42°-IL DIO IVEON È ATTESO INVANO AD UNA FESTA

Era trascorso circa un millennio, da quando era scomparsa in Kosmos ogni traccia dei due vecchi imperi, ossia quello del Tetraedro delle divinità positive e quello dell'Ottaedro delle divinità negative. Per cui in esso era venuto meno quell'attrito, che esisteva tra le une e le altre divinità prima della loro sparizione. Ciò aveva contribuito a rendervi più vivibile la loro esistenza, la quale, tranne che in qualche sporadico caso, adesso si protraeva più serenamente, senza risultare invivibile a causa di un clima litigioso. Insomma, ogni cosa procedeva in pace e in armonia, privata oramai del clamore originato dalle controversie, le quali di solito sorgevano tra le divinità di opposta natura. Anche su Zupes, che era il pianeta del dio Iveon, nonché dei divini Ukton ed Elesia, si avvertiva la serenità, che vi prosperava ininterrotta. Soprattutto essa ispirava ai suoi divini abitatori il solo desiderio di non essere allontanati dal loro modo di esistere appagato e felice.

Le due giovani divinità di nostra conoscenza, la cui vicenda tribolata ci aveva procurato tanta ansia e parecchia apprensione, erano divenute genitori di un maschietto, al quale era stato dato il nome di Olin. Il divo adesso aveva compiuto i suoi mille anni e la madre Elesia lo seguiva con la massima premura. Ella stava attenta perché non gli venisse a mancare il proprio tenero amore; inoltre, nei suoi confronti faceva il contrario di quanto avevano fatto i suoi genitori verso di lei. Gli anni del divetto, secondo il padre e la madre, erano volati via simile ad una folata di vento, che arriva e sparisce in un attimo. Per entrambi, il fatto importante era che essi avevano avuto un decorso all'insegna delle loro cure attente ed amorevoli, le quali non gli erano mai venute meno.

Era consuetudine delle divinità positive festeggiare i propri figli, al compimento del loro primo millennio di esistenza. In quella occasione, si sceglieva per la piccola divinità, a seconda che fosse di sesso maschile oppure femminile, un dio o una dea, che facesse ad essa da tutor per l'intero tempo della sua giovinezza, la quale durava fino a diecimila anni. In quel modo, durante lo scorrere delle mille decine di anni, la divinità adulta, che l'aveva presa sotto la propria protezione, avrebbe dovuto assisterla e consigliarla secondo il proprio magistero. Il cui scopo era quello di aiutarla a crescere in saggezza e in giustizia, rendendola responsabile nell'assolvere i propri doveri. Nel loro rapporto, in riferimento al suo sesso, la divinità adulta era chiamata iniziatore, se era un dio, oppure iniziatrice, se era una dea. Invece la divinità adolescente era detta iniziando, se era un divo; oppure inizianda, se era una diva. Il divo o la diva, durante la sua crescita, aveva l'obbligo morale di attenersi ai preziosi precetti che gli provenivano dalla divinità adulta sua protettrice.

Dopo questa breve puntualizzazione, alla quale non abbiamo potuto sottrarci, adesso ci trasferiamo nella dimora di Ukton e di Elesia. In quel posto fervevano i preparativi della cerimonia che si sarebbe svolta il giorno dopo, poiché il loro Olin aveva compiuto mille anni da poco. In verità, il festino era stato rimandato di un tempo breve, siccome il dio scelto come tutor si trovava lontano da Zupes. Comunque, egli aveva promesso ai genitori dell’iniziando che non sarebbe mancata la sua puntualità nell'essere presente alla nuova data della cerimonia, la quale era quella che lui stesso gli aveva suggerita. Va aggiunto che i genitori avevano esteso l’invito ai loro parenti e ai loro amici, per cui si prevedeva che l'indomani sarebbero intervenute alla festa non meno di un centinaio di divinità positive. Esse si sarebbero presentate alla cerimonia con dei regali interessanti. Ma fra tutti gli invitati, i divini coniugi Iveon ed Annura sarebbero stati i più attesi, per i seguenti due motivi: 1) il dio dell'eroismo, pur prescindendo dalle sue doti di eroe eccezionale, aveva salvato dalla Deivora i genitori del festeggiato; 2) egli era il dio, che il padre e la madre avevano scelto come tutor del loro figliolo, considerandolo come la divinità più in gamba esistente nell'intero Kosmos.

La mattina seguente, come previsto, la totalità degli invitati era già presente nella casa dell'iniziando, dovendosi celebrare insieme la solenne cerimonia di iniziazione. Infatti, era quella la parte della giornata in cui era stato fissato il festoso ritrovo tra i numerosi amici e parenti. Per il momento, però, l’unico assente risultava proprio il tutor del divo Olin, che era il dio Iveon. Egli, in qualità di suo protettore, avrebbe avuto l'obbligo di vigilare sul divo nella maniera migliore, istruendolo ad improntare la propria esistenza esclusivamente a sanità morale. A ogni modo, era già intervenuta alla solenne cerimonia la sua divina consorte Annura. Ella, come da accordi presi con il marito, lo aveva preceduto nella dimora dei loro due amici. Nel presentarsi a loro, la dea aveva dichiarato che il marito l'avrebbe raggiunta nella loro casa in mattinata, facendovi la sua apparizione con una sorpresa lampo.

Nella dimora del festeggiato, a quell’ora del giorno, si aspettava con ansia l'arrivo del divino eroe, siccome si voleva dare inizio all'importante cerimonia e concluderla al più presto. Ad essa sarebbero poi seguiti gli attesissimi festeggiamenti, i quali erano stati già preventivamente allestiti. Questi ultimi, ad essere sinceri, come in ogni festa, costituivano il momento più gradito da parte degli ospiti invitati, anche se tutti ipocritamente avrebbero giurato il contrario, negandolo. Noi, però, restiamo della nostra idea ed insistiamo ad affermare che, in ogni intrattenimento, la parte dedicata al diporto collettivo è quella maggiormente preferita dai partecipanti. Il motivo? Esso, durante i vari festini, consente loro di svagarsi a più non posso, regalando alla loro esistenza quegli attimi meravigliosi, che si vorrebbe non avessero mai fine. Ciò fatto presente, possiamo proseguire nella nostra storia, desiderosi di conoscerla in tutta la sua espansione temporale, la quale ci riserverà molteplici circostanze a volte liete altre volte tristi.

Nella dimora del festeggiato, trascorsi i primi minuti di normale attesa, i quali non avevano ancora esposto gli animi dei presenti ad alcun genere di preoccupazioni, si passò alla fase temporale successiva. La quale iniziò ad impensierirli tutti, naturalmente chi più chi meno, a causa della prolungata assenza del dio Iveon. I primi a darsene pensiero furono i padroni di casa e la dea della temperanza, che era la sua consorte. In principio, da parte di loro tre, si ebbe una cauta indifferenza verso il ritardo del loro amico e congiunto, essendo convinti che il suo arrivo ci sarebbe stato immancabilmente. Più tardi, però, il passare delle ore incominciò a predisporre gli animi di tutti a considerazioni ben differenti, le quali li spingevano perfino a darsene pensiero. Secondo alcuni, non essendo possibile che un dio come lui tardasse tanto tempo ad un appuntamento così importante, bisognava per forza iniziare a pensare al peggio. Anzi, era d'obbligo darsi ad una certa inquietudine, anche se minima, ed interrogarsi sulle cause che, contro ogni previsione, stavano facendo verificare il suo inatteso ritardo.

In seguito, intanto che la giornata trascorreva, senza che si avessero delle nuove del marito, per cui le ore inevitabilmente la stavano facendo andare verso sera, per ovvie ragioni era la dea Annura ad apparire la più impacciata fra gli ospiti. Per il momento, l'imbarazzo le proveniva dal fatto che ella non sapeva come giustificare l'assenza del coniuge: in primis, ai suoi due amici, con i quali si poteva dire che si spartissero il sonno; secondariamente, agli altri invitati. Costoro, pur con dimostrazione meno cauta o più cauta, non sapendo spiegarsi la prolungata assenza del tutor, non nascondevano il loro stupore. Per la qual cosa, la preoccupata poveretta, a un certo punto, iniziò perfino a provare vergogna di quell'incresciosa situazione, che era venuta a crearsi e non riusciva a tollerarla ulteriormente. Le sembrava che essa l'additasse indirettamente come colpevole del grande disagio che stava investendo la cerchia degli amici e dei parenti dei padroni di casa.

Se vogliamo essere obiettivi, sia il dio Ukton che la dea Elesia, pur vivendo tale situazione disagevole con una certa difficoltà, non si sarebbero mai permessi di far pesare alla dea amica, né con parole né con gesti né in altro modo qualsiasi, quella che i loro ospiti potevano considerare ingiustificabile la mancata presenza di suo marito. Al contrario, lungi dal tenerla in disparte, essi, stando vicini alla dea Annura, non smettevano di rassicurarla che il loro amico Iveon, se indugiava a presentarsi, dopo avrebbe dato sicuramente una ragionevole spiegazione al suo lungo ritardo. Inoltre, la incoraggiavano a sperare che non gli fosse successo nulla di brutto, poiché una circostanza del genere sarebbe stata per lui una faccenda da non augurarsi per niente!

L'ultima frase espressa dalla componente maschile della coppia, anziché invogliarla ad astenersi dall'essere di morale basso, com'era nella intenzione di chi l'aveva formulata, al contrario la spinse ulteriormente ad essere giù di corda. Se prima non aveva pensato al fatto che al suo Iveon potesse essere accaduto qualcosa di terribile, invece col passar del tempo, rimuginandoci sopra più del dovuto, si diede davvero a preoccuparsene in modo serio. Allora, smettendo di sentirsi imbarazzata per motivi di vergogna, che invece adesso preferì accantonare, ella si diede a masticare fra sé ben altro di poco allegro, dai risvolti psicologici pressanti e frastornanti. Umanamente parlando, era avvenuto che la dea, se prima friggeva nell'olio bollente, adesso si ritrovava a bruciare sul fuoco della brace. Esso ora tendeva ad infliggerle un martirio più atroce del precedente, poiché le frastornava l’intimo e la psiche.

A causa della grande moltitudine dei divini festeggianti presenti, la dea Annura non poteva dar libero sfogo alla sofferenza, che la stava divorando interiormente. Perciò era impossibilitata a ricevere un qualche beneficio dallo sfogarsi con qualche divinità di sua fiducia. La qual cosa, a mano a mano che essa andava di più in ebollizione, rendeva la sua pena ancora più intollerabile. Né poteva il suo stato penoso nascondersi almeno in parte nel suo atteggiamento esteriore. Sebbene lo scorgessero anche le altre dee, queste per delicatezza non si permettevano di farlo pesare a chi già stava vivendo con difficoltà il suo tormento interiore, magari mettendosi a farle inopportune domande sul lungo ritardo del marito. Così pure i padroni di casa, pur essendo suoi amici, a qualunque costo evitavano di intervenire in tal senso. Essi non volevano che diventassero di opinione pubblica taluni sentimenti, che a volte si preferiva covare dentro di sé, senza che gli altri ne venissero a conoscenza e cercassero poi di dissacrarli con domande indiscrete. Ma si ripromettevano di farlo, dopo che la folla di amici e parenti fosse sgomberata dalla loro casa, lasciandoli liberi di darle il dovuto sollievo e di toglierla dall'imbarazzo.

Le cose continuarono a restare invariate fino a sera tardi, poiché il dio Iveon fino ad una certa ora serale non si presentò alla dimora dei suoi amici e non vi fece pervenire neppure una notizia che lo riguardasse. Perciò alla fine, essendosi fatta ormai notte, i padroni di casa furono obbligati a congedare i loro numerosi ospiti, rimandando la cerimonia a data da destinarsi. La sola dea Annura non lasciò la loro dimora per loro espresso volere. Difatti, essi insistettero che la loro amica vi restasse, almeno fino a quando il marito non si fosse presentato con un improvviso ingresso nella loro casa. Considerato il suo stato d'animo in fibrillazione, i divini Ukton ed Elesia a qualunque costo non volevano che esso si aggravasse ancora di più con la solitudine. La quale, a loro parere, facendogli rimuginare i lati negativi di una propria vicenda, era solita indurre un perseguitato dalla sorte a riflessioni catastrofiche. Esse avrebbero potuto peggiorare la sua situazione, che già si presentava infelice come non mai; nonché difficile da gestirsi e da accettarsi.

Quando tutti gli 'invitati ebbero sgomberato la loro casa, i due preoccupati coniugi si affrettarono a risollevare il morale della depressa dea Annura, il quale, all'apparenza, si presentava terribilmente giù. La prima ad offrirsi di farlo con delicatezza e con tatto, fu la dea Elesia. Ella le si rivolse con le seguenti parole:

«Annura, cerca di non abbatterti troppo, come stai facendo questa sera, perché non è giusto fasciarsi la testa prima di rompersela. Al tuo consorte non può essere successo niente di grave, poiché sappiamo tutti di che tempra egli è fatto! Anzi, dovranno essere i malanni a stare alla larga da lui, se non vogliono che egli raddrizzi loro le ossa! Con ciò, penso di averti espresso il mio pensiero con la massima schiettezza!»

Poco dopo, rivolgendosi al marito, ella si diede a domandargli:

«Ukton, non è forse vero quanto ho appena affermato alla nostra preziosa amica? Dille pure tu che è come le ho fatto presente io, trattandosi di suo marito, il quale è il campione delle divinità positive!»

«Altroché, Elesia! Quanto le hai asserito risponde esattamente al vero! Aggiungo che non potevi esprimerti in maniera più appropriata, riferendoti al nostro amico Iveon. Aggiungo che non lo attesto con il solo proposito di infondere coraggio in Annura, ma perché ci credo fermamente. Anch'ella, che lo conosce meglio di chiunque, non dovrebbe avere dubbi in merito al suo inossidabile consorte!»

«Grazie, amici miei, per il vostro vivo interessamento ai pessimi momenti che sto attraversando, cercando di allontanarli dal mio animo con blandizie e con parole confortevoli. Credete voi che esse possano eliminare oppure alleviare l'esacerbante angoscia, che si è impossessata di me? Non credo proprio! Sapete perché? Non essendo abitudine di mio marito comportarsi come sta facendo, sono costretta a credere che davvero gli sia successo qualcosa di brutto, che gli impedisce di raggiungerci. L'avrei pensata come voi, se nel passato non ci fosse stata la Deivora a scombussolare Kosmos e a far tremare noi divinità. Perciò chi ci assicura che qualcos'altro di pernicioso non vi sia apparso di nuovo ed abbia tratto nella sua rete, intenzionalmente o per puro caso, anche il mio Iveon? Per liberarsene, quindi, potrebbero non essere bastevoli le sole sue doti di eccellente combattente, oltre che di mente avveduta e scaltra! Ecco quanto in effetti mi spinge a preoccuparmi!»

«Invece non lo devi immaginare neppure per scherzo un fatto del genere, Annura!» la riprese il dio Ukton «La Deivora, per quanto eccezionale si sia dimostrata, è stata e rimane un avvenimento isolato, che mai più si ripresenterà in Kosmos! Non è assolutamente ipotizzabile che qualcosa di identico oppure di simile possa ancora riaffiorare dalle sconosciute profondità cosmiche, allo scopo di dilaniarci l'esistenza oppure di rendercela addirittura inesistente. Dunque, amica nostra carissima, ti invito a tranquillizzarti e a porre mente a ciò che ti asserisco in questo istante: al massimo entro la giornata di domani, l'insuperabile nostro Iveon si rifarà vivo tra di noi. Inoltre, sono convinto che egli non vorrà sottrarsi al suo dovere di dio retto. Perciò giustificherà a noi e ai nostri ospiti andati via il suo ritardo con delle ragioni probanti o con delle argomentazioni plausibili! Stanne certa che è quanto avverrà!»

«Non so come ringraziarvi, amici miei, per il vostro nobile gesto di generosità e di altruismo. Esso, alla fine, è riuscito a trarmi fuori da ogni malessere e a farmi sorridere nuovamente alla vita. Se non avessi avuto voi accanto, in questa evenienza che mi stava mettendo a dura prova, scardinando perfino ogni mia incrollabile fiducia nel mio magnifico marito, mi chiedo come avrei fatto ad affrontare quella che per me si preannunciava una nottataccia d’inferno! Adesso voglio sperare che i vostri intenti altruistici e le rassicurazioni da voi ricevute con il sigillo della certezza non falliscano. In caso di un loro fallimento, senza meno mi vedrei ripiombare nella più cupa disperazione. Inoltre, i miei pensieri avrebbero per pasto ritagli di una sofferenza implacabile ed inaudita, tirannicamente dedita ad avvelenarmi l'attuale esistenza!»

«Non devi ringraziarci per niente, Annura,» ci tenne a precisarle il dio Ukton «poiché il nostro sostegno morale, che cerchiamo di darti con tutto il cuore, non è nulla, rispetto a quanto tuo marito ha fatto per me e per la mia Elesia. Perciò non osare neppure con l'immaginazione di mostrarci della riconoscenza! A questo punto, sperando che anche a te garbi la nostra idea, desideriamo trattenerti qui a casa nostra durante questa notte, ad evitare di farti sentire sola nella tua abitazione, specialmente adesso che ti manca al fianco il tuo adorabile marito. Così saremo certi che non trascorrerai le ore notturne in preda all'agitazione e alla malinconia più cupa! Allora, Annura, accetti il nostro invito?»

«Ukton, tenendo conto della vostra preoccupazione e del vostro vivo desiderio di avermi come gradita ospite durante la nottata, non posso ricusare il vostro gentile e sincero invito. Accettandolo, sono persuasa che vi tranquillizzerò e vi renderò soddisfatti quanto mai. In verità, pure io ne beneficerò parecchio, poiché, stando nella vostra dimora, sfuggirò a quegli incubi che facilmente mi deriverebbero dalla solitudine e dalla triste circostanza. Perciò vi ringrazio, amici miei!»

Dormendo in casa dei suoi amici Ukton ed Elesia, la dea Annura trascorse una notte relativamente calma, riuscendo anche ad abbandonarsi al sonno per alcune ore di seguito. Al risveglio, però, non vedendosi accanto il suo Iveon, lo stato psichico della sventurata ritornò a crollare; mentre mille congetture ripresero a tempestarla e a recarle una grande preoccupazione. Ella si mostrava molto nervosa e non riusciva a trovare pace, neppure riflettendo su ciò che i suoi gentili ospiti le avevano garantito la sera prima sulla vicenda del consorte. Quando infine si ritrovò a faccia a faccia con loro due, la dea riprese a lamentarsi così:

«Ritenendolo in grande pericolo, amici miei, non resisto più a restare senza il mio Iveon! Se una intera nottata non è bastata a farmelo trovare vicino, ciò sta a significare una sola cosa: egli è impedito a farlo, a causa di qualcuno o di qualcosa, che per il momento non ci è consentito conoscere. Per questo non possiamo restarcene con le mani alla cintola, senza incaricarci di approfondire la sua situazione, la quale non smette di apparirmi decisamente precaria. Allora chiedo a te, Ukton, che sei l'unico rappresentante maschile di noi tre divinità adulte: Come conviene comportarci e quali provvedimenti urgenti prendere, se vogliamo essergli utili? Su, proponi qualche soluzione adatta al nostro problema!»

«Lo sai anche tu, Annura, che, avendo pochi millenni sulle spalle, non posso essere una divinità navigata in grado di dare suggerimenti relativi al nostro caso. Ciò che era nelle mie possibilità credo di averlo già fatto. Ma l'averti consigliata di attendere l'arrivo di tuo marito per l'intera giornata di oggi non ti è bastato, perché fremi dalla voglia di averlo subito vicino e non ti va di aspettare oltre. Quindi, mi dispiace per te, ma non so cos'altro proporti, a causa della mia comprensibile inesperienza! Magari potessi prodigarmi di più per il mio amico Iveon!»

Volendo dare un contributo alla soluzione di quel difficile problema, anche la dea Elesia decise di intromettersi nella conversazione. Perciò riprese il consorte, dicendogli con tono determinato:

«Non comprendo, Ukton, come fai ad esprimerti in questo modo, senza farti venire alcuna idea riguardante la misteriosa vicenda di Iveon. Se non ne sei capace tu, posso aiutarti io a fartele venire, siccome la nostra amica ne ha un disperato bisogno!»

«Sul serio dici, Elesia? Allora vediamo cosa ci suggerisci!»

«Si tratta di una cosa normale, Ukton, a cui avresti dovuto pensarci tu all'istante, senza arrenderti davanti a niente, come invece hai fatto!»

«Secondo te, mia cara moglie, a cosa avrei dovuto pensare? Magari tu avessi ragione e si potesse fare qualcosa per Annura!»

«Anche se su due piedi ti sei dichiarato inidoneo ad affrontare l'arduo problema che ci è piovuto addosso, a mio parere, hai sbagliato nel considerare l'argomento definitivamente chiuso da parte tua. Al contrario, avresti dovuto cercare chi, al posto tuo, avrebbe potuto risolverlo. Ecco come avresti dovuto ragionare!»

«Adesso comincio a comprenderti, Elesia mia! Ti do atto di aver commesso un grave ed imperdonabile errore, quando ho tratto le indebite conclusioni che conoscete sulla vicenda del nostro amico Iveon. Per tale motivo, sento il dovere di scusarmi con la nostra amica ospite. E lo faccio senza indugio, per non continuare a sentirmi in colpa!»

«Volete far comprendere qualcosa pure a me, voi due,» chiese la dea Annura «siccome non ci sto capendo niente di niente dal vostro botta e risposta? Ve ne sarei molto grata, se entrambi lo faceste in fretta, rinunciando a rimbeccarvi tra di voi, come state facendo, e mettendomi in condizione di comprendere le vostre parole!»

«Nobildea Annura,» le venne incontro Ukton «la perspicace Elesia giustamente ha voluto ricordarmi che, se a me non è permesso sbrogliare l'aggrovigliata matassa che adesso ci troviamo a districare, ci sono altri che potrebbero farlo invece mia, a cominciare da mio padre. Inoltre, se anche a lui dovesse risultare difficile risolvere il problema di tuo marito, in Luxan ci sarebbero anche la mia nonna Lux e gli eccelsi gemelli Kron e Locus. Adesso ti sei resa conto di ciò che deve essere fatto da parte nostra?»

«Bravissima la nostra Elesia! Come non posso esserle riconoscente? È quello che faremo noi due tra breve, Ukton, senza perdere un attimo di tempo! Perciò, senza indugiare oltre, mettiamoci subito in viaggio per Luxan, dove raggiungeremo prima i tuoi parenti, i quali potranno esserci di grande aiuto. Se così non dovesse essere, senza meno ci rivolgeremo alle due eccelse divinità dell'Empireo, le quali non ci deluderanno!»

A dire il vero, essi non partirono all'istante, come avrebbe voluto la dea Annura. Infatti, la partenza andava prima preparata, se volevano evitare di condurla senza né capo né coda, lasciandosi dietro le cose alla rinfusa. Solamente quando ebbero sistemato le loro faccende per bene sul loro pianeta, nonché ebbero salutato la dea Elesia e il divo Olin, le due divinità positive si affrettarono a partire per il Regno della Luce. Entrambe non vedevano l'ora di raggiungerlo, essendo intenzionate a farsi aiutare a ritrovare il loro Iveon da quelli che erano in grado di farlo. L'ansia di pervenire in Luxan fece aumentare di più la loro velocità di volata, la quale, lungo l'intero percorso cosmico, per fortuna non fece registrare né difficoltà né inconvenienti.