47-KUERCOS, L'INFLESSIBILE STERMINATORE
Chi era Kuercos? Di certo non si trattava di un onestuomo, se il suo nome non veniva gradito all'orecchio della gente; anzi, esso riusciva solo a spaventare. Anche noi abbiamo avuto la stessa impressione su di lui, già da quel poco che ci è stato permesso di apprendere sulla sua persona. Specialmente dopo che abbiamo studiato in diretta il suo modo di agire e abbiamo valutato la sua condotta ignobile. Allora, se vogliamo approfondirlo senza il minimo errore, bisogna ripercorrerne l'intera vita, a cominciare dalla sua fanciullezza. Capo di una banda di crudeli sanguinari, Kuercos rappresentava il flagello di quella fascia di terra, che si estendeva a ridosso del confine tangalico. Egli era un Tangalo doc perché apparteneva ad entrambi i ceppi del suo popolo, cioè a quello tansico, per via patrilinea, e a quello sagalico, per via matrilinea. Invece i suoi uomini, i quali si dimostravano tutti della peggiore risma, alcuni erano di razza tangalica ed altri appartenevano alla razza edelcadica. Comunque, essi non superavano le cinquanta unità ed erano da considerarsi per la maggior parte avanzi di galera, assassini, ladri, fuorilegge, schizofrenici, paranoici, sadici e maniaci sessuali, superando tutti nella loro follia criminale. Tali esseri, che erano brutali e senza scrupoli, cavalcavano veloci destrieri e, grazie alle loro bestie, riuscivano a spostarsi rapidamente da un capo all'altro delle contrade da loro frequentate. Le quali da un decennio erano soggette alla loro feroce sopraffazione. Con le loro azioni devastatrici, i predoni assaltavano carovane, assalivano fattorie e distruggevano ogni cosa. In pari tempo, assegnavano ai propri oppositori sopraffatti varie orrende torture, senza avere alcun riguardo neanche per i vecchi, per le donne e per i bambini. Per la quale ragione, essi incutevano un grande terrore a quanti ne sentivano parlare.
La vita di Kuercos era stata e continuava ad essere una riluttante sequenza di abominevoli misfatti, i quali lasciavano intendere benissimo che tipo di uomo ignominioso egli fosse! Già quando aveva nove anni, aveva strangolato la sorellina, che aveva appena compiuto il suo primo lustro. L'assassinio era avvenuto nel giorno del suo compleanno. Mentre sopprimeva barbaramente la piccola, aveva voluto farle sapere: "Ti faccio presente, Kiken, che la morte è il mio bel regalo per te!". All'età di quindici anni, invece, per un futile motivo, aveva assassinato il fratello diciottenne. Lo aveva pugnalato alla schiena, mentre lo sventurato si abbeverava genuflesso alle fresche acque di un ruscello. In seguito, quando aveva appena compiuto i venti anni, la sua insaziabile sete di sangue familiare si era scatenata sulla madre. Dopo averle fracassato il cranio con un sasso, egli era scappato via dal proprio villaggio. Il matricidio era stato commesso, in seguito ad una banale discussione. L'anno successivo, pure il padre, che gli dava la caccia per fargli pagare l'uccisione materna, era rimasto vittima della sua inumana ferocia. Una notte, dopo averlo sorpreso nel sonno, egli prima lo aveva freddato, recidendogli la carotide; dopo lo aveva decapitato con una crudeltà inaudita.
Rimasto infine senza più alcun familiare e divenuto inviso a tutti gli abitanti di Kuoccu, a causa delle sue atrocità commesse nell'ambito familiare, Kuercos aveva dovuto lasciare il suo villaggio. Perciò si era trasferito nei ricchi territori edelcadici, percorrendoli in lungo e in largo. Durante le sue scorrazzate, ogni volta che gli si era presentata qualche fattoria fuori mano, non aveva esitato a farvi irruzione. Dopo avere ammazzato il colono, gli era stato facile possederne la moglie con la violenza. Così, appagati i propri appetiti sessuali, aveva brutalizzato ed ucciso selvaggiamente anche la donna. Allora i suoi tanti efferati delitti avevano spinto il re Kodrun, a sei mesi dalla sua improvvisa morte, a mettere una grossa taglia sulla testa del sanguinario predone. Ma per due anni consecutivi, mai nessuno era riuscito ad averla vinta contro Kuercos, poiché egli era scaltro come la volpe e feroce come il lupo. A ogni modo, prima o poi e quando meno se lo aspettava, ci sarebbe stato anche per lui l'osso duro, il quale lo avrebbe finalmente inchiodato. Infatti, gli era toccato di incontrarlo, tre anni dopo che era stata messa la taglia sulla sua testa, ossia quando il predone solitario aveva venticinque anni. Essendo giunto nei dintorni di Dorinda, Kuercos aveva stabilito di visitare la Città Invitta, nonostante fosse stata promessa una somma di denaro non indifferente a chi avesse contribuito alla sua cattura. A quella decisione lo aveva spinto il fatto che, da quando era morto il re Kodrun, Dorinda non viveva più il regime militare di un tempo. L'esigua milizia, che adesso vi esercitava il controllo e la sorveglianza, faceva solamente le veci di uno spauracchio, senza fare più alcuna paura a nessun delinquente.
Un giorno, procedendo sul suo cavallo, frutto anch'esso di una prepotenza da lui perpetrata ai danni di un viandante solitario, il famigerato Kuercos aveva incontrato sul suo cammino una donna non molto giovane, ma senz'altro bella. Ella si intratteneva a giocare sul prato con i suoi due vispi figlioletti. A quella apparizione, egli, avendo deciso di possederla, subito era sceso da cavallo e le si era avvicinato. Poi, senza tanti preamboli, le si era avventato addosso con la chiara intenzione di stuprarla. Ma la donna, intanto che gli opponeva una forte resistenza e gli vietava di abusare di lei, si era messa ad urlare e ad invocare a gran voce aiuto dal marito, il quale si trovava poco distante da lei. Alla sua richiesta di soccorso, il consorte non si era fatto attendere molto; ma era immediatamente accorso in compagnia di un amico. Essendosi poi reso conto di quanto stava accadendo alla moglie, senza indugio aveva sguainato la spada e si era scagliato con furore contro il suo importunatore. Kuercos, dal canto suo, aveva impugnato pure lui la lunga arma bianca, volendo liberarsi alla svelta dell'intruso rompiscatole. Anzi, aveva deciso di farla pagare cara al bellimbusto, per non aver voluto badare agli affari suoi e per essersi permesso di disturbarlo, mentre era alle prese con colei che intendeva far diventare il proprio trastullo!
Il malvagio uomo, avendo trovato la donna un eccellente bocconcino da non lasciarsi sfuggire a qualsiasi costo, sebbene avesse già una certa età e fosse madre di due bambini, non intendeva nella maniera più assoluta rinunciare a lei. Perciò, mentre si scontrava con il rivale soccorritore della donna, aveva voluto rimproverarlo con queste proterve frasi:
«Vedo che non sei stato per niente furbo, uomo dissennato! Anziché starmi alla larga il più possibile, come fanno tutti quanti, hai preferito portare fretta a morire per mano dell'invincibile Kuercos, che sarei io. Del resto, hai esaudito il mio desiderio, poiché così dopo potrò tubare tranquillamente con la tua colombella. Naturalmente, dopo aver ucciso anche il tuo amico, il quale è giunto insieme con te in questo posto. Forse non lo sai ancora oppure lo vuoi ignorare apposta che ella, pur non dimostrandolo, sta morendo dalla voglia di fare la cagnetta sotto di me! Quindi, fatti uccidere lestamente e facciamola finita perché, dopo la tua morte e quella del tuo amico, mi attende un piacevole diletto!»
Il suo avversario aveva appreso con immensa gioia quanto lo sconosciuto delinquente gli aveva rivelato. Perciò, mantenendo i nervi saldi, gli aveva risposto:
«Così tu saresti il famigerato Kuercos, che tutti temono! Allora sappi che la tua notizia, anziché spaventarmi, mi ha fatto un grande piacere! L'essermi imbattuto in te, lurida iena, per me è un gran dono del divino Matarum. Si vede che egli ha deciso di venire incontro ai tanti suoi devoti, essendo potenziali vittime della tua prepotenza! Non sai che le carceri di Dorinda è da molto tempo che ti reclamano ed aspettano perciò di averti come loro ospite gradito? Ebbene, tra poco ti condurrò a fare finalmente la loro conoscenza. A pensarci bene, non mi dispiace affatto che tu oggi sia stato molto sfortunato ad incontrarmi. Quello che non sai è che, in tutta l'Edelcadia, non potevi capitare peggio, siccome da questo momento non potrai mai più arrecare danno alla povera gente! A proposito, hai mai sentito parlare di Tio? Se non ancora, allora prepàrati a fare la sua diretta conoscenza; ma ti faccio già presente che essa non gioverà neppure un poco alla tua strafottenza da criminale!»
Le parole del suo avversario non avevano scomposto per niente l'incallito pluriomicida. Al contrario, lo avevano fatto ridere beffardamente. Dopo, non dando credito alle sue parole minacciose, gli aveva risposto:
«Fatti pure coraggio con le chiacchiere, amico! Esse, se lo vuoi sapere, non ti serviranno a niente e non ti salveranno dalla mia furia, la quale tra poco si scatenerà su di te in modo tremendo e mortale. Così sperimenterai come i miei colpi irresistibili sapranno schiacciarti come un topo e ridurti in vera carne da macello! Te lo prometto!»
Appena aveva pronunciato le sue parole, Kuercos aveva caricato il suo avversario con alquanta veemenza, la quale aveva rivelato la sua furia terribile e la sua inumana ferocia. Ma quel suo impeto prepotente non aveva intaccato minimamente la calma del suo rivale. Il quale poco dopo lo aveva contrattaccato, facendogli presente:
«Mi accorgo che non ti sei ancora persuaso che sei in mia balìa e che, quando voglio, ti posso ridurre in numerosi pezzettini! Vuoi che te ne dia subito una prova? Adesso, giusto per convincerti che non scherzo, il colpo, che sta per raggiungerti, essendo magico, ti priverà di qualcosa! Tra poco lo appurerai da te stesso che faccio sul serio!»
Dopo le frasi di Tio, si era visto staccare dalla testa del predone l'orecchio destro. In pari tempo, si era scorto del sangue scorrere a rivoli lungo lo stesso lato del collo. In seguito l'attaccante di Kuercos, riprendendo il suo discorso, che aveva interrotto per poco appunto per eseguire la sua azione, aveva ripreso a parlargli in questo modo:
«Adesso di cosa vuoi ancora essere privato? Dimmelo tu, Kuercos, perché sono a tua completa disposizione. Forse dell'altro orecchio? oppure del naso? Ma ritengo meglio passare ad un dito della mano oppure ad un occhio! A dire il vero, prima di colpirti, gradirei sentirti palesarmi le tue preferenze, considerato che sono disposto ad assecondare ognuna di esse. Tanto per me fa lo stesso! Ora che ci penso, non mi conviene procurarti altre ferite, poiché esse ti causerebbero altre perdite di sangue. In quel caso, ti vedrei crepare dissanguato, prima di consegnarti alla giustizia di Dorinda. Un evento del genere sarebbe un vero peccato, poiché ti sottrarrebbe alla impiccagione che ti meriti!»
Allora Kuercos, avuta la certezza che il suo antagonista davvero era un insuperabile schermitore che sapeva il fatto suo, aveva lasciato da parte ogni gesto tracotante ed era diventato alquanto serio. Inoltre, aveva iniziato a pensare a come sfuggirgli, al fine di salvare la pelle. Ma poi egli aveva ritenuto ragionevole darsi alla fuga e svignarsela con il suo veloce cavallo, non appena si fosse presentata l'occasione buona. Il brigante la stava aspettando con ansia, volendo mettere in atto il suo espediente salvavita, allorquando si era visto privare della spada dal suo invincibile avversario. Così, essendo rimasto senz'arma, non aveva esitato a scattare in direzione della sua vicina bestia. Dopo averla raggiunta, si era anche accinto a saltare sulla sua groppa; ma era stato in quell'istante che Tio gli aveva fatto giungere una sua freccia alla gamba destra. Essa, trapassandogli il polpaccio, lo aveva immobilizzato sul posto, facendolo accasciare al suolo e precludendogli la fuga. In quel posto poi Kuercos si era messo ad urlare in preda al grande dolore, il quale gli veniva cagionato dalla profonda trafitta. A quel punto, Tio si era affrettato a legarlo, a caricarlo sul suo stesso cavallo e a consegnarlo qualche ora più tardi alle guardie di Dorinda. Per sfortuna di tutte le persone perbene, il re Cloronte aveva potuto condannarlo soltanto al carcere a vita. Infatti, proprio il giorno precedente egli aveva proscritto nel suo regno l'applicazione della pena di morte per quei reati considerati particolarmente gravi. Allora Kuercos ne era stato molto felice, poiché per lui la nuova pena era risultata manna piovuta dal cielo.
Nel carcere di Dorinda, il malfattore tangalo, tra gli altri detenuti, aveva anche conosciuto Serienno, un chiromante di professione, il quale dimostrava di avere molto talento. L'indovino era stato sbattuto abusivamente in prigione dal capitano delle guardie, il quale era stato tradito il giorno precedente dalla moglie con un ricco mercante di stoffe. Il gendarme aveva arrestato il libero professionista, poiché egli, nell'ultima seduta avuta con lui presso la sua dimora, ovviamente gratis, non lo aveva messo al corrente sia dell'infedeltà della moglie sia della data in cui ella l'avrebbe consumata. Per la verità, nella carcerazione dell'indovino, non c'era stata né una formale accusa contro di lui né si era seguita una regolare procedura legale. Il motivo? Essendosi trattato di una vendetta personale, c'era stato un chiaro abuso di potere.
Preso da tale vicenda, qualche lettore curioso si starà giustamente chiedendo quale tremenda vendetta l'autorevole gendarme avesse meditato contro la moglie fedifraga e contro il suo amante, se si era dimostrato così duro e vendicativo contro l'indovino. Il quale non aveva avuto alcuna colpa nell'adulterio della consorte. Ebbene, mi dispiace deluderlo, egli non aveva esitato a perdonare sia la moglie fedifraga, che gli aveva messo le corna, sia il suo seduttore. Invece dal commerciante di tessuti, se il lettore ci tiene a saperlo, aveva soltanto preteso in regalo la stoffa sufficiente per la confezione di un chitone.
Il malvivente kuocchese, considerato che il bravo chiromante aveva saputo indovinare il passato a quanti gli avevano chiesto di farsi leggere la mano, aveva ritenuto vere anche le sue profezie sui medesimi. Per questo anch'egli aveva voluto sottoporsi alla bravura chiromantica di Serienno. Costui, dopo aver studiato il tratteggio del palmo della mano sinistra del criminale, aveva provato molto spavento. Infine, facendosi coraggio, gli aveva esclamato basito:
«Accidenti, Kuercos! Per ben quattro volte ti sei macchiato del tuo stesso sangue! Inoltre, hai operato numerosi misfatti a carico di gente innocente e laboriosa. Un giorno, però, hai incontrato chi ha posto fine ai tuoi crimini, consegnandoti alle guardie di Dorinda, le quali ti hanno rinchiuso in questo carcere. Se lo vuoi sapere, non potevi in nessun modo farcela con l'uomo che ti ha battuto e ti ha consegnato alla giustizia del re di Dorinda. Si trattava dell'esperto d'armi più in gamba dell'intera Edelcadia! Magari avevi creduto di spaventarlo con la tua baldanza: nevvero? Invece quella volta sei cascato proprio male! Devi ringraziare il re Cloronte, se non sei stato giustiziato mediante impiccagione!»
A quel pessimo ricordo, Kuercos aveva perso il completo autocontrollo, non sapendo cosa rispondere al provetto chiromante. Poco dopo, però, pur di sfogarsi in qualche modo, dando in escandescenze e sbavando, si era messo ad urlargli rabbiosamente:
«Adesso smettila di soffermarti sul mio passato, poiché non ne voglio più sentir parlare. Ti sono stato chiaro, Serienno? Ma sappi che la mia partita con chi mi ha umiliato è ancora aperta. Un giorno riuscirò ad evadere da questo carcere e allora, per lui e per la sua famiglia, inizierà il vero calvario. Perciò affréttati a riferirmi sul mio futuro, indovino, perché sono sicuro che esso senza meno ci dirà qualcosa in merito!»
Il chiromante, all'invito di Kuercos, non aveva trovato nessuna difficoltà ad accogliere la sua richiesta. Perciò aveva ripreso a vaticinargli:
«Kuercos, è vero che un giorno riuscirai ad evadere da questo carcere e ti farai una numerosa banda, la quale diventerà il terrore di alcune contrade dei nostri territori. Per parecchio tempo, però, non riuscirai mai ad avere alcuna notizia sul conto né del tuo nemico giurato né dei suoi familiari, siccome essi ti risulteranno sempre irreperibili! Ma vedo che i suoi due figli un giorno cadranno nelle tue mani e saranno loro stessi a rivelarti la loro identità; ma non ti sarà concesso di compiere la tua vendetta trasversale sui medesimi. Vuoi sapere perché? Alcuni simpatizzanti della giustizia e nemici della prepotenza, prima che tu possa muovere un dito contro di loro, interverranno a prendere le loro difese e sgomineranno l'intera tua banda. Se ci tieni a saperlo, quelli che vi faranno fuori non saranno dei pivelli in fatti d'armi e neppure saranno del vostro stesso ceto sociale. Insomma, voi avrete a che fare con dei veri principi, i quali, quanto a valore, ne avranno da vendere anche più di Tio. Ecco: adesso conosci i fatti futuri che ti coinvolgeranno, Kuercos, dal momento che mi hai pregato di rivelarteli!»
Nella prigione di Dorinda, il famigerato nativo i Kuoccu aveva concepito un grande disegno malavitoso. Aveva pensato di organizzare una numerosa banda, alla quale avrebbero dovuto appartenere gli uomini più violenti e crudeli che avessero già dato prova della loro spietata ferocia. Con simili elementi, egli avrebbe potuto fare razzie di ogni sorta in qualunque posto ci fosse stato qualcosa da rapinare. Difatti, se fossero stati in molti a compierla, la rapina di sicuro sarebbe riuscita più facile che portarla a termine da solo. L'esperienza gli aveva insegnato che, come predone solitario, poteva sempre andare incontro a qualche spiacevole sorpresa, come appunto gli aveva dimostrato il suo avversario Tio. Invece, con una banda composta da almeno una cinquantina di uomini tutti a sua disposizione, per lui non ci sarebbero stati più pericoli in agguato lungo il suo sentiero di atti delittuosi. Anzi, nessuna barriera gli sarebbe risultata ardua ed invalicabile.
In seguito, come gli aveva preannunciato Serienno, Kuercos, dopo undici anni di reclusione, era riuscito ad evadere dal carcere di Dorinda. In verità, la sua evasione dal bagno penale dorindano, insieme con altri detenuti suoi amici, era stata resa possibile, soltanto dopo che c'era stato un provvido evento che si era avuto nel regno, ad iniziare dalla città di Dorinda. Lo stesso avvenimento, il quale gli aveva consentito di evadere con facilità dalla prigione, aveva causato pure la detronizzazione del re Cloronte e la sua carcerazione insieme con la consorte, quasi fossero entrambi dei veri delinquenti! Una volta fuggito dal carcere di Dorinda con altri venti reclusi, Kuercos si era scelto i primi componenti della sua banda tra i compagni di prigione, primo fra tutti il suo amico Murzo. Insieme con loro, egli si era messo alla ricerca di Tio e dei suoi familiari, senza mai essere riuscito a sapere niente sul loro conto, essendo essi emigrati altrove quattro anni prima. Ciò, perché le persone da lui ricercate non avevano fatto accenno con nessuno della nuova località che si erano prefissi di raggiungere. Allora si era risolto a ritornarsene nei territori natali, dove aveva reclutato un'altra trentina di tipacci.
Entrati anche i suoi connazionali a far parte del loro gruppo, egli aveva organizzato una banda di cinquanta duri briganti, che erano da considerarsi della peggiore risma. Dopo averla formata, Kuercos si era autonominato capo di essa ed aveva fatto suo vice l'amico Murzo. Da quel momento, egli aveva dato inizio ad infinite scorrerie, le quali si erano concluse ogni volta con atti di distruzione, di violenza e di eccidi cruenti. Perciò il suo famigerato nome era iniziato a farsi frequente sulla bocca degli abitanti delle contrade, dove più spesso la sua banda si dava a depredare e ad uccidere senza misericordia. A ogni modo, più che con il suo vero nome, l'inesorabile predone veniva da tutti ricordato e citato quasi sempre con il suo appellativo antonomastico, il quale era "Lo Sterminatore". Infatti, la sua attività preferita era quella di sterminare tanto le cose quanto le persone che ne erano proprietari. In qualunque posto egli facesse la sua fulminea comparsa, se ne allontanava, soltanto dopo averlo lasciato nella desolazione più squallida. Ma prima di abbandonarlo, lo disseminava senza pietà di distruzione e di cadaveri!