miei figli maschi. A tale riguardo, invito Kuton a non ripudiare la sua prima moglie, se in avvenire non avrà figli da lei. Essendo la sua infertilità la causa della loro mancata nascita, non gli servirà a niente, anche se cambierà cento mogli, pur di avere degli eredi. Ecco come si svolgeranno le cose in avvenire, miei cari congiunti, essendo questo il suo ingiusto destino!»

«Vorresti che noi ti credessimo, Celes?» il re Kuton tese a confutare le dichiarazioni della sorella «Ci hai forse scambiati per degli allocchi? Siccome ti stai dando da fare a parteciparcele, vuoi dirci da chi hai appreso in breve tempo queste notizie infondate? Su, sorella mia, prova a dare una giustificazione a quanto di cui sei venuta a parlarci!»

«Crederai ancora che esse siano inconsistenti, fratello mio, dopo che ti avrò detto che tali notizie mi sono state rivelate dalla divinità che nostro padre ci ha inviato per liberarci dal dio Broxun? Ero già sul punto di gettarmi dalla rupe, quando il divino Iveon mi ha fermata. Dopo mi ha detto le cose che vi ho riferito poco fa. Essendo un parente della dea Laxen, egli è venuto a Salunna anche per vendicare lei. Secondo te, avrei dovuto rifiutarmi di aver fede in lui, dopo che mi si è presentato come il futuro salvatore divino del nostro popolo? Tu cosa avresti fatto al posto mio? Non gli avresti forse creduto?»

«Hai fatto bene a dargli ascolto, mia germana, anche perché ti ha dichiarato che è stato nostro padre a pregarlo di venire a liberarci dalla divinità malefica che ci opprime. Ti prometto che in avvenire rammenterò quanto mi hai fatto presente sulla mia sterilità e giammai mi permetterò di cambiare la mia prima consorte, se da lei non avrò dei figli. Adesso, però, desidererei apprendere da te se il dio Iveon ti ha dato qualche disposizione su come dovremo comportarci domani, riguardo alla tua immolazione. Certamente egli ti avrà pure accennato qualcosa in merito! Non è forse vero che ho ragione?»

«Il divino Iveon vuole che tutto si svolga regolarmente come previsto, compresa la mia sistemazione sul rogo del sacrificio. Poi ci penserà lui a sottrarmi alle fiamme, facendola in barba ai Paskuni che vigileranno intorno alla catasta di legna. Intanto già stanotte egli libererà la nostra dea del parto e la priverà della umiliazione, a cui l’odioso dio Broxun la tiene sottoposta con perfidia. Ce ne renderemo conto domani mattina!»

A quelle belle notizie recate dalla loro amata Celes, il sovrano di Salunna e sua madre ne furono immensamente felici. Stando così le cose, essi presero coscienza che non c’era stato invano il sacrificio del loro familiare, il quale era padre dell’uno e marito dell’altra. Inoltre, al magnifico pensiero che la loro giovane congiunta l'indomani sarebbe scampata alla morte, sia l'uno che l'altra provavano un ineffabile giubilo.

Quella stessa notte, come aveva annunciato alla sorella del sovrano, il dio Iveon fece il suo ingresso nel tempio. Quando poi fu davanti alla grande sfera trasparente costituita di pura energia, lo spettacolo che vi si scorgeva all'interno di essa lo fece adirare tantissimo. Allora, volendo togliere la dea al più presto da quel disagio mortificante, egli le allungò la mano per farsela stringere da lei. Dopo che la divina Laxen gli ebbe ubbidito, l’eroico dio poté trarla fuori, senza che ella avvertisse quell’energia che prima non le permetteva di uscire. Una volta fuori della sfera, la dea si ritrovò ad essere normale come prima, poiché vennero meno in lei ogni effetto visivo e psicologico precedente. La qual cosa, non facendola più sentire oppressa, la rasserenò e la rese gioiosa.

Se il lettore ha buona memoria, ricorderà che la dea negativa Vaen, alla stessa maniera di come abbiamo visto fare il dio Iveon, permetteva alla figlia Elesia di entrare nella campana energetica, nella quale il marito Katfur aveva relegato il divo positivo Ukton e le permetteva anche di uscirne. Va chiarito che tale espediente funzionava solo tra due divinità della medesima natura, ossia esse dovevano essere entrambe positive oppure negative.

Ritornata ad essere libera, la divina Laxen ringraziò il suo parente Iveon, delle cui gesta aveva già sentito parlare, inorgogliendosene. La dea era convinta che il suo torturatore presto avrebbe pagato lo scotto, siccome contro di lui stava per intervenire il campione delle divinità benefiche. Invece ella, divenendo ancora la loro dea, avrebbe riacquistato presso i Salunnesi il prestigio e la devozione, che aveva goduto un tempo. Ma prima aveva fatto trarre in salvo anche lo scultore Elpisio, dovendo egli scolpirle la medesima statua mutilata dal dio Broxun.

Adesso ci viene da chiederci se già il dio Iveon avesse fatta la conoscenza della divinità sua rivale e cosa ne pensasse. Ebbene, le risposte alle nostre due domande vengono subito date. Essendo arrivato sul pianeta Suliut due giorni prima dell’incontro avuto con la principessa Celes, egli li aveva trascorsi ad apprendere ogni cosa del dio Broxun. Ovviamente, lo aveva fatto con le dovute precauzioni, quelle che già abbiamo avuto modo di conoscere altre volte. Ricorrendo alla deicela, il divino eroe gli era arrivato fin sotto il naso, senza farsene accorgere per niente. In quell’occasione, aveva anche scoperto che al dio negativo non importava un accidente del secondo sacrificio che aveva imposto al popolo di Salunna. Esso rappresentava per lui solamente una pura e semplice punizione inflitta ai Salunnesi. Perciò egli non lo avvertiva come una esigenza dalla quale potere attingere un proprio appagamento particolare. Questo era stato il motivo, per cui il dio negativo aveva deciso di non presenziare la cerimonia in nessuna delle immolazioni future. Ma avrebbe demandato tale compito ad una trentina di Paskuni, i quali sarebbero stati guidati dal loro comandante Verust.

Dalle sue fitte ricerche operate sulla divinità malefica, il dio Iveon aveva appreso che Broxun, che era il dio della perversione, era una divinità di grado maggiore. Poiché un tempo ne aveva sposato la sorella Fastia, la dea dell’oscenità, egli si era imparentato con il dio Trauz. Quest’ultimo, come il lettore ricorderà, era la sua vecchia conoscenza, con la quale aveva avuto a che fare sul pianeta Treun. Su di esso, lo aveva ridotto così male, da non consentirgli più di porre piede in Kosmos. Il dio Broxun, inoltre, si era trasferito sul pianeta Suliut insieme con la consorte. La quale, appena venuta a conoscenza che egli aveva tendenze antropofaghe, con predilezione per esseri umani appena nati, subito lo aveva piantato in asso. Infatti, nonostante ella fosse una divinità negativa, ugualmente quel vizio del consorte l'aveva disgustata a non finire, facendoglielo ritenere un dio spregevole. Così, avendo preso la decisione di stargli lontano il più possibile, la dea negativa se nr era andata ad abitare sopra un altro pianeta, il quale apparteneva ad una galassia sconosciuta assai remota.

Riguardo poi alle sue creature, che erano i Paskuni, il dio Iveon aveva deciso di non intervenire contro di loro, a meno che esse non avessero costituito un pericolo per i Salunnesi. In tal caso, le avrebbe fatte fuori nella medesima maniera che aveva eliminato le Creature del Male del dio Trauz. L'eroico dio, però, per il momento voleva evitare che il dio Broxun si accorgesse della sua presenza sopra il pianeta Suliut, siccome intendeva preparargli una sorpresa coi fiocchi. Inoltre, era convinto che, dopo aver costretto il dio rivale a rifugiarsi nel Regno delle Tenebre, pure le sue creature avrebbero automaticamente cessato di esistere, sparendo per sempre dalla faccia di quel pianeta, dove essi martoriavano da cinque secoli gli abitanti di Salunna.


Essendo trascorse l'una dopo l'altra, le ore notturne permisero al nuovo mattino di presentarsi sulla città di Salunna, sovrastandola con una cappa di piombo. La mestizia era dilagata in ogni suo angolo e in ogni sua abitazione, dove ciascun Salunnese ricorreva mentalmente alla triste sorte che tra breve sarebbe toccata alla loro principessa Celes sul sagrato del tempio. In quel luogo, già stavano innalzando il rogo per farvi bruciare sopra a metà mattinata la sventurata della casa regnante, al fine di offrirla in sacrificio al dio Broxun. Anzi, molti di loro avevano deciso di assistere alla ignobile immolazione della giovane vergine; ma erano ignari che le cose non sarebbero andate come avevano previsto.

Giunta la sua ora, la principessa, dopo essere stata prelevata dalla reggia, fu tradotta dai Paskuni sul luogo della funzione religiosa. Al termine della quale, la giovane vergine fu invitata a salire sul rogo, essendoci una scala per farlo. Anche Verust la seguì per fermarle i polsi e le caviglie a due pesanti tronchi sistemati in cima alla catasta di legno. Con una simile precauzione, si cercava di impedire alla vittima del sacrificio di buttarsi giù da essa, mentre le fiamme ardevano, e di sfuggire così alle lunghe lingue di fuoco divoratrici.

Tutti i Salunnesi presenti si erano stupiti, nello scorgere la rampolla di casa reale presentarsi al rogo tutt’altro che sconvolta e piangente. Anzi, ella appariva con un volto sereno, intanto che vi saliva sopra, come se non dovesse succedere alcuna cosa di brutto nei suoi confronti. Il loro sbalordimento fu ancora maggiore in seguito, ossia quando non la sentirono emettere neppure un grido di dolore, intanto che il fumo e il fuoco le si avventavano contro per martirizzare e disfare il suo fragile corpo. Ma essi ignoravano che la principessa, dopo essere stata avvolta interamente dal fumo, era stata liberata dai legacci e ricondotta a corte dal divino Iveon. In quel luogo, senza proferire alcuna parola, il dio l’aveva consegnata alla disperata genitrice, il cui giubilo in quel momento risultò inesprimibile. Invece il re Kuton fu informato di quel felice evento, solo dopo aver fatto ritorno dalla madre, con l'intenzione di raccontarle la terribile esperienza vissuta sull'ampio sagrato del tempio.

Una volta che ebbe tratto in salvo la ragazza dal rogo del sacrificio e la ebbe riportata nel suo focolare domestico, l’eroico dio decise anche di punire la divinità malefica, la quale aveva peccato di arroganza e aveva commesso un grave sopruso verso la sua divina parente. Egli conosceva già il posto dove il suo rivale era solito concedersi qualche pausa di riposo, essendo riuscito a scoprirlo nel medesimo giorno che aveva messo piede sul pianeta Suliut. Infatti, il dio Iveon aveva appreso che, quando altre attività non lo tenevano impegnato altrove, il dio malefico Broxun amava riposare in una caverna, la quale si trovava a metà altezza di una montagna. La cui cima innevata svettava biancheggiante ed imponente contro il limpido cielo. La rocciosa cavità, comunque, si trovava sul lato orientale dell’altura, per la qual cosa al mattino essa veniva inondata dai tiepidi raggi del sole nascente.

Quando il divino Iveon pervenne nelle sue vicinanze, era notte fonda e il suo rivale vi stava riposando con la massima tranquillità. Anzi, non sospettava affatto che sul pianeta fosse giunta una divinità maggiore, la quale si stava adoperando per rendergli difficile l’esistenza. Infatti, il divino eroe aveva saputo gestire la situazione nel migliore dei modi, nascondendo sia il proprio arrivo sul pianeta sia la sua permanenza sullo stesso. Egli non aveva voluto permettere all'avversario un combattimento a viso aperto, non ritenendolo degno di un suo confronto con lui, a causa della sua abiettezza. Così, approfittando del buio pesto, con dei raggi energetici scavò nel suolo una voragine immensa, la quale, per conformazione, era la copia autentica dell’alta montagna. Perciò l’una e l’altra potevano essere considerate due immagini speculari, con la differenza che l’una era piena, ovvero il monte, e l’altra era cava, ossia il profondo baratro da lui scavato. Dopo il dio positivo aveva sollevato l’eccelso rilievo fino a raggiungere i suoi metri d’altezza e lo aveva rovesciato. A quel punto, egli si era preoccupato di inserirlo nella voragine, facendogli occupare l’intero suo vuoto, comprese le più piccole cavità.

Dopo tale operazione millimetrica, non si scorgevano intorno né il monte né il baratro, poiché il primo aveva occupato l’intero spazio del secondo, senza che fosse sopravanzato neppure un sassolino o fosse rimasta la più piccola asperità. Anzi, al loro posto, adesso esisteva una unica vasta vallata, la quale era completamente priva dei segni della precedente struttura orografica del suolo, essendo stata trasformata dal dio dell'eroismo. Non bastando ciò, egli circondò la massa rocciosa e detritica che racchiudeva la divinità negativa, fino ad un raggio di tre chilometri da essa, con una sfera costituita da una speciale energia. Per superare la quale, un dio maggiore negativo avrebbe dovuto impiegarci una caterva di secoli, tenuto conto che la massa di roccia ne avrebbe accresciuto la resistenza. Ma ugualmente il divino eroe non aveva ancora ritenuto sufficiente il provvedimento preso contro il rivale. Costui, anche se a fatica, in un futuro molto remoto ne sarebbe potuto venire fuori in qualche maniera ed avrebbe cominciato così a seviziare di nuovo il sereno popolo di Salunna.

Valutando quell’evento in prospettiva, il dio benefico stimò ragionevole privare i Salunnesi di un simile rischio per un tempo infinito. Perciò, dopo aver asportato dal suolo la ciclopica massa racchiusa nella sfera energetica ed aver colmato con materiale morenico lo spazio vuoto che si era formato con la sua rimozione, egli si diede ad allontanarla da Suliut per miliardi di miglia attraverso Kosmos. La sua corsa ebbe termine, solamente dopo l’attraversamento di numerose galassie, quando cioè si imbatté in un pianeta dove non smetteva mai di nevicare. A suo giudizio, che per lui era certezza matematica, l’enorme massa rocciosa da lui trasportata, una volta abbandonata sulla sua superficie, sarebbe stata avviluppata anche da un ghiacciaio così spesso, da rendere al dio Broxun ancora più difficile la sua uscita da essa.

Magari il lettore si starà chiedendo come mai il dio negativo, mentre il suo rivale si dava da fare per intrappolarlo, non si era accorto di nulla. Innanzitutto era stata la notte ad assumere un ruolo decisivo in quella circostanza, poiché non gli aveva fatto notare il cambiamento di situazione avvenuto fuori della sua caverna. Questa volta, in verità, al buio esterno si era sostituito la sua assenza, in quanto l’ingresso di essa si era ritrovato barrato da una solida parete rocciosa. La quale, da parte sua, aveva continuato a far vedere nero come prima davanti agli occhi della divinità negativa. Nel distrarlo e nel metterlo apposta fuori pista, indirettamente ci aveva pensato l’urlio della tormenta, quella che lo scaltro dio positivo aveva fatto scatenare nei paraggi. Con essa, egli era riuscito a confondere le idee al suo avversario, anche quando il suo daffare aveva dato origine a qualche tipo di rumore, poiché a quest’ultimo si era sovrapposto il mugghiare del vento. Il quale non aveva cessato di rumoreggiare, fino a quando la divinità, che gli aveva dato origine, non aveva portato a termine la sua missione.

Fatto sparire dalla circolazione il dio Broxun, dopo averlo reso inoffensivo, la qual cosa era risultata annientatrice anche dei Paskuni in Salunna, il dio Iveon fece rotta per il suo pianeta Zupes. Egli non vedeva l’ora di riabbracciare la consorte Annura e di informare quanti erano a lui legati da vincoli di affetto e di amicizia che egli era ancora esistente e anche in ottima forma. Dopo averli privati della loro immensa pena, li avrebbe tranquillizzati una volta per sempre.

Così, al compimento della sua opera altruistica a favore degli abitanti di Salunna, il dio del coraggio, anziché ritornarsene sul pianeta Suliut, si mise in viaggio alla volta del suo pianeta natio. Adesso il suo grande desiderio era quello di raggiungere al più presto Zupes, poiché egli spasimava di rivedersi tra le braccia di Annura, la sua divina consorte.