47°-L’INCONTRO DEL DIO IVEON CON ELOST

Dopo avere accantonato ogni tipo di ragionamenti, di riflessioni, di supposizioni, di constatazioni e di ipotesi, il dio Iveon decise di prendere di petto la situazione, affrontandola nel modo che in quel momento considerava più appropriato. Ciò significava che avrebbe contattato direttamente l'essere rappresentato dal dischetto. Per questo si precipitò con determinazione nella prima cavità che aveva a portata di mano e che risultò essere sul suo lato destro. Una volta che ne ebbe varcato la soglia, il dio dell'eroismo ebbe la gradita sorpresa di non scorgervi più il dischetto, poiché all’istante lo spettro di un essere umano prese il suo posto. Forse, più che esserci stata una sua trasformazione di fatto, si doveva parlare di una doppia visione contemporanea dell'essere con cui stava avendo a che fare. Guardandolo dall'esterno dell'abitacolo, la sua visione era quella di un dischetto; mentre, visto dal suo interno, appariva come l'immagine di un uomo privato del proprio corpo materiale.

Adesso l'ospite dell'abitacolo si presentava nella versione di puro spirito. La qual cosa indusse lo stupefatto dio a rivolgergli una batteria di domande, iniziando da quella che cronologicamente poteva considerarsi la più immediata. La quale fu la seguente:

«Mi spieghi, persona a me ignota, come hai fatto a trasformarti in pochissimo tempo in una figura umana, se un istante fa rappresentavi soltanto un piccolo disco lattiginoso, senza avere alcun volto umano? Innanzitutto, però, vorrei che tu iniziassi a dirmi come ti chiami e cosa ci fai qui dentro tutto solo, come se ti stessi dando alla meditazione! Allora vuoi essere così gentile da accontentare le mie richieste?»

«Prima di dare una risposta a questa e alle altre domande che sicuramente vorrai far seguire ad essa, ti faccio presente che il mio nome è Elost. Allo scopo poi di soddisfare la tua curiosità, aggiungo che non c'è stata alcuna trasformazione da parte mia, con l'intento di apparirti diverso da come mi vedevi, guardandomi da fuori. Devi sapere che dall’esterno noi anime veniamo scorte come dischetti; all’interno, invece, siamo viste con l'immagine che avevamo da persone vive. Dopo esserti stato chiaro nel risponderti a quanto mi hai chiesto, gradirei anch'io conoscere il tuo nome per iniziare ad usarlo, quando mi rivolgerò a te.»

«Il mio nome è Iveon, Elost; ma devo deluderti circa la risposta che mi hai data, essendomi essa risultata assolutamente insignificante! Vuoi dirmi cosa vuol dire la parola "anima", che sto sentendo pronunciare per la prima volta nell'intera mia esistenza? Inoltre, trovo una novità anche il fatto che gli esseri umani abbiano una vita spirituale, dopo la loro morte materiale! Mi spieghi, per favore, anche tale particolare a me del tutto ignoto? Ammesso che tu non voglia prendermi in giro!»

«Eppure è così, Iveon, e non si tratta di una presa in giro, da parte mia! Quando un uomo viene concepito, automaticamente si genera in lui una scintilla spirituale, alla quale viene dato il nome di anima. Essa lo accompagna durante l'intera sua esistenza cosmica. Alla sua morte, però, l'anima è costretta ad abbandonarlo, poiché la sua immortalità non le permette di convivere con un corpo putrescente e oramai giunto allo sfascio. A quel punto, essendo rimasta senza un corpo che la ospiti, non le resta che andarsene a zonzo per lo spazio di Kosmos, dove il suo libero girovagare dura parecchio tempo. Il motivo? Le anime, dopo la morte del loro corpo, si danno ad un lungo peregrinare. Poi, contro la loro volontà, iniziano ad essere attratte da questo luogo, il quale, per tale motivo, prende il nome di Animur, il cui significato è Regno delle Anime. L'attrazione persiste, fino a quando esse non vengono inglobate nella nostra realtà, attraverso il fenomeno che hai avuto modo di conoscere nel trasferirti qui da noi.»

«Elost, come spieghi allora il fatto che io, pur non essendo un'anima appartenente ad un essere umano morto, mi ritrovo ed esistere ugualmente in questo luogo? Sai dare anche una spiegazione oppure una interpretazione logica al mio caso, giustificandolo in qualche maniera?»

«Hai ragione, Iveon, a muovere la tua obiezione, dal momento che non dovresti stare qui in mezzo a noi! Secondo me, ti sei trovato da vivo nello stesso ciclone che investe le anime per condurle in questo posto. Esso si scatena periodicamente, appunto per prelevare da Kosmos quelle che già si trovano nelle sue prossimità e vi si aggirano, in attesa del grande evento che ha lo scopo di catturarle. Esse, in un certo senso, non potendo più avere una loro esistenza attiva, avvertono il bisogno di vivere la nuova realtà di Animur. Dove almeno si vengono in contatto con le altre anime e possono perfino parlarsi tra di loro. Comunque, indipendentemente dal loro desiderio favorevole o contrario di pervenirvi, le anime degli esseri umani estinti non hanno alcun'altra alternativa. Perciò, volenti o nolenti, dopo il decesso dei loro corpi materiali, finiscono tutte nel regno che è stato creato apposta per loro.»

«Vuoi spiegarmi pure, Elost, come mai voi anime, quando vi si guarda dal di fuori, dentro questa costruzione venite scorte come piccoli dischi di colore lattescente? Anzi, la stessa cosa succede, quando uscite all'esterno di essa per trasferirvi non so dove, forse in qualche posto!»

«Adesso, Iveon, ti spiego ogni cosa a questo proposito. Le anime assumono una forma del genere in due occasioni. La prima è rappresentata dai due tragitti di andata e ritorno, ai quali esse si danno solamente per raggiungere Parleor e ritornarsene poi nei loro meditos. Una volta che vi sono ritornate, le medesime vi restano rintanate, fino a quando non decidono di trasferirsi di nuovo nel luogo che ti ho detto.»

«Scusami, Elost, se ti interrompo solo per un attimo. Vuoi farmi capire cosa rappresentano per voi Parleor e meditos? Prima che tu vada avanti a parlarmi di altro, è meglio che io venga a conoscenza di tali termini. Essi mi risultano completamente nuovi, per non averli mai uditi in vita mia. Allora mi fai anche questo favore?»

«Parleor, Iveon, è il luogo dove noi anime, assumendo la nostra immagine che abbiamo avuto da vive, possiamo riconoscerci e parlarci fra di noi. Invece viene chiamata meditos ogni cavità come questa, che si trova all'interno di un trispud. Con questo ultimo nome, devi ancora sapere, viene designato il tipo di costruzione a forma di cono e terminante con tre punte. Ciascuna anima ne ha uno a disposizione e vi conduce la sua esistenza meditativa. Al suo interno, le è concesso anche di rivivere la realtà che era stata sua un tempo; ma può unicamente osservarla e rendersi conto delle vicende relative ai suoi parenti rimasti ancora vivi. Infatti, due delle tre punte di un trispud, una rappresenta la realtà di Kosmos e l'altra quella di Animur. Invece la terza è quella di collegamento, poiché essa permette all'anima di trasferirsi dall'una all'altra soltanto telepaticamente e non in un altro modo differente. Fin qui, penso di esserti stato abbastanza chiaro. Non è vero che è così?»

«Certo che lo sei stato, gentile Elost! Ma una volta pervenute in Parleor, il quale è in realtà un normale parlatorio, vorrei sapere come fate voi anime a riconoscervi fra di voi, se vi presentate come tanti dischetti, senza i vostri caratteri di identificazione?»

«Fino a quando restiamo sotto tale forma, Iveon, logicamente non possiamo identificarci in nessuna maniera. Di conseguenza, non siamo neppure in grado di conversare tra di noi, allo scopo di raccontarci i fatti che vogliamo oppure di esprimerci le nostre emozioni.»

«Allora, Elost, se ho compreso bene, a nessuna anima è permesso di fare ritorno effettivamente alla sua realtà passata. Naturalmente, io mi riferisco a quella che le metteva a disposizione l'infinito Kosmos, quando era ospitata dal proprio corpo ancora in vita.»

«Invece questa volta la tua osservazione non è esatta, Iveon. Una parte di loro, se lo desiderano, possono benissimo ritornarsene nella realtà della materia e del tempo, però ad una condizione. Nel trasferirsi ogni volta in Kosmos, le anime possono trovare ricetto esclusivamente nel corpo di un animale e mai di un'altra persona. Così facendo, esse danno luogo ad una metempsicosi. La trasmigrazione dell'anima in un corpo animale non può avvenire direttamente, ossia dopo la morte del loro corpo ospitante, siccome Animur non lo permetterebbe. Invece essa può effettuarsi, soltanto dopo che l'anima è pervenuta a questo luogo, da dove poi può ripartire con l'obiettivo di trasmigrare. Per dovere di cronaca, come mi è stato riferito, fino adesso solamente il dieci per cento degli ospiti di Animur hanno optato per la trasmigrazione.»

«Come mai, Elost, pur avendone la possibilità, la maggioranza delle anime rifiutano il fenomeno della metempsicosi, il quale darebbe loro l'opportunità di ritornare ancora da vive in Kosmos? Ci deve essere senz'altro un motivo, se esse facilmente lo ricusano!»

«Invece, Iveon, posso assicurarti che non c'è un motivo particolare. A mio avviso, se non viene avvertito dalla maggioranza delle anime il bisogno di prendere una decisione simile, può essere il seguente. Esse non vedono di buon occhio il ritrovarsi a vivere in Kosmos, mentre la loro nuova esistenza si svolge sotto le spoglie di una figura animalesca. Allora preferiscono restarsene qui a godersi la dolce serenità di Animur.»

«Elost, dopo quanto mi è accaduto di incontrare durante il cammino che mi ha condotto fino a te, non oserei considerare questo luogo una oasi serena, dove si possa vivere in piena tranquillità! Se non sbaglio, prima mi hai dato ad intendere che non tutte le anime che vengono qui ospitate possono farsi coinvolgere da una metempsicosi. Posso sapere perché ad alcune di loro viene negato? Chi sarebbero poi le altre anime che sono impedite a farlo?»

«A tali tue ulteriori due domande, Iveon, corrisponde una sola risposta, che adesso mi affretto a darti. Le anime possono essere buone e cattive, dal momento che esse provengono da persone che, durante la loro esistenza cosmica, hanno abbracciato un modello di vita differente. Così chi ha perseguito ideali di probità e di bontà, una volta deceduto, si è ritrovato con un'anima buona. Al contrario, chi ha voluto improntare la propria condotta a malvagità, da morto, si è ritrovato con un'anima cattiva. Ebbene, la trasmigrazione è consentita alle sole anime buone, ammesso che lo desiderino. Se ho inteso bene, poco fa ti sei voluto riferire ai mostri da te incontrati nella selva, lungo la gola e nella steppa. Ebbene, devi sapere che essi si trovano in quel posto, esclusivamente per terrorizzare senza cessazione le anime cattive, non potendosi recare alcun altro danno a simili malvagie entità spirituali. Sono sicuro che ora hai appreso ogni cosa sulle anime, sia buone che cattive!»

«Proprio tutto non direi, Elost. Vorrei conoscere da te perché mai, mentre venivo dalle vostre parti, non ho scorto neppure un'anima cattiva vagare nei dintorni. Oppure devo supporre che esse non si manifestino come le anime buone, cioè come dischetti biancastri? Questo particolare non mi è stato ancora chiarito per bene da te, non avendo avuto l'opportunità di chiedertelo. Perciò lo puoi fare adesso, se lo desideri!»

«Per me, Iveon, non è un problema erudirti anche su quest'altro argomento. Come quelle buone, le anime perverse hanno pure la forma di un piccolo disco. Esso, non avendo colore e presentandosi trasparente, risulta totalmente invisibile. Inoltre, esse subiscono in continuazione l'assalto dei mostri da te conosciuti, i quali, dando loro l'impressione di venire divorate, le fanno soffrire in maniera indicibile in ogni istante. A divorazione avvenuta, infatti, le anime cattive si ritrovano ancora ad essere esistenti, ma solo per riprendere il loro ruolo di vittime dei sadici mostri. Essi sono lieti di farlo, trovandolo un atto giusto.»

«Ora mi è chiara ogni cosa, Elost, per cui comprendo perché le anime malvagie non sono state avvistate da me, mentre mi conducevo da queste parti, ignorando dove mi stavo dirigendo. Comunque, c'è qualcosa che non mi convince ancora come vorrei, in merito ai mostri. Mi chiedo perché mai essi hanno evitato di assalirmi e non mi si sono espressi, alla stessa maniera di come fanno con le anime prave.»

«Naturalmente, Iveon, i mostri non ti hanno assalito per una questione di favoritismo nei tuoi confronti, pur essendo contrari a favorire chiunque! Forse essi erano al corrente che ti avrebbero premiato, anziché punirti, se lo avessero fatto.»

«Non capisco, Elost, che tipo di favore avrei potuto ricevere da quelle creature mostruose, nel caso che esse mi avessero fatto diventare loro pasto! Quanto hai asserito, mi sembra enormemente assurdo! Vorresti spiegarti meglio anche su ciò, per piacere?»

«Siccome, per un fatto inspiegabile, sei giunto in Animur vivo e vegeto, i mostri sapevano che, ingurgitandoti, ti avrebbero fatto ritornare all'istante in Kosmos. Invece non era nelle loro intenzioni farti questo prezioso dono, considerato che essi desideravano che tu vi restassi il più a lungo possibile. Secondo la loro sadica concezione, siccome vivi in una realtà che non è la tua, lasciandotela, essa potrà soltanto continuare a farti tormentare!»

«Se lo avessi saputo, Elost, avrei provocato le mostruose creature, fino a quando esse non avessero perduto la pazienza e non mi avessero mangiato a quattro ganasce! Ma mi chiedo come abbiano fatto quei tremendi mostri ad accorgersi che ero diverso dalle anime cattive, visto che hanno evitato di divorarmi a ragion veduta!»

«Stai scherzando, Iveon? Un corpo umano, come il tuo, non poteva sfuggire agli avveduti mostri, poiché da tempo immemorabile sei stato l'unico uomo a finire prigioniero anima e corpo nel nostro regno di Animur. Adesso ne conosci anche la ragione!»

«Secondo te, Elost, io sarei un essere umano. Ma sei certo di ciò che attesti con tanta sicurezza? Non vorrei offenderti; però devo dichiararti che quanto hai affermato su di me rispecchia un autentico sproposito marchiano. Perciò, considerato che mi sei simpatico, ti invito a ripensarci, se non vuoi che io ti ritenga un vero farneticante!»

«Quanto mi chiedi, Iveon, non è possibile. Non puoi pretendere da me che mi convinca del contrario di ciò che è la realtà. Accoglieresti tu il consiglio di uno che vorrebbe farti ritenere bianco ciò che invece è nero? Certo che no! Quindi, anch'io, mai e poi mai, mi lascerò persuadere da te che nel momento attuale non sei un essere umano in carne ed ossa. Pensala come vuoi! Com'è possibile che tu non ti accorga di un fatto così irrefragabile? Basta darti uno schiaffo su una guancia, per sincerartene senz'ombra di dubbio. Ti garantisco che ne avvertirai il colpo all'istante. Con esso, sentirai anche un certo male, a seconda della forza che ci avrai messo nel dartelo! Credimi, Iveon!»

Al discorso di Elost, il dio dell'eroismo si diede a palpeggiare le varie parti del proprio corpo, volendo riscontrarvi la fondatezza delle sue affermazioni. Così, a mano a mano che proseguiva nella sua palpazione digitale da capo a piedi, egli si rendeva conto che la totalità delle sue sensazioni tattili comprovava davvero quanto gli aveva dichiarato il suo partner della discussione. Inoltre, il dio ricordò perfino l'indolenzimento che aveva percepito alle natiche, quando era stato scaraventato senza riguardi in Animur e vi era giunto, sbattendo per terra con il deretano. In tale occasione, egli aveva accusato una modesta dolenzia alla terna di glutei di ciascuna anca. Ma dopo quella sensazione leggermente dolorosa, in nessun modo egli aveva saputo spiegarsi un fenomeno di quella stranezza. Adesso che ci rifletteva con più attenzione, anche la sua componente psichica si differenziava da quella che era abituato a captare nella sua intimità, quando era un dio. A quanto pareva, ora essa si impressionava molto facilmente, viveva le sue emozioni con maggiore intensità, si lasciava coinvolgere dagli eventi con una partecipazione più sentita. Specialmente la sua sfera sentimentale era quella che in lui la faceva da padrona e vi dettava le proprie leggi. Alcuni sentimenti, come l'angoscia, la preoccupazione, la paura, i quali potevano esistere in una divinità soltanto in forma tenue, adesso riuscivano ad implicarlo come non avrebbe mai creduto. Malauguratamente, perciò, a volte gli facevano perfino sentire i morsi di una esistenza tapina, in preda ad una grande sfiducia. Ne scaturiva la tragica conseguenza di venirne vessato a più non posso, senza potere opporsi a quella brutta evenienza.

Dopo quelle amare riflessioni, il dio Iveon, non poté fare altro che prendere atto della sua nuova realtà, la quale non era più divina; bensì, tutto all'improvviso, era diventata corporea, similmente a quella degli esseri umani. Allora la ragionevolezza gli dettò di scusarsi con il suo interlocutore, ritenendolo un proprio dovere. Così incominciò a dirgli:

«Ti faccio le mie scuse, gentile Elost, per non aver creduto subito alle tue parole. Ho dovuto prenderne atto con pensieri ed azioni, prima di averne la certezza. Ti ringrazio, per avermi aperto gli occhi e la mente, portandomi alla conoscenza del vero me stesso attuale. Eppure ero convinto di rappresentare una diversa entità e nessuno sarebbe stato capace di scardinare da me tale convinzione. Vorrà dire che rinuncerò a malincuore ad essa ed inizierò a farmene una ragione!»

«Vuoi rivelarmi, Iveon, chi credevi di essere, prima di arrivare nel Regno delle Anime? Mi piacerebbe saperlo, se per te il palesarmelo non costituisce un problema! Ti prometto che non riderò di te, a causa di ciò che dirai, anche perché ci sono abituato a sentire cose folli da alcune anime, le quali avevano il delirio di grandezza!»

«Se lo vuoi sapere, Elost, credevo di essere un vero dio. Adesso invece mi avvedo che mi sbagliavo. Comincio quasi ad avere dei dubbi che io lo sia stato sul serio, prima di giungere in Animur! Tu che ne pensi, a tale riguardo? Credi di potermi dare una mano in questo? Oppure già hai catalogato la mia anima fra quelle che hai citato poco fa?»

«Ah, ah! Iveon, sei veramente un tipo strano! Addirittura sei arrivato a crederti una divinità! Se tu lo fossi stato realmente, in questo momento non staresti qui a parlare con me, siccome, nelle vesti di una divinità, giammai saresti potuto capitare in Animur! Te lo posso garantire! Comunque, se ci tieni a saperlo, non sono propenso a ritenerti affetto da qualche delirio, siccome mi risulti una persona ammodo.»

«Sì, forse sarà come giustamente hai ragionato, Elost. Ma nonostante ciò, non riesco ad immaginarmi come uomo e ad identificami con nessuno degli esseri umani che hanno avuto una loro esistenza in mezzo ad altri loro simili. Sono convinto che, prima o poi, finirò per ricordarmi chi di loro sono stato effettivamente in Kosmos. Appena avverrà ciò, ti prometto che ti metterò al corrente per primo della mia identità e della mia storia vissuta in Kosmos!»

«Ecco: è proprio così che si ragiona, Iveon! Non bisogna abbandonarsi ad una versione contraffatta della nostra esistenza e pretendere poi che essa per noi sia quella reale. Chi lo fa viene meno agli obblighi che ha verso sé stesso e verso i suoi simili!»

«Ne sono persuaso anch'io, Elost. Ma considerato che sei a conoscenza del personaggio che tu impersonavi in vita, oltre che della tua storia vissuta nell’altro mondo, perché non ti metti a parlarmi di te? Ne sarei immensamente felice, se tu lo facessi!»

«Sono disposto a darti di me solo poche notizie frammentarie, Iveon, ossia quelle a cui solitamente sono interessati tutti gli uomini. Ognuno, infatti, rifugge da lungaggini di storie personali, le quali a volte fanno il possibile per tediarlo fino alla nausea. Perciò, molto sinteticamente, mi limito a riferirti che, prima di morire, ero abitante del pianeta Suliut, che orbita intorno alla stella Xant. Questa è situata nella galassia di Lasop, la quale un tempo è appartenuta all'Impero del Tetraedro. Ebbene, sopra tale pianeta, ero il re della città di Salunna, che mi sforzavo di governare con saggezza ed equità. A questo punto, le notizie, che riguardano la mia persona, ti possono già bastare. Ti chiarisco che se tu non fossi d'accordo, ugualmente mi rifiuterei di dartene altre. Infatti, non ho alcuna intenzione di rammentarle, non risultando esse felici per me e per il mio popolo, per colpa di una divinità malvagia!»

«Se sei di questo avviso, Elost, vuol dire che mi accontenterò delle poche notizie che mi hai fornito, senza pretendere di apprendere da te qualcos'altro della tua storia personale e di quella del tuo popolo. Ma avrei ancora bisogno che tu mi ragguagliassi su altre cose inerenti ad Animur, essendo convinto che le conosci più di tutte le altre anime che ci sono qui. Non è forse vero che sono nel giusto?»

«Come hai previsto, anche se la mia permanenza nel Regno di Animur può considerarsi breve, posso assicurarti che sono dotto in materia, Iveon. A ogni modo, se le tue domande riguardano il nostro regno attuale, ti do la facoltà di chiedermi qualsiasi cosa che vorrai, poiché risponderò ad ognuna di esse, senza alcuna limitazione!»

«Ti sono grato, gentile Elost, per la tua totale disponibilità. Nel rivolgerti le mie varie domande, però, intendo procedere con ordine, ad evitare di crearti qualche confusione mentale, anche se ne dubito. Ti premetto che intendo fartene un sacco e una sporta, per cui mi auguro che saprai rispondere a tutte loro in modo chiaro ed esaustivo!»