56°-ULLIOZ PARLA DI SÉ AL DIO IVEON

Come già sai, divino Iveon, in principio c'erano due sole realtà: quella di Luxan, detto anche Regno della Luce, e quella di Tenebrun, chiamato anche Regno delle Tenebre. In seguito, per soddisfare una richiesta delle divinità positive, Splendor si dedicò alla creazione di Kosmos. Esso, a detta di tutti gli esseri divini, sia positivi che negativi, non sarebbe potuto riuscire meglio di come si era presentato al suo compimento. Considerato sotto l'aspetto spaziale e temporale, le sue incomparabili bellezze sgorgate dal nulla di Tenebrun lo rendevano uno spettacolo insuperabile. Nello stesso tempo, senza che Splendor se ne avvedesse, altre realtà di sotterfugio balzarono fuori dalla sua infinita opera creativa e se ne resero indipendenti. Ne sono degli esempi esemplari le seguenti creazioni: 1) Parakosm, che è l'universo parallelo di Kosmos; 2) Animur, che è il mio Regno delle Anime; 3) Landipur, che è il regno delle Forze Oscure, il cui secondo nome è Sortici. Fatta eccezione di quest’ultima creazione, ora sei a conoscenza anche delle altre due. La prima ti è nota, per averne sentito parlare durante l'invasione della Deivora, la quale proveniva appunto da Parakosm. In verità, lo si deve al tuo valore e alla tua sagacia, se essa non minò la sopravvivenza di Kosmos, di Animur e di Landipur. In relazione alla seconda della terna, ci sei capitato da poco senza volerlo. Anzi, ne stai ancora trascorrendo la realtà, dopo che Elost te ne ha tracciato una panoramica, facendotela approfondire alla meglio. Adesso, però, mi soffermerò sul mio regno, visto che, per come si sono messe le cose, soltanto esso potrà riguardarti in prima persona.

Intanto che Kosmos si estendeva all'infinito, sotto la divina spinta propulsiva di Splendor, una minima parte di esso si estroflesse in un suo punto, sfuggendo perfino all'occhio vigile del suo creatore. Così divenne una specie di peduncolo immane, il quale si allungava nello spazio di Tenebrun e conservava all’esterno la stessa protezione di Kosmos. Nel medesimo tempo che era avvenuta l'evaginazione spaziale, c'era stata fra questa e lo spazio cosmico anche una chiusura a tenuta stagna, la quale la isolò completamente dal Regno della Materia e del Tempo. In realtà, si era formata una specie di cicatrice tra le due entità spaziali, il cui perfetto rimarginamento separava la ridotta parte estroflessa dall'immenso Kosmos e la celava a voi esseri divini. Tale fatto spiegava il motivo per cui essa prima era sfuggita a Splendor e dopo era risultata invisibile, quasi fosse inesistente, alle divinità da lui derivate, le quali hanno continuato ad ignorarla nel tempo. La chiusura della lunga striscia cicatriziale, però, non si sarebbe protratta all'infinito nella fascia temporale, siccome essa sarebbe incominciata ad aprirsi ciclicamente. Così avrebbe messo in comunicazione i due spazi, facendo raggiungere a quello minore lo scopo per cui si era autoformato, del quale sei venuto a conoscenza da poco. A questo punto, però, mi tocca ripercorrerne i vari tempi che si succedettero gli uni agli altri.

In un primo momento, il nuovo spazio, dopo essersi reso autonomo da Kosmos, aveva vissuto una esistenza caotica e in preda ad una totale destabilizzazione. Ciò, perché mancava al suo interno una mente superiore, la quale ne prendesse le redini di comando e lo guidasse verso l'armonia e la serenità. Ebbene, quella mente sarebbe stata la mia, poiché mi ci trovai ad esistere, dopo essere apparso dal nulla e con le idee ben chiare su quanto avrei dovuto creare in esso. In precedenza, ignoravo perfino che avessi una mia esistenza in qualche parte, non avendo di me alcun ricordo che mi riportasse ad un passato già da me vissuto. Invece divenni cosciente delle mie reali potenzialità, dopo la presa visione del mio essere esistente. Essa mi fece pure rendere conto che mi chiamavo Ullioz ed ero un essere immateriale, costituito di pura energia.

Secondo quanto appresi poco dopo, oltre ad essere illimitate, tali mie potenzialità mi avrebbero fatto ottenere in quello spazio a me ignoto ogni cosa che avessi desiderato. Perciò, in base a tale consapevolezza, immediatamente mi misi all'opera, allo scopo di dare ad esso un assetto abbastanza solido. Alla fine vi sostituii la scompigliante visione iniziale con l'attuale ordine, il quale lo ha trasformato in un luogo vivibile per i suoi attuali abitatori. Ma anche dopo aver reso tale realtà ordinata e non più in balia di forze contrastanti sempre in lotta tra di loro, non mi sentivo ancora pago del lavoro e dell'impegno che avevo profuso in quel mio progetto rivolto ad armonizzare il disordine. Avvertivo in me una certa insoddisfazione e non riuscivo a comprendere da dove essa mi provenisse. Per cui mi andavo chiedendo cosa mai avessi tralasciato nella mia fattura creativa, se continuavo a sentirmi insoddisfatto.

Non avendovi poi trovato alcun difetto, per quanto era attinente alla sua parte naturale, alla fine mi venne un dubbio. Forse la parte migliore della mia creazione non riguardava la natura del luogo, bensì unicamente ciò che avrebbe dovuto giustificarvi la mia presenza, per il quale non mi ero adoperato per niente. Ma di cosa si trattava? Infine compresi che avevo una missione ancora da compiere, alla cui conoscenza sarei pervenuto, soltanto dopo essermi trasferito in Kosmos, il quale costituiva la parte preminente dello spazio infinito. Una volta avvenuto il parziale chiarimento della mia situazione, decisi di condurmi nel Regno della Materia e del Tempo e di perlustrarlo da cima a fondo, con l'obiettivo primario di rendermene conto il più possibile. Così, tra l’altro, mi resi cosciente di Splendor e delle divinità che avevano avuto origine da lui. Pur essendo venuto a conoscenza di Luxan e di Tenebrun, però non mi fu consentito di visitarli, poiché mi era stato vietato di arrivarci con il mio essere reale. Per questo feci dilagare il mio pensiero sia nell'uno che nell'altro regno metafisico, mediante una estensione telepatica. La quale mi fece finalmente comprendere ogni cosa di entrambi. In quella circostanza presi anche atto dell'illimitata potenza del vostro Splendor, il quale era stato il creatore di Luxan e di Kosmos.

Anche dopo che ebbi incorporato tanta conoscenza dentro di me, dio Iveon, sentivo che avevo concluso ben poco, circa la missione che avvertivo come una esigenza impreteribile. Da parte mia, ero convinto che essa poteva essermi additata esclusivamente da un avvenimento, che presto ci sarebbe stato nel materiale regno che attraversavo. Perciò si rendeva necessaria una mia permanenza in esso più prolungata, se volevo essere accontentato ed assistere al fenomeno, che mi avrebbe fatto conoscere la mia missione. Da parte mia, non ci fu alcuna obiezione, riguardo alla condizione che mi veniva imposta, se volevo portare a termine la missione a cui tenevo molto. Per questo vi rimasi con fiduciosa rassegnazione e con paziente attesa.

Mentre gironzolavo per l'infinito spazio cosmico, ad un certo punto, cominciai a scorgervi piccole essenze spirituali. Esse vi vagavano di qua e di là, senza avere una meta determinata. Approfondendo il problema della loro esistenza, venni a sapere che Splendor, nel dare origine al genere umano, aveva voluto che in ogni essere di tale specie vi fosse fin dalla sua nascita una piccola parte spirituale, detta anima. La quale, venendo a rappresentare in tutto e per tutto la sua coscienza, avrebbe dovuto guidare l'uomo nella scelta delle sue decisioni e dei suoi propositi. Essa sarebbe stata totalmente libera di darsi al bene o al male. Ma con la morte del suo corpo, che era sottoposto alla materia e al tempo, l'anima, a causa della sua natura immortale, finiva per restare priva della sua dimora corporale a cui poter fare da direttiva in senso positivo oppure negativo. Allora essa, poiché non le era consentito di appropriarsi di un nuovo corpo, era costretta ad andare errabonda attraverso le gelide lande di Kosmos, senza mai più godere di una pace duratura.

Di fronte a quelle schiere di minuscole masse spirituali che trasmigravano senza sosta e senza meta, delle quali adesso conoscevo ogni minimo particolare, mi balenò l'idea di interessarmi a loro. Come? Avrei fondato nel mio spazio un loro regno, chiamandolo Animur, ossia il Regno delle Anime. Esso avrebbe costituito il loro punto di ritrovo forzato, considerato che le anime, dopo la morte dei rispettivi corpi, non avrebbero potuto evitarlo e ne sarebbero state attratte in modo costrittivo. Ma poiché sei già venuto a conoscenza di quanto creai in Animur, al fine di controllarle e di gestirle, evito di farti riascoltare le medesime cose.

Nella mia precedente perlustrazione di Kosmos, sempre allo scopo di scoprire qual era la mia vera missione, in un suo angolo avevo notato una enorme cavità spaziale, che si presentava differente dallo spazio cosmico. Era evidente che essa, al pari del mio regno, non faceva parte del regno materiale e temporale. Per la qual cosa, si mostrava invisibile e ignorata da tutte le divinità. Inoltre, mentre la mia parte di spazio si allungava all'esterno di esso, la nuova cavità ne era compresa, però se ne estraniava allo stesso tempo. Quel piccolo vuoto spaziale, il quale restava inserito in un altro molto più ampio, non mi era sfuggito, grazie alle mie eccezionali doti. Esse, in un certo senso, risultano superiori perfino a quelle di una divinità. Perciò mi ero riproposto che, dopo aver appreso in Kosmos la mia missione ed averla portata a termine nel mio regno, ci avrei fatto senza meno una capatina. Ero sicuro che, trasferendomi in esso, avrei compreso la reale situazione di quel luogo extracosmico, siccome bramavo tanto farlo. Secondo le mie previsioni, avrei avuto libero accesso ad esso, per il fatto che nessuno avrebbe potuto impedirmelo in qualche modo.

Poco dopo aver dato esistenza al Regno delle Anime, secondo i miei desideri e i miei obiettivi, intrapresi il viaggio verso la misteriosa località, quella che in precedenza aveva suscitato in me parecchio interesse. Quando la raggiunsi e sconfinai in essa, iniziai ad esplorarla, sperando di incontrarvi qualche forma vitale simile a quella degli esseri umani o di altro genere. Al contrario, non vi scorsi segni di vita da nessuna parte; in compenso, appresi molte cose su tale luogo misterioso. Il suo nome era Landipur ed era sconosciuto da quasi tutte le divinità e dai Materiadi. Pur essendo situato nello spazio di Kosmos, stranamente il suo contenuto non apparteneva ad esso perché, risultando una specie di enclave, Landipur veniva a far parte di una realtà diversa. Al fine di farti comprendere meglio, dio Iveon, devi sapere che l'intera sua area non vi appariva, come gli altri corpi celesti; ma vi costituiva una entità locale a sé stante, presente per alcuni esseri ed assente per altri. Inoltre, mi rendevo conto che essa era invisibile, priva del tempo e della materia.

Per chiarire meglio la posizione di Landipur nell'universo e la sua non appartenenza ad esso, prima di ogni cosa bisognava ammettere che si stava di fronte ad una anomalia esistenziale, come quella di Kosmos. Già, anche se la correlazione tra i due luoghi poteva facilmente sfuggire, quest'ultimo si presentava anomalo, proprio come lo era Landipur. Il motivo di tale anomalia ti viene presto spiegato, dio Iveon. La creazione di Kosmos era stata ottenuta da Splendor in mezzo a Tenebrun, dove essa tuttora si sta espandendo all'infinito. Eppure lo spazio cosmico non aveva nulla a che vedere con quello del Regno delle Tenebre. Nonostante vi si trovasse nel mezzo, non apparteneva ad esso e rappresentava una realtà diametralmente opposta a quella sua, per cui se ne differenziava per molteplici aspetti. Nella sua costituzione, invece, la realtà di Landipur somigliava moltissimo a quella di Tenebrun, poiché si presentava anch’essa immateriale ed atemporale. Quindi, da una parte, Kosmos risultava un'opera concreta relativamente perfetta, la quale era stata inserita in una realtà che non era fondata né sul tempo né sulla materia. Dall'altra, invece, Landipur veniva ad essere un'opera astratta immersa in una realtà fondata sul tempo e sulla materia.

Allora le domande, che vidi sorgere in me su tale realtà, furono le seguenti: Qual era l'etimologia attribuibile a Landipur? A cosa era dovuta l'esistenza di tale luogo? Chi aveva voluto che esso si originasse dove tuttora era situato? Innanzitutto passai a dare la risposta alla prima domanda, visto che essa non comportava difficoltà di sorta. Invece rimandai a dopo le altre due, siccome ambedue proponevano questioni più complesse. Ebbene, il significato etimologico di Landipur era "la parte difuori", poiché tale luogo, pur essendo all'interno di Kosmos, era formato da una realtà, la quale poteva essere rintracciata esclusivamente all'esterno di esso. Quanto al secondo quesito, per la sua natura, il cercare di dargli una risposta diventava più problematico. Come Regno delle Tenebre, Tenebrun era in antitesi con Luxan, che rappresentava il Regno della Luce. Invece, come luogo astratto, era antitetico a Kosmos, che costituiva la concretezza in tutte le sue svariate manifestazioni. Tra Luxan e Tenebrun, invece, non c'era alcun rapporto, siccome ciascuno di loro conduceva la propria esistenza indipendente, senza che essa venisse assoggettata al tempo e alla materia. Il primo esprimeva la sola realtà di Splendor e il secondo era la sua parte esterna, priva perfino di un minuzzolo di luce. Entrambi esistevano separati l'uno dall'altro e si presentavano privi di un reciproco condizionamento. Perciò neppure Luxan poteva unilateralmente creare dei problemi a Tenebrun, visto che ciascun regno, nella propria staticità positiva o negativa che fosse, riusciva ad essere solo sé stesso. Inoltre, gli era impossibile influenzare l'altro o dipenderne in qualche misura, poiché non gli sarebbe riuscito, anche se lo avesse voluto con tutte le proprie forze!

Abbastanza diverso si rivelava invece il rapporto esistente tra Tenebrun e Kosmos, poiché tra di loro c'era un attrito statico, che non sembrava neppure che esistesse. Tra l'una e l'altra realtà, c'era stata fin dall'inizio una vera contrapposizione, ossia una specie di ostilità silente. La quale seguitava ad esserci incessante e stabile; però senza procurarsi danni a vicenda. Esattamente, da una parte, si aveva un Kosmos che avanzava senza sosta, in continua evoluzione nello spazio tenebrunese. Nel fare ciò, esso si mostrava determinato ed agguerrito nel creare nuovi corpi celesti nello spazio, che non smetteva di sottrarre al Regno delle Tenebre. Dall'altra parte, Tenebrun, reagendo rabbiosamente ad esso, gli si opponeva con la massima forza comprimente. Inoltre, mettendo in atto l'intera sua energia contrastante, non sarebbe mai venuto meno alla sua pervicace contrapposizione, la quale operava sul regno che esprimeva la realtà materiale e temporale.

Per fortuna il persistente contrasto tra la realtà astratta dell'uno e quella concreta dell'altro, siccome non dava alcun segno di disfunzione spazio-temporale, in Kosmos non poteva essere avvertito. Se esisteva di fatto, esso svaniva nella sua estrinsecazione e faceva apparire i prodotti e i fenomeni cosmici nella loro perfetta armonia. Qualora invece ci fosse stato fra Tenebrun e Kosmos un aperto attrito dinamico, con l'intera sua forza dirompente ed aggressiva, nonché con tutte le varianti distruttive del caso, indubbiamente si sarebbe assistito ad uno scenario molto diverso. In quella particolare situazione, la realtà cosmica sarebbe stata costretta a vivere per sempre i suoi momenti terribili e drammatici; mentre gli eventi apocalittici sarebbero stati all'ordine del giorno. Perciò la sua attuale armonia si sarebbe dovuta considerare un'aspirazione utopica, a paragone di un futuro Kosmos in preda al caos primordiale. Per il quale motivo, il Regno della Materia e del Tempo si sarebbe ritrovato ad essere senza più leggi strutturali; nonché sarebbe stato obbligato a piombare nel paradosso della sua disturbata esistenza.

Invece a Tenebrun come sarebbero andate le cose? Volendo essere obiettivi, non potevano avanzarsi ipotesi probabili in merito. Immagineresti tu, dio Iveon, una realtà astratta, totalmente priva di materia ed avulsa dal tempo, venire sconvolta dal cataclisma di eventi concreti? A dire il vero, un fatto del genere mi diffidava perfino dal prenderlo in considerazione. Come pure, secondo te, poteva avere senso ipotizzare un'astrazione sconquassata da stati emotivi reali, i quali l’avrebbero resa un rudere di esistenza nel metafisico mondo dell'irreale? A mio avviso, l'una e l'altra supposizione, che si riconducevano a Tenebrun per la loro qualità astratta, non riuscivano a stare in piedi, se vagliate alla luce di una logica rigorosamente scientifica. Anzi, se ci tieni a saperlo, neppure di una logica filosofica! Ecco perché venivo obbligato a rinunciare a comprendere ciò che sarebbe avvenuto nel Regno delle Tenebre, se il prospettato attrito dinamico si fosse avuto tra le due realtà in perenne conflitto tra di loro. Ma non potevo negare che in me continuava a restare un dubbio sul fatto che l'attrito statico esistente tra le due antitetiche realtà non riuscisse a trasformarsi in attrito dinamico. Chi o che cosa lo faceva restare tale? Mi convenne allora risalire all'origine di quello che mi si presentava come un enigma e cercare di risolverlo in modo tale, da non avere più in avvenire nessuna incertezza in proposito.

Quando l'onnipotente Splendor aveva creato Kosmos nel Regno delle Tenebre, con la sua veste di spazialità e di temporalità, egli aveva anche avvertito che in tale creazione si era instaurata una certa imperfezione. Questa, facendola fibrillare, non escludeva che molto presto avrebbe apportato alla sua concretezza la totale rovina, la quale sarebbe giunta abbastanza presto al collasso, all'implosione e alla frammentazione del suo spazio. Un difetto del genere proveniva a Kosmos dalla compressione esercitata da Tenebrun intorno alla sua superficie, essendo essa dotata di proprietà dilatativa. A quel punto, era stato obbligatorio ricorrere ai ripari e salvarlo dalla rovinosa calamità che lo minacciava di continuo, senza dargli tregua.

Non essendo lo spazio cosmico indefettibile come la sua natura, Splendor aveva dovuto cedere alla proposta di alcuni esseri, i quali risultavano increati come lui. Si trattava di un tipo di creature astratte, che all'inizio erano fermentate in seno a Tenebrun, a cui esse stesse avevano dato origine per farlo opporre alla realtà luxaniana. Si trattava di Forze Oscure non necessariamente malefiche, il cui potere, in certe situazioni, si rivelava di un peso determinante. Ebbene, avendo valutato la situazione, tali forze erano giunte ad una singolare conclusione. Se si fossero trasferite al centro di Kosmos con una parte del loro spazio tenebrunese e vi avessero prodotto una forza di contraccolpo, così facendo, avrebbero senz'altro pareggiato la spinta compressiva di Tenebrun su Kosmos, fino a neutralizzarla completamente. Senza il permesso di Splendor, però, esse non potevano andare a sistemarsi di propria iniziativa nel punto summenzionato. Allora il creatore di entrambe le realtà, anche per garantire una duratura stabilità a Kosmos, aveva dato il suo assenso. Così, da quel momento, le Forze Oscure avevano smesso di vivere in Tenebrun e si erano trasferite nella piccola realtà di Landipur, la quale era stata posta in essere da loro stesse, prima di assegnare ad essa tale nome. Simultaneamente, Kosmos aveva smesso di soffrire di fibrillazione e di rischiare il tracollo generale a breve.

A quel punto, cercai di inquadrare meglio possibile quelle Forze Oscure nel contesto che era più di loro pertinenza, comprendendone il ruolo e l'importanza nella loro enclave cosmica. Inoltre, mi tornò utile anche l’essermi reso conto dell'autorità, di cui esse risultavano investite, sebbene ignorassi se questa avesse una qualche influenza sulla concreta realtà di Kosmos. In verità, la funzione di impedire a quest'ultimo di collassare e di finire male era stata da loro assegnata all'intera realtà di Landipur, nel cui spazio venivano fatte veicolare delle energie speciali. Queste, senza intaccare in nessuna maniera lo spazio e i prodotti di Kosmos, andavano a posizionarsi direttamente sulla superficie interna della sua barriera in espansione, come se vi venissero teletrasportate. Era da lì che poi, esercitando una spinta uguale e contraria a quella di Tenebrun, esse riuscivano a fare da contrappeso alla sua compressione ininterrotta e duratura. Così facendo, garantivano a Kosmos quella integrità desiderata anche dall'onnipotente Splendor.

Fino allora, si era ribadita da parte mia la necessità dell'esistenza di Landipur in un Kosmos non affidabile e i motivi che ve lo avevano voluto in essere. In seguito furono le Forze Oscure che mi interessarono di più, sulle quali già mi ero posto alcuni quesiti. Per esattezza, il primo aveva riguardato il loro ruolo e la loro importanza in seno a Landipur. Così mi resi cosciente che esse non andavano intese come una molteplicità di divinità con i loro pregi e i loro difetti, simili a quelle di Luxan e di Tenebrun. Tali nuove forze, anche se la loro natura esorbitava da ogni prerogativa divina, senza dubbio erano da considerarsi soprannaturali. Si trattava di esseri preminentemente contemplativi, immersi in quella loro mistica staticità che, nel medesimo tempo, si dimostrava superdinamica. Pareva che fossero loro a muovere quei fili, ai quali erano legate le sorti umane. Ecco perché il loro dinamismo statico si configurava come Verità Assoluta, la quale era capace di porsi come luce e guida nelle vicende di tutti gli esseri viventi della realtà concreta. Soltanto le divinità erano escluse dalla loro influenza; ma anch'esse non avevano la facoltà di interferire, con il loro arcano influsso, sui prodotti viventi che esistevano in Kosmos. Così pure simili entità non potevano avere accesso nel regno di Landipur. In verità, soltanto perché non riuscivano a scorgerlo in qualche parte, finivano per ignorarlo del tutto.

Ciò che avevo conosciuto su di loro fino a quel momento mi lasciava supporre che le Forze Oscure non avessero per niente insito in sé il male. A ogni modo, neppure il bene era impresso in loro in forma propagandistica, nel senso che non se ne facevano le propugnatrici e le divulgatrici. Anche se avevo appreso che quelle entità immortali rappresentavano la Verità Assoluta, per cui illuminavano e guidavano i viventi di Kosmos, al loro riguardo però c'era da precisare che esse esplicavano il loro compito in forma neutrale. Ciò voleva significare che le Sortici, vivendo nell'assoluto anonimato, non esprimevano alcuna preferenza né per il bene né per il male. Infatti, ritenendosi superiori sia all'uno che all'altro, orgogliosamente assumevano nei loro confronti un atteggiamento sia di indifferenza sia di estraneità. Ecco perché le Forze Oscure si ritrovavano ad avere a che fare con gli esseri fautori del bene e con quelli dediti al male, senza riservare né agli uni né agli altri un trattamento di favore e di privilegio. Alcune volte esse erano state costrette ad intervenire in controversie, nelle quali le parti in causa erano state divinità positive e quelle negative, trasformandole in pacifiche transazioni. Invece altre volte il loro intervento, allo scopo di dirimere una controversia, aveva riguardato la contrapposizione tra la realtà concreta e la realtà metafisica. Quest'ultima, comunque, era stata rappresentata sempre da Tenebrun e mai da Luxan, non avendo quest'ultimo un rapporto diretto con nessun'altra realtà.


Dopo avere approfondito la realtà di Landipur nel modo migliore, decisi di presentarmi al castello delle Forze Oscure, dove le sue undici abitatrici, che avevano il nome di Sortici, mi stavano già aspettando nella loro sala di udienza. La più autorevole di loro sedeva sopra un sontuoso trono centrale; mentre le altre dieci, cinque per ciascun lato, occupavano comode poltrone. Quando fui a breve distanza da loro, ossia in mezzo alle dieci laterali, dove feci sosta, quella seduta sul trono, manifestandomi molta cordialità, incominciò a parlarmi nel modo seguente:

«Benvenuto nella nostra Sorticiep, esimio Ullioz! Essendo stata prevista da tempo la tua venuta in Landipur e la tua visita alla nostra dimora, attendevamo con sommo piacere che tu ti presentassi a noi. Conoscendo i tuoi sommi poteri, siamo sicure che già hai appreso ogni cosa su Landipur e sulla nostra esistenza, per cui non serve parlarti del nostro mondo e di noi. Ti dico solo che il mio nome è Leitra e presiedo il Consiglio delle Sortici. Intanto approfitto per farti sapere che ci congratuliamo per il fantastico lavoro che hai svolto in Animur. La tua è stata una idea ingegnosa, altruistica e massimamente nobile!»

«Ti ringrazio, Leitra, per l'apprezzamento da te fatto sulla mia opera anche a nome delle altre dieci Sortici. Inoltre, non ti sei sbagliata, quando hai affermato che mi ritenete già edotto di ogni notizia che vi riguarda. Ma non dovendo apprendere più alcunché su di voi, non comprendo per quale motivo mi aspettavate in questa vostra sede, che trovo assai accogliente! Perciò saresti tanto gentile da spiegarmelo ed appagare così la mia curiosità? Te ne sarei molto grato!»

«In verità, Ullioz, pur essendo in attesa del tuo arrivo tra noi, in pari tempo eravamo consapevoli che il nostro discorso avrebbe riguardato una divinità benefica di sesso maschile, la quale è da stimarsi di rarissimo valore. Perciò volevamo parlarti esclusivamente di tale dio e di nient'altro! Adesso riesci a comprendere meglio la nostra attesa?»

«Per prima cosa, Leitra, vuoi dirmi chi sarebbe questo straordinario dio positivo, il quale è degno della nostra massima considerazione? Inoltre, perché intendete parlarmi di lui, come se egli dovesse interessarmi in qualche modo? A mio avviso, dovremmo noi suscitare in lui un particolare interesse! Non siete d'accordo pure voi?»

«Ullioz, si tratta del divino Iveon, il quale, tra le divinità benefiche, è il dio dell’eroismo. In Kosmos, nessun’altra entità divina, al pari di lui, saprà conseguire imprese così eccezionali, che non cadranno facilmente nell’oblio perfino nel più remoto futuro. Una delle quali nel tempo futuro salverà pure noi. E, per noi, mi riferisco pure a te!»

«Leitra, ammesso anche che sarà così nel futuro, vicino o lontano che sia, non comprendo come il dio Iveon potrà salvarci. E da chi poi? Me lo spieghi, per favore?»

«Tra non molto, Ullioz, in Kosmos si farà viva la Deivora, una entità arcana, la cui provenienza sarà Parakosm. Quest’ultimo è un universo parallelo, che è stato capace di autoriprodursi nello stesso tempo che Splendor si dava a creare Kosmos, divenendone la copia perfetta. Ritornando all’entità aliena, devi sapere che essa si mostrerà così temibile, da mettere a rischio la stessa sopravvivenza di Kosmos. La cui fine automaticamente causerebbe pure quella di Landipur e di Animur, compresi gli esseri di natura spirituale che vi conducono la loro esistenza. Difatti saremo noi, insieme con le divinità di Kosmos e le anime del tuo regno, a procurare ad essa la straordinaria forza che la renderà imbattibile ed inarrestabile. Perciò, qualora non si riuscisse a tagliare le gambe alla Deivora con qualche espediente opportuno, essa diventerebbe così potente nel Regno del Tempo e della Materia, da non poter essere più arrestata in qualche modo neppure dall’onnipotente Splendor.»

«Secondo le vostre previsioni, però, la terribile entità forestiera non avrà sempre campo libero in Kosmos e alla fine verrà fuori colui che sarà in grado di sconfiggerla. Ho compreso bene, Leitra? Oppure ho preso lucciole per lanterne, mentre ti ascoltavo?»

«Per nostra ventura, Ullioz, sarà come tu hai detto! Se in futuro noi scamperemo al letale pericolo, lo dovremo soltanto al dio Iveon. Egli, dopo essere stato bene equipaggiato dalle divinità eccelse Kron e Locus, i quali sono i pilastri di Kosmos, andrà a sfidarla nel suo stesso nucleo. Così, grazie alla sua astuzia e alla sua sagacia, sarà capace di distruggerla per sempre! Dopo quanto ti ho detto, credi ancora che dovremmo essere noi ad interessare lui e non viceversa? Sono convinta che non la pensi più come prima, intelligente come sei!»

«Infatti, Leitra, hai ragione. Se le cose andranno tali e quali come hai detto, anch’io comincerò a considerare il dio Iveon una divinità degna della mia incondizionata stima e della mia immensa considerazione. Comunque, sono convinto che voi mi attendevate non per mettermi al corrente di questo particolare, dal momento che non ci vedo ancora un nesso logico. In verità, dopo avere appreso che l’illustre dio compirà in futuro una impresa talmente straordinaria da salvarci tutti, non vedo quale attinenza possa avere con me una simile informazione, se poi non dovrò essergli di alcuno aiuto. Quindi, vi dispiace riferirmi perché mai aspettavate la mia visita nel vostro castello di Landipur?»

«Non hai tutti i torti, Ullioz, a pensarla in questo modo. Comunque, ugualmente entrerà in gioco nella vicenda il divino Iveon, se lo vuoi sapere! In un futuro molto remoto, egli resterà intrappolato nella medesima rete che tu adoperi per rendere possibile il passaggio delle anime degli esseri umani da Kosmos al tuo regno.»

«Ma non sarà possibile un fatto del genere, Leitra, poiché le divinità sono refrattarie alla mia rete energetica! Esse non possono né avvertirla né restarvi impigliate. Solamente le anime degli umani estinti ne possono essere attratte. Figuriamoci poi se la divinità sarà proprio il dio dell’eroismo! Secondo me, si tratta di un grande paradosso!»

«Invece, Ullioz, accadrà proprio come ti ho fatto presente, dato che il destino ha deciso che ciò avvenga senza meno. Una cosa che devi sapere è che egli si presenterà nel tuo regno come uomo vivente, poiché durante il passaggio il dio positivo verrà trasformato a sua insaputa in un essere mortale, fornito di una propria anima. Perciò, non essendo egli in grado di uscirne, dovrai tu aiutarlo ad abbandonare Animur.»

«Per me, Leitra, sarà un onore mettermi a sua disposizione ed essergli di aiuto. Ma vuoi spiegarmi perché mai il dio Iveon sarà costretto a visitare il Regno delle Anime, dal momento che qualcuno ha deciso così? Il mio regno cosa avrà da spartire con tale famosa divinità? Questo particolare non mi convince per niente! Mi sfugge forse qualcosa?»

«Se ci tieni a saperlo, Ullioz, non ti sfugge assolutamente nulla! Ciò che conterà in tale suo viaggio sarà la sua trasformazione in un uomo reale dotato di una propria anima. Naturalmente, egli ritornerà ad essere un dio, non appena rimetterà piede in Kosmos. E tu lo soccorrerai in questo, dovendogli parecchia riconoscenza, al pari di noi!»

«Quindi, Leitra, il divino Iveon non verrà a compiere alcuna missione in Animur. Ma non riesco ancora a credere al fatto che egli dovrà entrarvi ed uscirne senza uno scopo!»

«Apparentemente, sarà proprio così, Ullioz. Del resto, lo crederà pure il divino eroe, non vedendosi impegnato in nessuna missione nel Regno delle Anime. Invece ti assicuro che non sarà come si penserà che sia, volendosi approfondire meglio la cosa, ossia quella che non appare!»

«Allora, Leitra, il viaggio del dio Iveon in Animur, considerato nella sua realtà, avrà uno scopo ben preciso ed ignoto perfino a lui: è ciò che vuoi farmi intendere?»

«Non ti sbagli affatto, Ullioz! In questa vicenda, verrà ad avere molta importanza l’anima che abiterà nel corpo del dio Iveon umanato. Difatti essa, dopo che sarà privata della sua parte materiale, non appartenendo a nessun uomo estinto, non potrà trovare accoglienza nel tuo Regno delle Anime. Ne convieni anche tu, Ullioz?»

«Giustissimo, Leitra! Mi domando, a questo punto, che fine farà allora la poveretta, se le sarà vietato di unirsi alle altre anime? Queste ultime, almeno se consideriamo quelle buone e giuste, vengono raccolte nel mio confortevole regno di Beniland!»

«Non preoccuparti per essa, Ullioz, siccome il destino le ha già riservato un avvenire glorioso! Ti stai chiedendo in che modo? Ebbene, l’anima, dopo che sarà uscita dal dio umanato, vagherà per Kosmos per millenni, cioè fino a quando essa non avrà trovato la sua dimora nel corpo dell’umano Iveonte. Il quale è destinato a diventare, fra tutti gli esseri umani, l’eroe più famoso di ogni tempo. Grazie a lui, le divinità benefiche potranno averla vinta su quelle malefiche, quando scoppierà tra di loro un nuovo conflitto cosmico. Nel quale si combatterà senza esclusione di colpi! In quel secondo conflitto fra divinità, Buziur, l'imperatore di Tenebrun, dopo essersi trasformato in una nuova Deivora, metterà ancora a repentaglio la sopravvivenza di Kosmos. Allora l'eroe umano, dopo essersi impadronito del Potere Cosmico, avrà ragione di lui e lo ricaccerà nel Regno delle Tenebre.»

Infine, eroe divino, avendo appreso il motivo per cui esse mi stavano aspettando, mi congedai dalle undici Forze Oscure. In seguito feci ritorno in Animur, poiché avevo da sbrigare alcune faccende importanti nel mio regno; ma esse non potevano che riguardare le anime degli umani defunti, essendo io il loro eterno gestore.